GUILLERMO RATCLIFF

 

Personajes

GUILLERMO

MARÍA

DOUGLAS

MARGARITA

MAcGREGOR

LESLEY

TOM

WILLIE

ROBIN

DICK

BELL

JOHN

Noble

Joven noble

Prometido de María

Aya de María

Padre de María

Amigo de Ratcliff

Posadero

Hijo de Tom

Ladrón

Ladrón

Ladrón

Ladrón

Tenor

Soprano

Barítono

Mezzosoprano

Bajo

Tenor

Bajo

Contralto

Bajo

Tenor

Barítono

Bajo

 

La acción se desarrolla en Escocia, sobre 1820.

 

ATTO PRIMO


(
Stanza nel castello di Mac-Gregor)
 
Scena Prima

(Maria, Conte Douglas, Mac-Gregor e Margherita.
Margherita accovacciata e immobile in un angolo)


MAC-GREGOR
(impalmando Maria e Douglas)
Sposo e sposa voi siete, e come unite
Stan or le vostre mani, i cuori vostri,
Nel dolor, nella gioia, oggi e per sempre
Stiano uniti così. Legati insieme.
V'han la Chiesa e l'Amor, due sacramenti
Di gran virtù: due volte i vostri capi
Son per ciò benedetti, ed anche il padre
La sua destra v'impone e benedice.

(mette le mani sul capo di tutt'e due)

DOUGLAS
Milord! padre chiamarvi oggi m'è vanto.

MAC-GREGOR
E vanto a me maggior chiamarvi figlio.

(si abbracciano)

MARGHERITA
(canta coll'accento interrotto dal delirio)
Perchè rossa di sangue è la tua spada?...
Edvardo, Edvardo?

DOUGLAS
(si volge atterrito e guarda Margherita)
Giusto Dio! qual voce
Vitrea, Milord! Quella muta figura
Incomincia a cantar...

MAC-GREGOR
(con riso forzato)
Nessun pensiero
Ella vi dia. La pazza Margherita
Del castello è colei. Da mesi ed anni
Catalettica ell'è: con occhi immoti
Sta lunghe ore accosciata, e, come un sasso
Faria, se lingua avesse, a quando a quando
Si mette a canticchiar qualche sua vecchia Canzon.

DOUGLAS
Perchè tener quello spavento
Nel castel?

MAC-GREGOR
(piano)
Zitto! zitto! Ogni parola
Ella intende. Cacciata io ne l'avrei
Da lungo tempo ... ma non oso ...

MARIA
Via! lasciate la povera, la buona
Margherita, e più tosto ci narrate,
Dugla, alcun che di nuovo, in qual maniera
Vivesi a Londra? A noi, qui nella Scozia,
Nulla ne giunge.

DOUGLAS
È sempre il vecchio andazzo,
Vi si corre a cavallo ed in calesse,
Un premere, un calcar per ogni via;
Di giorno vi si dorme, e della notte
Vi si fa giorno; e sale all'uso aperte
De' lottatori; e quel non mai sospeso
Succedersi di crocchi e di banchetti.
Drurilàn, Coventgarda han sempre folla
Di spettatori, e l'opera vi romba.
Note di banca d'una lira, in cambio
Di note musicali; e: "Dio -- vi s'urla – Salvi il Re!"
Nelle mèscite più buje
Stanno politicando i patriotti,
Soscrivono, scommettono, bestemmiano,
Sbadigliano, e fan molle il gorgozzule
Alla prosperità dell'Inghilterra.
Fumano le bistecche ed i bodini,
La birra spuma, il cerretan ti scrive
Il suo recipe, e ghigna: i borsajoli
Ti si stringono a' panni, i truffatori
Con loro uggiose cortesie, molesti;
Molesto l'accatton co' suoi lamenti,
Col suo misero aspetto; e d'ogni cosa
Molesto più lo stolido costume
Dell'abbigliarsi: quella stretta giubba,
Quel solino stecchito e quel cappelo
Che par la torre di Babel.

MAC-GREGOR
Sia lode
Al mio sajo scozzese e al mio berretto
Voi ben faceste a scuotervi di dosso
Que' vestiti da matto. Un Dugla, o conte,
Esser debbe di fuor come di dentro
Vero scozzese; e l'animo mi gode
Oggi che tutti voi nel caro io veggo
Patrio costume.

MARIA
Del viaggio vostro diteci.

DOUGLAS
In carro io giunsi ove la Scozia
Comincia; ma l'andar pareami lento,
Tanto che in Oldiburgo io m'acconciai
Con un cavallo. All'animal gli sproni
Feci sentir, ma pungere lo sprone
D'amor sentia me pure, lo non avea
Pensiero che di voi. Talchè per selve,
Per monti e per pianure il mio cavallo
Colla prestezza dello stral mi trasse.
Cavalcando così ne' miei pensieri
Pel bosco d'Invernè, mancò ben poco
Che mal m'incogliesse. A un tratto
I fischi d'alcune pallo che presso gli orecchi
Mi strisciar, dal mio sogno uscir mi fero.
Tre ladroni di strada a me fur sopra.
Appiccossi la zuffa, e come pioggia
Cadean colpi su colpi. Io ben difesi
La pelle mia; ma pure avrei dovuto
Soccombere ... Dio buono! impallidisce
Maria! ... vacilla ... cade!
 
(Margherita balza in piedi e sostiene
nelle u braccia Maria che sviene)

MARGHERITA
Oh la mia bimba,
Guancia di rosa! è bianca come un lino,
Fredda come una pietra.
O Dio!


(parte cantando e parte parlando,

mentre accarezza Maria)

Apri, piccina,
Bambola mia,
Gli occhietti cari.
Non vo', bambina,
Che freddi al pari
D'un marmo sia ...
Rose, amor mio,
Su le tue gote
Pallide, immote
Versar vogl'io ...

MAC-GREGOR
Finisci,
Femmina sciagurata! e non t'avvedi
Come più le scompigli il capo infermo
Con quel tuo vaniloquio?

MARGHERITA
(minacciando col dito)
E tu mi sgridi?
Tu? ... Le tue mani lava pria, le rosse
Tue mani, e non lordar la bianca veste
Di sposa alla mia bimba. Io tel consiglio
Va! dico, va!

MAC-GREGOR
(in ansia)
Farnetica la vecchia!

MARGHERITA
(canta)
"Apri, piccina,
Gli occhietti cari ..."

MARIA
(torna in sè e si appoggia a Margherita)
Or ben! come fini? Seguite ... ascolto.

DOUGLAS
Duolmi, che il mio racconto ...
Udite adunque!
Un altro cavaliero a briglia sciolta
Sopravvenne improvviso, e que' ladroni
Alle spalle assalì menando il ferro
Con grande vigorìa. Ripresi allora
Animo io stesso, mi sentii la mano
Più libera alla pugna, e i tre ladroni
Mettemmo in fuga. Al mio soccorritore
Render volli merchè; ma: "Non ho tempo",
Gridommi, e spronò via.

MARIA
(sorridendo)
Diam grazia al cielo!
Provai non poca ambascia: or rinfrancata
Mi sento. Rita! guidami. Le amiche
Stanno spettando nella sala.

MARGHERITA
(angosciata a Mac-Gregor)
Oh meco
Corrucciarti non dei! Non sempre è pazza,
No, la povera Rita.

MAC-GREGOR
Andate! in breve noi pur vi seguiremo.
 

(Maria e Margherita escono).
 
Scena Seconda

(Mac-Gregor e Douglas)

DOUGLAS
Io n'ho stupore!
A svenir così facile è Maria?
Molto oppressa è quest'oggi.
Imbiancata, trema al più lieve rumor.

MAC-GREGOR
Tenervi, o Dugla,

Io non voglio e non posso ancor segreto
Ciò che l'anima tanto alla mia figla
Oggi commuove; e chieggovi perdono
Se vel tacqui finora. Alla follìa
Voi spingete il coraggio; e il grave rischio,

Ch'io prudente stornai dal vostro capo,
Cerco voi stesso avreste, e senza posa
Inseguito quell' uom che di Maria turbò la pace.

DOUGLAS
E chi turbare osava
La pace di Maria? Milord, parlate!

MAC-GREGOR
Con animo tranquillo il luttuoso
Racconto udite. -- Il sesto anno già corre
Che nel nostro castello uno studente
Pellegrino arrivò. Venia costui
D'Edimburgo, e chiamavasi Guglielmo
Ratcliff. Io conosciuto un tempo avea,
-- E ben, ben conosciuto! -- il padre suo,
Di nome Edvardo; e quindi acolsi il figlio
Ospitalmente, e di tetto e di mensa
Per un qundici di gli gui cortese,
Egli vide mia figlia e troppo addentro
Negli occhi la fissò; poi die' principio
Ai sospiri, ai languori, alle querele.
Tanto che la fanciulla aperto e netto
Comprendere gli fe' che l'era uggioso.
Chiusi fiasco ed amor nella valigia,
Egli se ne parti. Passaro intanto
Anni due da quel giorno, allor che venne
Nel mio castel Filippo Macdonaldo,
Conte d'Ais; mi chiese, e con fortuna,
La mano di Maria.
Sei lune appena
Trascorse, in nuziale abbigliamento
Stava a pie' dell'altar la cara sposa.
Ma lo, sposo macava! In ogni dove,
Nelle camere tutte e ne' cortili
E nelle stalle e nel giardino richiesta
Dell'assente facemmo ... A' piè del Negro
Sasso trovammo alfin la morta salma
Di Macdonaldo!

DOUGLAS
Ucciso! ... E da qual mano?

MAC-GREGOR
Ogni indagine nostra andò delusa!
Finalmente svelò la mia fanciulla
Che l'omicida conescea: si fece
A raccontare allor come Guglielmo,
La notte succeduta a quel misfatto,
Nella camera sua precipitoso
Ed improvviso entrasse, e sorridendo
La mostrasse la man, vermiglia ancora
Del sangue dello sposo, e con gentile
Chinar di capo il nuziale anello
Del trafitto le desse.

DOUGLAS
Oh infamia! oh scherno!
E voi ... voi che faceste?

MAC-GREGOR
Al suo castello
Portar feci l'ucciso, e nel sepolcro
De' guoi padri deporre; indi una croce,
A ricordo perpetüo, nel loco
Del misfatto piantai; ma cerco ho invano
L'assassino Ratcliff; fu visto in Londra,
L'ultima volta, ove, morta la madre,
Siupò tutto in bagordi il suo retaggio;
Poi di gioco, di presti, e, fin --- lo intesi
Da parecchi asserir -- di ladroneggi,
Vita infame condusse a mo' d'infame
Cavlier di rapina. –
Era il secondo anno
su quel delitto ormai trascorso,
E l'uccio non men che l'uccisore
Quasi posto in oblio, quando al castello
Lord Duncano arrivò: mi fe' dimanda
Della fanciulla; consentii, nè cosa
Difficile mi fu, che consentisse
Ella pure a legarsi ad uom disceso
Da' nostri antichi re. Ma ... sventurati
No! già stava all'altar festosamente
Abbigliata Maria, non senza un vago
Turbamento ... e Duncan giacea trafitto
Sul Negro Sasso!

DOUGLAS
Io raccapriccio!

MAC-GREGOR
A' servi,
"Su -- gridai -- tutti in sella!"
E per tre giorni
Boschi, valli, campagne, antri, foreste,
Noi corremmo, lustrammo,
E indarno sempre:
Orma dell'assassino in nessun loco.
Se non nella stressa infausta notte
Di quel di sanguinoso, ardìa Guglielmo
Di novo penetrar nella segreta
Camera di mia figlia, e presentarle,
Con un riso beffardo ed un saluto
Gentil, l'anello nuzial che dato
A Duncano ella avea.

DOUGLAS
Per Dio, quest'uomo
M'è d'un audacia singolar! Trovarlo
Vorrei.

MAC-GREGOR
Fu l'uomo istesso, io l'ho per fermo,
In cui nel bosco d'Invernè vi siete,
Dugla, scontrato. Che nessun de' miei
Sagaci esploratori abbia veduto
Colui, stupor mi prende, lo molta cura
Data, o conte, mi son, perchè non debba
Come gli altri,
scolpir sopra una croce
A quel sasso fatale il nome vostro.

(parte)
 
Scena Terza


DOUGLAS
(solo)
Vecchia volpe è quest'uom! Fin dopo l'ora
Delle nozze mel tacque ... e fu presente!
Nondimeno io verrei con quel protervo,
Enfiato di rancor, che turba i sonni
Di Maria, misurarmi. Oh no! dal dito
L'anel non mi torrà, perchè la mano
Sta pur col dito mio.
Maria non amo,
Nè da lei sono amato, ed ha composto
Mera convenienza il nostro nodo.
Ma di cor cono amico a questa dolce
Creatura, e da spine il suo cammino
Sgombrar desio.
 
Scena Quarta

(Douglas e Lesley)


LESLEY
(imbaccuato, guardanosi sospettoso

d'attorno, si avanza)
Non siete il conte Dugla Voi?

DOUGLAS
Per lo appunto. Che volete?

LESLEY
(gli porge un foglio)
Il foglio gentil dunque è per voi.

DOUGLAS
(dopo aver letto)
Si! Si! ch'io vengo
Rapportegli pure. Al Negro Sasso!

(partono tutt'e due)
 



ATTO SECONDO


(Taverna di ladri nel fondo, uomini sdrajati

che dormono. Una immagine sacra pende
dalla parete. Batte un oriuolo. Crepuscolo
verpertino)
 

Scena Prima>

(Guglielmo Ratcliff siede meditando in un canto;
l'oste Tom in un altro, tenendosi fra' sinocchi
il suo fanciullo Willie)


TOM
(piano)
Willi, sai recitarmi il paternostro?

WILLIE
(ridendo e forte)
L'ho sulla punta delle dita!

TOM
A bassa
Voce! o mi svegli quella gente, morta
Di fatica.

WILLIE
Or disciogliere la lingua posso?

TOM
Di' su! ma senza furia.

WILLIE
Padre Nostro, che sei nel ciel, santificato
Sia per sempre il tuo nome.
Avvenga il regno Tuo;
Come in cielo il tuo voler s'adempia
Qui sulla terra; il pan quotidiano
Oggi ne dà; ci libera da' nostri
Debiti, come noi ne liberiamo
I nostri debitori, e non lasciarci ...

(balbetta)

Lasciarci ...

TOM
O che! balbetti?

E non lasciarci tentar dal male!
Ricomincia!

WILLIE
(tien gli occhi sempre fissi in Guglielmo
Ratcliff, e parla agitato ed incerto)
Padre Nostro, che sei nel ciel, santificato
Sia per sempre il tuo nome.
Avvenga il regno Tuo;
Come in cielo il tuo voler s'adempia
Qui sulla terra; il pan quotidiano
Oggi ne dà; ci libera da' nostri
Debiti, come noi ne liberiamo
I nostri debitori, e non lasciarci ...


(balbetta di nuovo)

Non lasciarci...

TOM
(aspro)
Tentar! tentar dal male!

WILLIE
(piange)
Babbo mio! Sempre sempre dalla bocca
Come l'acqua mi scorre ...
Oh, ma colui là ...


(accenna Guglielmo Ratcliff)


Con occhi sinistri ognor mi guarda!

TOM
(minaccioso)
Questa sera, Willi, tu non hai pesce:
E se mai dalla cassa un'altra volta,
Bada! men ruberai ...

WILLIE
(piangendo e con tono di recita)
Tentar dal male ...

RATCLIFF
Smetti, e lascialo in pace.
Anch'io quel passo:
Non lasciarci tentar!


(in aria dolorosa)


Mai, mai nel capo
Ritener non potei.

TOM

(mostra quelli che dormono)
Sarei dolente
Se qual voi siete e quai sono coloro
Diventasse, un bel giorno, il figlio mio.
Or vattene, Willi!

WILLIE
(si allontana piagendo e mormorando fra' denti)
Tentar dal male non lasciarci ...
 
Scena Seconda

(Ratcliff e Tom)

RATCLIFF
(sorride)
Che intendere voleste?

TOM
Ch'egli sia buono e cristiano intendo;
Intendo che non sia, com'è suo padre,
Un capestro da forca.

RATCLIFF
(con ischerno)
Ancor non sei tanto birbo.

TOM
Or non son che un animale
Mansueto, un ostiere, un zaffabirra.
E perchè la mia piccola casetta
Ben tappata è nel bosco, ha l'uscio aperto
Solo a' grandi signori e pari vostri,
Che vogliono serbar gelosamente
L'incognito, dormir di giorno chiaro,
E di notte vegliar. Non do col bujo,
Quartier, lo do col sole. Anch'io, già tempo,
Godea di girellare al fioco lume
Della luna,

(fa un moto colle dita)

E frugar nelle altrui case,
Nelle altrui tasche; tuttavia non tanto
All'impazzata come fan coloro.

(addita gli addormentati)

Guardate un tratto quel capo di volpe;
Un genio è il mariuol! nata, incarnata
Per le pezzuole altrui gli s'è la frega.
Ladron quanto una gazza, e...
Guarda, guarda
Come uncina le dita anche nel sonno!
Fin sognanado egli ruba ...
oh ve'! sogghigna
Tutto felice...
Quel lungo figuro
Laggiù dai magri stinchi di locusta,
Sartor già fu:
brandelli in pria raspava;
Presto dopo gheroni, e finalmente
Pezze intere di panno.
Al laccio, un giorno,
Per prodigio scappò; sol che le gambe
Da quel di gli tentennano. Mirate
Come springa co' piedi! Io metto pegno
Che sognando egli va, pari a Giacobbe,
Una scala a piuoli. A quel paffuto
Vecchio Robin drizzate ora lo sguardo:
Dorme e russa quieto, ed, oh! già dieci
Omicidi sull'anima gli stanno;
E cattolico almen, qual siamo noi,
Fosse il vecchio Robin, sì che potesse
Venirne assolto; eretico è il ribaldo!
E, pur troppo, bruciar, dopo impiccato,
Nell'inferno dovrà.

RATCLIFF
(inquieto, passeggia di su, di giù per la
stanza, e non cessa di guarda l'oriuolo)
No, Tom! quel vecchio
Robin non brucierà, te lo assicuro.
Ben diverso giurì che in Inghilterra
V'è nel mondo di là.
Robino è un uomo,
E la bile s'appicca dall'uom che vede
Come le miserabili animelle
Di tanti perdigiorno in abbondanza
Stragrande si diguazzino: di seta, di velluto
Han le vesti, ostriche ghiotte
S'ingojano, ed affogano le gole
Nello Sciampagna, o bando al tedio loro
Dan fra le coltri del dottor Graàmo,
Stepitar fan le vie correndo in carri
Dorati, e burbanzosi abbassan gli occhi
Al povero affamato che si striscia
Lento fra quella furia e sospiroso
Al monte di pietà colla camcia
Ultima sotto il braccio.

(ride amaramente)

Oh li marate
Questi cauti pasciuti! li mirate
Come schermo si fan d'un baluardo
Di leggi per respingere gl'impronti,
A cui gli stazi del ventre digiuno
Strappano grida disperate! E guai,
Guai, se quel baluardo un ne travarca!
Pronti i giudici son, la scure, il laccio,
Il carnefice ... Or ben! si danno audaci,
Cui terror ciò non desta.

TOM
Un giorno anch'io
Pensava a modo vostro. In due gran classi,
Che si fan guerra con furor selvaggio,
Gli uomini tutti dividea: nell'una
I satolli, e nell'altra gli affamati;
E dacchè coi diguiuni io facea parte,
A volte di lottar con quei satolli
D'uopo mi fu; se non che impàri troppo
Questa lotta travai, per ciò bel bello
Dal mestier mi ritraggo, lo sono stanco
Dell'andar vagabondo e senza tetto,
Del fuggir gli occhi tutti e fin la luce,
Del volgermi tremando ad ogni forca
Che mi appaja per via, quasi io dovessi
Penzolarvi, e d'ergastoli e di bagni,
E del filar continüo la lana
Sognare ognor. Per Dio, che una tal vita,
Una vita è da cane. e poi vedersi
Come fiere per campi e per foreste
Cacciati, e in ogni pianta uno scherano
Temer; tremar, sebben chiusi, appiattati
Nelle proprie pareti, ognor che s'apra
L'uscio ...
 
Scena Terza

(Lesley entra in fretta. Ratcliff gli corre incontro.
Tom dà indietro spaventato col grido di: "Gesù")

LESLEY
Egli viene! egli viene!

RATCLIFF
Vien'egli?...
Sta ben.

TOM
(in angustia)
Chi mai?... Terror da qualche tempo
Tutto mi dà.

LESLEY
(
a Tom)
Ti calma, ed or ci lascia soli.

TOM
(con aria accorta)
Comprendo io sì. Partir fra voi
Qualche cosa dovete.
 
(parte)
 
Scena Quarta

(Ratcliff e Lesley)

RATCLIFF
Il Dugla viene?
Dunque me n'esco.
 
(prende cappello e spada)

LESLEY
(trattendolo)
Oibò! ten guarda. È d'uopo
Pria, che meglio s'abbui. Tu da' famigli
Di Mac-Gregorio sei spiato; ai bimbi
Noto è il tuo volto, così ben dipinto
T'hanno ... Ma dimmi,
A che mai questo gioco?
Rischi, che non ti fruttano, qui cerchi.
Torna a Londra con me, là sei sicuro.
Via dal tristo paese, ove san tutti
Che tu sei l'assassin di Macdonaldo
E di Duncano!

RATCLIFF
(con dinitosa alterezza)
L'assassin? Menzogna!
Duncano e Macdonaldo in un duello
Caddero. Io combattei con tutt'onore,
E con onor combattere disegno
Pure col Dugla.

LESLEY
Agevolar la cosa
Meglio ti dei. L'italian conosci ...

(fa un gesto da brigrante)

Dimmi almen: questo Dugla ove d'intoppo
Ti fu? che mai t'ha fatto? e qual radice
Ha la tua bile, il tuo rancor?

RATCLIFF
Nè il vidi,
Nè parlato gli ho mai; nessun oltraggio
Mi fece, ed io non l'odio.

LESLEY
E pur tu vuoi
Dargli lo spaccio? Il senno hai tu perduto?
O perduto l'ho io, dacchè strumento
Mi ti son fatto in così pazza impresa?

RATCLIFF
Tristo a te, tristo a te, se in tali cose
Penetrar tu potessi! e sciagurata
La fodera del tuo poco cervello!
Scoppiar la ti dovrebbe, e far dal rotto
La follìa capolino. Al par d'un guscio
D'ovo potria quel tuo povero capo
Rompersi, e fosse ancor qual è la vasta
Cupola di San Paolo.

LESLEY
(si tocca con angoscia beffarda la fronte)
Oh mi spaventi!
Meglio tu taccia.

RATCLIFF
Un lunatico eroe
Non mi devi suppor, nè un cacciatore
D'ombre, che per la notte e per l'inferno
Aizzi il suo fantasico segugio:
O un malaticcio, tisico, stremato
Pöetin che cogli astri e colla luna
Amoreggi, e si prenda un mal di ventre
Per troppa emozion, se il trillo ascolti
Dell'usignuol, se de' propri sospiri
Si fabbrichi una scala, e col capestro
Di rime imbavagliate alla colonna
Della sua gloria alfin sè stesso impicchi.

LESLEY
Affermar tutto ciò con giuramento
Al bisogno io potrei.

RATCLIFF
Pur ti confesso –
E ch'io motteggi ti parrà -- vi sono
Strane orribili posse, a cui soggiaccio;
Buje virtù, che guida a' miei voleri
Si fan, che sprone ad ogni opra mi sono,
Che reggono il mio braccio, e di terrore
M'ingombrar fin da' primi anni la mente.
Quando, fanciullo ancora, a qualche spasso,
Da me solo, io mi dava, innanzi agli occhi
Talora io mi vedea due nebulosi
Spettri, che l'uno all'altro, in un trasporto
D'amor, come anelassero accostarsi,
Le lunghe si tendeano aeree braccia;
Nè lo potendo, dolorasamente
Si stavano a guardar.
Comunque fosse
Nebbia vuota, fugace il loro aspetto,
Nell'uno tuttavia sembianze altere
D'uomo io scorgea,
contratte a chiuso sdegno,
E pia, soave femminil bellezza nell'altro.
Anche nel sonno i due fantasmi
M'apparvero talvota e più distinti.
Di dolore atteggiato in me fissava
L'uomo le ciglia, e con amor la donna.
Nel tempo tuttavia che in Edimburgo
M'ebber le scole, mi si fer più rare
Tali apparenze, e il mio torbido sogno
Nel vortice sparì di quella vita
Scapestrata. Per caso io qui ne venni
In un tempo di ferie, e Mac-Gregorio
Nel suo castello m'ospitò. Maria
Vidi! Un subito lampo al primo sguardo
Di quella giovinetta in cor me scese.
Era assomiglio dell'aerea donna,
Era il bello, era il muto, era il soave
Volto d'amor che in sogno mi sorrise
Tante fiate; e sol pallida meno
La guancia di Maria, sol meno immota
La pupilla. Sul viso avea le rose,
Il baleno negli occhi. Inquella cara
Creatura ogni grazi incantatrice
Parea scesa dal cielo, e bella tanto
Cierto non fu la Vergine beata,
Di nome a lei sorella ... Io, d'una febbre
Amorosa infiammato, aprii le braccia
Per serrarmela al cor ...

(pausa)

Come avvenisse
Non so. La mia persona in uno specchio
Vidi riflessa ... Er'io quel nebuloso
Uom che tendea con tal desio le mani
A quella donna nebulosa! Un mero
Sogno fu quello? non più che un inganno
Di calda fantasia?
Tenera tanto,
Tanto accesa d'amore a me si volse
In quel punto Maria, che gli occhi nostri
Si confusero insiem coi nostri cuori ...
Oh Dio! ... soltanto allor l'antico, oscuro
Mistero si svelò della mia vita.
Il canto degli augelli e l'dioma
De' fiori allor compresi, allor degli astri
L'amoroso saluto, il mormorio
Del fonte, l'asolar del venticello,
E del mio petto i segreti sospiri ...
Tutto, tutto io compresi! E, quasi allegri
Fanciulli, insieme godevano, insieme
Giocavam. N'era svago uno dell'altro
Cercar, poi nel giardino alfin trovarci;
Delle rose m'offria, delle mortelle,
M'offira de' suoi capelli, e cari baci ...
Baci che a cento doppi a lei rendea.
Fin che a' piedi io le caddi, e: -- Di' Maria!
M'ami tu? -- supplicai.
 
(cade in delirio)

LESLEY
Come veduto
Volentieri io t'avrei di quelle pugna
Nerborute a far croce in atto pio
Di supplicante, a stremperar que' fieri
Fulminei guardi in un molle languore
Sentimentale, a imprimere un affetto
Tenero, dolce al suon di quella voce
Che per la vie maestre orrenda tuona
Nell'orecchio de' ricchi!

RATCLIFF
(prorompe con ferocia)
Ah maledetta
Serpe! Con occhi impauriti, strani,
E quasi repugnante, a me si volse,
E con beffardo inchino e con parola
Di gel: -- No! -- mi ripose. Ancor lo sento
Quel -- No! -- dietro di me!
Lo sento ancora
Quel -- No! No! -- derisor sul capo mio ...
E così strepitando, a me si chiuse,
Ahi! la porta del cielo.

LESLEY
Infame beffa quella fu!

RATCLIFF
Dal castel di Mac-Gregorio
Per Londra in via mi posi, ov'io sperava
Stordir nella marea dell'agitata
Metropoli il dolore, ond'era oppresso.
Giacchè, pria che notizia io pur ne avessi,
M'eran morti i parenti. Oh, l'insensato
Proponimento a tristo, a tristo effetto
M'uscì! Nulla di ben, nè il vin di Porto,
Nè lo Sciampagna mi fruttar; più mesto
Ad ogni llibagione io mi sentìa.
Non potean brune o bionde
Il mio cordoglio
Cacciar co' vezzi loro. Anche la pace
Nel faraone non trovai! Sul verde
Tappeto errava di Maria lo sguardo;
La bianca mano di Maria piegarmi
I pàroli io scorgea;
fin nella dama
Di cuori -- in quello sgorbio di figura! –
Le sue care io vedea, le sue celesti
Sembianze; e sottil carta essa non era;
Era Maria, Maria! Del suo respiro
Movea l'aura a ferirmi. Ella accennava
Col capo, ella assentia ...
-- Va' banco! -- E l'oro
Via portossi il dimon ... l'amor rimase!

LESLEY
(ride)
Ah! Ah! così cavato hai dalla stall
Il tuo picciol ronzino, e il voil prendesti
Come ben si conviene a' cavalieri
Scozzesi; e come gli avi, a tasche vuote
Vissuto sei. L'amor, senz'alcun fallo,
Se n'è andato or da te; però che giova
A rinsavir lo scorrere di notte,
Con vento e pioggia, e tirar via se incontri
Forche, se penzolarvi un caro amico
Vedi che sgambettando ti saluta.

RATCLIFF
Olio piovve sul foco, e in me la febbre
Per Maria divampò più che mai fiera.
L'Inghilterra talvolta a me perea
Troppo angusto confine, e quella rabbia
D'amor con ferrea non visibil mano
Qui di nuovo mi trasse, e qui potei,
Sol qui presso a Maria, trovare il sonno.
Or libero io respiro, or tanto oppresso,
Dall'angoscia non sono, e provo un senso
Di bene ... io t'apro il mio segreto. Ascolta!
Per Dio giurai, per le posse del cielo
E dell'inferno, e posi al giuramento
Il suggel d'una orribile bestemmia:
-- Cadrà sotto il mio ferro
Ogni uom che osasse
Findanzarsi a Maria. -- Segreta voce
In me l'ha proferito, e cieco io seguo
Di questa oscura possa il cenno arcano.
Possa che meco pugna allor che al Negro
Sasso apparecchio un talamo di rose
Per gli sponsali di Maria.

LESLEY
Ti scendo ora alfin nel pensier,
ma non t'approvo.

RATCLIFF
Forse io stesso m'approvo? Ah, quella voce,
Quella sola in me scesa, estrania voce,
-- Sì -- mi dice nel cor! quell'ombre sole
Che veggo in sogno, con cenni del capo
M'approvano ...

(manda un grido)

Gran Dio! ... Là! là ... Non vedi?

(Tenebre. Due figure nuvolose ttraversano
la scena e spariscono. I mansardieri e il mariiuoli
sdrajati nel fondo, desti a quel grido,
alzano in piedo gridano: "Che v'è che v'è?")

Là! là! quelle figure?

LESLEY
O che, Guglielmo?
Qual diavolo ti tocca?
Io nulla veggo.
 
Scena Quinta

(Ratcliff, Lesley, Robin, Dick, John e Taddie)

DICK
Che mai vede colui? gli sgherri forse?

LESLEY
Tutt'altro, Spirti!
 
(tutti ridono)

ROBIN
(incollerito)
Mi castighi Iddio!
Non un poco di requie
anche di giorno.

RATCLIFF
Fa notte; andar vogl'io.
 
(esce dalla taverna)

LESLEY
Mi ti accompagno.

RATCLIFF
Nol soffro.

LESLEY
Oh, fino almanco al Negro Sasso!
Guardie forse là stanno.

RATCLIFF
Or la paura
Ve le dilunga; il loco è pien di spettri
Quando vien notte.

LESLEY
Addio, signori!

RATCLIFF
Addio!

TUTTI
Che il ciel vi benedica.
 
(Ratcliff e Lesley partono)
 
Scena Sesta

(I Precedenti, senza Ratcliff e Lesley)

DICK
Fu sempre tale. Io lo conosco
Fin da Londra. Veduto io l'ho sovente
Nella taverna di Rascal.
Solea con ciglia corrugate e senza moto,
Senza voce, stecchito in faccia al lume
Star lungh'ore in un canto; a volte poi
Da costo si sedea con aria lieta,
Ridente; senonchè non avea modo
Però bieche di troppo; e gajo egli era,
E sghignazzava; ma' d'un tratto il labbro
Superior, contratto a fiero scherno,
Cominciava a tremargli, e fuor del petto
Sfuggivagli un urlio doloroso, e: -- Gianni!
-- In gran furia chiamava -- il mio cavallo! –
E via via, come in groppa a Satanasso;
Nè tornavane a noi che dopo mesi
Molti sd'assenza. Che la via di Scozia,
Notte e di cavalcando, egli prendesse,
Si buccinava.

BELL
Infermo egli è pur troppo!

DICK
Che me ne cale? Addio.

(partendo)


Tempo è d'andarne al lavor.

(pregando innazi alla sacra imagine)


Tu soccorrimi ne' rischi, benedicimi tu!

(egli ed altri parecchi partono)

ROBIN
(accostando il suo pugno all faccia)
Tu, tu, mio santo tutelar, mi soccorri.

(parte)
 
Scena Settima

(Due mariuoli stanno dormendo.

Tom, l'ostiere, entra chiotto chiotto
e ruba loro il denaro dalla tasche)

TOM
(in aria furbesca)
Ardir non hanno d'accusarmi al Giudizio.

(parte)
 
Scena Ottava

(John e Taddie)

JOHN
(sbadigliando)
È pure il sonno
Una stupenda invenzion!

TADDIE
(sbadigliando anch'egli)
Vien meco ad asciolvere, o John.

JOHN
Perchè? V'han nuove?

TADDIE
Rissel, l'amico nostro, oggi di certo
Calci al vento darà.

JOHN
Ben è dannata invenzion la forca!

(i due mariuoli partono)
   



ATTO TERZO


(Luogo selvaggio presso il Negro Sasso.
Notte. A sinistra, roccie fantastiche e tronchi

d'alberi. A destra un monumento in forma
di croce. Sibili di vento.
Si veggono due bianche figure di nebbia,
che l'una e l'altra si tendono con vivo affetto
le braccia senza potersi accostare,
e da ultimo spariscon)
 
Scena Prima


(Ratcliff entra in scena)

RATCLIFF
(solo)
Oh, come il vento
Fischia! I suoi pifferai mandò l'inferno
Tutti qui; fan la musica costoro.
Nel suo vasto mantel la luna è chiusa,
Ed a pena ne scuote e giù ne invìa
Qualche morto baglior. Sì, sì, potrebbe;
Quanto a me, starne chiusa, annuvolarsi
Del tutto. Alcun mestiero alla valanga
Non è d'una lucerna, affinchè vegga
In qual parte scoscendere; la via,
per accostar la calamita, il ferro
Conoscere, e segno miliare al brando
Provato di Ratcliff non abbisogna
Perchè trovi il cammin che lo conduca
Dritto al petto di Dugla. --- E quel contino
Qui poi verranne? o il turbine e il timore
Di tossi, di corizze e infreddature
Terrallo indietro? O forse: "Io vo' l'andata
Differire -- egli pensa -- all'altra notte?"
Ah! ah! di questa notte appunto ha d'uopo.
Ben saprò, ben saprò là nel castello
Di Mac-Gregorio.


(batte l'impugnatura della spada)


Accesso ad ogni stanza
Apre a me questa chiave; e queste amiche
Mi difendono il dorso.

(mette le mani sulle pistole della cintura,

ne leva una e la contempla)

Oh, come onesta  ella mi guarda!

Volentier vorrei raccostar la mia bocca
a questa sua, poi premere ...
Qual ben non mi verrebbe dal suo bacio di foco!
Al mio tormento Darei fine così.
 
(pensa)


Ma forse il Dugla
In questo punto, in simil guisa, appressa
La bocca e quella di Maria ... sì certo! ...
No! non debbo morir, perchè costretto
A sorgere ogni notte allor sarei,
Ombra impossente, dalla fossa; e, pari
Ad un allocco, col muso lascivo
D'un bòtolo annusar, serrando i denti,
Le belle membra di Maria.
Non debbo Morir.
N'andassi in cielo, e per gli strappi
Dello stellato padiglion, lo sguardo
Giù per caso, volgessi al maledetto
Talamo di color, vormiterei
Bestemmie orrende che farieno a' buoni
Angeli impallidir le rosse guancie,
E strozzar per angoscia in quelle gole
Le uggiose interminabili alleluje.
Ma poichè son dannato al foco eterno,
Un demone esser voglio, anzi che un frusto
Di miserando peccatore.
 
Scena Seconda


(
Ratcliff e Douglas)

RATCLIFF
Il passo d'un uom ...

(alza la voce)


Chi si avvicina? ... Olà! rispondi!

DOUGLAS
Non m'è nuova la voce: è di quel prode,
Nobile cavalier, che, non ha guari,
Dall'ugne mi strappò de' masnadieri
Nel bosco d'Invernè.

(si fa presso)


Sì, sì, quel desso!
Or voi non mi sfuggite. Io per la vostra
Magnanima difesa obbligo grande
V'ho ...

RATCLIFF
Detti non sciupate a riferirmi merchè; per mero
e semplice capriccio v'ajutai. Tre vi stavano
di contro; Erano di troppo: un sol che stato fosse,
Viva Dio! che spronato il mio cavallo,
Muto, innanzi v'avrei.

DOUGLAS
Non tanta asprezza;
Amistà sia fra noi.

RATCLIFF
Come vi piace;
Ma per segno di questa, una preghiera
Esauditemi tosto.

DOUGLAS
Anima e corpo
Vostro son io. Parlate!

RATCLIFF
A questo loco,
Novello amico mio, senza un istante
Tardar, date le spalle ...

(ridendo)


A men che Dugla detto non siate.

DOUGLAS
(stupito)
E tal, per Dio! son detto.

RATCLIFF
Che? Dugla voi?

Voi conte Dugla? Oh male,

(ridendo come sopra)

Male assai! Muore qui la nostra bella
Pur or nata amicizia. Il nome mio,
Signor conte ... sappiatelo! il mio nome
È Guglielmo Ratcliff.

DOUGLAS
(mettendo fieramento mano alla spada)
Tu l'assassino
Di Macdonaldo e di Duncano?

RATCLIFF
(cava la spada)
Io stesso.
E per amor di compiere il trifoglio
Qui v'ho data la posta.

DOUGLAS
(gli si avventa)
Il capo tuo
Guarda, infame omicida.

(combattano)

RATCLIFF
Affè. Ne aggiusto
Quant'io più sappia ... Ah! ah!

DOUGLAS
Cessa il tuo riso diabolico.

RATCLIFF
(ridendo)
Non io; ridon que' bianchi
Fantasmi, che son là ...

DOUGLAS
Ridi a tuo senno.
Spirti di Macdonaldo e di Duncano,
Assistetemi voi!

RATCLIFF
Demonio e inferno!
Ora il morto Duncan gli para i colpi ...
Oh, con noi non mischiarti, abominato
Fantasma schermidor!

DOUGLAS
(ride)
Tien' questa!

RATCLIFF
Inferno! Tradigion! ... Nella pugna, ecco, si mesce
Pur Macdonaldo! ... È troppo!
Uno assilito da tre!

(retrocede e intoppa nella base del monumento)


Morte e dimon! Caduto al suolo
Ratcliff! Su via, trafiggimi! Non hai
Maggior nemico sulla terra.

DOUGLAS
(freddo)
Il brando
Di Dugla oggi provaste. A voi, di fresco
Debitor forse io fui della mia vita;
Debitor della vostra oggi mi siete;
Pari noi siam. Conoscermi or dovreste,
Penso, e la prova, io credo, esservi sola
Potria per migliorarvi il cor malvagio.

(parte contegnoso e superbo)
 
Scena Terza


(Ratcliff giace immobile a' piedi del monumento.
Continua il vento a fischiare. Le due figure di
nebbia
(fantasmi di Eduardo ed Elisa
si avvicinano con tese braccia,
poi si separano e spariscono)

RATCLIFF
(lento e trasognato si leva)
Fu voce d'uom?
fu sibillo di vento?
Mi ronzò negli orecchi una parola
Vuota, errante, fuggevole! ... Non altro
Che delirio? che sogno? ... Ove mi trovo?
E qual croce è mai questa? e che v'è scritto?

(legge l'inscrizione del monumento)


"Qui furo uccisi da perversa mano
Lord Macdonaldo e il conte di Duncano."

(si riscuote)


No! non è sogno!

Io sono al Negro Sasso
Vinto, irriso, sprezzato!
Infami venti Mi ghignano agli orecchi:--
È qui l'uom forte,
L'animo invitto, gigantesco! è qui
Lo schernitor del popolo britanno,
Che di leggi si beffa! è qui l'audace
Che combatte col cielo ... e non ha possa
D'impedir che si giaccia in questa notte
Dugla colla sua cara, e le racconti
Sorridendo in che modo il verme vile
Di Guglielmo Ratcliff, prosteso a terra,
Si torse e si contorse al Negro Sasso
Miseramente; nè il piede di Dugla,
Per non bruttarsi, lo calcò. –

(irrompe con furore)


Malnate
Maliarde! smettete il vostro riso
Spaventoso, e coll'indice maligno
Non mi schernite; sul lurido capo
Vo' le rupi scagliarvi, i pini io voglio
Svellere dalla Scozia, e i vostri scialbi
Omeri flagellar; vo' col mio calcio
Spremer dagli scarnati aridi corpi,
Maledetti dal cielo, il negro tosco.
Borea, scatena le tue furie, e il mondo
Struggi, dissolvi! Squarciati e mi schiaccia,
Immensa eterea vòlta! e tu m'ingoja
Ne' tuoi baratri, o terra! ...

(tra feroce e commosso, cade in pensieri
profondamente misteriosi)


Ombra esecrata,
Nebbia che mi persegui in forma d'uomo,
Non mi guardar con quegli occhi sbarrati!
Mi suggi il sangue con quegli occhi, in pietra
Rigida mi converti, onda gelata
Nelle bollenti viscere mi versi,
E trasformi me pure in un notturno
Spento fantasma ... Quel loco m'accenni? ...
Col tuo proteso vaporoso braccio
Tu mi accenni quel loco?
E debbo io dunque?
Maria? ... Maria, la candida colomba? ...
Sangue tu vuoi? ...

Chi parla? Olà! ... Di vento
Soffio non fu. Rapirla io debbo? Inchini
La fronte tu? Sia! Sia! Ferrea è la tempra
Del mio volere, e, più di quel divino,
Più di quello infernale, onnipossente.

(parte precipitoso)



ATTO QUARTO


(Castello di Mac-Gregor.
Camera illuminata. Nel mezzo, un gabinetto
coperto da tende. Musica da ballo e risa di
fanciulle in qualche distanza)


Scena Prima


(Maria abbigliata da sposa, e Margherit)


MARIA
O buon Dio, quale angoscia!

MARGHERITA
Il giustapetto n'è la cagion.
Vien qui, faciulla mia,
Voglio spogliarti.

MARIA
Oppresso ho il cor.

MARGHERITA
Bell'uomo gli è pur quel conte Dugla!

MARIA
(si rassegna e sorride)
È tal; poi gajo,
Affabile ... ed un uomo!

MARGHERITA
Innamorata ne sarìa la mia bimba?

MARIA
Innomorata?
Innomorata? Schioccheria! Non basta
Sapersi compatir?

MARGHERITA
Però non sempre
Parlava ella così, quando Guglielmo ...

MARIA
(le chiude la bocca)
Oh ti prego! ti prego!

Il tristo nome non pronunciarmi.
È notte, è tardi ...

MARGHERITA
Allora
N'era, sì! la mia bimba innamorata!

MARIA
No! no! D'indole dolce e mansueta
Da prima egli parea; parea che noto
Mi fosse il volto suo; soave n'era
Il suon di quella voce, e ne venìa
Quasi un senso di ben sulle mie guancie
Dal suo respiro; e gli occhi ... oh come cari,
Come buoni, giocondi a me volgea!

(presa da subito raccapriccio)


Ma di colpo mutarmisi lo vidi
In uno spettro; attonito, suffuso
Del pallor d'un estinto, insanguinato,
E così furibondo, e minaccioso
Così, come trafiggermi volesse.
Quasi egual mi sembrava a quel fantasma
In volto d'uom che spesso io veggo in sogno
Tendermi le sue braccia, e tener fissi
Gli occhi in me lungamente, e con tal foga
Finch'io medesma, in vana aerea forma
Conversa, a lui le nebulose braccia
Apro e tendo così.

MARGHERITA
Tu mi somigli
A tua povera madre; un nulla anch'essa
Impermalia, sebben come una micia,
Cotta, impazzita di Ratcliff.

MARIA
La madre mia? ...

MARGHERITA
D'Edvardo Ratcliff, che di Guglielmo
Fu il padre. E bella, bella era tua madre,
E chiamata venìa, per la sua grande
Beltà, la Bella-Elisa. Avea capelli
D'oro puro, avea mani d'alabastro,
Occhi ... Edvardo il sapea s'erano belli,
Che, quanto è lungo il dì, li vagheggiava,
E i suoi per poco vi struggea.
Nel canto era un vero usignuolo,
e quando al foco


(canta)


"--- Perchè rossa di sangue è la tua spada,
Edvardo? Edvardo?" -- a cantar si mettea,
Non fiatava la cuoca, e ognor l'arrosto
La si bruciava ... Oh mai, mai non avesse
Imparata da me quella canzone!

(piange)

MARIA
Narrami, Rita mia.

MARGHERITA
La Bella-Elisa
Sola nella sua camera sedea,
E cantava:


(canta)


"-- Perchè rossa di sangue
È la tua spada, Edvardo? Edvardo?"
-- In quella,
V'entrò d'un salto Edvardo, e scuro in faccia
Sul tono istesso la canzon riprese:

(canta)


"Uccisa ho la mia cara! Oh, la mia cara
Era pur bella!" -- D'un tal raccapriccio
Fu colta allor la madre tua, che mai,
Mai più quell'infelice e fiero Edvardo
Veder non volle; e, a crescergli dispetto,
Mac-Gregorio sposò.
La rabbia trasse
Di senno Edvardo, ed a mostrar che lieve
Eragli abbandonar la Bella-Elisa,
Per gusto disperato in sacro nodo
Si legò con Ginevra, una figliuola
Di lord Campello, e quel Guglielmo è figlio
D'union così pazza.

MARIA
Oh sventurata madre mia!

MARGHERITA
Ma d'un capo era tua madre
Ben caparbio e tenace. Intero un anno
Passò senza che mai d'Edvardo il nome
Sul labbro le suonasse. Allor che venne
L'altro ottobre però, nel giorno appunto
Che d'Edvardo, cred'io, portava il nome,
"-- Rita!" -- come per caso ella mi chiese –
"Non sai nulla d'Edvardo?"
-- "Io so che in moglie
Prese la figlia di Campel." -- "Ginevra
Campel? ..." la Bella-Elisa allor proruppe,
E pallida in un tempo ed infiammata
Si fece, ed a versar più d'un'amara
Lagrima incominciò. Su' miei ginocchi
Teneati in quel momento, ed eri appena
Nel terzo mese, e a piangere tu pure,
Bimba mia, ti mettevi; ed io, che voglia
Mi sentia d'addolcir colle mie ciancie
Il pianto di tua madre, a raccontarle
Mi feci, che obliar la Bella-Elisa
Edvardo non potea, che giorno e notte
Far la ronda al castel celatamente
Era veduto, e levar con affetto
Doloroso la braccia al suo balcone.
"Oh da tempo io lo so!" la Bella-Elisa
Rispose ed affacciatasi di volo
Al balcon, verso Edvardo il braccio stese.
Ahi! quanto ella mal fece! In quell'istante
Mac-Gregorio ciò vide, il tuo geloso
Padre ...

(interrompe atterrita)

MARIA
Or ben! Non finisci?

MARGHERITA
Ho già finito

MARIA
Segui, segui!

MARGHERITA
(angustiata)
Vicino al vecchio muro
Del castel, il mattin dell'altro giorno
Giacea privo di vita il sanguinoso
Corpo d'Edvardo.

MARIA
E la povera madre?

MARGHERITA
Morì per lo spavento il terzo giorno
Dopo il misfatto.

MARIA
Orribile!

MARGHERITA
(con freddo, ironico vaniloquio)
Veduto,
Bambina, avessi tu cogli occhi propri
Come Edvardo Ratcliff, là sotto il muro
Del castello, giacea! L'ho qui, qui viva
Sempre quella figura insanguinata!
E perchè consapevole son io
Di colui che l'uccise, e perchè dirlo
Non debbo ad uomo nato,
e perchè folle sono...
dormir non posso, e in ogni loco
Pallido, sanguinoso e con pupille
Sbarrate e acute come dardo, io veggo
Passarmi quell'Edvardo innanzi agli occhi
Taciturno, e coll'indice levato,
Pari a fantasma vagabondo ...
 
Scena Seconda


(I precedenti, Guglielmo Ratcliff pallido,
contraffatto, lordo di sangue,
entra in iscena)


MARGHERITA
(manda un grido acuto)
O santa Vergine, il morto Edvardo!

(si accoscia in un angolo della camera,
e vi rimane irrigidita ed immobile)


MARIA
(mette anch'essa un grido)
Ah sciagurato!
L'anel di Dugla tu mi porti?

RATCLIFF
(ride amaramente)
È chiuso
Il torneo; degli anelli omai finita
La corsa. Io due ne vinsi, e non volendo
Lasciarsi il terzo dispiccar, riverso,
Sconfitto io caddi dal caval di legno.

MARIA
(con subita svolta in tono di fidanza
e d'angoscia -  comincia a delirare)

O Guglielmo! Guglielmo! insanguinato
Sei! ... Vien' qui! Vo' bendar la tua ferita ...

(lacera il velo bianco nuziale)

Cielo! ove sono? ... Cattivo tu! ... Non sei
Guglielmo! ... Edvardo sei! la Bella Elisa
Son io ... son io! ... Quel tuo povero capo
È tutto sangue,
e il mio tutto confuso!
Che mi faccia non so. Vien' qui, se cara
Tu m'hai; piega i ginocchi ...

(vuol bendargli il capo ferito)

RATCLIFF
(cade a' suoi piedi, tenero e addolorato)
Un sogno è questo? ...
Sono a' pie' di Maria? ... No, voi non siete
Nebbia, piccioli piè, dalla delira
Mente creati, nè sparite al tocco della mia man.

MARIA
(cerca calmarlo e bendargli il capo ferito col velo)
Non moverti! S'aggruma
Il sangue alle tue bionde e belle chiome ...
Via, sta tranquillo! Insanguini me pure
Movendoti così. Se cheto stai ...
Si, negli occhi, io ti bacio.

 
(lo bacia) 

RATCLIFF
Oh questo bacio
Dagli occhi miei le tenebre dilegua!
I sole or posso riveder ... Maria! ...

MARIA
(come uscita da un sogno)
Io Maria? Tu Guglielmo?

(si copre gli occhi)

O trista, o trista c osa!

(abbrividisce)

Va! fuggi! vola!

RATCLIFF
(balza in piedi e l'abbraccia)
Io non mi parto!
Maria, tu mi sei cara, a te Guglielmo
Non manco è caro.

(confidente)

In sogno a me sovente
L'hai detto; e noi ci somigliam, lo sai?
Guardati nello specchio!

(s'avvicina ad uno specchio, e le fa
osservare le due immagini riflesse)


I tuoi sembianti
Son più belli, più nobili, più puri
De' miei, ma non diversi.
Abbiam sul labbro
L'orgoglio stesso, la stessa baldanza.
Su tutt'e due l'istabile proposto ...
Pronuncia un detto, un detto sol!

MARIA
(cerca sciogliersi da lui)
Mi lascia!
Mi lascia!

RATCLIFF
O che! non odi? Eguale il suono
Della voce abbiam noi, sol che di molto
È la tua più soave. Il cupo azzurro
Dell'occhio è in noi lo stesso,
Ancor che splenda
Più vivo il tuo. La man! ...

(prende la sua mano e ne fa
paragone colla propria)

 

Non vedi i sochi stessi?


(sgomentato)


T'affissa qui! corta è la via
Della vita in entrambi ...

MARIA
O deh, Guglielmo,
Laciami, e fuggi quando sai! Tra poco
Vengono ...

RATCLIFF
Si, la fuga! Oh ben dicesti!
Vieni! fuggiam! Sellato è il mio corsiero,
Il più veloce della Scozia;

(cava la spada)


E n'apre
La mia spada il cammin. Balena, il vedi?
Ma qual voce! ...

MARGHERITA
(canta vaneggiando)
"Perché rossa di sangue
È la tua spada, Edvardo? Edvardo? ... Uccisa
Ho la mia cara. Oh quanto era mai bella!"
Oh!

RATCLIFF
Chi mai proferì la sanguinosa
Parola? Il gufo, che s'appicca al varco
Della finestra? o il vento che's'ingorga
Nel vuoto del camino? o quella strega
Accosciata nell'angolo?

Fu quella, si! di marmo ha le membra;
oh ma dal petto
Fioco il canto la strilla! e mi comanda

(nell'eccesso del dolore)


Di svenar la mia cara ... e far lo debbo.

MARIA
Rotan feroci gli occhi tuoi; di fiamma
È il tuo respiro ...
delirar me pure tu fai...
Lasciami! Oh lasciami, Guglielmo!

RATCLIFF
Non opporti, cor mio; così soave
E la morte! Io ti guido a quella bella
Terra, che spesso sognavam. Maria,
Vieni con me!

MARIA
(sciogliendosi da lui)
Via! via! che non ti coglia
Dugla ...

RATCLIFF
(in furore)
Nome esecrato! è la parola
Della morte! Nessun, fosse pur Dio,
Dee possederti. Tu se' mia ...

(in atto di trafiggerla)

MARIA
(fugge nel gabinetto coperto)
Guglielmo!
Uccidermi tu vuoi?

RATCLIFF
(la segue precipitoso nel gabinetto)
Mia, mia tu sei!

(odesi la voce di Maria:
"Guglielmo! Soccorso! Guglielmo!")


MARGHERITA
(canta)
"Uccisa ho la mia cara! era pur bella
La mia cara." Oh!

(Le due nebbie in forma d'uomo
appariscono da parti opposte:
si arrestano all'ingresso del gabinetto,
si tendono a vicenda le braccia,
ed all'uscire di Ratcliff spariscono)


RATCLIFF
(balza fuori colla spada insanguinata)
T'arresta, e non fuggirmi,
Ombra di me medesmo! È la tua quest'opra,
Bianco spettro notturno. Il sangue gronda
Dalla vuota tua man. Vieni, combatti
Meco, assassino di Maria! ...

Scena Terza

(I precedenti, Mac-Gregor entra impetuoso
colla spada sanguinata)

MAC-GREGOR
Soccorso?
Udii gridar ...

(vede Ratcliff)

Ribaldo! alfin ti trovo;
Tu, sicario aborrito e di mia pace
Turbator.

RATCLIFF
(con un fiero scoppio di riso)
Quel son io, ma tu non manco
Aborrito mi sei; non ne conosco
La cagion; pur ti aborro, e del tuo sangue
Tutto io mi struggo.

(si avventano l'uno sall'altro e combattono)

MAC-GREGOR
Scellerato!

RATCLIFF
Io rido.

(ride ferocemente)

MARGHERITA
(canta)
"Perchè rossa di sangue è la tua spada,
Edvardo? Edvardo?

MAC-GREGOR
(cade a terra)
Maledetto canto!

RATCLIFF
(esausto di forze)
Morta è la serpe velenosa. Un peso
Mi si leva dal cor. Già della pace
Le dolcezze pregusto.
Or mia per sempre
È Maria! ... Fine ha qui la mia giornata.
O Maria, vengo a te!

(entra nel gabinetto)


Son qui, soave Maria!


(colpo d'arma da fuoco nel gabinetto.
Appariscono di nuovo i due fantasmi
da parti opposte, si gettano in braccio
con vivo trasporto l'uno dell'altro, si
tengono strettamente allacciati,
poi spariscono. Alte grida e voci confuse.)

Scena Ultima


(
I Precedenti, Douglas, Ospiti

e Servi entrano atterrit)

UN SERVO.
Dio! Dio! qua giace il signor nostro!
 

MOLTE VOCI.
Mac-Gregorio !
 

DOUGLAS
Quel nobile signore!
Morto, ahi ! morto sta qui !
Si corra in traccia
Dell' uccisor, si chiudano le porte del castello!
 

MARGHERITA
(
levasi lenta con tutta la persona; si

avvicina al cadavere di Mac-Gregor
e parla come in delirio)
E così l'ucciso Edvardo,
Pallido insanguinato accanto al muro
Del castello giacea. Ferito a morte
Fu quel misero Edvardo dal geloso

Furor di Mac-Gregorio.

(piange)

Io del misfatto Colpevole non sono:
era a me noto soltanto; e qui costui


(addita il cadavere di Mac-Gregorio)

fu da Guglielmo tolto di vita:
ed or Guglielmo istesso
Riposa e dorme con Maria... Silenzio!
Silenzio! e non turbiamo il lor quieto
Riposo.
 

(Si appressa in punta di piedi al varco
del gabinetto ed alza la cortina. Si veggono i

cadaveri di Guglielmo e di Maria.)
 

TUTTI
Orribil vista!
 

MARGHERITA
(lieta e sorridente)
Hanno sembianza,
Quasi, d'Edvardo e de la Bella-Elisa.


 

ACTO PRIMERO


(Sala en el castillo de Mac-Gregor)

Escena Primera

(María, el Conde Douglas, Mac-Gregor y Margarita
agazapada e inmóvil en un rincón)


MAC-GREGOR
(extendiendo sus manos sobre María y Douglas)
Esposo y esposa sois, y tal como están
unidas vuestras manos, vuestros corazones,
en el dolor y en la alegría, hoy y para siempre
quedan unidos y ligados.
Por la Iglesia y por el Amor, dos sacramentos
de gran virtud: dos veces vuestras cabezas
son bendecidas por ellos y también por el padre,
que su mano os impone y bendice.

(pone sus manos sobre las cabezas de ambos)

DOUGLAS
¡Señor! Llamarte padre, es hoy mi orgullo.

MAC-GREGOR
Y más orgullo para mí, es llamarte hijo.

(se abrazan)

MARGARITA
(canta con voz entrecortada por el delirio)
"¿Por qué tu espada está roja de sangre?...
¿Eduardo, Eduardo? "

DOUGLAS
(Se da vuelta asustado y mira a Margarita)
¡Justo Dios! Con qué voz vítrea,
esa figura silenciosa
comienza a cantar...

MAC-GREGOR
(con sonrisa forzada)
Que ninguna impresión en ella te cause.
Ella es Margarita la loca del castillo.
Durante meses y años ha estado cataléptica:
con ojos inmóviles pasa largas horas acuclillada,
como una piedra, muda,
de vez en cuando
comienza a tararear su vieja canción.

DOUGLAS
¿Por qué mantienes
este espanto en tu castillo?

MAC-GREGOR
(en voz baja)
¡Calla! ¡ Calla! Ella entiende cada palabra.
Hace mucho tiempo que la hubiera expulsado...
pero no me atrevo...

MARÍA
¡Vamos! Dejad en paz a la pobre mujer,

a la buena Margarita.
Douglas, cuéntanos alguna novedad.
¿Cómo viviste en Londres?
Aquí, en Escocia, ninguna noticia llega.

DOUGLAS
Siempre los mismos y viejos hábitos.
Allí se desplazan a caballo y en calesa,
un apremio, un empujón en cada calle.
De día se duerme y la noche se hace día.
Todos salen a lucirse y dejarse ver
en una sucesión permanente de banquetes.
El Drurilàn y el Covent Garden
están siempre repletos de espectadores.
Si la obra es famosa,
la entrada bien puede valer una libra.
Allí todos gritan:
 “Dios salve al Rey!"
En los bodegones más lúgubres
los burgueses hablan de política,
suscriben apuestas, blasfeman, bostezan,
farfullan sobre la prosperidad de Inglaterra,
fuman, consumen "bistecs y pudins",
acompañados de cerveza espumosa.
El charlatán escribe recetas y se burla de todos.
Los rateros se arriman a las mesas
y los estafadores siempre con ojo avizor.
Molesta el mendigo
con sus lamentos y con sus harapos.
Pero, sin duda alguna, lo que más molesta
es esa necia costumbre de engalanarse
con una estrecha casaca de cuello duro
y un sombrero que parece la torre de Babel.

MAC-GREGOR
¡Alabada sea
mi vestimenta escocesa y mi gorra!
Harías muy bien en quitarte esa ropa de locos.
Un Douglas, oh conde,
debe ser lo mismo por fuera que por dentro
un verdadero escocés; y mi alma se alegra
porque a todos vosotros, mis seres queridos,
os veo hoy con trajes escoceses.

MARÍA
¡Cuéntanos de tu viaje!

DOUGLAS
Viajaba en un carruaje hacia Escocia,
pero la marcha me parecía tan lenta,
que en Oldiburgo
me agencié de un caballo
al que hice sentir las espuelas
con el impulso del amor que siento por ti.
El caballo me llevó por bosques, montes
y llanuras con la rapidez de un rayo.
Cabalgando, sumido en mis pensamientos
por el bosque de Inverness,
faltó muy poco para que me perdiera.
De repente, los graznidos de los pájaros
me sacaron de mi sueño.
¡Tres salteadores me cayeron encima!
La pelea comenzó y una lluvia de golpes
caía sobre mí.
Yo me defendía bien,
pero era casi seguro que iba a sucumbir.
¡Buen Dios! ¡María está pálida!...
¡Se tambalea... cae!

(Margarita se levanta y sostiene a María
que se desmaya en sus brazos)


MARGARITA
¡Oh, mi niña, mejilla rosada!
Está blanca como el lino
y fría como una piedra.
¡Oh, Dios!

(en parte cantando y en parte hablando,
mientras acaricia a María)


Abre, pequeña,
muñeca mía,
esos ojos amados.
No quiero, niña,
que sean fríos
como el mármol...
Quiero que el rubor,
querida mía,
se pose sobre
tus mejillas.

MAC-GREGOR
¡Termina, mujer desdichada!
¿No ves que
oprimes su mente
con tu charla vana?

MARGARITA
(amenazando con el dedo)
¿Y tú me regañas?
¿Tú?...
Lava primero tus manos enrojecidas
y no ensucies su blanco vestido de novia.
¡Te lo advierto! ¡Vete! ¡Vete!

MAC-GREGOR
(ansioso)
¡La vieja delira!

MARGARITA
(Canta)
"Abre, niña,
esos queridos ojos..."

MARÍA
(vuelve en sí y se apoya en Margarita)
¡Ya pasó! ¿Vómo termina? Sigue... escucho.

DOUGLAS
No quisiera que mi relato...
¡No obstante, escucha!
Otro caballero, a rienda suelta,
se presentó de repente
y a los ladrones hizo retroceder con su espada.
Entonces recobré el ánimo
y aprestándome de nuevo a la lucha
a los tres ladrones pusimos en fuga.
Quise dar las gracias a mí salvador,
pero me gritó "No tengo tiempo",
y espoleó su caballo.

MARÍA
(sonriendo)
¡Demos gracias al cielo!
Me sentí muy angustiada.
Y ahora me debéis excusar,
los invitados esperan en la sala.

MARGARITA
(angustiada, a Mac-Gregor)
¡Oh conmigo no deben enojarse!
No siempre delira,
no, la pobre Rita.

MAC-GREGOR
¡Ve!... Te seguiremos.

(Maria y Margarita se van)

Escena Segunda

(Mac-Gregor y Douglas)

DOUGLAS
¡Estoy asombrado!
¿María se desmaya tan fácilmente?
La veo muy afectada y pálida.
Tiembla ante el más mínimo rumor.

MAC-GREGOR
¡Oh, Douglas!
No puedo ni quiero guardar el secreto
que al alma de mi hija tanto conmueve.
Te pido perdón
si he permanecido callado hasta ahora.
Eres impulsivo y valeroso
por lo que prudentemente
te he ocultado el nombre
de aquel que turbó la paz de María.

DOUGLAS
¿Y quién osó turbarla?
¡Señor, habla!

MAC-GREGOR
Con calma en el corazón,
el lúgubre relato escucha.
Ya pasaron seis años
desde que a nuestro castillo llegó
un estudiante peregrino.
Venía de Edimburgo y se llamaba Guillermo Ratcliff.
Lo había conocido hace algún tiempo,
¡y bien, bien conocido!
Su padre se llamabaEduardo.
Yo acogí al hijo hospitalariamente
y techo y comida por quince días le otorgué.
Él miró a mi hija con ojos profundos
y pronto empezó con suspiros y lamentos.
Tantos, que la niña directa y abiertamente
le hizo saber que él le desagradaba.
Cerrado el asunto
y el amor metido en su maleta, él partió.
Pasaron dos años desde aquel día,
cuando vino a mi castillo
Felipe Mac Donald, Conde de Ais;
que me pidió, y con fortuna, la mano de María.
Seis lunas pasaron cuando ella,
vestida de novia, ya estaba al pie
del altar a punto de casarse.
¡Pero el futuro esposo no llegaba!
Por cada lugar donde podría encontrarse,
habitaciones, patios, establos y jardines
buscamos al ausente en vano...
¡Finalmente al pie de la Piedra Negra
encontramos el cadáver de Mac Donald!

DOUGLAS
¡Asesinado!... ¿Y quién lo mató?

MAC-GREGOR
¡Toda investigación fue en vano!
Finalmente, mi muchacha reveló
que sabía quién era el asesino.
Narró como Guillermo,
la misma noche que sucedió el homicidio,
se precipitó de improviso en su aposento
y sonriendo, le mostró la mano,
aún bañada en la sangre,
del prometido asesinado,
y con una inclinación de cabeza,
le entregó el anillo nupcial del fallecido.

DOUGLAS
¡Oh, infamia! ¡Oh, burla!
Y tú... ¿qué hiciste?

MAC-GREGOR
A su castillo hice llevar al asesinado
que junto a sus padres fue sepultado.
Puse luego una cruz, en su memoria,
en el lugar del homicidio.
Mas he buscado en vano al asesino Ratcliff.
Fue visto en Londres, la última vez,
donde, muerta su madre,
dilapidó todas sus riquezas
en el juego y en préstamos y,
así lo aseguran,
desarrollando una vida infame
que lo llevó a cometer atracos.
Dos años después del homicidio,
y cuando ya casi estaba todo olvidado,
llegó a mi castillo Lord Duncan
que me pidió en matrimonio a mi hija.
Acepté, pues no fue difícil para mí
permitir que ella se uniera
a un descendiente
de nuestros antiguos reyes.
Pero... ¡oh, desdicha!
Cuando ya María estaba en el altar
vestida y feliz para la boda...
¡Duncan apareció asesinado
sobre la Piedra Negra!

DOUGLAS
¡Me horrorizo!

MAC-GREGOR
A los sirvientes, grité:
¡"Todos a caballo!"
Y durante tres días
bosques, valles, campiñas, cavernas, forestas,
recorrimos y revisamos,
y siempre en vano;
no hayamos huella del asesino en ningún lado.
Sin embargo, la misma infausta noche
de ese día sangriento,
osó Guillermo de nuevo penetrar
en la cámara de mi hija y presentarle,
con risa burlona y un saludo gentil,
el anillo de compromiso
que ella le había dado a Duncan.

DOUGLAS
¡Por Dios que ese hombre
muestra una singular audacia!
¡Yo lo encontraré!

MAC-GREGOR
Ese es el mismo hombre, lo doy por sentado,
con quien te topaste hoy en el bosque.
Al que ninguno de mis sagaces exploradores
han visto jamás.
Estupor me causa,
y mucho me preocupo Conde,
de que no tenga, como en otras ocasiones,
que colocar una cruz con tu nombre
en aquella roca fatal.

(parte)

Escena Tercera


DOUGLAS
(a solas)
¡Este hombre es un viejo zorro!

Hasta la misma hora de la boda no me dijo nada...
Sin embargo, yo quisiera enfrentarme
con ese malvado lleno de rencor, que turba
los sueños de María.

¡Oh, no! Él no podrá quitarme el anillo del dedo
porque el dedo está pegado a la mano.
A María no la amo, ni ella me ama.

El
casamiento es mera conveniencia.
Pero de corazón,

como amigo de esa dulce criatura,
deseo despejar las espinas
que hay en su camino. 
 
Escena Cuarta

(Douglas y Lesley)

LESLEY
(oculto tras una capa, mira desconfiado
a su alrededor, avanza)

¿Eres tú el conde Douglas?

DOUGLAS
Precisamente. Y tú ¿quién quieres?

LESLEY
(le entrega una nota)
Entonces este mensaje es para ti.

DOUGLAS
(después de leer)
¡Sí! ¡Sí!

¡
Iré a la piedra Negra!

(ambos se van)



ACTO SEGUNDO


(
Taberna de los ladrones. En el fondo,
hombres recostados que duermen.
Una imagen sagrada cuelga de la pared.
Suena un reloj. Crepúsculo vespertino)

Escena Primera

(
Guillermo Ratcliff está sentado meditando en
un rincón; el tabernero, Tom, al otro lado,
está acompañado de su pequeño hijo Willie)


TOM
(en voz baja)
Willi, ¿puedes recitar el padrenuestro?

WILLIE
(riendo)
¡Lo tengo en la punta de los dedos!

TOM
¡Habla en voz baja!
Vas a despertar a esa gente
muerta de cansancio.

WILLIE
¿Puedo soltar la lengua ahora?

TOM
¡Dilo rápido! pero sin vehemencia.

WILLIE
Padre nuestro, que estás en los cielos,
santificado sea por siempre tu nombre.
Venga a nosotros tu reino;
Que como en el cielo se cumpla tu voluntad
aquí en la tierra; el pan cotidiano
dánoslo hoy; libéranos de nuestras deudas,
como nosotros se las perdonamos
a nuestros deudores, y no nos dejes...

(tartamudea)

Dejes...

TOM
¡Oh, tartamudeas!
Y no dejes que el mal nos tiente...
¡Comienza de nuevo!

WILLIE
(mantiene sus ojos siempre fijos en
Ratcliff, habla agitado e inseguro)

Padre nuestro, que estás en los cielos,
santificado sea por siempre tu nombre.
Venga a nosotros tu reino;
que como en el cielo se cumpla tu voluntad
aquí en la tierra; el pan cotidiano
dánoslo hoy; libéranos de nuestras deudas,
como nosotros se las perdonamos
a nuestros deudores, y no nos dejes...

(tartamudea de nuevo)

No nos dejes...

TOM
(rudamente)
¡Tentar! ¡Tentar del mal!

WILLIE
(llorando)
Pero papá, si siempre,

siempre lo recito de corrido...
¡Oh, pero ese hombre ahí!...

(señalando a Guillermo Ratcliff)

Con sus ojos siniestros, ¡me mira!

TOM
(amenazante)
Esta noche, Willi,
no comerás pescado.
¡Y cuidado con robármelo!

WILLIE
(llorando y a modo de recitado)
Tentar del mal...

RATCLIFF
¡Déjalo en paz!
Yo también, ese fragmento:
“¡No nos dejes tentar!”

(con aire dolorido)

Nunca, nunca lo pude
retener en la cabeza.

TOM
(señalando a los que duermen)
No me gustaría que mi hijo
un buen día se volviera como tú
o como esos otros...
¡Y ahora vete, Willi!

WILLIE
(se aleja sollozando murmurando entre dientes)
No nos dejes ser tentados por el mal...

Escena Segunda

(Ratcliff y Tom)

RATCLIFF
(sonriendo)
¿Qué quieres decir?

TOM
Que quiero que él sea bueno y cristiano.
Quiero decir que no sea, como su padre,
un hombre destinado a la horca.

RATCLIFF
(con desprecio)
Todavía no eres tan malo.

TOM
Ahora no soy más que un animal manso,
un posadero, un pobre cervecero.
Mi humilde morada está bien oculta en el bosque
y tiene la puerta abierta sólo a los grandes señores
y a todos los que, como vosotros,
quieren conservar celosamente el anonimato.
Durmiendo de día y velando de noche.
No doy con la oscuridad alojamiento,
lo doy con el sol.
Hace tiempo que yo también
disfrutaba vagar a la tenue luz de la luna,

(hace un movimiento con los dedos)

¡Y rapiñar en los hogares y bolsillos ajenos!
Pero nunca fui tan feroz
como otros...

(señala a los dormidos)

Mira a ese con cabeza de zorro.
¡Ese ratero es un genio!
Nacido para quedarse con los bienes ajenos.
Más ladrón que una urraca, y...
Mira, mira cómo mueve los dedos
¡incluso en sueños!
Hasta cuando sueña, está robando...
¡Ah, mira cómo sonríe feliz!...
Ese otro gran tunante que está allí,
el de las piernas de langosta.
Comenzó trabajando en una sastrería
y robaba jirones de tela.
Poco después retazos,
y finalmente piezas enteras de paño.
Un día, de milagro,
logró escapar de la horca
y desde entonces sus piernas tiemblan.
¡Mira como zapatea con sus pies!
Estoy seguro que soñando,
se siente igual que Jacob,
subiendo por la escalera.
Y ahora mira a ese gordinflón,
el viejo Robin.
Duerme y ronca tranquilo, y, ¡ay!
ya cuenta con diez homicidios sobre su alma.
¿Católico? Al menos no como nosotros.
El viejo Robin... ¡hereje y asesino!
Arderá en el infierno
después de ser ahorcado.

RATCLIFF
(inquieto, camina de aquí para allá por la
habitación y no deja de mirar el reloj)

¡No, Tom! El viejo Robin
no arderá en el infierno, te lo aseguro.
Muy diferente al del Inglaterra,

te lo aseguro,
es el mundo del más allá.
Robin es un hombre,
y la bilis le sube cuando ve

a tantos haraganes e inútiles
vestidos de sedas y terciopelos;
comiendo ostras en abundancia,
ahogando sus gaznates en champaña
o que para desterrar el tedio,
acuden veloces a casa del doctor Graham

haciendo retumbar con sus coches las calles
y evitando mirar a los pobres hambrientos
que se arrastran lentamente
hacia la casa de empeños
con su última camisa
debajo del brazo.

(ríe amargamente)

¡Oh, mira a todos estos!
Mira cómo desprecian
un cúmulo de leyes destinadas

a reprimir a aquellos
a los que el hambre acosa
y gritan desesperados.
¡Y cuidado! Si quiebras la ley,
el juez y el verdugo te esperan

con el hacha o la horca.
Son hombres audaces y valerosos.

 
TOM
Hace tiempo también yo pensaba de esa manera.

Dos grandes grupos
que combatían con furor salvaje:
por un lado los hombres satisfechos

y por el otro, los hambrientos.
Y dado que yo estaba en el segundo grupo,

a veces me era necesario
luchar contra los satisfechos.
Pero luego me retiré.

Estaba cansado de andar
como un vagabundo sin techo;
de ocultarme a los ojos de todos
temblando ante cada horca que veía en el camino,

temiendo
ser colgado.
Me horrorizaba la idea de una cadena perpetua
o de trabajos forzados de por vida.
Nos cazaban como alimañas

en los campos y bosques.
Tras de cada planta veíamos a un alguacil;
y temblábamos, aún encerrados

entre las cuatro paredes de la propia casa,
cada vez que se abría una puerta...
¡
Por Dios, aquella vida no era vida!

Escena Tercera

(Lesley entra presuroso. Ratcliff corre a su encuentro.
Tom retrocede asustado al grito de " Jesús")


LESLEY
¡Él viene! ¡Viene!

RATCLIFF
¿Viene?...
Está bien.

TOM
(angustiado)
¿Quién?... Un terror de antaño
me invade completamente.

LESLEY
(a Tom)
¡Cálmate! Y ahora déjanos...

TOM
(con una mirada astuta)
Ya entiendo, sí.
Debo marcharme.

(sale)

Escena Cuarta

(Ratcliff y Lesley)

RATCLIFF
¿Ya viene Douglas?
Entonces corro a prepararme.

(toma el sombrero y la espada)

LESLEY
(reteniéndolo)
¡Eh, ten cuidado!
Será mejor que esperes a que oscurezca.
Eres bien conocido por la familia Mac-Gregor
y hasta los niños conocen tu rostro.
Ellos te han descrito muy bien...

Pero dime, ¿qué es todo este juego?
Buscas riesgos que no te aprovechan.
Regresa a Londres conmigo, allí estás a salvo.
Lejos de este triste país donde todos saben
que eres el asesino

¡de Mac Donald y de Duncan!

RATCLIFF
(con dignidad altanera)
¿Yo, asesino? ¡Mentira!
Duncan y Mac Donald murieron en duelo.
Yo luché con total honorabilidad
y con el mismo honor combatiré
contra Douglas.

LESLEY
Será mejor que facilites las cosas.
Tú conoces al italiano...

(hace el gesto de un bandido)


Dime al menos ¿dónde lo conociste?
¿Qué te hizo Douglas?
¿Cuál es la causa de tu rencor?

RATCLIFF
No lo he visto nunca,
ni le he hablado;

no me ha ultrajado
y no lo odio.

LESLEY
¿Entonces? ¿Por qué retarlo?
¿Has perdido la cabeza?
¿O la he perdido yo al convertirme

en un instrumento de tu loca empresa?

RATCLIFF
¡Triste sería para ambos

si comprendiéramos tales cosas!
A tu cerebro se le escapan muchas cosas.
Debería explotar,
como si se tratara de
una enorme cáscara de huevo
tan grande como la cúpula de San Pablo,
y que la locura saliera de tu cabeza.

LESLEY
(se toca la frente con angustia burlona)
¡Oh, me asustas!
Mejor que te calles.

RATCLIFF
Un héroe loco no debe ser mi apoyo,

ni un cazador de hombres
que por la noche
azuza a su fantasmal sabueso.
O un enfermizo, tísico y agotado poeta

que atrapa las estrellas y sueña con la luna.
Que se le descompone
el estómago
por la emoción que le produce
el trino de un  ruiseñor.
Si fabrica una escala con sus propios suspiros
y con el cordón de sus gloriosas rimas

se ahorca.

LESLEY
Ciertamente que, si fuese necesario,

podría hacer alguna de esas cosas.

RATCLIFF
Sin embargo, te confieso que,
y te parecerá que estoy bromeando,

hay extraños poderes a los que estoy sujeto.
Una oscura fuerza guía "mis deseos a su voluntad",

que estimula cada cosa que hago, 
que rige mi brazo y que inunda mi mente
de terror desde mis primeros años. 
De niño, a solas, cuando con

algún monstruo me encontraba,
veía dos espectros nebulosos,
que como anhelando acercarse el uno al otro,
en un arrebato de amor,
tendían sus brazos al aire y,
al no poder hacerlo,
se quedaban mirando dolorosamente.
Sin embargo, aunque era una fugaz aparición,

yo percibía a un hombre cuya indignación era profunda
y la otra era una mujer de dulce belleza.
A veces, en el sueño, los dos fantasmas
se me parecían de forma distinta.
El hombre posaba su mirada en mí con dolor

y a la mujer miraba con amor.
Un tiempo más tarde, en Edimburgo,
cuando iba a la escuela,
las apariciones se fueron espaciando
y mis sueños eran más turbios.
Al fin desaparecieron

cuando inicié
una vida disoluta.
Por casualidad, vine aquí en unas vacaciones,
y Mac-Gregor me recibió en su castillo.
¡Entonces fue cuando vi a María!
Un relámpago instantáneo en la primera
mirada de la joven llegó a mi corazón.
Era el ideal de las mujeres;
era la belleza personificada; era el silencio;
era el dulce rostro del amor que en mis sueños
me sonrió tantas veces.

Su mejilla era
menos pálida
y el sol refulgía en sus ojos.

En su cara había rosas
y el arco iris habitaba en su mirada.
El Cielo, sobre esa amada criatura,

derramó
todos los encantos y gracias.
Hasta la Santísima Virgen

no era tan hermosa como ella...
Y yo, con una inflamada fiebre de amor,

abrí mis brazos para estrecharla contra mi corazón.

(pausa)

¿
Cómo sucedió? no lo sé.
Mi imagen en un espejo vi reflejada...
¡Yo era aquel hombre triste
que tendía las manos con deseo
a esa mujer espectral!
¿Fue un mero sueño?

¿Nada más que un engaño de ardiente fantasía?
Muy tiernamente, encendida por el amor,

María se volvió hacia mí en el momento
en
que nuestros ojos y corazones se fundieron.
¡Oh, dios!... sólo entonces se reveló
el antiguo y oscuro misterio de mi vida.
Entonces comprendí

el canto de las aves y el idioma de las flores,
e incluso el saludo amoroso de los astros,

el murmullo de las fuentes, 
el susurro de la brisa y los suspiros de mi pecho...
¡Todo, todo lo entendí!

Y, casi como niños felices,
juntos disfrutábamos y jugábamos.
Era hermoso buscarnos el uno al otro
por el jardín hasta finalmente encontrarnos.
Me ofrecía rosas y mirtos,
me regalaba sus cabellos y sus adorados besos...
Besos que duplicados yo le devolvía.
Finalmente caí a sus pies y suplicante le dije:
¡Dime María! ¿Me amas?
 
(cae en el delirio)

LESLEY
De buena gana yo te habría ayudado

a cambiar ese vigoroso ardor
por un anhelo piadoso;
a transformar esas ígneas miradas
por una lánguida contemplación;
a expresar un cariño tierno y dulce

al son de aquella voz que,
por los ásperos caminos,
resuena
en el oído de los ricos.
 

RATCLIFF
(estalla con ferocidad)
¡Ah, maldita serpiente!
Ella, con ojos espantados,

extraños y casi repugnantes,
se volvió hacia mí, burlona y fría,
y
me respondió: ¡no!
¡Aún oigo ese ¡no! detrás de mí!
Todavía escucho ese ¡no! ¡no!

sobre mi cabeza...
Estrepitosamente se cerraron para mí

las puertas del cielo.

LESLEY
¡Esa fue una burla infame!

RATCLIFF
Desde el castillo de Mac-Gregor
me dirigí hacia Londres,
donde esperaba aturdir
el dolor que me oprimía
en el bullicio de la agitada metrópolis.
Ya antes había recibido algunas noticias des allí:
mis padres habían muerto.
¡Oh, el insensato placer fue nefasto para mí!
Nada me satisfizo: el Oporto, ni el champaña.
Me sentía más triste después de cada copa.
Ni las mujeres rubias, ni las morenas,
podían aliviar mi dolor con sus caricias.
¡Incluso no pude hallar paz jugando al faraón!
La mirada de María se me aparecía
sobre el tapete verde.
Me parecía ver la mano blanca de María
mezclando las cartas.
¡Incluso en la dama de corazones,
su figura se me representaba!
Su rostro yo veía, su celestial semblante;
pero esas no eran cartas.
¡Era María, María!
Su respiración agitaba el aire hasta herirme.
Ella me indicaba con su cabeza, ella asentía...
¡Ve al banco! Y el oro se lo llevó el demonio...
¡y el amor se mantuvo inalterable!

LESLEY
(riendo)
¡Ja! ¡Ja! Así que tomaste del establo
tu caballo y emprendiste el vuelo
como corresponde a un caballero escocés.
Pronto te viste como tus ancestros,
con los bolsillos vacíos.
El amor, sin ninguna duda, había huido.
Pero ¿de qué sirve alejarse de las correrías nocturnas,
y con viento y lluvia alejarse de la horca,
si ves que, colgado de una de ellas,
bamboleándose, un amigo te saluda?

RATCLIFF
Nafta llovió sobre el fuego y la fiebre por María

llameó más fuerte que nunca.
Inglaterra me parecía

una frontera demasiado estrecha
y mi furia de amor hasta aquí me trajo de nuevo.
Sólo aquí podía, cerca de María,
conciliar el sueño.
Ahora libre respiro, mi angustia es menor

e incluso siento un cierto bienestar...
Te cuento mi secreto. ¡Escucha!
Juré por Dios, por el poder del cielo e infierno,

e incluso agregué al juramento
el sello de una horrible blasfemia,
que caería bajo mi espada
todo hombre que se atreviera
a desposar a María.

Desde aquel día sigo ciegamente
el mandato de este oscuro juramento.
Desde entonces combate conmigo,
en la Piedra Negra, todo aquel que prepara

un tálamo de rosas para desposarse con María.

LESLEY
Entiendo ahora tus pensamientos,
pero no los apruebo.

RATCLIFF
¿Acaso yo mismo me los apruebo?

¡Ah, esa voz, la única que descendió en mí!
Sí, ¡me dice en el corazón!

La sombra que sólo veo en sueños,
mueve afirmativamente la cabeza, aprobando...

(lanza un grito)

¡Gran Dios! ... ¡Allí! ¡Allí... ¿No la ves?

(Dos figuras etéreas cruzan la escena y desaparecen.

El salteador de caminos y el tahúr que están
tendidos al fondo, se despiertan por el grito y se
levantan diciendo ¿Qué para, que pasa?")


¡Allí! ¡allí! ¿Veis las figuras?

LESLEY
¿Pero qué, Guillermo?
¿Qué diablos te pasa?
¡Yo no veo nada!

Escena Quinta

(Ratcliff, Lesley, Robin, Dick, John y Taddie)

DICK
¿Qué está viendo ése? ¿los esbirros tal vez?

LESLEY
Algo muy distinto, ¡espíritus!

(todos ríen)

ROBIN
(enfadado)
¡Dios me castigue!
No tenemos un poco de descanso,
ni siquiera durante el día.

RATCLIFF
Se hace de noche; quiero irme
 
(abandona la taberna)

LESLEY
Te acompaño.

RATCLIFF
No quiero.

LESLEY
¡Oh, por lo menos hasta la Piedra Negra!
Tal vez haya guardias allí.

RATCLIFF
El miedo los aleja.
Ese lugar se llena de fantasmas
cuando llega la noche.

LESLEY
¡Adiós, caballeros!

RATCLIFF
¡Adiós!

TODOS
¡Que el cielo os bendiga!

(Ratcliff y Lesley se van) 
 
Escena Sexta


(Los anteriores excepto Ratcliff y Lesley) 

DICK
Siempre fue así.
Lo conozco desde Londres.
Lo he visto a menudo en la taberna de Rascal.
Solía con las cejas arqueadas,
callado y sin moverse,
quedarse frente al fuego durante largas horas.
A
veces, después de eso,
se sentaba con aire alegre y risueño.
E
ra jovial y se reía,
pero de repente, su labio superior,
se contraía con feroz desprecio
y comenzaba a temblar.
D
e su pecho se escapaba un grito doloroso:
¡Gianni!, llamaba furioso, ¡Mi caballo!
Cabalgaba veloz, como en grupa de Satanás.
Luego, de muchos meses de ausencia,

volvía junto a nosotros.
Se comentaba que tomaba el camino de Escocia,
cabalgando toda la noche.

BELL
¡Está muy enfermo!

DICK
¡Qué me importa! Adiós.

(partiendo)

Es hora de ir a trabajar.

(orando ante la imagen sagrada)

¡Socórreme ante el riesgo, bendíceme!
 
(él y muchos otros salen)

ROBIN
(acercando su puño a la cara)
¡Tú, tú, mi santo tutelar, socórreme!

(parte)

Escena Séptima

(Dos malhechores están durmiendo.
Tom, el posadero, entra sigilosamente
y les roba el dinero de sus bolsillos.


TOM
(con aire burlón)
No tienen valor para acusarme ente el tribunal.
 
(parte)   

Escena Octava


(John y Taddie)

JOHN
(bostezando)
¡También el sueño
es una estupenda invención!

TADDIE
(también bostezando)
¡Ven conmigo a almorzar, John!

JOHN
¿Por qué? ¿Qué hay de nuevo?

TADDIE
Hoy nuestro amigo Rissel,
pateará al aire colgado de la horca.

JOHN
¡La horca es una invención maldita!
 
(Los dos Malhechores salen)



ACTO TERCERO


(Lugar agreste próximo a la Piedra Negra.
Es de Noche. A la izquierda, rocas fantásticas
y troncos de árboles. A la derecha un monumento
en forma de cruz. El viento silba.
Se ven dos figuras blancas en la niebla,
que se extienden los brazos mutuamente
con profundo afecto sin poder acercarse,
y que finalmente desaparecen)


Escena Primera

(Ratcliff entra en escena)

RATCLIFF
(a solas)
¡Oh, cómo silba el viento!
El infierno mandó a todos sus esbirros aquí
a gritar como lobos.
La luna está oculta y apenas se asoma,
envía un pálido fulgor.
Sí, sí, por mi parte, podría quedase a oscuras,
ocultarse completamente.
No hay problemas con el alud
que pudiera desprenderse de improviso.
en el sendero.
Mi espada está pronta
y Ratcliff no necesita ayuda
para encontrar el camino
que la lleve directamente
al pecho de Douglas. 
¿Vendrá? ¿O el miedo a la tormenta,
a la tos y a la gripe lo harán volverse atrás?
Tal vez, él piensa:
"Debería posponer la reunión para otra noche"
¡Ja! ¡ja! Esta noche es perfecta.
Bien lo saben allí,

en el castillo de Mac-Gregor.

(golpea la empuñadura de la espada)

El acceso a todas las habitaciones
abre esta llave;
y estas amigas defenderán mis espaldas.


(
Pone sus manos sobre las pistolas que
lleva en el cinto, saca una y la contempla)

¡Oh, cuán honestamente me mira!
De buena gana quisiera acercar mi boca
a la de esta pistola y, a continuación disparar...

¡Qué beneficio obtendría de su beso de fuego!
Así daría fin a mis tormentos.

(piensa)

Pero tal vez Douglas, en este momento,
de igual manera se acerca a la boca de María...
Sí, ¡por supuesto!...
¡No! No debo morir, porque entonces
me vería obligado a surgir de la tumba
cada noche, como un fantasma impotente.
Y como un sabueso lascivo husmear,
apretando los dientes, los miembros de María.
No debo morir.
Ni tampoco ir al cielo,
pues por los agujeros
del estrellado firmamento,
vería su maldito tálamo,
y vomitaría horrorosas blasfemias
que harían empalidecer
las rojas mejillas de los ángeles
que se ahogarían de angustia
al cantar los interminables aleluyas.
Pero ya que estoy condenado al fuego eterno,
quiero ser un demonio,
antes que un raído y miserable pecador.

Escena Segunda

(Ratcliff y Douglas)

RATCLIFF
Los pasos de un hombre...

(levanta la voz)

¿Quién se acerca?... ¡Hola! ¡Responde!

DOUGLAS
No es nueva para mí su voz.
Es la del valiente y noble caballero
que no hace mucho tiempo
me salvó de los ladrones en el bosque.

(se acerca)

¡Sí, sí, es él!
Ahora no huyas de mí.
Yo por tu magnánima ayuda
te estoy grandemente agradecido...

RATCLIFF
No malgastes palabras para referirte a mí.
Te ayudé por mero y simple capricho.
Tres hombres estaban contra ti; eran demasiados;
si hubiera sido sólo uno, ¡vive Dios!
que espoleando mi caballo me hubiera alejado de ti.

DOUGLAS
No tanta agresividad;
haya amistad entre nosotros.

RATCLIFF
Como gustes.
Pero, como muestra de ello,
permíteme un ruego.

DOUGLAS
En cuerpo y alma estoy
a tu disposición. ¡Habla!

RATCLIFF
Este sitio,
amigo mío,
sin un minuto de demora, abandona...

(riendo)

A menos que el llamado Douglas seas tú.

DOUGLAS
(sorprendido)
El mismo, ¡por Dios! que soy yo.

RATCLIFF
¿Qué? ¿Tú, Douglas? ¿Tú, el conde Douglas?
¡Oh maldición!

(riendo como antes)

¡Mal!
Aquí muere nuestra recién nacida amistad.
Mi nombre señor Conde...
¡Mi nombre es Guglielmo Ratcliff!

DOUGLAS
(poniendo mano a su espada)
¿Tú eres el asesino
de Mac Donald y Duncan?

RATCLIFF
(desenvainando la espada)
¡Yo mismo!
Y por el placer de completar el trío
aquí te di una cita.

DOUGLAS
(se lanza hacia él)
Tu cabeza cuida,
infame asesino.

(se baten)

RATCLIFF
En verdad.
La cuido tanto como puedo... ¡Ja! ¡Ja!

DOUGLAS
Cesa tu diabólica risa.

RATCLIFF
(riendo)
Yo no me río, se ríen
esos fantasmas blancos, que están allí...

DOUGLAS
Ríen por tu destino.
Espíritus de Mac Donald y Duncan,
¡ayudadme!

RATCLIFF
¡Demonio e infierno!
Ahora el difundo Duncan para mis estocadas...
¡Oh, no te mezcles con nosotros,
abominable fantasma burlón!

DOUGLAS
(riendo)
¡Toma esto!

RATCLIFF
¡Diablos! ¡Traición!...

¡En este duelo interviene también Mac Donald!...
¡Es demasiado! ¡Un ataque de tres!

(retrocede y choca con la base del monumento)

¡Muerte y demonios! ¡Ratcliff cayó al suelo!
¡Vamos, atraviésame! No tienes un
enemigo mayor que yo sobre la tierra.

DOUGLAS
(con frialdad)
La espada de Douglas hoy probaste.
Tú una vez me salvaste la vida,
a partir de hoy tú me debes la tuya.
Estamos en paz.

Ahora ya sabes quien soy.
Espero que esta prueba te sirva
para mejorar tu malvado corazón.

(Sale)

Escena Tercera

(Ratcliff yace inmóvil al pie del monumento.
El viento sigue silbando. Las dos figuras de
niebla (fantasmas de Eduardo y Elisa)

se acercan con los brazos estirados,
luego se separan y desaparecen.

RATCLIFF
(lentamente y trastornado se levanta)
¿Fue la voz de un hombre?
¿Fue el silbido del viento?
Una palabra vacía, errante, fugaz,
susurró en mis oídos ... ¡nada más
¿Qué delirio? ¿Qué sueño?... ¿Dónde estoy?
¿Y qué cruz es ésta? ¿Y qué tiene escrito?

(lee la inscripción del monumento)

"Aquí, Lord Mac Donald y el conde de Duncan
fueron asesinados por una mano malvada".

(se recobra)

¡No es un sueño!

 Estoy en la Piedra Negra
derrotado, escarnecido y despreciado!
Vientos infames que os burláis en mis oídos:
¡Aquí está el hombre fuerte,
de alma invicta, gigantesca!
¡Aquí está el burlador del pueblo británico,
que se mofa de las leyes!

¡
Aquí está el audaz que lucha contra el cielo
y que no puede impedir que esta noche
Douglas se acueste con su amada
y le diga sonriendo de qué manera
el vil gusano de Guillermo Ratcliff, cayó al suelo,
rodó y se contorsionó miserablemente
en la Piedra Negra; a los pies de Douglas,

el que, para no matarlo, lo pisó.

(estalla con furia)

¡Brujo mal nacido!
Detén tu risa espantosa

y no te burles de mí
señalándome con tu índice maligno.
Sobre tu sucia cabeza quiero que caigan
todos los rayos de Escocia

y flagelarte después de desollarte.
Quiero pisotear las malditas criaturas,
negras de ponzoña,
secas y estériles
del cielo.
¡Bóreas, desata tu furia, y disuelve el mundo!
¡Desgarra y aplástame, inmensa masa etérea!
¡Oh tierra,  engúlleme en tus abismos!...

(entre feroz y conmovido, cae sumido en
profundos y misteriosos pensamientos).


Sombra execrable,
niebla que me persigues con forma humana,
¡no me mires con esos ojos tan abiertos!
Me chupas la sangre con tus ojos,

me conviertes en una piedra rígida,
en una ola congelada
transformas mis vísceras calientes
y me conviertes en un fantasma nocturno... 
¿Ese lugar me indicas?...
¿Con tu brazo vaporoso extendido
me señalas ese lugar?
¿Y por lo tanto yo debo?...
¿María?... María, ¿la cándida paloma?...
¿Quieres sangre?... ¿Quién habla? ¡Hola!...
No fue un silbido del viento ¿Tengo que raptarla?
¿Inclinas tu frente? ¡Sea! ¡Sea!
Mi voluntad es férrea y más que divina,

más que infernal, es omnipotente.
 
(parte precipitadamente)



ACTO CUARTO


(Aposento en el castillo de Mac-Gregor. En

el medio, un gabinete cubierto con cortinas.
Música de baile y risas de jóvenes a cierta
distancia)

Escena Primera

(María, vestida de novia, y Margarita)

MARÍA
¡Oh, Dios mío, qué opresión siento!

MARGARITA
El corsé no es el motivo.
Ven aquí, pequeña mía,
quiero desvestirte.

MARÍA
Tengo el corazón oprimido.

MARGARITA
¡El conde Douglas es un hombre apuesto!

MARÍA
(sonríe resignada)
Sí lo es; y también alegre, afable...
¡Y un hombre!

MARGARITA
¿No estarás enamorada, pequeña?

MARÍA
¿Enamorada? ¿Enamorada?

¡Qué estupidez!
¿No es suficiente simpatizar con alguien?

MARGARITA
Pero no hablabas así,
cuando Guillermo...

MARÍA
(le cierra la boca)
¡Oh, por favor! ¡Te lo ruego!

No pronuncies ese nombre nefasto.
Es de noche, se hace tarde...

MARGARITA
¿Entonces?
¡Mi pequeña está enamorada!

MARÍA
¡No! ¡no! De índole dulce y afable
al principio el parecía.

Mostraba un rostro; amable.
El sonido de su voz era dulce y causaba
en mis mejillas un sentimiento de bienestar.
Y los ojos... ¡oh, qué adorables!
¡Qué bondadosos y alegres!

(invadida de pronto por el espanto)

Pero de golpe lo vi transformarse en un espectro,

con la palidez de un difunto, ensangrentado,
furibundo y amenazante,
como si quisiera traspasarme.
Casi era igual a ese fantasma que,
con rostro de hombre,

a menudo veo en sueños
tendiéndome sus brazos

y fijando largamente su mirada sobre mí.
Con tal ímpetu que hasta yo misma,
en vana forma etérea,
le tiendo mis nebulosos brazos.


MARGARITA
Me recuerdas a tu pobre madre,
aunque con mejor humor,
que parecía una sumisa gatita

enamorada de Ratcliff.

MARÍA
¿Mi madre?...

MARGARITA
Se trataba de Eduardo Ratcliff, el padre de Guillermo.

Tu madre era tan hermosa
que la llamaban "La Bella Elisa"
Tenía el pelo de color del oro;
las manos de alabastro y sus ojos...
Tan hermosos
¡que derretía a Eduardo con la mirada!
Cantando era un verdadero ruiseñor,
y cuando junto al fuego se ponía a cantar,

(Canta)

"¿Por qué tu espada

está roja de sangre, Eduardo?
 La cocinera se dormía
y todos los asados se le quemaban"
¡Oh, nunca, conseguí
aprender esa canción!

(llora)

MARÍA
Cuéntame, Rita mía.

MARGARITA
La Bella Elisa,
sentada sola en su habitación,
cantaba:

(Canta)

"¿Por qué tu espada

está roja de sangre, Eduardo?"
Y
en eso entró de pronto Eduardo
y
con rostro sombrío
cantó sobre la misma melodía:

(canta)

He matado a mi amada! ¡

Oh, mi hermosa amada!"
Tal horror invadió a tu madre

que nunca, nunca más quiso ver
al desdichado y altivo Eduardo.
Despechada, se casó con Mac Gregor.
La ira sacó de quicio a Eduardo
y para demostrar que poco le costaba
abandonar su amor por la Bella Elisa,
en un desesperado impulso se unió,

en sagrado matrimonio, con Ginebra,
hija de Lord Campel,
siendo Guillermo fruto de tal unión.

MARÍA
¡Oh, qué desafortunada fue mi madre!

MARGARITA
Pero tu madre, que era testaruda,

pasó todo un año
sin que el nombre de Eduardo
saliera de sus labios.
Entonces un día de octubre,
ella, como de casualidad,

me preguntó:
"Rita, "¿no sabes nada de Eduardo?"
Yo le respondí: 
"sé que tomó en matrimonio
a la hija de Campel, Ginebra Campe"...
Entonces, la Bella Elisa estalló,
inflamada y pálida a un mismo tiempo.
Comenzó a verter lágrimas amargas.
Sobre mis rodillas la tuve en aquel momento;
tú tenías apenas tres meses

y también llorabas mucho, mi niña.
Y yo, tratando de consolar a tu madre,

le conté que Eduardo
no podía olvidar a la Bella Elisa,
y que lo habían visto oculto rondar el castillo,
y elevar con dolorosa pasión
sus brazos hacia su balcón.
"¡Oh, hace tiempo que lo sé!"

Respondió la Bella Elisa;
y fue corriendo al balcón
con los brazos abiertos.
¡Ay, qué mal hizo!
En ese momento Mac Gregor la vio
y entonces tu celoso padre...

(se interrumpe aterida)

MARÍA
¡Ahora bien! ¿No concluyes?

MARGARITA
Ya he terminado.

MARÍA
¡Sigue, sigue!

MARGARITA
(angustiada)
Cerca de la antigua muralla del castillo,
a la mañana del día siguiente,
yacía sin vida el cuerpo ensangrentado

de Eduardo.

MARÍA
¿Y mi pobre madre?

MARGARITA
Murió de espanto

al tercer día del crimen.

MARÍA
¡Qué horror!

MARGARITA
(fría e irónica)
¡Viste tú misma, mi niña, con tus propios ojos
como Eduardo Ratcliff yacía bajo el muro del castillo!
¡Tengo siempre presente aquí,
muy viva esa imagen ensangrentada!
Soy muy consciente
de quién fue quien lo mató
y por qué no debo decirlo a nadie...
estoy loca...
No puedo dormir,
pues veo pasar a Eduardo
pálido y ensangrentado,
con los ojos abiertos de par en par
como dardos,
caminando con el dedo índice levantado,
semejante a un fantasma errante...
 
Escena Segunda

(Los precedentes. Guillermo Ratcliff pálido,
contrahecho y manchado de sangre,
entra en escena) 


MARGARITA
(lanza un grito agudo)
¡Oh ,Virgen santa, el muerto Eduardo!

(se acurruca en un ángulo de la
habitación y permanece rígida e inmóvil)


MARÍA
(ella también grita)
¡Ah desgraciado!
¿Me traes el anillo de Douglas?

RATCLIFF
(ríe amargamente)
El torneo está concluido.
Este es el final de la puja por los anillos.
Yo gané dos, y no queriendo dejar
que me arrebataran el tercero,
caí derrotado del caballo de madera.

MARÍA
(girando de repente con tono de confianza
y angustia comienza a delirar)

¡Oh, Guillermo! ¡Guillermo! ¡Estás sangrando!...
¡Ven, vendaré tu herida!...

(se quita el velo blanco de novia)

¡Cielos! ¿Dónde estoy?... ¡Malvado!...
¡No eres Guillermo!... ¡Eres Eduardo!
Yo soy la Bella Elisa... ¡soy yo!...
¡Tu cabeza está totalmente ensangrentada,
y la mía totalmente confundida!
¿Qué me pasa? No lo sé.
Ven aquí, si me amas; dobla tus rodillas...
 
(quiere vendar su cabeza herida)

RATCLIFF
(cae a sus pies, tierno y dolido)
¿Es esto un sueño?...
¿Estoy a los pies de María?...
No, no sois una ilusión pequeños pies,
no desaparezcáis al contacto de mi mano.

MARÍA
(trata de calmarlo y vendar su cabeza)
¡No te muevas!

Se pega la sangre a tus hermosos cabellos...
¡Vamos, quédate quieto!

Si te mueves, me manchas de sangre.
Cálmate... Sí, te beso en los ojos.
 
(lo besa)

RATCLIFF
¡Oh, con este beso.
se desvanece la oscuridad de mis ojos!
De nuevo puedo ver otra vez el sol... ¡María!...

MARÍA
(como si saliera de un sueño)
¿Yo, María? ¿Tú, Guillermo?

(se cubre los ojos)

¡Oh, qué triste! ¡Oh, qué triste!

(estremeciéndose)

¡Vete! ¡Huye! ¡Vuela!

RATCLIFF
(se pone de pie y la abraza)
¡No me voy!
María, te amo,

y sé que Guillermo no te es indiferente.

(confidencialmente)

Sueñas conmigo a menudo.
¿Sabes que nos parecemos?
¡Mírate en el espejo!

(se acerca a un espejo y le señala

las dos imágenes reflejadas)

Tus rasgos son más bellos,
más nobles, más puros
que los míos, pero no diferentes.
Tenemos sobre nuestros labios
el mismo orgullo, la misma audacia.
Ambos tenemos la misma intención...
¡Pronuncia una palabra, una sola palabra!

MARÍA
(trata de alejarse de él)
¡Déjame!
¡Déjame!

RATCLIFF
¡¿No me oyes?

Tenemos el mismo tono de voz,
solo que la tuya es mucho más dulce.
El azul oscuro de nuestros ojos es el mismo,
salvo que el tuyo es más vivo y esplendoroso.

¡La mano!...

(toma la mano de María y
la compara con la suya)


¿No ves los mismos surcos?

(sobresaltándose)

¡Observa aquí! En ambas manos,
el surco de la vida es corto...

MARÍA
¡Oh, Guillermo, déjame
y huye mientras puedas!
Pronto vendrán...

RATCLIFF
¡Sí, la fuga! ¡Oh, bien lo dices!
¡Vamos! ¡Huyamos! Mi caballo está ensillado,
es el más rápido de Escocia.

(desenvaina su espada)

¡Y mi espada nos abrirá el camino!
Reluce, ¿la ves?
¡Pero esa voz!...

MARGARITA
(canta delirando)
"¿Por qué tu espada

está roja de sangre, Eduardo?
Mi amada está muerta. ¡Oh, qué hermosa era!"
¡Oh!

RATCLIFF
¿Quién profirió esa frase sangrienta?
¿El búho, que se aferra a la ventana?

¿O el viento que se arremolina
en el vacío de la chimenea?

¿O esa bruja en cuclillas en ese rincón?
Fue ella, ¡Sí!
De mármol tiene las extremidades
y el ronco canto desde el pecho me ordena:

(en el exceso del dolor)

asesinar a mi amada... y debo hacerlo.

MARÍA
Tus ojos se llena de llamas feroces.
Tu respiración es...
Me haces temblar...
¡Déjame! ¡Oh, déjame, Guillermo!

RATCLIFF
¡No te opongas, corazón mío, la muerte es dulce!
Yo te guiaré a esa hermosa tierra

con la que a menudo soñabas.
María, ¡ven conmigo!

MARÍA
(separándose de él)
¡Vete! ¡Aléjate!
Que no te encuentre Douglas...

RATCLIFF
(furioso)
¡Nombre execrable! ¡Palabra de la muerte!

Nadie, ni siquiera Dios, debe poseerte.
¡
Eres mía!...
 
(en actitud de atravesarla con su espada)

MARÍA
(huyendo hacia el gabinete)
¡Guillermo!
¿Quieres matarme?

RATCLIFF
(la sigue)
¡Mia, eres mía!

(se oye la voz de María desde el gabinete:
"¡Guillermo! ¡Socorro! ¡Guillermo!")


MARGARITA
(canta)
"¡Mi amada está muerta!

Era tan hermosa mi amada". ¡Oh!"

(Las dos figuras brumosas con forma
humana aparecen por lados opuestos:
se detienen en la entrada del gabinete,
extienden sus brazos uno después del otro
y, al salir Ratcliff, desaparecen)


RATCLIFF
(aparece con la espada ensangrentada)
¡Detente, y no te escapes!
Sombra de mí mismo.

Esta obra es tuya, blanco fantasma nocturno.
La sangre gotea de tu mano vacía.
¡Ven, combate contra mí, asesino de María!...

Escena Tercera

(Los precedentes, Mac-Gregor entra

impetuoso con la espada ensangrentada)

MAC-GREGOR
¿Socorro?
He escuchado gritar...

(ve a Ratcliff)

¡Rufián, al fin te encuentro!
Tú, aborrecido asesino
y perturbador de mi paz.

RATCLIFF
(con una altiva risotada)
Ese soy yo, pero tú no lo eres menos.
Te aborrezco, no sé por qué causa,
pero sin embargo te aborrezco.
e tu sangre, me río.
 
(se enfrentan y pelean)

MAC-GREGOR
¡Malvado!

RATCLIFF
¡Me río de ti!
 
(ríe ferozmente)

MARGARITA
(canta)
"¿Por qué tu espada

está roja de sangre, Eduardo?

MAC-GREGOR
(cae al suelo)
¡Maldita canción!

RATCLIFF
(agotado)
Muerta está la serpiente venenosa.
Un peso se quita de mi corazón.
Ya disfruto las dulzuras de la paz.
Ahora, ¡María, ya es para siempre mía!...
Aquí termina mi jornada.
¡Oh María, voy a ti!

(entra al gabinete)

¡Aquí estoy, dulce María!

(disparo de una pistola. Una vez más,

los dos fantasmas aparecen por
lados opuestos, se lanzan el uno en
los brazos del otro, se abrazan con
fuerza, luego desaparecen, se oyen
gritos y voces confusas).

Última Escena

(Los precedentes. Douglas, los invitados y
los sirvientes entran aterrados)


UN SIERVO
¡Dios! ¡Dios! ¡Aquí está nuestro señor!

MUCHAS VOCES
¡Mac-Gregor!

DOUGLAS
¡El noble caballero!
¡Muerto! ¡ay! muerto está aquí!
¡Corred tras las huellas del asesino!
¡Cerrad todas las puertas del castillo!

MARGARITA
(se levanta lentamente, se acerca
al cadáver de Mac-Gregor y habla
en su delirio)

Y así el difunto Eduardo,
pálido y ensangrentado junto a la muralla
del castillo yacía tendido.
El desdichado Eduardo fue asesinado, por
Mac-Gregor que estaba poseído de celosa furia.

(llorando)

¡Yo no soy culpable de este delito!
Sólo yo lo conocía; y aquí fue muerto él

(señala el cadáver de Mac-Gregor)

por Guillermo.
Y ahora el propio Guillermo
está descansando y duerme con María...

¡Silencio! ¡Silencio!
No perturbemos su apacible reposo.  

(Se aproxima lentamente al gabinete y
levanta la cortina. Los cadáveres de
Guillermo y María quedan a la vista) 

TODOS
¡Qué horrible visión!  

MARGARITA
(feliz y sonriente)
¡Casi se parecen
a Eduardo y a la Bella-Elisa!



Digitalizado y traducido por:

José Luis Roviaro 2019