ATTO PRIMO
La donna
(A Pietroburgo nella prima metà del secolo XIX.
Nell’agosto all’alba della festa di S. Alessandro.
Nella "Rotonda" della elegante palazzina, regalata
dal principe Alexis Frouwor a Stephana «la Bella
Orientale», Nikona veglia inquieta aspettando la
sua padrona in compagnia di Ivan, uomo di
fiducia,maggiordomo, cameriere, etc. Già, fuori,
dalle chiese, le campane hanno preannunziato la
imminente alba della «Festa di Sant’Alessandro». I
traktir hanno preparata la gran gioia russa tenendo
cantina aperta tutta la notte! I soldati dei reggimenti
in partenza per la Turchia hanno, ai melanconici
canti del mugiki, ingombranti sempre fedelmente tutti
i traktir della capitale prima, durante e dopo ogni
festa, uniti i gloriosi canti di guerra. Stephana «la
Bella Orientale» tarda più del consueto a rientrare,
e la notte tumultuosa non è tale da rassicurare
la povera e
fedele Nikona, che ad ogni momento
si leva dalla poltrona per spiarne fuori dalla
balconata il ritorno, finora sempre inutilmente. Ivan,
più filosofo, sonnecchia sulla sua sedia presso la gran
porta a vetri, il capo penzoloni e dondoloni sul petto.
Lontanissima fuori si perde colla notte, nella nuova
luce dell’alba, una canzone di mugiki)
MUGIKI
Godi dunque il suo sole, se c’è il sole;
godi la luna, se la luna c’è;
è vita anche la tua chè, se Dio vuole,
c’è ultima la morte anche per te.
IVAN
(di soprassalto)
La Barina?
NIKONA
(di nuovo dalla poltrona alla balconata)
No! Non ancora!
(e torna, disillusa, alla poltrona mormorando)
Quali imprudenze!...
Ah come sono in pena!...
IVAN
(sbadiglia, guarda, sorpreso, fuori)
Di già l’aurora!...
Spegniamo!
(nell’atto di spegnere si arresta e ascolta)
Sulla rena dei passi...
NIKONA
Guarda!
IVAN
(alla balconata)
Nessuno!
(Va a spegnere. L’alba penetra rossa rossa, alba
agostana, nella Rotonda. Un suono di campanello
alla porta d’ingresso dello scalone)
NIKONA
(sorpresa)
In basso suonano!...
IVAN
(esce dalla porta di destra)
Vo!
NIKONA
Come tarda!...
(poi, presa da spavento, ascolta presso
alla porta di dove è uscito Ivan)
Forse Glèby?... Scommetto
che ha già qualche sospetto!
(ed inquieta va ad osservare. Quasi subito infatti
essa rientra agitata,
in preda ad un vero terrore,
indecisa sul da farsi; ma le balena un’idea; corre,
entra nell’appartamento di Stephane e ne chiude
dietro a sé la porta. Entra il signor Glèby; fare
umile e
servile; occhi mobilissimi e irrequieti; barba
intiera ma
rada, sorriso enigmatico, fra l’ironico
e il
bonario. Appena entrato, Nikona esce
dall’appartamento di Stephana in punta di piedi
facendo
segno a Glèby di fare adagio e piano in
modo da
non destare la signora)
GLÈBY
(a Ivan)
La Signora? Due parole…
(Ma vedendo Nikona, che fa cenno ad Ivan
che si allontana subito, si rivolge a lei)
Un affare!... In grande!... D’oro!...
(e fa l’atto di voler penetrare
nell’appartamento di Stephana)
NIKONA
(che intanto ha chiuso destramente
a chiave si frappone)
Indisposta...
GLÈBY
Poco importa!
(bonariamente la costringe ad allontanarsi
come per voler parlare attraverso la porta)
Va, ti scosta!
Dalla porta parlerò!
(e infatti parla accanto all’uscio)
Stephanuccia?...
(ma, vista la chiave nella
serratura, apre bruscamente)
NIKONA
(strilla angosciata:)
No! Dico no!...
GLÈBY
(brutalmente)
Sì, dico sì!...
(Ed entra: ed esce subito gridando)
Nessuno!!
(E il Glèby, bonario si trasforma! È un Glèby
furibondo, accigliato, livido. Egli afferra
violentemente Nikona per un braccio e la scuote)
GLÈBY
Fuori? Con chi?
Dove passò la notte?
NIKONA
Ahimè!
GLÈBY
Orsù, parla!
NIKONA
(accenna di no con la testa risoluta
malgrado il dolore e la paura)
No!
GLÈBY
(la respinge con ira; e riflette)
Ah, già?... Un amante del cuor!...
(sorride sdegnoso e ironico)
L’epidemia delle donne come Stephana...
(Ma appare Ivan agitatissimo annunciando)
IVAN
Il Principe!
NIKONA
(con un grido di dolore)
Perduta!
GLÈBY
(d’un tratto padrone di sé tornato calmo)
No! Glèby è qui a salvar la situazione!
(fa rientrare Nikona nella stanza di Stephana)
Tu torna là! Sii scaltra ed attenzione!
(e, il fare servile e umile, col cappello
in mano,
mentre Ivan si è affrettato ad andare ad
aprire la
grande vetrata, va ad incontrare il principe. Il
principe Alexis veste la bellissima
divisa di ufficiale
degli Ussari della Guardi
Imperiale. È in lieta
comitiva, quasi tutti ufficiali appartenenti a corpi
privilegiati e
addetti ai dicasteri del Ministero della
Guerra: solo il capitano Walinoff è, come si dice,
un
ufficiale di carriera nel reggimento Kalonga. Vi sono
anche alcuni signori in borghese, ma appartenenti
tutti alla nobiltà, o all’alta finanza o al mondo
elegante, il conte Palffy, il banchiere Miskinsky,
Andreieff, etc. È questo «mondo felice» che Glèby
saluta inchinandosi col più servile e il più ironico
dei suoi sorrisi ambigui)
ALEXIS
(introduce col gesto raccomandando di
non far rumore parlando sottovoce)
Avanti!
(E Glèby anche fa cenno col dito alla
bocca di non parlare ad alta voce)
GLÈBY
Cauti!
IVAN
(genuflesso, al principe)
Eccellenza?
ALEXIS
Stephana?
NIKONA
(appare subito fra i cortinaggi della porta)
Dorme!
ALEXIS
Tutta Pietroburgo saluta
la Zar che va alla guerra e c’è chi dorme?
WALINOFF
Vuol cortesia
il rispetto ai bei sogni di una dama!
GLÈBY
(frapponendosi col suo miglio inchino)
Dico!... Penso!... Vorrei!... Direi:
«Che importa se è notte o dì?
Invece di una vieta serenata
perché, come si addice all’italiana,
alla sua porta con idea cortese,
non sussurriamo qui una «Mattinata?»
TUTTI
Gléby. Grand’uomo!
ALEXIS
E l’accompagnamento?
WALINOFF
Ce lo farà il più nobile strumento,
il più antico e moderno...
TUTTI
Qual?
WALINOFF
La spada!
(e battendo leggermente sul fodero della
sua spada, ne fa udire il tintinnio
bizzarro)
Così!
GLI UFFICIALI
(entusiasmati dall’idea, facendo
tintinnare le sciabole)
Così! Così!
GLÈBY
(leva fuori dal taschino del panciotto due rubli)
Ed io senza strumento? No! No! No!
Due rubli insiem tintinnar farò!
(e batte insieme i rubli)
IL BANCHIERE MISKINSKY
Chi canta?
GLÈBY
(ritirandosi)
Io suono i piatti!
WALINOFF
(a Gleby)
Voi!
GLÈBY
(sorpreso)
Io?
TUTTI
Sì!
GLÈBY
(si avvicina all’appartamento di Stephana
e con
gran gesto, verso l’uscio del gabinetto di toilette di
Stephana,
sussurra la sua mattinata battendo i due
rubli, mentre gli altri fanno l’accompagnamento
ripetendo le strofe e facendo tintinnare
le spade)
O bella mia
perché gli occhi tu chiudi?
Il ciel vuol rispecchiarsi ne’ tuoi
sguardi!
Caccia l’incanto de’ bei sogni ignudi
che fanno dormir tardi!...
TUTTI
O bella mia!
GLÈBY
O bella mia,
la sfera del mio cor
già segna irrequïeta, l’ora diana
ma, ahimè, non sorge ancor, o mia
Stephana,
il sole del tuo amor.
TUTTI
O bella mia!
GLÈBY
O bella mia,
concedi al canto lieve
d’entrar nella stanza desïata!
Deh, non vietar, all’umil mattinata,
la tua beltà di neve.
TUTTI
O bella mia!
GLÈBY
O bella mia,
concedi al ritornello
quello che in ciel agli angeli fa gola:
l’ansie del seno, i baci di viola
e il corpo biondo e snello!
TUTTI
O bella mia!
(Il principe Alexis, soddisfatto, fa cenno alla
comitiva di lasciar tempo alla «Bella Orientale»,
«Stephana », «Stephy dagli occhi turchese», di farsi
bella, ed invita a seguirlo nel salone degli specchi)
GLÈBY
(subito pronto con un’idea)
E, intanto, un colpettin di Baccarà!
(Alexis approva, e precede gli amici
avviandosi)
ALEXIS
(alla comitiva, forte)
Di bella dama la toeletta è cosa misteriosa...
(e tutti lo seguono e scompaiono, mentre Glèby,
aperto un cassettino segreto della console ne toglie
un mazzo di carte evidentemente preparato)
NIKONA
(la testa fuori dai cortinaggi, li guarda
mentre si allontanano, mormorando)
Hanno cantato alnulla le cicale!
(il piccolo uscio che dà sulla scala di
servizio
e mette al giardino, si apre ed è Stephana che
entra, Stephana che ha sentito tutto)
NIKONA
(vedendola, corre da lei)
Ah! Finalmente!
STEPHANA
(fa per entrare nel suo camerino da
toilette. Ad un tratto arrivano dal salone
vocie risa. Stephana ascolta e domanda)
Ma di là che fanno?
NIKONA
Un thè!... Ufficiali e amici!...
STEPHANA
E perché qui quella canzone?
NIKONA
Or dianzi?...
Idea di Glèby per impedire che...
STEPHANA
(impaurita, credendo di udire dei passi,
interrompe Nikona, ascoltando attenta)
Taci!
NIKONA
(corre a guardare)
No, nessuno!
(torna presso Stephana e con
accento di
dolcissimo rimprovero)
O Stephana, mia barina,
ah, non sai
le mie paure!...
Or pensa!... Glèby sa!
Se rivelasse al principe?...
STEPHANA
Chi? Glèby?
(ride della ingenuità di Nikona)
Oh, povera Nikona!
(rimane un momento immobile, gli occhi
fissi e soggiunge con accento
indefinibile)
Glèby è... Glèby!
(accarezza con grande affabilità Nikona
e con voce dolcissima ma ferma le dice)
No!... Se un pensier tortura la mia mente
quest’è:
(e parlando la guarda esaltandosi)
Che il dolce amante mio giammai
non sappia la Stephana ch’egli ignora!
Nel suo amore rianimata
la coscienza ritrovai.
Io l’amai per l’esistenza rinnovata,
pura in me.
Chi son io non sappia mai!
Tutta a lui la vita mia!
Rifiorita nuova vita
per lui libera al mio piè!
Nova luce ha il cielo e il sole
caldi raggi, blandi ardor
e di maggï nove ajuole
ha il mio giorno, fori e amor!
(La testa di Gléby appare dietro i vetri
della
porta, e vi si arresta un momento a spiare)
NIKONA
(vedendolo)
È Gleby!
STEPHANA
Non lo temo! Venga, e lasciami!
GLÈBY
(calmo, e indifferente)
Alfin eccoti qua!
(dopo una breve pausa)
Per l’affar che t’ho parlato...
(accenna verso la sala da gioco)
L’uomo è là!...
STEPHANA
(lo interrompe asciutta)
No.
GLÈBY
(impaziente ma frenandosi)
No?
STEPHANA
No. Sono stanca!
Questa caccia vile all’ôr mi ha nauseata!
GLÈBY
(ancora calmo e sorridente)
Tutto qui?
STEPHANA
Sì.
GLÈBY
(fra il serio e il comico)
Quest’orgoglio non a noi
nati giù nel precipizio
dove tutto è vil, fatale,
stenti, fame, l’odio, il vizio!
Che chiediamo in fondo in fondo
al tondo mondo?
La saggezza d’una vita d’agiatezza,
e magari, con un gruzzol di denari,
vivacchiar poi bacchettoni
grassi e obesi di benefiche intenzioni.
STEPHANA
(con accento di disperazione)
Tutta la vita a questa sorte?
GLÈBY
(con selvaggio entusiasmo)
Sì! Sì! Tu sei la «donna bella», il knout
che sferza e strazia il senso!
Io t’ho scoperta, bella bellezza?
E tu sei mia! Sei qui!
Qui nel mio pugno! Ho saldo il polso!...
(fa l’atto di sferzare)
Ami? Lo so, o credi amare?...
STEPHANA
Sì!
GLÈBY
Uno che t’ama o che tu credi?...
STEPHANA
Sì!
GLÈBY
Che d’amor t’ama e per l’amore?...
STEPHANA
Sì!
GLÈBY
Tu fatta audace, vai la notte?...
STEPHANA
Sì!
GLÈBY
E menti onesti modi?
STEPHANA
Taci!
GLÈBY
La Maddalena...
(e dà in una risatina secca e stridula)
STEPHANA
Taci!...
GLÈBY
È fiaba de’ popi! Questo amante?...
È come me, se è povero; se è ricco,
come Alexis!...
Attende l’ora!...
STEPHANA
Taci!
GLÈBY
Mente! Spia!
E intanto fa i suoi calcoli!...
(ma sentendo la voce di Alexis, grida
a Stephana con voce soffocata)
Lui?... Via!
(Corre via dalla porta d’ingresso. Infatti è
Alexis. Il principino Alexis si avvicina timidamente
a Stephana che gli offre la mano a baciare)
ALEXIS
Ogni giorno in me amor si fa gigante,
Intenso, ardente!
Non sapete, Stephana?...
STEPHANA
(indifferente)
Dite, Alexis! Non so!
ALEXIS
Mia madre ha strane voglie!
STEPHANA
Quali?
ALEXIS
Vuol darmi moglie!...
STEPHANA
Voglia non tanto strana
per madre saggia.
ALEXIS
(interrompendo con grande vivacità)
Ah, no!
Stephy con te, sempre!
Son fiero dell’orgoglio
grande del vostro amore!... Tu sola!...
(presentandole aperto un piccolo astuccio
dove
splende e abbaglia un superbo braccialetto)
STEPHANA
Oh il bel diamante!
Oh il vago braccialetto!…
ALEXIS
Ma degli occhi il tuo fulgor
già spegne il suo splendor!
(Entrano nelle sale interne. Nikona appare
alla porta di destra con un vaso ricchissimo
pieno di fiori freschi che depone sulla console.
Subito dopo dalla porta di sinistra si affaccia Ivan)
IVAN
Un giovine ufficiale chiede di te.
Ilia lo fa salire...
(un giovane ufficiale di fanteria entra)
NIKONA
(con un grido di gioia)
Vassili?
VASSILI
Son’io... Nikona!
NIKONA
(corre nelle sue braccia dicendo a Ivan)
È il mio figlioccio!
(Ivan va via)
VASSILI
Oh quanto è lungo cercar di te!
NIKONA
Quando sei giunto?
VASSILI
Son due mesi già! Un’ora ancora...
e in marcia! Alla guerra!
NIKONA
E di’, tua madre?
VASSILI
Felice! E ti saluta!
NIKONA
E se ti uccidono?
VASSILI
I turchi? No! Ritornerò! Mia madre
al mondo sola rimarrebbe, e Dio tornare mi farà!
NIKONA
E?...
(lo guarda e sorride con intenzione)
Per altra persona
niente tic! tac? tic! tac?...
VASSILI
(sorridendo)
Sì, Nikona!
NIKONA
È del nostro paese?
VASSILI
No, cittadina di qui!
NIKONA
Di già?... E...?
(accenna se è ricca)
Danaro?
VASSILI
Niente!
NIKONA
Niente?
VASSILI
(ridendo della sorpresa di Nikona)
Signora nel ricamo! Lavora
ma, patrimonio raro,
tanto di cuore!
Povera come me,
povera e onesta!
Porta in dote l’amore
ed un viso divino!
Ed è modesta
come la mamme e te.
(ma all’improvviso, scoppio di risa e voci interne)
NIKONA
Orsù, ti mando via! Hai scelto un brutto
dì.
Ci rivedremo ancora?...
VASSILI
Forse sì!
Se il reggimento mio sfila giù nella via,
affacciati al balcone!
NIKONA
(indicando la balconata)
Vassili, io là sarò!
STEPHANA
(entrando)
Nikona? Presto...
VASSILI
(alla voce di Stephana si volge e dà un grido)
Dio!
STEPHANA
(riconoscendolo, balbetta impallidendo)
Tu? Qui?
(e con un accento di profondo
abbattimento soggiunge)
Glèby ha ragione!
NIKONA
(colpita, ha capito, subito, a Vassili,
indicandogli la porta a destra)
Va via!
STEPHANA
(con disprezzo e con tutta l’amarezza dell’anima)
Sapevi e mentivi!...
VASSILI
(sdegnato)
Io?
NIKONA
(a Stephana)
Per pietà!...
STEPHANA
Ed attendevi l’ora per introdurti qui!
VASSILI
No, per la tua bellezza!
STEPHANA
L’impazienza vile, con sapienza sottile,
frenavi e contenevi!...
VASSILI
No, sul mio onore, sul mio onor di soldato!...
(e con un accento di sdegno
e di dolore, affannosamente)
T’incontrai per via!...
L’occhio pensoso e grave
è penetrato dentro il mio cor!
Al tuo vestir modesto
non ho pensato
che fosse fantasia,
capriccio o una bugia!
No! Una voce desiata
ha dentro a me gridato:
«È questo, è questo
il tuo destin soave!
Ama! È l’amor!»
Allor ho amato!
Preparato alla sorte!
Per la vita e la morte!
(Stephana, gli occhi larghi, affannosa,
pallida,
immobile ha ascoltato la calda parola di Vassili)
NIKONA
(tutta in lacrime, sconvolta, atterrita,
si avvicina
a Stephana, le si inginocchia innanzi e le bacia
i piedi mormorando, in atto di preghiera)
Vassili è il mio figlioccio!...
Deve partire? Parta!...
Senza rancori!...
(scoppiando il lacrime)
Ed io ti bacio i piedi!...
(E il silenzio è profondo attorno a quei
tre)
STEPHANA
(pallida come una morta, con voce
dolcissima piena di rassegnazione)
Sei giovane! Soldato!
Hai l’avvenire!... Oblia!...
Or la tua voce m’ha tormentato
il cuore come un morso crudel, feroce!...
(a Vassili, con voce tremante)
Va via e perdona!
Alla Guerra! Alla Guerra!
Alla Russia, Vassili!
Ai bei sogni gentili della tua mente
onesta!
Per la tua mamma! A questa
che ti ingannò, l’oblio e la pietà!...
VASSILI
(nella esaltazione della passione)
A me parli di oblio?
Ah tu sai che nel cuor mio
v’è soltanto il tuo amore.
Come, come obliarti?
Se sei qui... Qui!... Qui scolpita
per adorarti tutta la vita!
Ancora... ancora
la calda ebbrezza
del tuo bacio ardente!
STEPHANA
Or io prego... Va via, Vassili!...
VASSILI
E poi?... Al mio destino!
Verso l’ignoto o il niente!
STEPHANA
La voce tua dolcissima
è una tortura atroce!
Mi fa male, m’affanna!
Or prego la tua pietà!
Va via! Va via! Vassili!
VASSILI
Ancor l’ardente bacio!
STEPHANA
(poi, pentita, torna ad accostarsi a
Vassili)
Dunque non menti?... Di’!... Non menti?
VASSILI
Io? T’amo! Sì!
STEPHANA
(tremante, con voce appena intelligibile)
Così? Di’, come sono?...
VASSILI
Sì! T’amo!
(Dietro la vetrata ecco avvicinarsi Alexis
che sorprende il colloquio, le di cui emozioni
si rivelano evidenti sui volti dei due giovani)
ALEXIS
(a Stephana)
E chi è costui, Stephy?
STEPHANA
(esaltata)
Il mio amante!
ALEXIS
Qui?
(minaccioso a Stephana)
Ah! Svergognata!
VASSILI
Voi?... A lei?... Vigliacco!
ALEXIS
(furibondo)
Perdio!...
NIKONA
(cercando di allontanare Vassili)
Va via, Vassili!
ALEXIS
Canaglia!
(corre a prendere la sciabola e si scaglia su Vassili)
VASSILI
(sfodera la sua, respingendo Nikona)
A me?
NIKONA
(corre verso le sale da giuoco
chiamando e gridando)
Si ammazzano! Impeditelo!
(gli amici accorrono)
VASSILI
(colpendo Alexis)
A te!
ALEXIS
Ferito!
(Alexis, colpito, lascia sfuggire la
sciabola;
costernati gli amici ed ospiti gli si affannano
intorno; due ufficiali
affrontano Vassili che,
sorpreso egli pure dalla rapidità di quanto è
accaduto, gitta lontano da sé la sciabola sua, rassegnato
al suo destino mormorando fra sé:)
O gloria, addio.
ATTO SECONDO
L’amante
(Alla frontiera fra Siberia e Russia. La Poloo-tappa
da Omsk a Kolyan. Appaiono da destra, segnando
sulla neve
il sentiero, alcuni contadini, alcuni
rivenditori, merciaje e babe stranamente coperti
con
shube, bizzarri cappotti fatti di pelli di capra,
e le kottee ai piedi, scarponi di vimini intrecciati)
CONTADINI E RIVENDITORI
Buon dì! Salute a Vostre Signorie!
(I rivenditori presentano al
capitano il permesso di rivendita)
IL CAPITANO
Sta bene!
CONTADINI E RIVENDITORI
(al sergente, mentre il capitano osserva
i permessi)
La colonna dei forzati
ancora non è giunta?
IL SERGENTE
Non ancora!
I RIVENDITORI E CONTADINI
O santi Pietro e Paolo!
LE CONTADINE
Pensate!
Noi si viene da Narim!
I RIVENDITORI
(lamentosamente)
Noi si viene da Kolyvan!
IL CAPITANO
(restituendo il permesso, con disprezzo,
ai rivenditori)
Polacchi ebrei, vi fate ricchi!
(e rientra nella casupola del comando)
I RIVENDITORI
(dietro il capitano, verso la porta)
Noi?!...
Cristiani e battezzati!!! E che per
questo?
I CONTADINI
Si vive a stento su dei condannati!
I RIVENDITORI
Magro commercio che ci dà il governo!...
(Il sergente scrolla le spalle, incredulo.
Accende la pipa e va ad osservare verso la Wladimirka)
LE MERCIAIE
Verste e verste!... A piè!...
Così noi trainiamo angosciate
ansimate fiacche e pestevite e ceste tutti i dì!...
LE BABE
E noi?
Grame, non pietà qui conduce entro
a scialbe gelide albe senza luce, no; la fame trae qua!
IL SERGENTE
(che è sullo sbocco della Wladimirka, a un tratto
ritorna e picchiando alla porta del Comando grida)
Il Corriere d’Omsk arriva!
(Riappare il Capitano e quasi subito
infatti sbocca
dalla Wladimirka un corriere della Guardia Cosacca
a cavallo. Un Cosacco balza di sella, scioglie un
sacco di tela cerata attaccato alla sella
e lo consegna
al sergente, questi lo porta dentro al posto del
Comando. Un altro Cosacco intanto scende da
cavallo e, preso per la briglia anche l’altro, va alla
rimessa)
IL CAPITANO
(al Cosacco)
E la colonna dei forzati?
IL COSACCO
È in via!
La precediam di poco!
Brutto andare sovra la Wladimirka!
I CONTADINI
(borbottando)
Neve e neve!
(Il Sergente ritorna e fa cenno al Capitano che
rientra ad esaminare la posta, quasi tutta destinata
ai condannati, sottomessa quindi ad una rigorosa
esamina)
LE CONTADINE
(lamentose)
E quanta attesa!... O santi Pietro e Paolo!
LA FANCIULLA
(al Cosacco)
Di’ pel nome
di Cristo!... Mi vuoi dire se la catena
vivente vien da Mariink o da Tobolsk?
IL COSACCO
Sì, ben da Tobolsk.
LA FANCIULLA
(con gioia)
Dio ti voglia bene.
IL COSACCO
Ed ora che fai?
LA FANCIULLA
Mio padre è tra i forzati!...
(indicando il bambino)
Ora siam soli!... Affatto!...
(e gli occhi della fanciulla si fermano
sul bimbo
che si aggrappa intirizzito alle sua gonne)
È mio fratello!...
Poi? Nol vedremo più! Va alle miniere!
Abbiamo fatto lunga lunga via per rivederlo ancora!...
Or io temevod’esser giunti tardi!
M’hai ridatala vita!... Prendi!
(cerca nelle tasche e leva alcune
monete stendendole al Cosacco)
IL COSACCO
(Respingendo le monete)
Tienle per tuo padre!...
(Guarda commosso la fanciulla, e
l’accompagna nel posto di guardia. Lontano, sulla Wladimirka, verso Omsk, s’avvicina la nenia di un canto lieve, singolare, incerto. Allora tutto un gran movimento anima la poloo-tappa. Dal posto del Comando escono l’Ispettore
dei trasporti, il Capo-medico, il Sergente e i soldati. E dalla Wladimirka il canto ormai ben
distinto, si avvicina sempre più: È la Catena-Vivente! Sono i condannati!)
LA CATENA-VIVENTE
Malori! Dolori!
Languire! Soffrire!
Penare! Tremare!
Imprecare notte e di’!
Non speranza! Non pietà!
Dolorar sempre, così!
Sol la morte ci darà
carità, libertà!
(La Catena, arrivata alla poloo-tappa,
cessa
istantaneamente il canto. Sono tutti allineati. La
catena è stretta ad entrambe le
caviglie e saldata
ai fianchi come cintura. Sono tutti rasati barbe e
teste a metà verticalmente, che i glengarry,
berrettoni
senza tese, fortunatamente nascondono)
IL CAPITANO
Il rancio!
(A questo comando la Catena-Vivente si scioglie;
i condannati si lasciano cadere come disfatti sopra
la neve ammonticchiata)
IL CAPITANO
(al Chirurgo)
A voi, chirurgo, tosto!...
(e accenna di sbrigarsi a far
la solita visita. Al Sergente)
Il fabbro!
(Il Sergente fa cenno ad un soldato che si
avanza
con un’incudine portatile e martello. Onde la due
visite, quella del chirurgo ai condannati e quella del
fabbro alle
catene, son fatte simultaneamente. Esce
l’impiegato civile dagli occhiali
d’oro, consegna un
pacco di lettere aperte al
Capitano, mormorandogli
qualche cosa a proposito di una lettera. All’apparire
delle lettere, molti
condannati dimenticano i disagi,
il freddo, la fame e stendono, con gli occhi dove si
ravvivano
tutte le luci affettuose delle anime, le
mani
trepidanti. Il Capitano pronuncia ad alta voce
i
numeri; ogni numero si presenta e ricevuta la
lettera
si apparta stringendosela fra le dita
tremanti,
il cuore in tumulto. Un giovanetto pallido aspetta,
le ansie
dell’attesa terribilmente disegnate sul viso)
IL CAPITANO
Novantasei!
(il giovane si avvicina commosso)
Novantasei?
(il giovane senza parole accenna
di sì, e stende la mano)
Chi scrive è vostra madre!
Una parola oscura
m’impedisce di darvi la sua lettera!
(e consegna la lettera all’impiegato
civile, dicendogli)
Soppressa! Agli Atti! In rango,
giovinotto!
(Il giovane si lascia cadere come corpo
morto,
nascondendo il volto entro il bavero alto del
cappotto e vi rimane immoto. Dalla Wladimirka
un violento scampanellio di troika, e subito questa
appare trascinata da tre focosi piccoli
cavalli
dell’Ukraina. Ricoperta di pellicce vi sta una donna.
È Stephana)
STEPHANA
(al primo soldato che le si affaccia,
che è il Cosacco-corriere di Omsk)
La poloo-tappa della steppa di Omsk?
IL COSACCO
Sì, questa!
STEPHANA
Il condannato 107!...
(Il Cosacco a quel tono di
comando rimane impacciato)
STEPHANA
(impaziente)
Il Capitano?...
IL CAPITANO
(presentandosi)
Io quello!...
STEPHANA
(porgendogli un foglio)
A voi!
(Il Capitano legge, accenna di sì a Stephana,
ma questa, intanto, ritta sulla troika, ha guardato
avidamente fra i condannati: eccola gettare un
gran grido, discendere rapidamente e correre verso
Vassili chiamando)
Vassili!
Io sono!... vedi?...
Qui!... Con te!... Con te...
VASSILI
Stephana?!... Tu?... Con me?...
STEPHANA
(prende la mani di Vassili e le stringe a
sé
guardandolo, e continua a parlargli tumultuosa,
in preda ad una vera e forte esaltazione)
Il nido del piacer, oro, splendore,
dove mi fu gridato
da te la prima volta il nome «Amore!»,
ai poveri ho donato!
Son io! Vedi? Son io!
Qui per voler di cuore,
voler di Dio!
Non più vili
gioje o rossor!
Son qui, Vassili,
sol per l’amore,
pel dolor.
VASSILI
Stephana!... Dio!... Stephana!...
Tu!... Con me!
Pietà santa e divina!... È la clemenza
degli angioli! È la mia mamma là che
prega!...
Mia mamma morta, che prega in cielo!...
Che nella somma e cupa mia miseria
mi dà la più profonda e forte ebbrezza!
Con me, tu?... Tu Stephana?… Con me?...
STEPHANA
Per non lasciarti più!
VASSILI
Ma, tu non sai
la sciagurata via!...
STEPHANA
Sarà la mia!
VASSILI
Orride steppe, Torrida l’estate!
Valli cocenti e desolate!
Aspri sentieri di spine e sassi!
Martirii orrendi, sangue sui tuoi passi!
Poi?... Vien la pioggia! Hai la palude
intorno
che il piè incatena e interra!
Guarda!... Ovunque ghiacciai!
Al maledetto estate segue il verno!...
Ed il vento atroce, eterno,
che non dà tregua mai;
da le vette, morte guata
bieca, livida, implacata!
Qui giù dalle profonde
caverne dei dirupi
al pianto uman risponde
l’urlo dei lupi!
Questa è la Siberia!
Torva è la miseria!
Bara mesta
di tetri scheletri
maledetta dal ciel!
STEPHANA
È qui con te
il mio destin;
non viltà e non soffrir mi atterrirà.
Niun dolor potrà
fosse morte,
affievolir il mio core!
Io vivo alfin l’amore!
Qui!... Con te!... È il destin!...
VASSILI
Or tutto il ciel viene a me
e divin raggia in te.
Riflette il bel guardo tuo
d’astri d’or il fulgor!
Credea finita...
vita, speme e la fè!
Ah! Ancor fai fulgere
il sol dell’amor!
Ah! S’ingloria il cor!
Trionfale amor
che un destin
affannato da viltà
in divin santo cammin
muta qui la tua pietà,
e il tuo amor!
STEPHANA
Gloria è d’amor!
A te fedel!
Ah! Gloria d’amor
è il bacio tuo, sublime,
che l’anima tutta redime!
Stephana tua redenta è in te!
Gloria è d’amor!
(ma colpita dalla profonda mestizia del
canto che i condannati hanno ripreso,
interrompe il suo entusiasmo e dice affannata
e quasi superstiziosa a Vassili)
Oh il triste canto!
(e intimorita, abbracciandosi stretta a
Vassili, gli
mormora vinta da una specie di pena superstiziosa)
Le nostre voci
che rassembran baci sono feroci!…
Tacciamo!
VASSILI
È vero: taci!
(Il Sergente fa loro cenno di prendere posto,
e Vassili e Stephana vicini, stretti, guardandosi,
sorreggendosi, seguono muti la Catena-Vivente)
ATTO TERZO
L’eroina
(L’interno della Casa di forza nelle
miniere
del Trans-Baikal. È il Sabato Santo: un sole
di primavera intiepidisce un po’ l’aria.
L’Ispettore di sezione passeggia, le mani
dietro il dorso. Un invalido, zoppo e vecchio,
guarda
l’Ispettore e la casa N. 107)
LE DONNE
(sulle porte, al sole)
Dalle nuvole ha il cielo snidato fuori
quel rosso globo che par quasi sole
che quasi splende e scalda, come suole,
con quasi raggi e quasi veri ardori.
LE ALTRE
Oggi è Sabato Santo e il ciel fa festa!
Alla vecchia Siberia sonnolenta
un vel di luce pone sulla testa
perché abbellisca... E lei?...
TUTTE
(ridono)
Si riaddormenta!
(Finalmente l’invalido si fa coraggio e
colta
la buona occasione può avvicinarsi alle donne)
L’INVALIDO
O donne, dite, stracci vecchi avete
per fare la bandiera nazionale?
LE DONNE
Noi? No.
LE ALTRE
(bisbetiche)
Stracci? Per noi.
L’INVALIDO
(finge di volersi rivolgere al n. 107)
Là...
TUTTE
(con intenzione)
Là chiedete!
Là c’è di tutto!
L’INVALIDO
(ride, ma s’avvia dicendo)
Oh lingue sputi-male!
(e s’avvicina a Stephana che è sulla
porta,
e le
parla. Stephana entra e ritorna subito con un
cesto di stracci. L’invalido rapidamente, tenendo
d’occhio l’Ispettore e le donne, con grande
naturalezza trae lontano più che può Stephana
come per meglio esaminare e cercare nel cesto)
LE DONNE
Dunque teatro?
– Eccome
– Udite?
– A sera fatta!…
– Dicon meraviglia!
– E c’è il sipario!…
– E una lumiera vera!
– Mosca!
– …il Kremlin!…
– Colle fiamme vermiglie!
(osservano il movimento febbrile al Kazerm e fuori.
Forzati intenti ad inchiodare sgorbi di
scene, uscire,
rientrare. E le donne continuano il loro chiacchierio
allegro. Alcune si preparano per andare
ad attinger
acqua, altre curiosa a guardare il lavoro dei forzati,
altre a parlare pel piacere di poter parlare)
– Dite, al fiume venite con me?
(Alcune si staccano dal gruppo e si uniscono la loro)
– Noi restiamo! Attendiam mezzodì!
– Se vedeste che feste all’artel!
– Con scenari dipinti dal ver!
– Per sipario un effetto di ciel!
– Così liete noi pur per un dì!
– Canto e riso noi pur anche qui!
– Per un’ora noi pure obliar!
– Il sollievo d’un’ora al soffrir!
– Tregua santa e crudeli martir!
L’INVALIDO
(fissa Stephana e, a voce bassa)
La bandiera è un pretesto...
Vi chiamate Stephana?
STEPHANA
Sì.
L’INVALIDO
Vi cerca un condannato...
Numero novantotto...
(rovescia a terra il cesto)
STEPHANA
Chi è?
Che vuole?
L’INVALIDO
Parlarvi a solo prima di sera...
STEPHANA
(sorpresa)
No! Io non parlo con alcuno.
L’INVALIDO
Così dirò.
(supplichevole)
Se qualche cosa date...
Son pover’uomo anch’io
e fate bene come vero è Dio...
(Stephana gli dà qualche moneta. L’Invalido
prende il danaro. Saluta e si allontana)
E grazie a voi!...
(ripassando davanti alle donne)
Trovato!
(mostra gli stracci bianco-neri)
TUTTE
(ironiche)
Là chiedete!
Là c’è tutto!
(e ridono beffarde. L’Invalido rientra nel Kazerm
Stephana col cesto torna verso la casetta, saluta
le donne e rientra)
LE DONNE
(guardando dietro a Stephana con disprezzo)
Vedeste come ha fatto a salutare?
– con che superbia guarda! E con quali
occhi!
– Siamo sincere: dà l’antipatia!
– Parlar con noi?… La lingua le fa male!
– vedete che alterigia? Strana! Balda!
– E come posa!
– Ancor fa la galante!
– Passa arrogante e nel suo far spavalda!
(le donne si dividono in tre gruppi. I primi due
vanno in fondo alla scena ed escono l’uno a
destra, l’altro a sinistra, il terzo entra nella
capanna a sinistra)
STEPHANA
(inquieta e agitata siede sulla
soglia della sua capanna)
Chi mai sarà?
VASSILI
(esce dalla capanna e le si appressa teneramente)
Che ti turba?...
STEPHANA
(volgendosi)
Vassili...
VASSILI
(con affetto, carezzandola)
Mia povera Stephana!
Io vedo ne’ tuoi occhi lo strazio
che ti divora l’anima...
Oh... quando schiuderai l’ala raggiante
sognata libertà!
STEPHANA
La libertà...
VASSILI
(con mite rimprovero)
Questa parola trema
sulla tua bocca con soave spasimo!
STEPHANA
(subito)
No! Non per me! Per te!... Tu mi ritorni
dall’aspro giogo affranto.
E tutti i giorni
hai gli occhi in febbre e in pianto!
Ah questa tua è tortura
che consuma e agghiaccia...
VASSILI
Ed ha fin la mia sciagura
nelle tue care braccia!
Nella tua voce limpida
canta la primavera!
Nei tuoi occhi è il fascino;
la tua bocca è il maggio!
Se tu mi baci io bacio l’acuto odor
di tutti i fior!
STEPHANA
(stringendosi a Vassili)
Arde in noi più puro l’amor
nell’aspro tormento di questo destin.
VASSILI
O mia Stephana!
Pallido fior!
Nel mio cuor è il sorriso!...
STEPHANA
Il sorriso d’amor!
(il suono di una campana si fa sentire)
L’ISPETTORE
(entra e comanda)
Al lavoro! Al lavoro!
(È l’appello per la ripresa del lavoro: l’Ispettore e gli ufficiali di turno comandano la formazione delle Catene: quella della «botte» e quella delle «carriole ». Vassili è aggiogato a una carriola. Echeggiano i comandi per la disposizione
delle sotnie e le Catene partono. Appena via le Catene, l’Ispettore, gli ufficiali e gli alti impiegati della
Casa di Forza ad un improvviso rullo di tamburi ed al segnale dell’ «attenti», squillato da trombe,
si mettono in posizione)
L’ISPETTORE
Sua nobiltà il Governatore. In rango!!
(Gli ufficiali, i soldati si allineano e
si
dispongono nella posizione dell’«attenti»)
ALCUNE DONNE
(in gran da fare corron fuori
e parlano fra loro animatamente)
– La visita di Pasqua!
– La mia casa è linda; e voi?
– È in bell’assetto.
– Dio volesse inspirargli la grazia del riposo!
L’ISPETTORE
(impone silenzio e le donne
tacciono)
Silenzio!
(Il governatore appare seguito da funzionari)
IL GOVERNATORE
(all’Ispettore che ad un suo cenno gli si è avvicinato)
Rapporti ai Kazerm?
L’ISPETTORE
(in posizione di saluto militare)
Nobiltà, nessuno!
(Il Governatore passa ispezionando. Le donne
si inchinano al sua passaggio. Il Governatore si
allontana seguito dall’Ispettore, dagli ufficiali e
dai
soldati. Le donne si ritraggono. Stephana esce
dalla capanna e si avvia verso il fiume con secchi
vuoti. Glèby, in tenuta da forzato, appare al Kazerm
e le muove incontro)
STEPHANA
(arretra, depone i secchi e si passa una
mano sulla fronte come per cacciare
l’orrida visione, mormorando)
Glèby?
GLÈBY
Sì, Glèby!
Io pure son caduto nell’abisso!
E ancor sul tuo cammino
mi ha recato la sorte.
Sapevo che eri qui.
Dal vicino villaggio di Jakal
chiesi lavoro in questa miniera.
Ti volli ritrovare.
STEPHANA
(abbattuta)
Che vuoi da me?!
GLÈBY
(guata intorno, e rapidamente)
Stephana: ho modo per fuggire!
(Stephana trasalisce e lo guarda incredula;
Glèby continua, a scatti, parlando basso)
GLÈBY
È un segreto.
Affidato me l’ha un condannato morente.
(accennando con circospezione)
Vedi là quel vuoto pozzo?
Il cavo è secco.
Per esso si giunge al recinto
oltre il tiro delle ultime vedette,
e via per la brughiera
a l’isba della Kaja si balza sulla troika
e siamo salvi!
(alenando forte, poi con più calma)
Carponi, stanotte, ho scrutato il cammino.
A breve tratto
m’era la libertà.
(con improvviso scatto)
Ma che vale ora
uscire da un abisso
per gettarmi in un altro senza meta?
Il tuo nome, Stephana,
mi corse come un brivido nell’anima.
Arretrai... Ti volli rivedere.
Stephana: con te,
nel delirio del mondo,
corsi la vita,
con te godetti, con te mi gittai
naufrago nel mar di voluttà...
Se fui vile, con te, per te lo fui.
Il destino ci unisce!
(cerca di attirarla)
STEPHANA
(arretra con forza)
No! No!
(E poiché Glèby le si appressa, ella, con disprezzo)
Non toccarmi!
GLÈBY
Torna con me alla vita:
io ti saprò ridar tutta la gioia.
(arso di desiderio)
Voglio ancora la tua bocca,
le tuo chiome, il tuo seno...
(adescandola)
Ricorda… i tuoi splendori,
le tue feste, i tuoi canti,
e la bellezza tua dominatrice!
Tutto, tutto riavrai, se tu mi segui!
(Ma invano cerca di adescarla e trainarla
nel
vortice del passato; giù dal fondo dei pozzi e
dietro il terrapieno un canto
triste e affannoso
si fa sentire «Il canto dei condannati»)
VASSILI, CORO
Spremi dal cuor, dall’anima, dal fronte
gocce di sangue, lacrime e sudor!
STEPHANA
(discernendo la voce di Vassili. Tra sé)
Infinito dolore!
Per infinito amore!
(a Glèby)
Qual vergogna tu porti col ricordo
della bellezza mia e del mio splendore.
Tu sei dannato
a non sentire
la dolcezza del pianto e del dolore.
Alla mia vita l’estremo incanto
là splende... Ascolta!
quel pianto è amor!
(E Stephana guarda intorno a sé commossa,
allargando le braccia quasi a un immenso
abbraccio verso quel cielo, verso la luce di quel
sole scialbo, e, illuminato il suo volto ancor bello
malgrado i patimenti, il suo bel volto di
eroina
appassionata esprime tutto quel sentimento di
gratitudine femminile a quel luogo ov’essa ha
potuto finalmente amare)
A te portai l’anima mia, o Siberia:
tu come mamma a me le braccia hai stese
e doviziosa nella tua miseria
m’hai dato il bene che ad amar m’apprese!
Ond’io qui vivo e sento sole e fiori,
son caldi i tuoi tramonti e le aurore
ed in quest’aere pregno di dolori
io respiro il trionfo dell’amore!
(Un silenzio trepido. Glèby
guata fremendo Stephana)
GLÈBY
Così credi sfuggirmi?
STEPHANA
Va! Sei pazzo!
GLÈBY
(felino, frenandosi a stento)
...
È per Vassili?
STEPHANA
(fiera)
Sì. Amo Vassili.
GLÈBY
E non mi seguirai?
STEPHANA
No! No!
GLÈBY
(erompendo)
Per Dio!
(fa per lanciarsi su di lei e afferrarla)
STEPHANA
(ribellandosi, ergendosi fiera in tutta la
persona)
Se tu mi tocchi io grido!
GLÈBY
Bada!
STEPHANA
Va!
(Gli volge le spalle inorridita e rientra nella sua
capanna. Glèby ha un gesto di minaccia crudele.
Poi si allontana egli pure)
CORO INTERNO
Spremi dal cuor, dall’anima, dal fronte,
gocce di sangue, lacrime e sudor!
IL GOVERNATORE
(ritornando, all’Ispettore)
Richiamate le ciurme dal lavoro!
Oggi riposo!
(Al segnale del riposo, il coro lontano tace
interrotto. Il Governatore si allontana seguito
dagli ufficiali e funzionari continuando
altrove,
ad altra Kazerm, la sua visita. E le Catene-Viventi
tornano. Chi torna al Kazerm; chi torna all’isba
del «Comando Libero», se è un condannato della
Sezione Civile. Vassili siede presso la soglia della
capanna. Stephana gli si appressa)
GLÈBY
(appare dal Kazerm, con un gruppo di
forzati, e indica Stephana e Vassili)
Or vedrete che scena!
(appressandosi con atteggiamento
provocatore)
Strano incontro!
FORZATI
(ridendo)
Attenti!
GLÈBY
(a Stephana)
Una stretta di mano, e… complimenti!
STEPHANA
(fingendo di non ravvisarlo)
Non vi conosco!
GLÈBY
M’ha il governo un po’
troppo, inesperto parrucchiere,
spelato
e per metà tosato...
È Glèby sì o no?
(Stephana lo guarda ammutolita:
Vassili si è alzato di scatto)
VASSILI
(a Stephana)
Ma che vuole costui?!
GLÈBY
(impertinente, squadrando Vassili)
Ah, voi quell’ufficiale
dunque che fu?...
(Vassili ha un moto di sdegno)
STEPHANA
(timorosa, calmandolo)
No! Non turbarti...
Andiamo!
GLÈBY
(continua impassibile)
Io v’offro l’occasione
d’un invitato all’agape pasquale.
(accennando alla tavola nella
capanna di Stephana già preparata)
Là: detto fatto, un altro piatto,
e poi da buoni amici
discorreremo insiem dei dì felici.
VASSILI
(minaccioso)
Voi? Là coi vostri!
GLÈBY
Che modi questi?...
FORZATI
(ridendo)
Ah!... Ah!...
Dramma di famiglia!...
GLÈBY
Capisco!...
(squadra dall’alto in basso Vassili)
Gelosia?...
(ride e rivolgendosi a Stephana)
Ti compiango, Stephana!
(Saluta Stephana e volge impertinente le spalle a Vassili; Stephana riesce a stento a far entrare nella capanna Vassili. Glèby ritorna verso il Nazerm con fare trionfante, ma i forzati, veduto che non
gli è riuscito di farsi invitare come
prima aveva promesso, lo accolgono ironicamente)
FORZATI
Un altro rifiuto!
LE DONNE
Non ti hanno voluto!
GLÈBY
Quel coso è geloso!
Prometto una festa...
FORZATI
(vedendo Vassili uscire ancora dalla capanna)
Ritorna!
GLÈBY
(ai forzati)
Ne faccio un caprone con tanto di corna!
(Ma i forzati non si lasciano
persuadere e, anzi,
per eccitarlo lo motteggiano aspramente con risa
dapprima, poi con parole di dileggio schernendolo
e aizzandolo. Vassili infatti ritorna e si lascia
cadere
sui gradini, Stephana lo guarda triste, gli
occhi in
lacrime, poi si rifugia nella capanna)
GLÈBY
(furente degli scherni, si fa largo fra i
forzati e comincia a discorrere in
modo da farsi udire da Vassili)
La conobbi quand’era fanciulla
aveva una sdrucita corta gonnella
che le copriva.. nulla,
ma quindici anni e un aggettivo «Bella»,
e nello sguardo il furor della vita.
Era preziosa
di bellezza e freschezza,
e, un poco d’ignoranza
e, un resto d’innocenza
le davan la fragranza d’un bocciolo di
rosa.
Pur le mancava quello che il gran mondo
definisce: Sapienza!
(fa una gran pausa, poi, presentandosi
comicamente, aggiunge)
Modestamente il piccolo difetto
ho un poco corretto!
(I forzati cominciano a divertirsi al
giuoco di Glèby,
quindi grandi risa, grandi applausi e grandi grida
di «Silenzio!» per udir meglio il resto)
GLÈBY
(riprendendo)
Poi?... Feste splendori, amori!
Folli avventure!
Piaceri senza cure!
Pensieri!
Dolori!
Ridde di cuori
e di... valori!
Da mille e mille mani!…
n bacio? Un vezzo?
Gran prezzo!
Confusioni di passioni
dell’ieri e del dimani!
Breve gioir profondo ed infecondo.
Ecco il gran mondo
dov’ella divina e bella
fe’ da regina!
Finchè, farfalla bella,
s’abbruciò l’ale
e presa
da un amante del cuore.
(e a voce forte accenna a Vassili)
lo zotico ufficiale che vi cavò la spesa...
VASSILI
(scattando)
Ah infamia!
(e fa per avventarsi, ma è trattenuto
energicamente da Stephana, che pallida e
tremante dall’interno della apanna ha sentito)
STEPHANA
(stringendosi a Vassili)
Vassili!
VASSILI
(furibondo)
Lasciatemi! Via!
L’ISPETTORE
(intervenendo)
Che avvenne?
GLÈBY
(con cinismo)
Nulla!...
(Glèby torna a parlare sottovoce coi
forzati facendo misteriosamente segno di
rientrare nel Kazerm per una certa sua
trovata che… E i forzati rientrano con lui)
VASSILI
(con violenza)
Fiele!... Da un’ora!...
Contro te!... Contro me!...
Ma chi è colui per te?
(Stephana si copre il volto colle mani)
Sai tu la mia tortura umana?
(Stephana fa per dire ancora… Ma non
può più profferir parola. Vassili la allontana
con disgusto, dicendole)
Ti guardo e vedo, e ascolto
tutti i baci che hai dati,
tutti i baci passati
sovra il tuo volto!
Gli occhi con che mi guardi narran baci!
Voluttà!... Spasimi,
che tu ricevi e doni!
Io vedo mille braccia
intorno a te! A miriadi!...
A selve di tentacoli!...
Per seno! Pei capelli!...
Sovra il tuo fronte
tutte l’onte
veggo e la mia viltà!
STEPHANA
No!... Taci!... Taci!...
VASSILI
(disperato)
Io mi credea forte! No, non lo sono
perché bugia è l’oblio!
Eterna è la vergogna!
Torna il passato per voler di Dio
che nega il suo perdono!
Or questa è la mia sorte!
E la sola speranza mia?... La morte!
STEPHANA
(sotto il terribile rimprovero, reagisce.
Al nome
di Dio proferito contro di lei dal suo amante
che il dolore e l’orgoglio snaturano, insorge)
Dio? Tu dici? Tu? Tu?
In questo istante?…
No, falso eroe! No! No, falso amante!
Ah se il fango
della terra tutto in fronte fosse un dì
passato qui, lassù Dio
per questo pianto mio ora perdona…
(ma i singhiozzi non la lasciano dire
e prorompe in lacrime balbettando)
Io piango... Io piango!...
VASSILI
(umiliato e pentito colmo il cuore di
sdegno per sé, corre a Stephana implorando)
No, Stephana!
Taci!... E, umana
come Dio, tu pur perdona!
T’ho straziata! Taci!
(e le si butta innanzi in ginocchio)
Vedi?
Qui! Nel fango! Stephana pia,
non piangere così!
Nel fango, o fronte mia!
Viltà mia, sì ai tuoi piè! Qui! Qui!
Perdona a me, Stephana!
(Ma, inaspettata e terribile, ecco dal
Kazerm
la voce beffarda di Glèby ricordare a
Stephana
le strofe della «Mattinata» eseguita
avanti all’
uscio della sua camera da letto la
mattina del
dì di Sant’Alessandro. Però ora non sono più
sciabole di eleganti
ufficiali che con l’argentino
tintinnio vi fanno
sotto l’accompagnamento, è il
cozzare sinistro delle catene dei condannati che
escono
fuori dal Kazerm guidati da Glèby unendo
alla
sua le loro voci ironiche)
STEPHANA
(scatta violenta sotto quella tortura: lascia
Vassili, corre dietro a quella ciurma urlando)
Per la croce di Cristo!...
(e rivolgendosi a Vassili)
Tu vuoi sapere?
Ebbene, sia!
(e va minacciosa verso Glèby)
GLÈBY
Bella Stephana...
(e cerca di schermirsi)
STEPHANA
(lo afferra con forza incredibile, lo trascina
fuori dal gruppo dei forzati traendolo pel
bavero violentemente verso Vassili. A Vassili)
Qui!... Qui!... Tu vuoi saper costui chi è?
Mio primo amante!!!...
(e si rivolge ai forzati)
O voi che avete ucciso
per odio o per amor, rubato per miseria,
giudicatelo voi!
(e ripete)
Mio primo amante!... E m’ha venduta!...
(e grida sempre tenendo stretto Glèby,
che tenta invano di sfuggirle)
de’ baci miei? Per lui!
Di mie carezze?
Per lui!
Di mie viltà? Per lui!...
(non ride più, si fa triste di una
tristezza
grandiosa; essa accenna verso Vassili livido
e in preda al più profondo abbattimento)
ebbe l’amor pietà di me! Ho amato!...
A questo amor pietoso offrii me stessa!...
Eppur, nel dì del mio martirio santo,
ecco il vile destino della mia vita
tornar qui ancor!... Passarmi sopra l’anima!...
Ma no!... Nulla fra noi!
(scuotendo terribilmente Glèby)
Ti guardo e ti sfido!
(e si rivolge ancora fiera ed energica ai forzati)
Costui chi è?... Il nome suo?...
(Gli strappa il berretto che copre la
fronte di Glèby e mostra le stimmate, il marchio del carnefice)
Usura e falso!
(guarda per un momento in faccia Glèby
e poi lo respinge sa sé inorridita)
FORZATI
(soggiogati e sorpresi)
Brava la donna! Brava!
(Glèby, per far dimenticare l’incidente un
po’
troppo umiliante per lui, scrolla le
spalle sorridendo
con grande filosofia e rientra nel Kazerm.
Improvvisi, dai villaggi circostanti,
lontani e vicini,
a onde per l’aria, echeggiano stormi di
allegre
campane in tripudio. Preannunziano la notte della
Resurrezione, la notte del Sabato santo. È il
tramonto, squillano lontano acute le
trombe
cosacche delle diverse sotnie, rullano i tamburi della
fanteria verde; un bisbiglio, dapprima indeciso, poi,
a
poco a poco, in un crescendo quasi
sovrannaturale,
un clamore strano e confuso di gioia, si eleva alto,
alto, da tutta la casa di
pena; istantanee brillano
a tutte le capanne le
lampade della preparata il
luminaria, come per un incanto, come per magia;
una profonda esaltazione di indefinibile
consolazione
traspare in tutti; il viso d’ogni condannato dove la
paura, la viltà, il delitto, l’odio hanno solcato rughe
feroci, si spiana e rispecchia il sentimento della
bontà; da tutti i cuori erompe l’esultanza: le
braccia,
le anime si elevano al cielo, e un grido immenso
scoppia alto)
IL GOVERNATORE
(appare improvvisamente in mezzo ai condannati
e solenne dice con affabilità paterna)
Cristo è risorto!
(poi, abbraccia il condannato a lui più
vicino, lo
bacia. Allora tutto è un sussurro di baci e di
bisbigli
diversi, in tutti i toni, l’espressione di
un sentimento
profondo, misterioso,
indefinibile, il sentimento della
fede: « Cristo è risorto! Cristo è risorto!» E la sera
comincia a diffondersi intorno)
GLÈBY
(dal Kazerm)
Orsù, l’orchestra dia principio!
(Una improvvisata orchestra, fatta di sole
balalaike si dà a suonare internamente.
I forzati
rientrano nel Kazerm
preoccupandosi ora soltanto
della loro rappresentazione. Escono dalla capanna
Stephania e Vassili, continuando un discorso
sommesso e
concitato)
STEPHANA
(accennando)
Il pozzo è là... Fuggiamo!
VASSILI
(trepido)
Se vero non fosse?
STEPHANA
Tentiamo!
(A una finestra del Kazerm, durante il
rapido
colloquio, una testa è apparsa a spiare.
È Glèby
che scompare poi subito. Una pattuglia cosacca
sbuca dietro il Kazerm. È la ronda che si allontana.
Stephana indugia. Ancora vi appare la testa di Glèby
alla finestra. Vassili e Stephana intanto si avvicinano
al pozzo. Mentre i due penetrano nel pozzo, Glèby
scompare. Improvvisamente si odono le grida
di
«All’armi!». La musica è interrotta! Escono
confusamente Glèby, il Governatore, l’Ispettore,
alcuni
ufficiali e soldati. Gléby addita loro il pozzo.
Ed è un incrociarsi rapido di soldati
sotto le armi
che accorrono, e di lanterne portate in
tutti i sensi
che illuminano la scena; alle
finestre del Kazerm e
fuori, tutto intorno, i forzati sorpresi guardano in
gran
silenzio. E giù rapidi l’Ispettore e i soldati
invadono il pozzo! A quel primo momento di
confusione e di baccano succede un silenzio profondo
pieno di paure e di ansie. Improvvisamente un colpo
d’arma da fuoco
tuona secco soffocato sotto terra,
e insieme un
gemito e un grido alto, acuto, straziante.
Il gemito di Stephana, il grido di
Vassili, e quasi
subito ecco l’Ispettore e soldati
riapparire. Vassili
afferrato, legato, trascinato
fuori. Stephana, sorretta,
boccheggiante,
sanguinosamente dilaniato il petto
da una ferita). Glèby si avanza guarda con gli occhi
sbarrati, e fugge come ombra paurosa e dannata.)
IL GOVERNATORE
Ah, disgraziata!
STEPHANA
(al Governatore, barcollante e tutta in sangue)
Hanno armi per uccidere i tuoi
soldati...
(Non può parlare, Cade)
IL GOVERNATORE
(vedendo Vassili trattenuto dai soldati)
Lasciatelo!
(Vassili corre articolando fra lacrime e
gemiti parole
senza senso, avvinghia Stephana. Un discorrere sottovoce di pietà, un accoramento generale)
STEPHANA
(sentendo Vassili che piange, stende la mano,
gli accarezza la testa e gli sorride affettuosa)
Non piangere!... Sollevami!...
La parola sublime «Libertà»,
mi germoglia nel cuor... ora
morendo...
(con voce sempre più fievole)
E muoio felice
di sentirmi redenta, perché t’offro
amore e vita...
(e aiutata da Vassili bacia la terra)
Siberia, terra santa
di lacrime, e d’amore!
Ed ora... sul tuo cuore!
(e posa la testa sul petto di Vassili. Poi chiude gli
occhi come per raccogliersi e morire sul suo cuore
e nel pensiero del suo amore)
Con te! Qui! Sempre!...
(sentendo le lacrime e i baci di Vassili
sulla mano che gli tiene stretta nella
sua)
VASSILI
(in un urlo di disperazione)
Stephana! Stephana!
(Lontanissimo si sentono avvicinarsi le
voci
di una «Catena-Vivente» che arriva. Stephana fa
per dire ancora. Ma non può più profferir parola. Il
rantolo della morte la soffoca. Un urlo terribile di
Vassili. Poi un silenzio profondo tutt’intorno. Sempre
più la nenia dei nuovi condannati che si fa sensibile)
L’ISPETTORE
(in posizione di saluto militare
sottovoce al Governatore)
I nuovi condannati, Nobiltà!
(e sul saluto aspetta ordini. Il Governatore si scuote,
fa un cenno
all’Ispettore di seguirlo e muove incontro
alla nuova colonna di forzati. Due guardi carcerarie
intanto, ad un cenno
del caporale di servizio, strappa
no Vassili
che piange presso il corpo di Stephana,
e lo
costringono ad entrare nella sua capanna e ne
chiudonsi
l’uscio separandolo dalla morta, sulla
quale un
carceriere stende la coperta grigia
mortuaria. Il caporale ne trascrive il numero 107)
|
ACTO
PRIMERO
La mujer
(San
Petersburgo, en la primera mitad del
siglo XIX. Mes de agosto.
En la "Rotonda"
de la elegante mansión, donada
por el príncipe
Alexis Frouwor a
Estefanía, "La
Bella
Oriental",
Nikona vigilia inquieta esperando a
su patrona
en compañía Iván, el mayordomo,
camareras, etc.
Las campanas anuncian
la inminente aurora de
la "Fiesta de San Alejandro."
Los cantinas
han
preparado la gran fiesta rusa
manteniéndose
abiertas
toda la noche. Los soldados de
los
regimientos que van a partir
para Turquía,
entonan canciones melancólicas de
los mujiks
(campesinos), mientras que
en las tabernas se oyen
gloriosos cantos de guerra.
Estefanía, "La Bella
Oriental", tarda más de lo habitual
en regresar,
y la noche tumultuosa
no deja de intranquilizar
a la pobre y fiel
Nikona, que a cada instante se
levanta de su silla
para asomarse al
balcón y ver
si
regresa su patrona, hasta ahora siempre en
vano. Iván, más filosóficamente, dormita
en su
silla
cerca de la gran puerta de vidrio, con la
cabeza colgando
y bamboleándola sobre el pecho.
A lo lejos, afuera, se pierde en la
noche las melodías
de los mujiks)
MUJIKS
Disfrutad
del sol, si es que aún calienta.
Disfrutad
de la luna, si es que aún brilla.
Esta es la vida
que, si Dios quiere,
sobrellevaremos hasta la
llegada de la muerte.
IVÁN
(sobresaltado)
¿La señora?
NIKONA
(de nuevo va de la silla a la
terraza)
¡No! ¡Todavía no!
(Regresando
a la silla,
murmura)
¡Qué imprudencia!...
¡Ah, que preocupada
estoy!...
IVÁN
(Bosteza, mira sorprendido afuera)
¡Ya amanece!... ¡Levantémonos!...
(se levanta
y escucha)
¿Se oyen pasos?...
NIKONA
¡Mira!
IVÁN
(en el balcón)
¡Nadie!
(Se aleja. El alba penetra rojiza,
Suena la campanilla de la escalera
de la puerta de entrada)
NIKONA
(sorprendida)
¡Han tocado la campanilla!...
IVÁN
(Sale por la puerta de la derecha)
¡Voy!
NIKONA
¡Tan tarde!...
(Nerviosa se acerca a la
puerta
por donde salió Iván y escucha)
¿Tal vez sea Gleby?...
¡Apuesto a que ya sospecha algo!
(Inquieta,
sale, pero casi de inmediato regresa
sumamente agitada, presa de un
verdadero
terror.
Indecisa, no sabe qué hacer, pero le surge
una idea; corre, entra en la
habitación de Estefanía
y cierra la puerta tras de sí.
Entra el Señor Gleby;
se muestra humilde
y servil, con
ojos inquietos.
Lleva barba rala,
sonrisa enigmática, entre la ironía
y la
bondad. Apenas ha entrado, Nikona sale de la
habitación de Estefanía
de puntillas, haciendo señas
a Gleby de no hacer ruido para no
despertar a la
señora)
GLEBY
(a Iván)
¿La señora? Dos palabras...
(Pero viendo a Nikona, que hace una señal a
Iván para
que se vaya,
se vuelve hacia ella)
¡Un negocio!... ¡Muy grande!... ¡Oro!...
(Intenta penetrar en el
apartamento de Estefanía)
NIKONA
(Mientras tanto ha cerrado la
puerta con llave y
se interpone)
Está indispuesta...
GLEBY
¡No importa!
(afablemente la obliga a desplazarse
como
si quisiera a hablar a través
de la puerta)
¡Vamos, apártate!
¡Hablaré a través de la puerta!
(habla pegado a la puerta)
¿Estefanita?...
(pero, viendo la llave en la
cerradura, abre bruscamente)
NIKONA
(grita angustiada)
¡No! ¡Le digo que...
GLEBY
(brutal)
¡Sí yo digo que sí, es que sí!...
(entra y sale inmediatamente
gritando)
¡No hay nadie!!
(El buen talante
de Gleby se
transforma
en
furia. Aferra a
Nikona por un
brazo y la sacude)
GLEBY
¿Salió? ¿Con quién?
¿Dónde
ha pasado la noche?
NIKONA
¡Ay!
GLEBY
¡Vamos, habla!
NIKONA
(Dice resueltamente que no con la
cabeza a pesar del dolor y del miedo)
¡No!
GLEBY
(La empuja lleno de ira y reflexiona)
¿Ah, ya?... ¡Un corazón lleno de amor!...
(Sonríe desdeñoso e irónico)
La epidemia de mujeres como
Estefanía...
(Pero Iván reaparece, agitadísimo)
IVÁN
¡El Príncipe!
NIKONA
(con un grito de dolor)
¡Está perdida!
GLEBY
(De golpe retoma la calma)
¡No! ¡Gleby está aquí para salvar la
situación!
(Hace entrar a Nikona en la habitación de
Estefanía)
¡Entra ahí! ¡Sé inteligente y presta
atención!
(Se muestra servil y humilde con el
sombrero en la
mano, mientras que Iván va rápido a
abrir la puerta
vidriada. Entra el
príncipe Alexis.
Lleva el hermoso
uniforme de oficial de los húsares
imperiales. Lo
acompaña una alegre comitiva compuesta
casi por
completo por funcionarios
pertenecientes a cuerpos
selectos y distinguidos del
Ministerio de Guerra: sólo
el capitán Walinoff es,
como suele decirse, un oficial
de carrera en el regimiento Kalonga.
También hay
unos señores vestidos de
civil, pero todos ellos
pertenecientes a la
nobleza, al círculo de las altas
finanzas o el mundo
elegante como el conde Palffy,
el banquero Miskinsky,
Andreieff, etc. A este "mundo
feliz" es que saluda Gleby
con una reverencia y la
más servil e
irónica de sus ambiguas sonrisas)
ALEXIS
(entra haciendo el gesto de recomendar
no hacer ruido y de hablar en voz baja)
¡Adelante!
(incluso Gleby se lleva
el dedo
a
la
boca para que no hablen en voz alta)
GLEBY
¡Prudencia!
IVÁN
(arrodillado, al Príncipe)
¡Excelencia!
ALEXIS
¿Estefanía?
NIKONA
(Aparece de repente entre las cortinas
de la puerta)
¡Duerme!
ALEXIS
¿Toda la ciudad de San
Petersburgo saluda al
zar
que parte para la guerra y hay quien
duerme?
WALINOFF
¡La cortesía exige respetar
los bellos sueños de una dama!
GLEBY
(Interrumpiendo con su mejor
reverencia)
Yo digo... Pienso... Quisiera...
Yo
diría...
"¿Y qué importa si es de noche o de día?
¿Por qué en lugar de una vieja serenata,
al
estilo italiano,
en su puerta con actitud cortés,
no susurramos aquí una alborada?
TODOS
¡Gleby, qué gran
idea!
ALEXIS
¿Y el acompañamiento?
WALINOFF
Se lo hará con el más noble instrumento,
el más antiguo y moderno ...
TODOS
¿Cuál?
WALINOFF
¡La espada!
(Y con ligeros golpes en la vaina de su
espada, deja oír un
agradable tintineo)
¡Así!
LOS OFICIALES
(Excitados por la idea,
hacen sonar los sables)
¡Así! ¡Así!
GLEBY
(extrae de un bolsillo de su chaleco
dos rublos)
¿Y yo sin instrumento? ¡No! ¡No! ¡No!
¡Haré tintinear dos rublos uno contra
otro!
(golpea los dos rublos)
BANQUERO MISKINSKY
¿Quién va a cantar?
GLEBY
(apartándose)
¡Yo toco los platillos!
WALINOFF
(a Gleby)
¡Usted!
GLEBY
(sorprendido)
¿Yo?
TODOS
¡Sí!
GLEBY
(se acerca a la habitación de
Estefanía
y susurra en la puerta la alborada,
golpeando los dos rublos, mientras
que los otros le hacen coro repitiendo
los versos y haciendo sonar las espadas)
¡Oh, mi hermosa dama!
¿Por qué cierras los ojos?
¡El cielo quiere reflejarse en tu mirada!
¡Expulsa el sopor
de los dulces sueños
que hacen dormir hasta el
amanecer!...
TODOS
¡Oh, mi hermosa dama!
GLEBY
¡Oh, mi hermosa dama!
La esfera de mi corazón
ya señala inquieta la hora de la diana,
pero, hay de mí, no surge aún,
¡oh, mi
Estefanía!
el sol de tu amor.
TODOS
¡Oh, mi bella dama!
GLEBY
¡Oh, mi hermosa dama!
Concede a mi dulce
canto
que pueda entrar en la deseada habitación.
¡Ah! No niegues, a la humilde alborada,
tu belleza de nieve.
TODOS
¡Oh, mi bella dama!
GLEBY
¡Oh, mi hermosa dama!
Concédeme
lo que en el
cielo
a los ángeles hace ilusión:
la ansiedad del corazón, los besos
apasionados
y el cuerpo terso y esbelto.
TODOS
¡Oh, mi hermosa dama!
(El
príncipe Alexis hace señas a la comitiva para
que den tiempo
a la "Bella Oriental",
Estefanía,
"la de
ojos color turquesa", para que se embellezca,
e invita a todos
a seguirlo al salón de los espejos)
GLEBY
(de pronto lanza una idea)
Y mientras tanto...
¡una mano de Baccarat!
(Alexis aprueba y sale
precediendo a sus amigos)
ALEXIS
(a sus amigos, en voz alta)
El aseo de
una bella dama es algo misterioso...
(todos lo siguen y salen de escena, mientras que
Gleby, abre un cajón
secreto de la consola y toma
un mazo de naipes,
previamente preparados)
NIKONA
(asoma su cabeza entre las cortinas,
lo mira mientras se aleja y murmura)
¡Ha cantado la cigarra a la nada!
(La puerta que da a la escalera
de servicio
se abre. Entra Estefanía,
que ha
escuchado todo)
NIKONA
(al verla, corre hacia ella)
¡Ah! ¡Por fin!
ESTEFANÍA
(va a entrar en su
aseo. De pronto,
llegan desde el salón voces y risas.
Estefanía escucha y pregunta)
Pero... ¿qué hacen?
NIKONA
¡Toman el te!... ¡Los oficiales y
amigos!...
ESTEFANÍA
¿Y por qué esa canción?
NIKONA
¿La que cantan?...
Fue una idea de Gleby para impedir que...
ESTEFANÍA
(Asustada, creyendo oír pasos,
interrumpe a Nikona y escucha atenta)
¡Calla!
NIKONA
(Corre a ver y regresa)
¡No, no!
(regresa junto a Estefanía y
le
dice con tono de dulce reproche)
¡Oh Estefanía, mi noble señora!
¡Ah, no
sabes cuanto miedo he pasado!...
¡Oh piensa!... ¡Gleby ya
lo sabe!
¡Si se lo revelara al
príncipe!...
ESTEFANÍA
¿Quién? ¿Gleby?
(se ríe de la ingenuidad de Nikona)
¡Oh, pobre Nikona!
(permanece un momento inmóvil, con los
ojos fijos y añade con tono indefinido)
Gleby es... ¡Gleby!
(acaricia afablemente a Nikona
y con voz dulce pero firme le dice)
¡No!... Si una idea tortura mi mente,
es esta:
(le habla mirándola exaltada)
¡Que mi dulce amante nunca sepa quién es
realmente la Estefanía que él desconoce!
En su amor,
mi conciencia volvió a
brillar.
Lo amé
por su sola existencia.
¡Que nunca sepa quien soy!
¡Toda mi vida es para él!
¡Reflorecida,
una nueva vida
gracias a él se ofrece a mis pasos!
¡Nueva luz tiene el cielo
y el sol cálidos rayos de
dulce pasión!
¡La primavera me trae cada día
nuevas delicias de
flores y amor!
(La cabeza Gleby aparece detrás de la puerta
de cristal y se detiene un momento para espiar)
NIKONA
(viéndolo)
¡Es Gleby!
ESTEFANÍA
¡No le temo! Que venga... ¡Déjanos!
GLEBY
(calmo, e indiferente)
¡Al fin estás aquí!
(después de una pausa)
Para el asunto del que te he hablado...
(señala la sala de juegos)
¡El hombre está allí!...
ESTEFANÍA
(lo interrumpe en seco)
No.
GLEBY
(Impaciente, pero reprimiéndose)
¿No?
ESTEFANÍA
¡No!
¡Ya estoy cansada!
¡Esta caza vil me causa nauseas!
GLEBY
(todavía tranquilo y sonriente)
¿Eso es todo?
ESTEFANÍA
Sí.
GLEBY
(Entre serio y cómico)
¡Este orgullo no nos ha nacido
allá abajo, en el precipicio,
donde todo es vileza, fatalidad,
privaciones, hambre, odio y vicio!
¿Qué le pedimos en definitiva,
a este mundo?
La sabiduría de una vida opulenta,
y a lo mejor, poder ahorrar
algún dinero.
Pero para eso se necesitan
peces
gordos con benéficas intenciones.
ESTEFANÍA
(con tono de desesperación)
¿Toda mi vida de esta manera?
GLEBY
(con entusiasmo salvaje)
¡Sí! ¡Sí! Tú eres la "bella mujer",
el
látigo que azota y tortura los sentidos!
¿No te descubrí
yo, mi bella hechicera?
¡Y tú eres mía! ¡Te tengo aquí!
¡Aquí, en mi puño! ¡Te tengo aferrada!...
(hace un gesto como de azotar)
¿Amas? Lo sé... ¿O
crees que amas?
ESTEFANÍA
¡Sí!
GLEBY
A uno que te ama...
¿o que tú crees que te ama?
ESTEFANÍA
¡Sí!
GLEBY
¿Que te ama con amor y por amor?...
ESTEFANÍA
¡Sí!
GLEBY
Tú,
audaz hechicera:
¿lo ves por
las noches?...
ESTEFANÍA
¡Sí!
GLEBY
¿Y simulas ser honesta?
ESTEFANÍA
¡Calla!
GLEBY
La Magdalena...
(deja escapar una risa seca y
estridente)
ESTEFANÍA
¡Calla!...
GLEBY
¿Tu
amante?... ¡Es una pura farsa!
Si es pobre, es como yo;
y
si es rico, es como Alexis...
¡Debes esperar el momento!...
ESTEFANÍA
¡Calla!
GLEBY
¡Miente! ¡Acecha!
Y mientras tanto...
¡haz tus cálculos! ...
(Pero al escuchar la voz de Alexis,
le grita a Estefanía con voz sofocada)
¿Él?... ¡Me
largo!
(Sale precipitadamente
por la puerta principal.
Inmediatamente entra Alexis
que se acerca
a Estefanía que le ofrece su mano para que la bese)
ALEXIS
¡Cada día que pasa mi amor
se agiganta,
se hace más intenso, más ardiente!
¿No lo notas
Estefanía?...
ESTEFANÍA
(indiferente)
¡Dime, Alexis! ¡No sé!...
ALEXIS
¡Mi madre tiene un extraño antojo!
ESTEFANÍA
¿Qué?
ALEXIS
¡Me quiere casar!...
ESTEFANÍA
No es un deseo tan extraño
en
una madre sabia.
ALEXIS
(Interrumpiendo con gran vivacidad)
¡Ah, no!
¡Estefi quiero estar contigo, siempre!
¡Estoy muy orgulloso de tu amor!...
¡Solamente tú!...
(Le presenta, abierto, un pequeño estuche,
donde brilla y reluce un
soberbio brazalete)
ESTEFANÍA
¡Oh, qué diamante más
hermoso!
¡Oh, que brazalete tan
precioso!...
ALEXIS
¡Pero el fulgor de tus ojos
ya apaga su esplendor!
(Entran en las salas interiores.
Nikona aparece
por la puerta derecha
con un recipiente lleno
de flores frescas que pone sobre la consola.
Inmediatamente después aparece Iván)
IVÁN
Un joven oficial te requiere.
Ilia lo está haciendo subir...
(un joven oficial de
infantería entra)
NIKONA
(con un grito de alegría)
¿Vassili?
VASSILI
¡Soy yo!...
Nikona!
NIKONA
(corre a sus brazos diciendo a Iván)
¡Es mi ahijado!
(Iván se marcha)
VASSILI
¡Oh, cuánto tiempo te he buscado!
NIKONA
¿Cuándo llegaste?
VASSILI
¡Hace dos meses ya! ¡Y dentro
de una hora...
¡En marcha de nuevo! ¡A la guerra!
NIKONA
Dime, ¿y tu madre?
VASSILI
¡Feliz! ¡Te manda saludos!
NIKONA
¿Y si te matan?
VASSILI
¿Los turcos? ¡No! ¡Voy a volver!
¡Mi madre quedaría sola y Dios me hará volver!
NIKONA
¿Y?...
(Lo mira y sonríe con intención)
Por alguna otra persona
ningún ¿¡tic! tac? ¿¡tic! tac?...
VASSILI
(sonriendo)
¡Sí, Nikona!
NIKONA
¿Es de nuestra tierra?
VASSILI
¡No, es de
aquí!
NIKONA
¿De aquí? ... ¿Y?...
(haciendo señas sobre
si es rica)
¿Tiene dinero?
VASSILI
¡Nada!
NIKONA
¿Nada?
VASSILI
(riendo por la sorpresa de Nikona)
¡Experta en bordado!
¡Trabaja, pero de
patrimonio...cero!
Tiene un gran corazón!
Pobre como yo,
¡pobre y honesta!
¡Trae como dote el amor
y un rostro divino!
Y es modesta,
como mi madre y tú.
(Se oyen risas fuera de
escena)
NIKONA
¡Ahora debes marcharte! Has elegido un mal
día.
¿Nos volveremos a ver?...
VASSILI
¡Tal vez sí!
Si mi regimiento desfila por esta calle,
¡asómate al balcón!
NIKONA
(señalando la terraza)
¡Sí, Vassili, estaré ahí!
ESTEFANÍA
(entrando)
¿Nikona? Rápido...
VASSILI
(al oír la voz de Estefanía se vuelve
y da un grito)
¡Dios!
ESTEFANÍA
(reconociéndolo, tartamudea y palidece)
¿Tú?... ¿Aquí?
(con una profunda tristeza
añade con énfasis)
¡Gleby tiene razón!
NIKONA
(impactada, comprende todo y
le dice de
inmediato a Vassili, señalando la puerta)
¡Vete de aquí!
ESTEFANÍA
(con desprecio y con toda la amargura
de su alma)
¡Lo sabías y mentías!...
VASSILI
(indignado)
¿Yo?
NIKONA
(a Estefanía)
¡Por favor!...
ESTEFANÍA
¡Y esperabas la hora para poder
entrar aquí!
VASSILI
¡No! Sólo tu belleza...
ESTEFANÍA
¡La vil
impaciencia contuviste,
y con artera
sabiduría...
VASSILI
¡No, por mi honor, por mi honor de
soldado!...
(Con tono de ira y de dolor,
frenéticamente)
¡Te encontré en la calle!...
¡Tu mirada, pensativa y seria,
penetró en mi corazón!
¡Tu forma de vestir, modesta,
me pareció que
no era una fantasía,
ni
un capricho o una falsedad!
Una voz anhelante
dentro de mí gritó:
"¡Es éste, es
éste
tu dulce destino!
¡Ama! ¡Es el amor!"
¡Te amé!
¡Te entregué mi
destino!
¡En la vida y
en la muerte!
(Estefanía,
sin aliento, pálida e inmóvil
ha escuchado las cálidas palabra de Vassili)
NIKONA
(llorando copiosamente, angustiada, aterrada,
se acerca a Estefanía, se
arrodilla ante ella y le
besa los pies
murmurando, como si rezara)
¡Vassili es mi ahijado!...
¿Quieres que se marche? ¡Que parta!...
¡Sin rencor!...
(secándose las lágrimas)
¡Y yo besaré tus pies!...
(un silencio profundo rodea a los tres)
ESTEFANÍA
(pálida como la muerte, con
dulce voz llena de resignación)
¡Eres joven! ¡Soldado!
¡Tienes futuro!... ¡Olvida!...
¡Hoy tu voz me ha atormentado el corazón
como un mordisco cruel y feroz!...
(con voz temblorosa)
¡Vete y perdona!
¡A la guerra! ¡A la guerra!
¡Por Rusia, Vassili!
¡Por los hermosos sueños de tu mente
limpia!
¡Por tu madre! Y para esta mujer que te engañó...
¡Olvido y compasión!...
VASSILI
(Exaltado y lleno de pasión)
¿A mí me hablas de olvido?
¡Ah! Tú sabes que en mi corazón
solamente hay amor por ti.
¿Cómo, cómo podría olvidarte?
¡Si estás aquí... aquí!...
¡Aquí esculpida para que te adore toda la vida!
¡Todavía... todavía
siento la dulce ebriedad
de tu ardiente beso!
ESTEFANÍA
¡Ahora te lo ruego... vete, Vassili!...
VASSILI
¿Y luego?... ¿Cuál será mi destino?
¡Hacia lo desconocido o la nada!
ESTEFANÍA
¡Tu dulce voz
es una tortura atroz!
¡Me hace daño, me angustia!
¡Ahora te lo ruego, por compasión!
¡Vete! ¡Vete! ¡Vassili!
VASSILI
¡Un ardiente beso...!
ESTEFANÍA
(luego, arrepentida, se acerca a
Vassili)
Entonces ¿no mientes?... ¡Dime!... ¿No
mientes?
VASSILI
¿Yo? ¡Te amo! ¡Sí!
ESTEFANÍA
(Temblando, con voz apenas audible)
¿Así? Dime ¿tal cual soy?...
VASSILI
¡Sí! ¡Te amo!
(Tras el cristal se aproxima Alexis que
sorprende
el coloquio y descubre las
emociones que se revelan
en los rostros
de los dos jóvenes)
ALEXIS
(a Estefanía)
¿Quién es
éste, Stephy?
ESTEFANÍA
(exaltada)
¡Mi amante!
ALEXIS
¿Aquí?
(amenazante, a Estefanía)
¡Ah, descarada!
VASSILI
¿Usted?... ¿A ella? ... ¡Cobarde!
ALEXIS
(furioso)
¡Por Dios!...
NIKONA
(Tratando de alejar a Vassili)
¡Vete, Vassili!
ALEXIS
¡Canalla!
(Corre a tomar su espada y se lanza sobre Vassili)
VASSILI
(saca la suya y empuja a Nikona)
¿A mí?
NIKONA
(Corre hacia la sala de juegos
llamando a los gritos)
¡Se matan! ¡Sepárenlos!
(los amigos entran en escena)
VASSILI
(golpeando a Alexis)
¡A usted!
ALEXIS
¡Herido!
(Alexis, herido, deja caer su sable; Los amigos
consternados y los invitados
lo rodean ansiosos;
dos oficiales
enfrentan a Vassili que, también
sorprendido por la rapidez de los hechos,
arroja
el sable, resignándose a su destino
murmurando
para si)
¡Oh, adiós
a la gloria.
ACTO SEGUNDO
La amante
(Frontera entre Siberia y Rusia.
En la posta de Omsk,
en Kolyan.
Aparecen por la derecha, marcando el
camino en la nieve, algunos campesinos,
vendedores,
buhoneros y mujeres extrañamente cubiertos
con
gorros y abrigos de piel de cabra y
"kottee", botas
de mimbre o cáñamo tejido)
AGRICULTORES, COMERCIANTES
¡Buenos días! ¡Salud a vuestras señorías!
(Los mercaderes presentan
al capitán el permiso de comercio)
EL CAPITÁN
¡Está bien!
AGRICULTORES, COMERCIANTES
(al sargento)
¿La columna de condenados a trabajos
forzados
todavía no ha llegado?
SARGENTO
¡Todavía no!
COMERCIANTES, AGRICULTORES
¡Oh por San Pedro y San Pablo!
CAMPESINOS
¡Imagínen!
¡Venimos de Narim!
COMERCIANTES
(con tono lastimero)
¡Nosotros venimos de Kolyvan!
EL CAPITÁN
(devolviendo los permisos)
¡Judíos polacos, háganse ricos!
(entra
en la cabaña)
COMERCIANTES
(dirigiéndose al capitán, hacia la
puerta)
¿Nosotros judíos?..
¡Cristianos y bautizados! ¿Por
qué
lo dice?
CAMPESINOS
¡Vivimos
de la migajas de los
condenados!
COMERCIANTES
¡Flaco negocio que nos da el gobierno!...
(El sargento se encoge de hombros,
enciende
su pipa y va a
mirar hacia
el camino)
MERCADERES
¡Kilómetros y kilómetros!...
¡A pie!
¡Así arrastramos
nuestras mercancías
día tras día,
en una vida miserable y sin esperanza!...
LAS MUJERES
¿Y nosotras?
¡La miseria no
conoce la piedad!
¡El hambre nos arrastra hasta
los helados amaneceres!
SARGENTO
(regresando del camino, se
dirige hacia
la puerta de la cabaña y llama gritando)
¡Llega el
correo de Omsk!
(El capitán
sale y casi de inmediato
aparece por la carretera un mensajero
cosaco a caballo que, de un
salto,
desmonta y entrega una bolsa de tela
al sargento, el cual entra
en la cabaña.
Otro cosaco, por su parte, toma
al
caballo por la rienda para
conducirlo
al establo)
EL CAPITÁN
(al cosaco)
¿Y la columna de los condenados?
EL COSACO
¡Está en marcha!
¡La precedemos por poco!
¡Es penoso andar sobre la ruta de Siberia!
CAMPESINOS
(murmurando)
¡Nieve y más nieve!
(el sargento regresa y hace señas al
capitán que
vuelve a entrar para revisar
la correspondencia,
casi en su totalidad
destinada a los condenados,
que luego será sometida a un riguroso examen)
LAS CAMPESINAS
(lamentándose)
¡Cuánta espera!... ¡Por San Pedro y San
Pablo!
UNA MUCHACHA
(al cosaco)
Dime, en el nombre de Cristo...
¿Quieres decirme si la cadena de convictos
viene de Mariink o de Tobolsk?
EL COSACO
Viene de Tobolsk.
LA MUCHACHA
(con alegría)
¡Que Dios te bendiga!
EL COSACO
¿Por qué te alegras?
LA MUCHACHA
¡Mi padre es uno de los convictos!...
(señalando al niño)
¡Ahora estamos solos!... ¡Completamente
solos!...
(los ojos de la muchacha se posan sobre
el niño
que se aferra tiritando de frío a
sus faldas)
¡Es mi hermano!...
Pronto ya no lo volveremos a
ver... ¡Va a las
minas!
¡Hicimos un largo trayecto para
verlo!...
Tenía miedo de haber llegado tarde
¡Me has devuelto a la vida!...
¡Toma!
(Busca en los bolsillos y saca algunas
monedas que le extiende al cosaco)
EL COSACO
(rechazando las monedas)
¡Guárdatelas
para tu padre!...
(mira conmovido a la muchacha y la
acompaña
hasta el puesto de guardia.
A lo lejos, por la ruta
transiberiana
denominada Wladimirka,
se oye un
canto
lejano.
Se produce una
gran
agitación.
De
la cabaña salen el
Inspector, el jefe del servicio
médico, el sargento y los soldados. El
sonido del
canto se
percibe cada vez más cerca.
¡Es la
columna de
condenados a trabajos
forzados!
¡Son los convictos!)
CADENA DE CONVICTOS
¡Enfermedades! ¡Dolores!
¡Languidecer! ¡Sufrir!
¡Penar! ¡Temblar!
¡Maldecir noche y día!
¡No hay esperanzas! ¡No hay piedad!
¡Sufrir siempre así!
¡Sólo la muerte nos dará
caridad y libertad!
(La caravana de condenados
al control y cesa
el canto. Los condenados, están encadenados
por
ambos tobillos y la cintura, se
alinean. Ninguno
tiene barba y las
cabezas están rapadas
verticalmente,
por la mitad, que los gorros
sin alas,
afortunadamente
ocultan.)
EL CAPITÁN
¡La comida!
(Ante este anuncio,
la cadena
humana
se deja caer desordenadamente
encima de la nieve)
EL CAPITÁN
(al médico)
¡Cirujano, su turno!...
(Le hace señas para que se
apresure
y
haga su revisión habitual. Al sargento)
¡El herrero!
(El sargento hace una seña con la cabeza
a un
soldado que avanza con un yunque y
un martillo.
El trabajo
del cirujano con los
condenados y el
herrero con las cadenas,
se realiza de forma
simultánea. Sale el
inspector y entrega un paquete
de cartas
abiertas al capitán, murmurando algo
a propósito de una de las cartas.
Al ver las cartas,
muchos condenados olvidan
sus penurias y alargan
las manos, con mirada
ansiosa hacia el sitio donde
están las
cartas. El
capitán pronuncia en voz alta los
números; cada convicto numerado se presenta y
recibe la carta abierta apretándola entre sus manos
temblorosas y con el corazón conmovido. Un
jovencito espera pálido, con la ansiedad
terriblemente marcada en su rostro)
EL CAPITÁN
¡Noventa y seis!
(El joven se acerca conmovido)
¿Noventa y seis?
(el joven asiente sin hablar, se señala
a si mismo y extiende
la mano)
¡La que escribe es tu madre!...
Pero una palabra prohibida
me impide darte
esta carta...
(entrega la carta al empleado civil,
diciéndole)
¡Eliminada! ¡Proceda! ¡A la fila,
jovencito!
(El joven se deja caer como muerto, esconde
la cara bajo el cuello
del capote y permanece
inmóvil.
Desde el camino se oye el tintineo de
una troika
que pronto aparece
arrastrada por
tres pequeños y
fogosos caballos ucranianos.
Cubierta de pieles viaja una mujer.
Es Estefanía)
ESTEFANÍA
(al primer soldado que se le acerca,
que es el osaco del correo)
¿Es
éste
el control de Omsk?
EL COSACO
¡Sí, este es!
ESTEFANÍA
¡El condenado 107!...
(El cosaco, ante el tono autoritario
de
la mujer, permanece impertérrito)
ESTEFANÍA
(impaciente)
¿El
Capitán?...
EL CAPITÁN
(presentándose)
¡Soy yo!...
ESTEFANÍA
(dándole una papel escrito)
¡Para usted!
(El capitán lee y asiente con la cabeza
a
Estefanía, pero ella,
que se ha puesto de
pié en la troika, mira con avidez a los
condenados.
Lanza un fuerte grito, desciende
rápidamente y corre hacia Vassili)
¡Vassili!
¡Soy yo!... ¿Me ves?...
¡Aquí! ... ¡Contigo!... ¡Contigo...
VASSILI
¡Estefanía!... ¿Tú?... ¿Aquí? ...
ESTEFANÍA
(Toma las manos de Vassili y
las
estrecha
contra sí.
Habla atropelladamente
presa
de una gran
excitación)
¡El nido de placer, el oro, el esplendor,
allí
donde
oí, gracias a ti,
por primera vez el nombre del "Amor!",
los he donado a los pobres!
¡Soy yo! ¿Ves? ¡Soy yo!
¡Estoy aquí por voluntad de mi corazón,
por la voluntad de Dios!
¡No más viles alegrías
ni vergüenzas!
Estoy aquí, Vassili,
sólo por amor,
Y por
también por dolor.
VASSILI
¡Estefanía!... ¡Dios!... ¡Estefanía!...
¡Tú!... ¡Conmigo!
¡Santa y divina misericordia!... ¡Es la
clemencia
de los ángeles! ¡Es mi madre que
intercede por mí!...
¡Mi madre que reza en el cielo!...
¡Tú, en mi extrema y oscura miseria,
me das la más profunda e intensa
embriaguez!
¿Conmigo, tú?... ¿Tú Estefanía?...
¿Conmigo?...
ESTEFANÍA
¡Para no abandonarte jamás!
VASSILI
¡Pero, tú no sabes
qué desventurado es el camino!...
ESTEFANÍA
¡Será el mío!
VASSILI
¡Estepas horribles, el tórrido verano!
¡Valles ardientes y desolados!
¡Caminos rigurosos de espinas y piedras!
¡Martirios horrendos, sangre en tus pies!
¿Luego?... ¡Viene la lluvia!
¡Llega la malaria!
Los pies encadenados.
¡Mira!... ¡Nieve por todas partes!
¡Al verano maldito le sigue el
invierno atroz!...
¡Y el viento
afilado, eterno,
que nunca da tregua!
¡Desde las alturas, la muerte aguarda
sombría, pálida e implacable!
¡Aquí abajo, desde las profundas cavernas
de los desfiladeros,
al llanto de los hombres
responde el aullido de los lobos!
¡Esto es Siberia!
¡Feroz es la miseria!
¡Triste tumba
de tétricos esqueletos
maldecidos por el cielo!
ESTEFANÍA
Mi destino, está aquí, contigo.
Ni
el dolor ni
las privaciones me aterran.
¡Ningún dolor podrá,
ni siquiera la muerte,
debilitar mi corazón!
¡Vivo por fin el amor!
¡Aquí!... ¡Contigo!...
¡Este es mi
destino! ...
VASSILI
El cielo
se abre a mí
y con rayos divinos reluce en ti.
¡Refleja tu hermosa mirada
el esplendor de los astros de oro!
¡Creía terminada...
la vida, la esperanza y la fe!
¡Ah, aún haces brillar
el sol del amor!
¡Ah, mi corazón alcanza la gloria!
¡El amor triunfa
sobre un destino
signado por la vileza,
que se transforma en un santo sendero
por tu piedad
y por tu amor!
ESTEFANÍA
¡Es la
gloria del amor!
¡Para ti, que eres fiel!
¡Ah, gloria del amor
es tu beso, sublime,
que redime el alma!
¡Estefanía
ha sido redimida por ti!
¡Es la
gloria del amor!
(Pero afectada por la profunda tristeza
de
la canción
de los convictos
que la han
vuelto
a entonar, interrumpe su entusiasmo y
dice
afanosa y casi supersticiosa a Vassili)
¡Oh,
qué canción más triste!
(atemorizada, se abraza Vassili,
presa
de una
especie de pena supersticiosa)
Nuestras voces, que semejan besos, son crueles... ¡Guardemos silencio!
VASSILI
¡Es cierto, callemos!
(El sargento hace una señal y Vassili y
Estefanía, abrazados, siguen en silencio
la fila de los condenados)
TERCER ACTO
La heroína
(Campamento de los
condenados a trabajos
forzados en las minas de Transbaikal.
Es
Sábado Santo: un sol de primavera
calienta
levemente el aire. El Inspector de sección camina
con las
manos detrás de su espalda. Un
reo, cojo
y viejo, observa al
inspector y a la casa N ° 107)
MUJERES
(en las puertas, al sol)
Detrás de las nubes el cielo ha dejado
asomar
ese rojo globo que parece casi un sol,
que brilla y calienta, casi como un sol,
con casi rayos y casi verdadero calor.
OTRAS MUJERES
¡Hoy es Sábado Santo y el cielo está de
fiesta!
A la vieja y somnolienta Siberia
cubre con un velo de luz
para que se embellezca... ¿Y ella?...
TODAS
(ríen)
¡Se vuelve a dormir!
(finalmente, el inválido toma coraje y
aprovecha para acercarse a las mujeres)
EL INVÁLIDO
¡Oh mujeres,
digánme!
¿Tienen trapos viejos para hacer la bandera nacional?
MUJERES
¿Nosotras? No.
OTRAS
(recelosas)
¿Trapos?... Para nosotras.
EL INVÁLIDO
(finge que va a dirigirse al Nº 107)
Allí...
TODAS
(con intención)
¡Allí pregunta!
¡Allí hay de todo!
EL INVÁLIDO
(se ríe, pero se aleja diciendo)
¡Oh, lenguas viperinas!
(se acerca a Estefanía que está en la puerta,
y le habla. Estefanía entra en la casa y vuelve
con una cesta llena de
trapos. El inválido, con
rapidez y sin dejar de mirar
al Inspector y
a las
mujeres, atrae a Estefanía hacia sí
como para
examinar mejor y revisar la cesta)
MUJERES
Entonces
¿teatro?
- ¡Y cómo!
- ¿Oyen?
- ¡Por la noche se hace...!
- ¡Dicen maravillas!
- ¡Y tiene telón...!
- Y una araña de verdad!
- ¡de Moscú!
- ... ¡del Kremlin!...
- ¡Con llamas color bermellón!
(observan el movimiento febril dentro y
fuera
del campamento.
Los convictos intentan clavar
decorados para la escena, yendo y viniendo. Las
mujeres continúan sus cotorreos
alegres. Algunas
se preparan para ir a
buscar agua, y otras, curiosas,
observan la labor de los condenados)
- ¿Vienen al río conmigo?
(Algunos se separan del grupo y se unen
a ellas)
- ¡Nos quedamos! ¡Esperamos el mediodía!
- ¡Si vieran qué fiesta para el arte!
- ¡Con auténticos decorados pintados!
- ¡Con un telón que tiene efecto cielo!
- ¡Seremos felices tan sólo por un
día!
- ¡Con canto y risas incluso aquí!
- ¡Durante una hora también podremos
olvidar!
- ¡Una hora de alivio a nuestro
sufrimiento!
- ¡Una tregua santa al martirio cruel!
EL INVÁLIDO
(mira a Estefanía y le habla
en voz baja)
La bandera es una excusa...
¿Usted se llama Estefanía?
ESTEFANÍA
Sí.
EL INVÁLIDO
La está buscando un condenado...
El número
noventa y ocho...
(pone la canasta en el suelo)
ESTEFANÍA
¿Quién es?
¿Qué quiere?
EL INVÁLIDO
Hablarle a solas antes de que oscurezca...
ESTEFANÍA
(sorprendida)
¡No! Yo no hablo con nadie.
EL INVÁLIDO
Así se lo diré.
(pidiendo suplicante)
Si pudiera darme alguna cosa...
Yo también soy pobre...
¡Haga el bien, como Dios
ordena!...
(Estefanía le da unas monedas. El
inválido toma el dinero.
Saluda y se aleja)
¡Gracias!...
(pasando delante de las mujeres)
¡Lo encontré!
(muestra trapos blancos y negros)
TODAS
(Irónicamente)
¡Lo dicho!
¡Allí tienen de todo!
(Se ríen burlonas.
El inválido regresa al
campamento. Estefanía vuelve a la casa,
saluda a las mujeres y entra)
LAS MUJERES
(Mirando a Estefanía,
con desprecio)
-
¿Vieron cómo ha saludado?
- ¡Con qué mirada altiva! ¡Y qué ojos!
- Seamos sinceras: ¡es antipática!
- Cuando habla con nosotras... ¡le duele la
lengua!
-
¡Será orgullosa! ¡Y
rara! ¡Y osada!
- ¡Cómo
camina!
-
¡Aún se hace la importante!
- ¡Pasa arrogante con su andar
descarado!
(Las mujeres se dividen en tres grupos.
Los dos
primeros van hacia el fondo de la
escena y salen,
uno por la derecha y el
otro por la izquierda, el
tercero entra en
la
cabaña de la izquierda)
ESTEFANÍA
(Agitada,
sentada en el
umbral de la cabaña)
¿Quién será?
VASSILI
(sale de la cabaña y se acerca con ternura)
¿Qué te preocupa?...
ESTEFANÍA
(volviéndose)
Vassili...
VASSILI
(Con afecto, acariciándola)
¡Mi pobre Estefanía!
Veo en tus ojos el dolor
que te devora el alma...
¡Oh... cuándo cerrarás tus alas radiantes,
soñada libertad!
ESTEFANÍA
La libertad...
VASSILI
(con un leve tono de reproche)
¡Esa palabra tiembla en tus labios
como una dulce congoja!
ESTEFANÍA
(súbitamente)
¡No! ¡No es por mí! ¡Es por ti!...
Tú regresas del duro trabajo destrozado.
¡Y todos los días hay en tus ojos
fiebre y llanto!
¡Ah, esta es la tortura
que te consume y paraliza!...
VASSILI
¡Y mi desventura tiene fin
en tus queridos brazos!
¡En tu voz clara
que
canta a la primavera!
¡En tus ojos hay fascinación;
en tu boca está la primavera!
¡Si me besas
yo beso el profundo aroma de las flores!
ESTEFANÍA
(estrechando a Vassili)
Arde en nosotros el amor más puro
en medio del
amargo tormento.
VASSILI
¡Oh, mi Estefanía!
¡Pálida flor!
¡Mi corazón sonríe!...
ESTEFANÍA
¡Es la sonrisa del amor!
(se oye el sonido de una campana)
EL INSPECTOR
(entra y ordena)
¡A trabajar! ¡A trabajar!
(Es la llamada
al trabajo. El Inspector y los oficiales
de
guardia organizan la formación
en dos
grupos de
convictos:
los que usan picos y los
de carretilla.
Vassili es atado a una de
ellas.
Resuenan las órdenes
para organizar la
marcha y las columnas parten.
Apenas han partido los convictos,
el
Inspector,
los oficiales y los
empleados
de alto rango ante
un imprevisto redoble de
tambor y
el toque de
"atención" de un
cornetín, forman
en línea)
EL INSPECTOR
¡Su excelencia el gobernador! ¡A
formar!
(Los oficiales y los soldados se
alinean
y se ponen en posición de firmes)
ALGUNAS MUJERES
(en gran número salen y hablan
entre ellas animadamente)
- ¡La visita de Pascua!
- Mi casa está ordenada; ¿y la tuya?
- Está en buen estado.
- ¡Dios lo inspire para que otorgue la gracia del reposo!
EL INSPECTOR
(impone silencio y las mujeres callan)
¡Silencio!
(El Gobernador aparece seguido
de varios ayudantes)
EL GOBERNADOR
(al Inspector, que a una señal suya se ha acercado)
¿Informes del Campamento?
EL INSPECTOR
(Saludando militarmente)
¡Sin novedad, excelencia!
(El Gobernador pasa revista.
Las mujeres
se inclinan a su paso.
El
Gobernador se aleja
seguido por el
Inspector
y los oficiales.
Las
mujeres vuelven a entrar.
Estefanía sale de la
cabaña y se dirige al río con cubos vacíos.
Gleby,
vestido con ropas de convicto, aparece y va
su encuentro)
ESTEFANÍA
(se detiene, deja los cubos y se pasa una
mano por la frente como para ahuyentar
la visión horrible, murmurando)
¿Gleby?
GLEBY
¡Sí, Gleby!
¡Yo también he caído en el abismo!
E incluso la suerte
me ha traído a tu mismo camino.
Yo sabía que estabas aquí.
Desde el cercano pueblo de Jakal,
pedí trabajo en esta mina.
Te quería encontrar.
ESTEFANÍA
(abatida)
¿Qué quieres de mí?
GLEBY
(Mira en torno, y le dice
precipitadamente)
Estefanía: ¡Tengo una manera de escapar!
(Estefanía lo mira con incredulidad;
Gleby continúa,
impetuoso, hablando bajo)
GLEBY
Es un secreto.
Me lo confió a un convicto moribundo.
(señalando con cautela)
¿Ves ese pozo?
Está seco...
Por él se puede llegar a
la valla
más allá de los puestos de
vigilancia.
Luego,
por el páramo, llegar a la cabaña de Kaja,
y
allí montar en la
troika.
...
¡estaremos salvados!
(respira profundo, luego prosigue más calmado)
Gateando, anoche examiné el camino.
Tras un corto trecho,
hubiera alcanzado
la libertad.
(con un arranque repentino)
Pero ¿de qué me serviría salir de un abismo
para meterme en otro
sin un objetivo
definido?
Cuando oí
tu nombre, Estefanía,
corrió un escalofrío por mi alma.
Volví atrás. Quería volver a verte.
Estefanía:
contigo en el delirio del mundo,
corriendo la vida;
contigo disfrutando;
contigo naufragando en
un mar de placer...
Si fui vil, por ti lo fui!
¡El destino nos vuelve a
unir!
(Trata de atraerla hacia él)
ESTEFANÍA
(lo rechaza con fuerza)
¡No! ¡No!
(Gleby se le acerca)
¡No me toques!
GLEBY
Vuelve conmigo a la vida
y podré devolverte toda la alegría.
(ardiente de deseo)
Aún deseo tu boca,
tus cabellos, tus senos...
(seductoramente)
Recuerda... tu esplendor,
tus fiestas, tus canciones
¡y tu belleza cautivante!
¡Todo, todo lo vas a recuperar si me
sigues!
(En vano intenta atraerla y
hacerla entrar
en el vórtice del pasado.
Allá,
desde
el fondo,
se
deja
oír una canción triste y
anhelante,
es
"el canto de los condenados")
VASSILI, CORO
¡Oprimen el corazón, el alma y
la frente
las
gotas de sangre, de
lágrimas y de sudor!
ESTEFANÍA
(descubriendo la voz de Vassili.
Para sí)
¡Dolor sin fin!
¡Por un amor infinito!
(a Gleby)
Cuanta vergüenza me traes con el recuerdo
de mi belleza y esplendor.
Estás condenado
a no sentir la dulzura
de las lágrimas y del dolor.
La luz de mi vida allá resplandece...
¡Escucha!
Ese lamento... ¡es el llanto
del amor!
(Y Estefanía mira a su alrededor conmovida,
extendiendo
los brazos casi
en un abrazo
enorme al cielo,
hacia la luz del sol anodino
que ilumina su hermoso rostro,
a pesar del
sufrimiento. Su bello rostro de heroína
apasionada
que expresa el sentimiento
de gratitud a
ese lugar donde ella, finalmente,
ha encontrado el amor)
Tomaste mi alma, ¡oh, Siberia!
que como una madre me
extendiste tus brazos
y pródiga en tu miseria
me otorgaste el bien de aprender a amar.
¡Aquí vivo y siento el
pálido
sol y las flores,
que me alegran los
atardeceres y las auroras.
Y este aire lleno de dolor que respiro,
¡es el triunfo del amor!
(hay un silencio ansioso. Gleby
mira tembloroso a Estefanía)
GLEBY
¿Así que me
rechazas?
ESTEFANÍA
¡Vete! ¡Estás loco!
GLEBY
(astuto, conteniéndose apenas)
... ¿Es por Vassili?
ESTEFANÍA
(altiva)
¡Sí! Yo amo a Vassili.
GLEBY
¿Y no me seguirás?
ESTEFANÍA
¡No! ¡No!
GLEBY
(exaltándose)
¡Por Dios!
(intenta saltar sobre ella y agarrarla)
ESTEFANÍA
(lo rechaza y se yergue altiva)
¡Si me tocas, grito!
GLEBY
¡Ten cuidado!
ESTEFANÍA
¡Vete!
(Le vuelve la espalda y
regresa
a su cabaña.
Gleby hace un feroz
gesto de amenaza y se aleja)
CORO INTERNO
¡Oprimen el corazón, el alma y
la frente
las
gotas de sangre, de
lágrimas y de sudor!
EL GOBERNADOR
(vuelve,
hablando con el
Inspector)
¡Ordene regresar a los trabajadores!
¡Hoy habrá descanso!
(A una señal el el coro
lejano
se
interrumpe.
El Gobernador se
despide del Inspector y acto
seguido se marcha seguido por los funcionarios.
Las filas de convictos regresan.
Algunos se
integran al campamento otros a la isba del
"Comando libre", si se trata de un condenado
de la Sección Civil. Vassili se sienta a la puerta
de su cabaña.
Estefanía se le acerca)
GLEBY
(Un poco alejado, junto
con un grupo
de convictos, señala
a Estefanía y Vassili)
¡Ahora verán que escena!
(acercándose en actitud provocativa)
¡Extraño encuentro!
LOS CONDENADOS
(riéndose)
¡Atentos!
GLEBY
(a Estefanía)
Un apretón de manos, y... ¡felicitaciones!
ESTEFANÍA
(fingiendo no reconocerlo)
¡Yo no lo conozco!
GLEBY
¿El gobierno, con un
inexperto
peluquero,
me ha cortado el cabello de esta guisa...
¡Yo diría que más bien me han esquilado!
Pero,
¡soy Glèby!...
¡No?
(Estefanía lo mira sin decir palabra:
Vassili se levanta de un salto)
VASSILI
(a Estefanía)
Pero, ¿qué quiere este hombre?
GLEBY
(Impertinente, mirando a Vassili)
¡Ah! ¿Entonces eres tú,
aquel
ficial que...
(Vassili hace un gesto de desprecio)
ESTEFANÍA
(temerosa, trata de calmarlo)
¡No! ¡No te ofusques!...
¡Vamos!
GLEBY
(continua impasible)
Les ofrezco la ocasión de tener un
invitado
en la celebración de la Pascua.
(Señalando la mesa ya preparada
en la cabaña de Estefanía)
¡Ahí,
dicho y hecho, otro plato!
Luego, como buenos amigos,
hablaremos de los días felices.
VASSILI
(amenazante)
¿Tú? ¡Aquí!
¡Precisamente, tú!
GLEBY
¿Que modos son esos?...
LOS CONVICTOS
(riendo)
¡Ja!... ¡Ja!...
¡Un drama familiar!...
GLEBY
¡Entiendo!...
(mira de arriba abajo a Vassili)
¿Celos?...
(ríe y se dirige a Estefanía)
¡Te compadezco, Estefanía!
(Saluda a Estefanía y vuelve la espalda
a Vassili
impertinentemente.
Estefanía apenas logra hacer
entrar a
Vassili en la cabaña. Gleby regresa
triunfalmente hacia los convictos,
pero estos,
viendo
que no fue capaz de hacerse invitar como
lo había prometido, le
hablan irónicamente)
LOS CONVICTOS
¡Otro rechazo!
LAS MUJERES
¡Ellos no te quisieron recibir!
GLEBY
¡Ese tipo es celoso!
Prometo una fiesta...
LOS CONVICTOS
(viendo a Vassili que sale de nuevo de la cabaña)
¡Regresa!
GLEBY
(a los condenados)
¡Creo ver un cabrón con
enormes cuernos!
(Pero los convictos no se dejan convencer y, de
hecho, para excitarlo, se
burlan ferozmente de él;
al principio riendo, luego con palabras burlonas
e incitándolo.
Vassili regresa y se deja caer sobre
los escalones, Estefanía lo mira triste,
los ojos llenos
de lágrimas, y luego
se refugia en la cabaña)
GLEBY
(irritado por las burlas, se abre paso
entre
los condenados y comienza a hablar para
ser escuchado por Vassili)
La conocí cuando era una niña,
tenía una falda corta hecha jirones
que le cubría... nada.
Tenía quince años y un adjetivo
"hermosa",
y en sus ojos el furor de la vida.
Era preciosa, bella y fresca,
y un poco ignorante,
y un poco inocente,
lo que le daba la fragancia
de un capullo de rosa.
Sin embargo le faltaba
lo que el gran
mundo define como: ¡Sabiduría!
(Hace una gran pausa,
luego, cómicamente añade)
Modestamente, ese pequeño defecto
yo lo he corregido un poco...
(Los convictos comienzan a divertirse
con el juego
de Gleby, estrepitosamente ríen,
aplauden y gritan
"¡Silencio!" para oír
mejor el resto de la bufonada)
GLEBY
(reanudando su perorata)
¿Luego?... ¡Fiestas esplendorosas, amores!
¡Locas aventuras!
¡Placeres sin límites!
¡Suspiros!
¡Dolores!
¡Se mofa de los sentimientos
y los valores...!
¡Pasa por miles de manos!...
¿Un beso? ¡Una rutina!
¡Un gran precio!
¡Confusión de pasiones
del ayer y del mañana!
Breve regocijo profundo y estéril.
¡Ese es el gran mundo
donde ella, divina y hermosa,
fue la reina!
Hasta que, la hermosa mariposa,
se quemó las alas
y fue conquistada
por un corazón lleno de amor.
(con voz fuerte señala a Vassili)
El safio oficial que causó su ruina...
VASSILI
(estallando)
¡Ah, qué infamia!
(está a punto de saltar, pero es
retenido
por Estefanía que, pálida
y temblorosa,
ha oído todo desde el
interior de la cabaña)
ESTEFANÍA
(aferrando a Vassili)
¡Vassili!
VASSILI
(furioso)
¡Déjame! ¡Vete!
EL INSPECTOR
(interviniendo)
¿Qué sucede aquí?
GLEBY
(cínicamente)
¡Nada!...
(Gleby vuelve a hablar en voz baja con los
convictos haciendo misteriosamente
señas
para que lo sigan por
que se le ha ocurrido
una idea. Los condenados se
marchan con él)
VASSILI
(violento)
¡Eh!... ¡Desde hace una hora!...
¡Contra ti!... ¡Contra mí!...
Pero, ¿qué significa
él para ti?
(Estefanía cubre su cara con las manos)
¿Sabes tú qué me tortura?
(Estefanía intenta hablar de
nuevo, pero no puede pronunciar
una palabra.
Vassili la aleja disgustado)
Te miro... y veo y escucho
todos los besos que has dado,
¡todos los besos que pasaron
sobre tu rostro!
¡Esos ojos con que me miras narran los
besos!
¡La voluptuosidad!...
¡Los abrazos, que recibiste y que diste!
¡Veo mil brazos a tu alrededor!
¡Infinitos brazos!...
¡Una maraña de tentáculos!...
¡En tus pechos! ¡En tus cabellos!...
¡Sobre tu frente!
¡Veo
la vergüenza sobre
ti
y mi vileza!
ESTEFANÍA
¡No! ... ¡Cállate! ... Cállate! ...
VASSILI
(desesperado)
¡Me creía fuerte! ¡No, no lo soy
porque el olvido es una mentira!
¡Eterna es la vergüenza!
¡Vuelve el pasado por la voluntad de Dios
y te niega su perdón!
¡Ésta es mi suerte!
¿Y mi única esperanza?... ¡La muerte!
ESTEFANÍA
(Bajo el terrible reproche, reacciona.
Ante
el nombre de Dios que invocó en su
contra,
surge el dolor y el orgullo desmesurado)
¿Dios? ¿Y tú lo invocas? ¿Tú? ¿Tú?
¿En este instante?...
¡No, falso héroe! ¡No! ¡No, falso amante!
¡Ah! Si todo el barro de la tierra
un día cubriera mi frente,
Dios, desde allá arriba,
por este llanto sabría perdonar...
(Pero un sollozo no la deja hablar
y estalla en llanto balbuceando)
¡Lloro... lloro!...
VASSILI
(humilde y arrepentido,
corre
hacia Estefanía
implorante)
¡No, Estefanía!
¡Calla!...
¡Y,
como Dios, también tú perdona!
¡Te he desgarrado! ¡Calla!
(se arroja de rodillas ante ella)
¿Ves?
¡Aquí! ¡En el barro!
Estefanía,
¡no
llores!
¡Con mi frente en el barro, oh!
¡Mi vileza, sí, a tus pies! ¡Aquí! ¡Aquí!
¡Perdóname, Estefanía!
(Sin embargo, inesperada y terrible,
fuera
de escena la voz burlona de Gleby
recuerda
a Estefanía los versos de la "mattinata"
cantada delante de la puerta de
su habitación
la mañana del día de San
Alejandro. Pero
ahora no resuenan ya los sables de
los
elegantes oficiales que tintineando
hacían
el acompañamiento, sino el sonido
de las
cadenas de los condenados
dirigidos
por Gleby)
ESTEFANÍA
(reaccionando violentamente,
deja a Vassili y
se lanza hacia la chusma de convictos gritando)
¡Por la cruz de Cristo!...
(y volviéndose hacia Vassili)
¿Lo quieres saber?
¡Está bien, que así sea!
(y va amenazante hacia Gleby)
GLEBY
Hermosa Estefanía...
(trata de protegerse de
Estefanía)
ESTEFANÍA
(Lo agarra con una fuerza increíble,
lo arrastra
fuera del grupo de condenados
y lo trae de las
solapas violentamente
hacia Vassili)
¡Éste!... ¡Éste! ... ¿Quieres saber quién
es?
¡Es mi primer amante!...
(y se vuelve hacia los convictos)
Vosotros que habéis asesinado
por odio
o por amor, y robado
en la miseria,
¡juzgadlo!
(y repite)
¡Es mi primer amante!... ¡Y él me
vendió!...
(sigue
gritando teniendo agarrando a
Gleby, que trata en vano de escapar)
¿Di mis besos? ¡Fue por él!
¿Di mis
caricias? ¡Por él!
¿Mi vileza? ¡Fue por él!...
(ya nadie se ríe. Ella,
con una infinita tristeza,
señala a Vassili
que está lívido y preso del
abatimiento más profundo)
Pero el amor se apiadó de mí...
¡Y amé!
A ese amor piadoso me entregué
por entero...
Y, sin embargo, en este día
de
martirio,
¡el pasado
regresa de nuevo!...
¡Me traspasa el
alma!... ¡Pero no!...
¡Ya no
queda nada entre nosotros!
(Sacudiendo terriblemente a Gleby)
¡Te miro y te desafío!
(Se vuelve orgullosa a los condenados)
¿Quién es este hombre?... ¿Cómo
se llama? ...
(arranca el birrete que cubre la frente
de Gleby
y muestra la marca del verdugo)
¡Usurero y falsificador!
(Intenta ver la cara de Gleby por un
momento y luego lo rechaza con horror)
FORZADO
(subyugados y sorprendidos)
¡Valiente mujer! ¡Valiente!
(Gleby, intentando salir airoso de
este
incidente, se encoge
de hombros y con
una mueca de sonrisa vuelve junto a los
condenados y se marcha. Súbitamente, de
los poblados vecinos se oye
el sonido
de las
campanas alegres y jubilosas.
Es la noche
de la Resurrección,
es la noche del Sábado Santo.
En la lejanía suenan las agudas
trompetas cosacas
y redoblan los tambores de los
regimientos de
infantería; inicialmente, como un susurro indeciso,
luego, poco a poco, en un crescendo casi
sobrenatural. Un clamor extraño y confuso de
alegría se
eleva desde las casa de los
condenados.
A la vez, brillan en todas las
cabañas las lámparas
preparadas como luminarias.
Una profunda
exaltación de indefinible
consuelo se trasluce en
todos los rostros de los
condenados. Esos rostros
que el miedo, la vileza, el delito y el odio han
marcado
con arrugas feroces, se allanan y reflejan
un sentimiento de bondad.
Reina en todos los
corazones el regocijo. Los brazos y las almas se
elevan al cielo y un grito inmenso estalla en lo alto.)
EL GOBERNADOR
(De repente aparece en el medio de los
convictos y solemnemente dice con afabilidad paterna)
¡Cristo ha resucitado!
(A continuación, abraza al condenado más cercano
y lo besa.
Ahora todo es un susurro de besos la
expresión
de un sentimiento profundo, misterioso,
indefinible. Es el
sentimiento de la fe: "¡Cristo ha
resucitado! ¡Cristo ha
resucitado! " Y la noche
comienza a extenderse sobre
todos)
GLEBY
(fuera de escena)
¡Vamos, que empiece la orquesta!
(Suena una orquesta improvisada,
conformada solamente por balalaicas.
Los condenados, lentamente,
van
saliendo de escena como transfigurados.
Quedan solos, junto a su cabaña,
Stephania y Vassili)
ESTEFANÍA
(señalando el lugar)
¡El pozo está ahí... Huyamos!
VASSILI
(ansioso)
¿Y
si no fuera cierto?
ESTEFANÍA
¡Intentémoslo!
(Por la ventana de una cabaña,
durante el breve
coloquio, aparece
la cabeza
de Gleby que
escucha
y luego desaparece rápidamente.
Una patrulla de
cosacos pasa y
se aleja. Estefanía duda. De nuevo
aparece la cabeza de Gleby
en la ventana. Vassili
y Estefanía se aproximan al pozo.
Mientras que
ambos penetran en el pozo, Gleby desaparece.
De repente oye
el grito de
alarma.
La música
se interrumpe. Llegan
confusamente
Gleby, el
Gobernador, el Inspector,
algunos
oficiales y
soldados. Gleby señala
el
pozo.
Se produce un
entrecruce rápido de
soldados
armados que llegan
con linternas de todas
direcciones y iluminan la
escena. Las ventanas
de
las cabañas
se iluminan y
algunos convictos salen de ellas, sorprendidos.
El
Inspector
con algunos soldados
entran rápidamente
al pozo. A este primer momento de confusión y
ruidos, sucede un profundo silencio lleno de temor
y ansiedad. De repente se oye un disparo seco,
sofocado debajo de la tierra, y simultáneamente un
gemido y un
grito agudo, desgarrante. El gemido es
de Estefanía, el grito de Vassili.
Casi de inmediato
salen el Inspector y los soldados arrastrando a
Vassili, amarrado.
Estefanía, es sostenida a su
vez, jadeante,
y muestra en el pecho una herida
sangrante. Glèby avanza, mira con los ojos
desorbitados y huye
despavorido)
EL GOBERNADOR
¡Ah, desventurada!
ESTEFANÍA
(al Gobernador,
totalmente bañada en sangre)
Tus soldados tienen armas para matar...
(Ya no puede seguir hablando y cae)
EL GOBERNADOR
(viendo a Vassili aferrado por
soldados)
¡Dejadlo!
(Vassili corre balbuceando entre lágrimas y
palabras sin sentido y se aferra
Estefanía. Se oyen
voces apagadas de piedad
y de una pena en general)
ESTEFANÍA
(oyendo a Vassili que llora, extiende
su mano,
acariciándole la cabeza y sonríe con afecto)
¡No llores!... ¡Levántame!...
La palabra sublime "Libertad",
germina en mi corazón... ahora que
muero...
(con voz cada vez más débil)
Y muero feliz
de sentirme redimida,
porque te ofrezco amor y vida...
(ayudada por Vassili, besa el suelo)
¡Siberia, la tierra santa
de lágrimas y amor!
Y ahora... ¡sobre tu corazón!
(posa su cabeza sobre el pecho Vassili. Luego
cierra los ojos, como para dormirse
y morir sobre
su corazón. sumida en el
pensamientos de su amor)
¡Contigo! ¡Aquí! ¡Siempre!...
(Nota las lágrimas y los besos de Vassili
sobre su mano que aferra la de él)
VASSILI
(con un grito de desesperación)
¡Estefanía! ¡Estefanía!
(A lo lejos se oyen las voces de una
columna
de
condenados que se acerca.
Estefanía quiere volver
a hablar, pero
las convulsiones de la muerte la
asfixian. Vassili
lanza un terrible grito. Se
produce
un profundo silencio.
Siempre más cercano, el canto
lastimero de los
nuevos convictos se vuelve nítido)
EL INSPECTOR
(En voz baja,
saludando
militarmente al
Gobernador)
¡Los nuevos convictos han llegado,
su
señoría!
(Continua saludando y esperando órdenes.
El Gobernador hace una señal al
Inspector
para que lo siga y se dirige al encuentro de
la
nueva columna de condenados a trabajos
forzados. Dos
guardias aferran a Vassili
que
llora junto al cuerpo de Estefanía, y lo obligan
a entrar en su cabaña,
atrancando la puerta.
Otro guardia cubre el cadáver de
Estefanía con
una manta,
escribiendo
sobre ella el número 107)
Digitalizado y traducido por:
José Luis Roviaro
2017. |