MATILDE DE SHABRAN
(Belleza y Corazón de Hierro)
Personajes
CORRADINO MATILDE RAIMUNDO EDUARDO ALIPRANDO ISIDORO CONDESA DE ARCOS GINARDO EGOLDO RODRIGO UDOLFO |
"Corazón de Hierro" Joven huérfana Padre de Eduardo Rival de Corradino Médico Poeta Prometida de Corradino Guardián de la torre Campesino Capitán de la guardia Carcelero |
Tenor Soprano Bajo Contralto Bajo Bajo Mezzosoprano Bajo Tenor Tenor Actor |
La acción se desarrolla en España, durante la Edad Media.
ATTO PRIMO (Atrio gotico d'un antico castello; in fondo cancello di ferro aperto, che mette in un bosco; a destra in fondo torre con porta praticabile; a sinistra, circa la metà, una branca di scale che conduce nel palazzo di Corradino. Trofei militari in marmo adornano l'atrio e due lapidi presentano scritto l'una: "A chi entra non chiamato sarà il cranio fracassato" e l'altra: "Chi turbar osa la quiete qui morrà di fame e sete") Sinfonia Scena Prima (Spunta il sole. Villani e villanelle con canestre di frutta ed erbaggi, ch'entrano pian piano condotti da Egoldo, indi Ginardo dalla scala con un gran mazzo di chiavi in mano) CORO Zitti; nessun qui v'è: Possiam muovere il piè Con libertà. Gli erbaggi qui posiam, Guardiam, giriam, vediam Di qua, di là. EGOLDO Questo è il castello - Inaccessibile Dove comanda - Quell'uom terribile, Pazzo, pazzissimo, - Stravagantissimo, Che mai dai sudditi - Veder si fa, Che sempre armato - Sempre accigliato Con brusca faccia - Tutti minaccia E mai non seppe - Cosa è pietà. EGOLDO, CORO Oh! Che ridicolo! - Ah, ah, ah, ah, È un bel palazzo! - Che ve ne par? Già che siam soli - Vogliam guardare: Minutamente - Tutto osservare. Che belle cose! - Che rarità! GINARDO Chi va là? EGOLDO, CORO (aggruppandosi spaventati) Misericordia! GINARDO Chi vi guida a queste mura? Qui passeggia la paura Qui periglio è il respirar. (scende) Se all'intorno voi leggete Quella scritta sepolcrale, Su la testa sentirete Brontolarvi il temporale. Dove regna Corradino È il sepolcro ognor vicino, Meditate quel linguaggio Cominciate a palpitar. EGOLDO, CORO Siamo gente di villaggio Non sappiamo compitar. GINARDO (conduce i villani e legge) «A chi entra non chiamato Sarà il cranio fracassato» EGOLDO, CORO Bagattelle! GINARDO Non è niente. V'è di peggio. EGOLDO, CORO Eh!.. Peggio ancor? GINARDO (leggendo come sopra) «Chi turbar osa la quiete Qui morrà di fame e sete.» EGOLDO, CORO Sete! e fame... GINARDO Non è niente. V'è di peggio. EGOLDO, CORO Eh!.. Peggio ancor? GINARDO Il feroce Corradino, Odia il sesso femminino EGOLDO, CORO Veh! che bestia! GINARDO Belle o brutte, Se son donne le odia tutte. EGOLDO, CORO Tutte! Tutte? GINARDO Sì signor. È un leone, un orco, un diavolo, Ha di ferro in petto il cor. EGOLDO Questi frutti e questi erbaggi, Consueti nostri omaggi... (Esce un servo che distribuisce delle monete ai villani e reca al palazzo i canestri. S'ode una campana) EGOLDO, CORO Ah! che freddo batti-cuore! Che paura, che tremore! Che cosa è questa campana, Che don, don facendo va? GINARDO Chi ha prudenza si allontana, Ché il padrone scenderà. Se viene il Cerbero - Fioccano i guai I cuor più intrepidi - Farà gelar. E della grandine - Peggiore assai La teste in aria - Sa far saltar. CORO Pianin pianissimo - Andiamo via Con il proposito - Di non tornar. Adesso aiutami, - Gambetta mia. Or s'ha da correr, - S'ha da volar. (I villani e le villanelle in fretta patrono con Egoldo) GINARDO Vanno via come il vento. Eh! la paura Ai podagrosi ancor mette le penne. Ehi! Udolfo... Udolfo... (Viene Udolfo, cui consegna il mazzo di chiavi ritenendone sola una.) Visita ed osserva I nostri prigionieri. Costui che venne ieri Di Don Raimondo Lopez Unico figlio, io stesso Adesso osserverò. Brusche parole, Rumor di chiavistelli, brutte facce, Frasi orrende, minaccie: Ma, ciò ch'è il concludente: Fa' peraltro che lor non manchi niente. (Udolfo s'inchina e torna nel palazzo; Ginardo entra nella torre.) Scena Seconda (Si ascolta un preludio di chitarra spagnola ad uso degli improvvisatori; indi si ascolta di lontano Isidoro e poi si vede dal bosco avanzarsi, cantando, nel castello) ISIDORO «Intanto Erminia fra le ombrose piante D'antica selva dal cavallo è scorta Né già più regge il fren la man tremante E mezza quasi par...» Cosa m'importa? Ho una fame, una sete ed un freddo Che fra poco una mummia divento. Sto in divorzio coll'oro e l'argento Ed il rame veder non si fa. Biondo Apollo, bellissimo nume, Perché mai son sì barbari i fati; Che i poeti son tutti spiantati, E non trovan pagnotte o pietà? La miseria del volto patetico Si capisce da un quarto di miglio. Hanno sempre al comando poetico Il singhiozzo, il sospir, lo sbadiglio, E una fame... che fame eloquente! Ed in tasca non hanno poi niente... Ma peraltro alla fine del canto Grandi evviva!.. gran plausi!.. Ed intanto Manco un soldo! Già questo si sa. Ma questo castellano Sarà di larga mano; Don Isidoro, allegro, Preparati a scialar. Scena Terza (Ginardo esce, chiude la porta della torre, ed accorgendosi d'Isidoro viene a lui correndo gridando; indi Corradino) GINARDO Chi siete? Che volete? Ah vi salvate; Che qui tutto è pericolo. ISIDORO E adesso dove svicolo! Ma perché ho da scappar? GINARDO Se Corradino Improvviso qui viene: Non vi resta più sangue nelle vene, ISIDORO Felicissima notte! GINARDO Ah! presto, andate. ISIDORO Ma come? Se le gambe Ballano la furlana, E il core ha la quartana? Invan ci provo; Vorrei far mille miglia e non mi muovo. GINARDO Presto, per carità. ISIDORO Vado, sì vado. GINARDO In tempo più non siete. Ecco qui Corradino. ISIDORO Oimè! Vorrei Fare a correr col vento: Ma mi vanno le forze in svenimento. (Nel momento che Isidoro, tremando, tenta fuggire, comparisce Corradino con quattro armigeri in cima della scala, armato) CORRADINO Alma rea! Perché t'involi? Fuggi invano i sdegni miei. L'ira mia provar tu dei, E cadermi esangue al piè. No, placarmi; no, calmarmi, Più possibile non è. ISIDORO Io... signore... CORRADINO Taci. GINARDO Taci. ISIDORO Dir... vorrei... che... CORRADINO Zitto. GINARDO Zitto. CORRADINO Il parlare anche è delitto A chi viene innanzi a me. GINARDO Il decreto là sta scritto. Più speranza no, non v'è. ISIDORO Tremo tutto. Ohimè! Son fritto! Chi mi presta un gabriolè? CORRADINO Di': chi sei? ISIDORO Don Isidoro. CORRADINO Nome molle, effeminato! ISIDORO Sessant'anni l'ho portato; Ma se vuol lo cambierò. CORRADINO Cosa fai? ISIDORO Faccio il poeta, Me lo legge scritto in fronte. Sono il nuovo Anacreonte. CORRADINO Ed a me chi ti mandò? ISIDORO In sua lode a cantar vengo O sonetti, o pur canzoni. CORRADINO Io non soffro adulazioni. ISIDORO Le sue belle io vuò cantar. CORRADINO (con eccesso di collera) Le mie belle! GINARDO Che dicesti! ISIDORO (confuso) Le sue brutte. GINARDO Testa, addio. CORRADINO (investendo Isidoro con la lancia) Più non freno il furor mio Di mia man ti vuò svenar. GINARDO Pagherai col sangue il fio Del tuo stolto vaneggiar. ISIDORO Ah! Si fermi, padron mio: Un po' più vorrei campar. CORRADINO (in atto di vibrare il colpo) Mori. ISIDORO Ah! no. Scena Quarta (Aliprando dalla scala, e detti) ALIPRANDO Deh! V'arrestate. Empio vanto è un cor feroce. Sospendete il colpo atroce: Vi sorrida in sen pietà. Bella è l'ira in mezzo al campo Degli acciari al vivo lampo; Ma infierir contro un imbelle Questa è troppa crudeltà. CORRADINO (da sé) A ragion di sdegno avvampo Tenta invan trovargli scampo, Meditò quell'empio imbelle Qualche nera iniquità. GINARDO (da sé) Ah! Non so se trova scampo; Viene il tuono appresso al lampo. Sventurato quell'imbelle, Qui sua vittima cadrà. ISIDORO (da sé) È un portento se la scampo; Ho veduto in aria il lampo. Va a finir che la mia pelle Crivellata resta qua. CORRADINO (tirando a sé Aliprando e forzandolo ad osservare Isidoro) Dottor, guarda che ceffo. È un assassino o spia. ISIDORO Ah! Di fisionomia Qui meglio è non parlar. CORRADINO Cioè? GINARDO Cioè? CORRADINO, GINARDO Rispondi. ISIDORO Conciossiacosaché Fra voi, fra lui, fra me Cera di galantuomini Qui non si può trovar. CORRADINO Ribaldo! Incatenatelo. (Un armigero reca una catena e la pone ad Isidoro) ISIDORO Perdono. CORRADINO Non ascolto. In carcere gittatelo. ALIPRANDO Pietà. CORRADINO Pietà non v'è. Di te no, non mi fido Tu piangi, io me la rido, Chi sa qual nera insidia Veniva a macchinar! Con quella faccia squallida, Mi fece il cor gelar. ISIDORO Credea dal mare infido Lieto saltar sul lido; Ma un improvviso vortice Già mi rimbalza in mar. ALIPRANDO (ad Isidoro) Voi compassion mi fate, No, no; non dubitate, Ruggir, sfogar lasciamolo; Io vi saprò salvar. GINARDO Andiam, marciam, che fate? Il passo accelerate. In un profondo carcere Venite a villeggiar. (brusco) Presto in carcere. ISIDORO (questionando con Ginardo, che lo afferra) Vengo... vengo... vengo, E perché tanta fretta? Dopo che son venuto per staffetta Per satollar le mie gloriose brame, -Vale a dire la fame! - Se in ferri a sbadigliare andar degg'io Ci voglio andare col comodo mio. CORRADINO (voltandosi improvvisamente, feroce) Presto: che si fa qui? Non son tranquillo, Se nol vedo in prigione. ISIDORO Altezza serenissima, ha ragione. (parte con due armigeri e Ginardo) ALIPRANDO Prence, Matilde, giovanetta figlia Dell'illustre Shabran, morto in battaglia, E a voi raccomandata Sul letto della gloria Da quel figlio immortal della vittoria, Vi domanda l'onore Di venir nel castello. CORRADINO Venga. Il padre Era un forte campion. Splendido alloggio Tu le prepara, o mio dottor; ma tremi Di presentarsi a me senza un mio cenno. Udisti? ALIPRANDO Udii. (fra sé) Sta' pure allegro, o matto. (esce dal castello) GINARDO (tornando) Prence, di Don Raimondo Il figlio prigionier, quando sull'alba Come imponeste voi, lo visitai Immerso in largo pianto lo trovai; Forse quel cor si cangia. CORRADINO A me lo guida. (Ginardo apre la torre e vi entra) Alfin questo superbo, Che osò per via di contrastarmi il passo, Cadde ne' lacci miei: quel folle orgoglio Pentito al piede io rimirar qui voglio. Scena Quinta (Ginardo conduce Edoardo incatenato fuori della torre, lo lascia con Corradino, indi entra nel palazzo) EDOARDO Eccomi, e ognor lo stesso. CORRADINO E risolvesti? EDOARDO Disprezzarti per sempre. CORRADINO Oh! Quale ardire! EDOARDO Qual delirio crudel! CORRADINO Sai che son io Il fatal Cuor di ferro; e pur, se vuoi Prostrarti al piede mio, cessar vedrai Della tua schiavitù tutti gli affanni. EDOARDO Che io mi abbassi con te!... Quanto t'inganni! Piange il mio ciglio è vero; Ma per viltà non piange. È ver, son prigioniero; Ma ti disprezzo ancor. Ché questa tua catena Solo la man mi frena; Ma non fa schiavo il cor. D'un tenero padre Pensando al dolore, In lagrime il core Sciogliendo si va. No: vile non sono, Non cerco perdono; Sospira quest'anima D'amor, di pietà. Si peni, si palpiti, Ma senza viltà. CORRADINO Se fra i paterni amplessi Tu brami ritornar, la via t'è nota; Chiamami vincitore un sol momento. EDOARDO Non compro a questo prezzo il mio contento. Tu vincitor, che armato Di lorica, di scudo, in me vibrasti La smisurata tua spada, mentr'io T'opposi il solo acciaro e il petto mio? Chi più grande di noi? Uomo feroce, Tu parli di valor? Tu che mi sfidi Per un stolto diritto, ed hai nel seno La sola crudeltà? CORRADINO Menti. Ginardo, Togli que' ceppi. (Ginardo accorre, e fa cenno ad un armigero che tolga le catene ad Edoardo) Dammi fede di cavaliero, ed il castello Tua prigione sarà, finché non vuoi Prostrarti al domator di tanti eroi. EDOARDO Del dono che mi fai Abusar non saprò. Dal duolo oppresso Piangerò il padre e sarò ognor lo stesso. (entra nel castello) GINARDO Signor, del bosco per la via s'avanza Matilde di Shabran col tuo dottore. CORRADINO Fugassi un sesso infido, Che snerva la virtù. Sposo, danari, Io le darò. Del padre Adempir vuò così l'ultima speme; Ma femmina e valor non stanno insieme. (entra nel castello seguito dagli armigeri) GINARDO Fa' pure il bell'umore Fino che dorme amore; Ma se si sveglia, e ognun lo sa per prova, L'avere un cor di ferro a nulla giova. (entra appresso a Corradino) Scena Sesta (Magnifica ed antica galleria nel palazzo di Corradino adorna di statue di antichi paladini. Porta in mezzo. Matilde entrando con Aliprando) MATILDE Di capricci, di smorfiette, Di sospiri, di graziette, Di silenzi eloquentissimi, Di artifizi sublimissimi, Quali Armida l'inventò, O un poeta li sognò, Io ne ho tanta quantità... Corradin si piegherà, Al mio piè si prostrerà, Piangerà, sospirerà, Schiavo mio restar dovrà. ALIPRANDO Di minaccie, di fierezze, Di furori, di stranezze, Di decreti bizzarissimi, Di terrori orribilissimi, Quali un orso l'inventò, O un demonio li sognò, Ei ne ha tanta quantità... Corradin resisterà, A crollar ci penserà Fremerà, s'infurierà, E spavento vi farà. MATILDE Ma tu ridere mi fai. ALIPRANDO Quanto è fiero tu non sai. Egli è un uom d'un'altra pasta. MATILDE Io son donna, e tanto basta. ALIPRANDO Ah! Ragazza, ci scommetto Che avrai molto da penar. MATILDE Se riesce il mio progetto, Voglio farlo sdrucciolar. (passeggiando) Qual ti sembro? ALIPRANDO Assai vezzosa. MATILDE Il colore? ALIPRANDO È d'una rosa. MATILDE I miei labbri? ALIPRANDO Son rubini. MATILDE E questi occhi? ALIPRANDO Malandrini! MATILDE Il mio piede? ALIPRANDO Uh! Benedetto! MATILDE Il mio tutto? ALIPRANDO Un idoletto. MATILDE Il sorriso? ALIPRANDO Incantatore. MATILDE Il mio pianto? ALIPRANDO Spezza il core. MATILDE E non basta? ALIPRANDO Ancora no. Ah! Di ferro un cuore armato La natura a lui formò. MATILDE Medichetto mio garbato, Ci ho un segreto, e vincerò. ALIPRANDO (da sé) Ah! di veder già parmi Quel core all'ire avvezzo Armarsi di disprezzo, Di collera avvampar. (a Matilde) Combatti, o mia guerriera T'affretta a trionfar. MATILDE (da sé) Ah! di veder già parmi Quel core all'ire avvezzo Vinto dal mio disprezzo D'amore sospirar. (ad Aliprando) Largo alla gran guerriera: Io volo a trionfar. ALIPRANDO Sì, vezzosa Matilde, a voi confido Di Corradin la testa. A quel cervello E l'Etna e il Mongibello Hanno prestati i fumi. Stravaganti ha l'idee, pazzi i costumi. Non sa che cosa è amore, Recita da cannibale, Vanta di bronzo il cuore; Scolpita e disegnata Una femmina ancor gli dà molestia MATILDE Vale a dir che quest'uomo è una gran bestia. Senz'amore! E ancor vive? E come fa? Io, per me non lo credo in verità. Ma tu, caro dottore Come reggesti mai con questo matto, Giacché tale mi sembra al suo ritratto? ALIPRANDO Dirò: parla, sospira e quasi sogna Sempre guerre, battaglie, armi, ruine, Furor, carneficine, Inseguir, guerreggiar, porre in scompiglio Popoli e nazioni Per montagne, per valli e boschi e grotte Come sognava il quondam Don Chisciotte; Ma se gli duol la testa. Se prende un raffreddore, Diventa un cagnolin, corre al dottore. MATILDE E allora? ALIPRANDO E allor profitto Del felice momento E lo piego a mie voglie, o almen lo tento.. Adesso spero in te. MATILDE Vedrai. Scena Settima (Ginardo e detti) GINARDO Dottore, Prevedo un grand'imbroglio. Ferocissima in vista, e tutta orgoglio Vien la Contessa d'Arco. Ella ha saputo Di Matilde l'arrivo. Sputa veleno, e vuole Vederla, strapazzarla, Dal castello cacciarla. MATILDE A Matilde Shabran? Chi è mai costei? ALIPRANDO È una certa contessa Biliosa per natura, Cui fu promesso Corradino in sposo Per finire una guerra. Corradino Dette l'assenso, e il ritirò all'istante Per l'orrore invincibile Al sesso femminino, e si conchiuse Fra le famiglie allora, che in compenso Non avrebbe altra donna egli sposata Se non costei, ch'è matta spiritata. MATILDE Mentre a tutti si niega, a lei s'accorda Franco l'ingresso? ALIPRANDO Corradin ciò crede Disprezzo e non favor. GINARDO (guardando alla porta) Venir la sento. ALIPRANDO Pare un tuono di marzo. GINARDO Non temete. ALIPRANDO Ci son io. GINARDO Ci son io. MATILDE Temer? Perché? Oh! venga pur, l'avrà da far con me. Scena Ottava (La Contessa d'Arco e detti; indi Corradino con sei armigeri) CONTESSA (entrando e guardando Matilde con disprezzo) Questa è la Dea? Che aria! Povera scioccarella! MATILDE Piano: mi assorda il timpano. Più bassa la favella. ALIPRANDO Lontano il tuon già mormora. GINARDO Già scoppia la procella. CONTESSA , MATILDE Guardatela, guardatela. Oh che caricatura! La fece la natura E poi se ne pentì. GINARDO, ALIPRANDO (fra sé) Si guardano, minacciano. Che ceffo! Che figura! E tengo gran paura Che non finisca qui. CONTESSA Forse è colei cui preme Far la volata in su? MATILDE Forse è colei che teme Precipitare in giù? CONTESSA, MATILDE Ah! ah! mi vien da ridere; Ma compassion mi fa. La Venere del secolo Chi vuol vederla è là. GINARDO, ALIPRANDO (cercando di farle tacere; ma gridando ancor essi) Per carità, politica, O andate via di qua, Pestatevi, graffiatevi; Ma zitte per pietà. CORRADINO (entrando dal mezzo con seguito d'armigeri, che rimangono in fondo) Che strepito è mai questo? Due femmine qui stanno? Le leggi mie si sanno: Chi mai l'osò sprezzar? CONTESSA Sai, Corradin, che t'amo. Mi desti la tua fede. Costei qua volse il piede; Comincio a sospettar. CORRADINO (a Matilde fierissimo con disprezzo) Ehi! Donna? MATILDE Uomo, che vuoi? CORRADINO Che altera! MATILDE Che villano! Vieni a baciar la mano; Mi devi corteggiar. CORRADINO (con rabbia) Ginardo! Presto i ferri: L'opprimi di catene. MATILDE Buffon! non fate scene, Venitevi a umiliar. CORRADINO A Corradin!.. Chi sei? MATILDE (con energia, ma non senza capriccio) Son donna, e tutto ho detto. Portatemi rispetto, O ve la fo pagar. CONTESSA E non la fa svenar? GINARDO, ALIPRANDO S'imbroglia assai l'affar. CORRADINO E non mi so sdegnar! (con meraviglia di sé stesso, guardandoIa sempre) Dallo stupore oppresso Ignoto incanto io provo. Ricerco invan me stesso, Me stesso in me non trovo: Mi si trasforma l'anima, Sento cangiarmi il cor. MATILDE, GINARDO, ALIPRANDO Dallo stupore oppresso Ignoto incanto ei prova. Ricerca invan sé stesso, Sé stesso non ritrova: Gli si trasforma l'anima, Sente cangiarsi il cor. CONTESSA Da' miei sospetti oppressa Il mio furor rinnovo. Cerco calmar me stessa, Ma calma non ritrovo: Sento che m'arde l'anima, Ho mille furie in cor. Signor, men vado o resto? CORRADINO (con freddo disprezzo) Indifferente io sono. (a Matilde) Vieni a cercar perdono. MATILDE Anzi, tu il chiedi a me. CORRADINO A te?... (a Ginardo) Catene. GINARDO (per partire) Io volo. CORRADINO T'arresta... sì... no... MATILDE (con tuono di leggerezza) Andate. Venite, incatenate La mano, il collo, il piè. CONTESSA Superba! GINARDO Audace! CORRADINO Zitti. ALIPRANDO Troppo è l'ardir. CORRADINO Tacete. (dopo aver pensato un istante, consegnando Matilde ad Aliprando) In guardia voi l'avrete. Vita per vita io do. MATILDE (sotto voce, in modo che il dottore la senta, mentre Corradino passeggia smanioso e sospira) Che io fugga ha già timore. L'amico già sta in gabbia. In debole furore Già terminò la rabbia. Da' tempo, e a poco, a poco S'accrescerà quel fuoco. (fra sé) Mi guarda di soppiatto, Sospira come un matto. Oh! Quanto è mai ridicolo! Amor già lo molesta, Amor il cor gli rosica, Amor gli fa la festa. Tenetelo, legatelo; O ai pazzi se ne va. CORRADINO (fra sé) Più non intendo affatto. Sospiro come un matto: M'oscillano le arterie, Mi rotola la testa; Mi sento in petto un mantice, Nel sangue una tempesta; E sottosopra il cerebro Cosa pensar non sa. GINARDO, ALIPRANDO (fra sé) La guarda di soppiatto, Sospira come un matto. La vampa del Vesuvio Gli bolle nella testa. Nel petto tiene un timpano, Che batte e non s'arresta. Trema, vacilla e palpita Già è pazzo per amor. CONTESSA (fra sé) La guarda di soppiatto, Sospira come un matto. La vampa del Vesuvio Gli bolle nella testa. Nel petto tiene un timpano, Che batte e non s'arresta. La gelosia mi lacera; Ma il cor vendetta avrà. (Corradino parte con gli armigeri seguito da Aliprando. ) Scena Nona (Matilde, Contessa e Ginardo) CONTESSA Alla Contessa d'Arco un tale oltraggio! Ombre degli avi miei, deh! m'ispirate Contro questa donnetta Strepitosa e tremenda aspra vendetta MATILDE Non incomodi gli avi, Mia vezzosa fanciulla; Ché tanto non fa nulla. Ci vuol altro Che gente morta ad ottener vittoria. Io sto nel campo, e mia sarà la gloria. CONTESSA Giuro ai quindici secoli della mia nobiltà. MATILDE Giuro alla mia Decisa volontà. GINARDO Giuro alle sbarre E a tutti i chiavistelli Delle dodici torri. CONTESSA Che vincerò. MATILDE Che perderà. GINARDO Che in gabbia Andrete tutte e due. CONTESSA Di Corradino Io la sposa sarò. MATILDE Forse sì, forse no. CONTESSA Son tutta fuoco. MATILDE Ed io son tutta gelo. GINARDO Ma tacete: Prudenza, per pietà. CONTESSA Io di prudenza Sono il vero modello. Addio, sguaiata. (parte) MATILDE Malizia, fatti onore. (parte) GINARDO Oh! Che giornata! (parte) Scena Decima (Armigeri, indi Corradino pensoso, poi Aliprando) CORO I Che ne dite? CORO II Pare un sogno! TUTTO IL CORO Una donna cosa fa! Al padrone poverello Il cervello se ne va! Fece il fiero il bell'umore, Si rideva dell'amore, Tutto altero; Ma gli eroi tutti poi Come noi han da cascar. Stiamo il pazzo a contemplar. CORRADINO Corradino dov'è? Come in un punto Il mio cor si cangiò. Di vena in vena Serpeggiando mi va rapido, immenso, Un torrente di fuoco e ghiaccio insieme. Chi vince il vincitor de' vincitori? Chi mi rovescia a terra? Ite, volate, Aliprando cercate, io più non reggo! Io mi sento morir. Presto, Aliprando. ALIPRANDO (fra sé) Il leone ha la febre. (a Corradino) Ah, mio signore. CORRADINO Vieni, vieni dottore Senti qui... Senti qui... (gli fa toccare li polso ed il cuore) Tutte le arterie Mi rimbalzano... in petto Ho una smania... un incendio... un gelo... invano Tento di prender fiato Aliprando... Aliprando... io son cangiato. ALIPRANDO (fra sé) Tanto meglio per noi. CORRADINO Ma tu non parli? ALIPRANDO Che volete da me? CORRADINO Che mi guarisci. ALIPRANDO Da qual male? CORRADINO Nol so. Soffro, ognor soffro, Altro dirti non so. ALIPRANDO Misera voi, Altezza serenissima! Tremendo Fatale, immedicabile È il male, il male orrendo, Che sul cor vi piombò. CORRADINO Spiegati, dimmi: Come si chiama il male, Che mi scese nel core? ALIPRANDO È il terror de' mortali. È il mal d'amore. CORRADINO D'amore! ALIPRANDO Altezza sì, male profondo, Ed antico nel mondo. CORRADINO D'amore! Ed è un mal grande? ALIPRANDO Se bramate Conoscerne la storia, m'ascoltate. Giove un dì fremendo in collera Per le colpe del mortale, Il complesso d'ogni male Volle al mondo regalar. Prese gelo, prese fuoco, Zolfo, arsenico e spavento, Lungo duol, breve contento, Il sospiro, il batticuore, E compose il mal d'amore, E sull'uomo il fe' piombar. La terzana e la quartana, E ogni male il più rubello Si cavarono il cappello, Ed amore salutar. E diceano sottovoce: Qui non val sanguigna o china, Non si trova medicina Che lo possa rimediar. Lo precede la speranza, Il timore l'accompagna, Sempre trema, ognor si lagna, E in delirio spesso va. Per lui fu visto un Ercole Filar come una donna: Fe' gorgheggiare Achille Col busto e colla gonna; Troia mandò in faville, Persepoli crollò. Voi compassion mi fate, Povero mio signore; Ma questo mal d'amore Io rimediar non so. È un mal che fa i cervelli Girare e rigirar; E al fine ai pazzarelli Fa l'uomo terminar. Scena Undicesima (Corradino solo, indi una guardia, poi Isidoro fra sei armigeri) CORRADINO Amor!... Non è possibile. Sarebbe Un qualche sortilegio? E chi potrebbe Essere il negromante? Ah! sì: colui... Quell'Isidoro. Guardie: a me si rechi Quell'arrestato di stamane. Il core Ben se n'avvide alla fisonomia. Questa è pur troppo una fattucchieria! ISIDORO (Isidoro si avanza tremante; ma s'incoraggisce vedendo che Corradino gli fa buon viso. Fra sé) Ride. Farà buon tempo. CORRADINO Guarda. ISIDORO Dove? CORRADINO Osserva gli occhi miei: Vedi nulla? ISIDORO Negli occhi?.. Non saprei. E che devo vedere? CORRADINO Un tradimento. ISIDORO Dentro gli occhi? CORRADINO Sì; guarda: È tutta opera tua. ISIDORO Cosa? CORRADINO Quel foco Che mi bolle nel seno. ISIDORO Opera mia! CORRADINO Pur troppo! I miei tesori Si apriranno per te. Piastre, dobloni Ti pioveranno intorno. ISIDORO Non li fate cascar. CORRADINO Ma dimmi, narra: Chi ti mandò? Da chi mi viene il colpo? E come l'hai compito? Se non parli Da dieci de' miei cani Ti fo stracciare a brani, e su le piaghe Farò colar zolfo bollente: udisti? ISIDORO Udii; ma non capisco. CORRADINO Ancor resisti? ISIDORO Io no. CORRADINO Dunque mi spiega. ISIDORO Ma che cosa? CORRADINO Non farmi adesso il pazzo. ISIDORO (fra sé) Ma guardate chi parla! Si potrebbe Giocare a chi l'è più. CORRADINO Guardie, venite. (Gli armigeri con le lancie investono Isidoro.) Copritelo di lancie a me d'innante, E uccidete a un mio cenno il negromante. ISIDORO Misericordia! Negromante! Altezza... CORRADINO O mi salva, o sei morto. ISIDORO Vi salverò. Che male avete? CORRADINO Amore. ISIDORO Che brutto male! È meglio Una sincope a freddo. Scena Dodicesima (Ginardo e detti, indi Matilde) GINARDO Altezza, immersa In doloroso pianto, Matilde di Shabran chiede parlarvi. CORRADINO Matilde!.. E piange? GINARDO Al pianto suo dirotto Pianse ancora il dottor; ma d'irritarvi Ebbe qualche timore. CORRADINO Ah! Tiranno dottore! Forse un mostro son io? ISIDORO (Fra sé) Poco ci manca. CORRADINO Venga... Venga Matilde. GINARDO Ma di venirvi innanzi Teme non ottener da voi perdono. CORRADINO (riprende l'asta e lo scudo) L'avrà; che venga. ISIDORO (fra sé) E il negromante io sono! CORRADINO (ad Isidoro) Or tu pensa a guarirmi. ISIDORO A questo penso. CORRADINO E la salute mia speri vicina? ISIDORO Purché dica di sì la mia dottrina. MATILDE (avvanzandosi tremante e piangente; ma non senza un poco di vezzo) Signor, vi offesi: è ver Sul ciglio espresso Vedete il mio dolor. CORRADINO Tu piangi? MATILDE E come Il mio pianto frenar? L'anima mia Sognò un sorriso... un nettare... un incanto; Ma l'orfanella di Shabran... Matilde, È degna di pietà... Fu tutto un sogno. CORRADINO E che sognasti? MATILDE Ah! no. CORRADINO Lo voglio: parla. ISIDORO (fra sé) Parlerà, parlerà. MATILDE L'armi, i trofei, Gli armigeri, la stessa Aria marzial che qui si spira, in petto M'infiammarono il cor. Vi vidi... Ah! mai Non t'avessi veduto, Caro oggetto e fatal!.. Altezza, ah! no, Non vi sdegnate. È degli Dei la colpa Che v'impressero in volto Un non so che di grande, che rapisce, Che seduce e innamora... Ah! che mai dissi? CORRADINO Ah! segui... MATILDE No: non posso. (casca) Per sempre addio. Fu tutto un sogno. CORRADINO No, fermati. - Ginardo? (nel volgersi fissa gli occhi in Isidoro) Costui cosa fa qui? ISIDORO Sto in sentinella. CORRADINO Torni in carcere. GINARDO (chiamando) Guardie! CORRADINO Va' tu stesso, E lo vigila tu. GINARDO Or dunque andiamo. (piano ad Isidoro) Restiamo ad osservar. (fra sé) Ah cuor di ferro, Io ti vedo in gran rischio. ISIDORO (piano a Ginardo) La commedia vedrem del merlo al vischio. (Isidoro e Ginardo rimangono celati dietro le colonne) Scena Tredicesima (Corradino e Matilde; Ginardo ed Isidoro nascosti) CORRADINO (da sé, nell'eccesso dell'interno contrasto) Decidersi bisogna. Congedarla convien. Ogni suo detto Di cento e cento spade Mi penetra assai più. MATILDE (da sé ridendo di furto) Povero sciocco! In men d'un quarto d'ora Ti voglio giù. CORRADINO (tremante) Matilde... (fra sé) Ah! mi manca il coraggio. ISIDORO (sotto voce, con pietà caricata) Pover'uomo! Ti vedo, e non ti vedo. GINARDO (ad Isidoro, ponendogli la mano alla bocca) Zitto. CORRADINO (confuso ed agitato) Voi... Cioè... voglio dir... io... (fra sé) Che stato orrendo! Perché... MATILDE No, no; tacete: intendo, intendo. (con finto eccesso di disperazione) Ah! Capisco: non parlate. Tutto intesi. - Che farò? Muto ancor mi fulminate. Voi volete? - Io partirò. CORRADINO (ondeggiando fra il volere e non volere) Non partir... Sì vanne, vola. No... Sì, parti. Arresta il piè. (fra sé) Ah! se resta, il cor m'invola. (A Matilde) Corri, fuggi via da me. ISIDORO (fra sé) Cento affetti nel suo cuore Stanno intanto a martellar. GINARDO (fra sé) Ma il martello dell'amore Farà il cuore in due spezzar. MATILDE Dunque addio. Per sempre addio. Gel di morte il cor mi serra. (bacia piangendo la mano a Corradino) Questa man, che i forti atterra, Del mio pianto io vuò bagnar. CORRADINO Ciel! Tu piangi!.. Tu!.. Che assalto! Non partire. Ah! no: ti arresta. L'alma, il senno, il cor, la testa Io mi sento ribaltar. (fra sé) Di quel pianto al nuovo incanto Sento l'alma sfavillar. MATILDE (fra sé) Del mio pianto al nuovo incanto È vicino ad impazzar. GINARDO, ISIDORO (fra sé) Resta infranto da quel pianto, Già vicino è ad impazzar. CORRADINO Cara, quel tuo sembiante L'alma mi mette in fuoco! MATILDE Voi siete principiante: Pazienza: a poco a poco. CORRADINO Ma... MATILDE Con la spada e l'asta Parlar d'amor mi vuoi? CORRADINO (gitta spada ed asta) Un sol tuo cenno basta; Amano ancor gli eroi. MATILDE Scostati, se mi tocchi Quel ferro orror mi fa. CORRADINO (gitta lo scudo) Ebben si toglierà. MATILDE Tu vuoi cavarmi gli occhi Con quelle penne là. CORRADINO (gitta l'elmo) L'elmo levato è già. GINARDO, ISIDORO (fra sé) Signori, chi vuol trappole Lo spaccio eccolo qua. CORRADINO Mercé ti chiedo, o cara. GINARDO, ISIDORO (fra sé) Già marcia di galoppo. MATILDE Prima ad amarmi impara. Pretendo, e non è troppo. CORRADINO (con entusiasmo) Debellerò provincie. Farò sparir gli eserciti... MATILDE Questo per me non fa: Amore io voglio, amore, Clemenza e umanità. CORRADINO Parla, ed avrai, lo giuro. Dammi la man. MATILDE Ma piano; le donne... altrui la mano Non usan dar così. CORRADINO Come? MATILDE Che so. GINARDO, ISIDORO (fra sé) Che volpe! CORRADINO Spiegati... MATILDE Non saprei... CORRADINO Ma... forse... MATILDE (montando sullo scudo e sull'asta) A' piedi miei... CORRADINO (si precipita a' piedi di Matilde, che lo contempla e lo rialza) A' piedi tuoi son già. MATILDE Matilde tua sarà. MATILDE, CORRADINO Piacere egual gli Dei Non ponno immaginar. L'anima mia tu sei, Te solo/a voglio amar. GINARDO, ISIDORO Io rido come un matto, Amor lo canzonò. Se rido piano io schiatto, Frenarmi più non so. (si avanzano per goder meglio la scena, ma sorpresi da un improvviso rollo di tamburo fuggono) Scena Quattordicesima (Corradino e Matilde; indi subito Aliprando. Si ascolta una campana a martello, ed un improvviso rollo di tamburo) CORRADINO Qual fragor? ALIPRANDO Signor... (osservando le armi di Corradino a terra) (fra sé) Che vedo! Fece Amore il grand'effetto. CORRADINO Parla: dimmi... ALIPRANDO (stupito e meravigliato. Fra sé) A me non credo. CORRADINO Via ti sbriga: vuoi parlar? ALIPRANDO Ah! Signor, signor correte, D'Edoardo viene il padre, Alla testa delle squadre Il suo figlio a ricercar. CORRADINO Il suo figlio ei cerca? Oh folle? ALIPRANDO Egli a' piedi è già del colle. CORRADINO E gli armigeri? ALIPRANDO Son pronti. CORRADINO Saprò i stolti far tremar. MATILDE Di mia man ti voglio armar. ALIPRANDO (da sé) Come mai lo fe' cascar! (Partono) Scena Quindicesima (Atrio del castello) (S'ode il suono d'una marcia guerresca, e nel momento che Edoardo si aggira smanioso per la scena, escono gli armigeri in armi marciando in silenzio e si schierano in fondo guidati da Rodrigo, indi cantano) EDOARDO Smarrito, dubbioso, - Al suono di guerra, Sospiro e non oso - Richieder perché. M'agghiaccia, m'atterra - Un freddo sospetto; Mi palpita il petto - Vacilla il mio piè. CORO, RODRIGO Marciamo, marciamo - Gli scudi battiamo. Si vada, si corra - Si voli a pugnar. Nel cuor de' superbi - S'immerga la spada. Si corra, si vada - Nel campo a trionfar. EDOARDO Smarrito, dubbioso, - Al suono di guerra, Sospiro e non oso - Richieder perché. M'agghiaccia, m'atterra - Un freddo sospetto; Mi palpita il petto - Vacilla il mio piè. RODRIGO Marciamo, marciamo - Gli scudi battiamo. Si vada, si corra - Si voli a pugnar. Nel cuor de' superbi - S'immerga la spada. Si corra, si vada - Nel campo a trionfar. EDOARDO Ma dite... CORO Si corra. EDOARDO Parlate. CORO Marciamo. EDOARDO Sentite. CORO Battiamo. EDOARDO Andate. CORO A pugnar. (Dal castello escono Corradino seguito da Matilde, un paggio che reca le armi di Corradino, indi subito Ginardo ed Aliprando armati, in mezzo a cui Isidoro vestito con vecchia armatura, lunga spada al lato, bandiera in mano, chitarra dietro le spalle, ed al fianco rotolo di carte e gran calamaio con penne; poi la Contessa) GINARDO Altezza, guardate... ALIPRANDO Venir lo lasciate. GINARDO, ALIPRANDO Poeta di corte - Ei fatto s'è già. ISIDORO Il vostro Isidoro - Nel rischio crudele Con gamba fedele - Seguir vi potrà? Per scriver la storia, - Le fughe, le rotte, Le piaghe, le botte - Contando verrà. CONTESSA (con ismania a Corradino) Ah! Prence! Che pena! - Col pianto sul ciglio!.. Di Marte il periglio - Gelare mi fa. CORRADINO (prima alla Contessa, indi ad Isidoro, poi alla Contessa e a Matilde, indi scorgendo Edoardo) Tu cessa... tu vieni - Che noia!... mia vita! Oh gioia infinita - Tuo padre cadrà. EDOARDO Mio padre! Deh lascia - Ch'io voli al suo fianco. M'opprime l'ambascia - Mi sento mancar. MATILDE (con interesse innocente) Quel pianto deh mira... CORRADINO (con trasporto geloso) Infida, tu l'ami? MATILDE (come sopra) Il padre sospira. CORRADINO (come sopra) Mi fai sospettar. CONTESSA (fra sé) Geloso sospira! - Mi vuò vendicar. MATILDE, CONTESSA, CORRADINO EDOARDO, ISIDORO, GINARDO ALIPRANDO, RODRIGO Oh come mai quest'anima/quell'anima Sfavilla in un momento! Tutta in tempesta l'agita, L'idea d'un tradimento, Di vena in vena sentesi/sentomi Che si dirama un fuoco, E tutto a poco a poco Mi sembra in fiamme andar. (Matilde pone l'elmo, lo scudo e la spada a Corradino e gli dà la lancia) MATILDE Vanne, pugna: trionfante ritorna; Ma ricordati d'essere umano; T'armo io stessa di propria mia mano, E se vuoi volo al campo con te. CORRADINO (a Matilde) Tu qui resta, disponi, comanda. (come sopra, sotto voce) Guai per te se tradirmi pensasti. Sai chi sono, ci pensa e ti basti. (ad Edoardo) Alla torre riporta il tuo piè. CONTESSA (fra sé) Egli l'ama. Vendetta m'accende. MATILDE (fra sé) Gelosia lo divora, e ne tremo. EDOARDO (fra sé) Forse è il padre dei giorni all'estremo! CONTESSA, MATILDE EDOARDO, CORRADINO (fra sé) Gelo, avvampo: non sono più in me. TUTTI FUORI D'ISIDORO Come allor, che dall'erte pendici Gorgogliando vien l'onda giù a basso, Mal s'oppone a quell'impeto un sasso, Che travolto, aggirato in un vortice Rotolando precipita giù. Alla piena di affanni, di smanie, Il cervello smarrito s'aggira, Salta, sviene, s'infuria, delira, Calma cerca; ma calma non trova; No, la pace per lui non è più. CORRADINO, GINARDO ALIPRANDO, CORO, RODRIGO Che si tarda? Si voli al cimento: Il mio/suo sdegno più freno non ha Trabalzato qual polvere al vento L'inimico a' suoi/miei piedi cadrà. CONTESSA, MATILDE, EDOARDO Lento, lento un secreto tormento, L'alma in seno straziando mi va, Trabalzata qual polvere al vento La mia testa più posa non ha. ISIDORO (animando i soldati e facendoli porre in ordine di marcia per andare alla battaglia) Dritti, lesti, da bravi, coraggio; Che fra i sassi si arriva alla gloria. Come canta il cantore di maggio, Cantar voglio la vostra vittoria, Patatim, patatam, patatum! A menare ciascuno sia pronto, Sia la mano pesante e sdegnosa, Delle gambe tenete gran conto, E il morire sia l'ultima cosa; Perché i morti non campano più. Che si tarda? Si voli al cimento, La mia febre calmarsi non sa. (piano da sé) Ma nel caso fo a correr col vento: La mia gamba l'eguale non ha. |
ACTO PRIMERO (Atrio de un castillo. Al fondo, reja que deja ver un bosque; a la derecha una torre; a la izquierda, escaleras que llevan al palacio de Corradino. Trofeos militares y placas de mármol adornan el atrio; dos lápidas presentan las siguientes inscripciones: "A quien entre sin ser llamado le será roto el cráneo." y la otra: "Quien aquí ose turbar la quietud morirá de hambre y sed") Obertura Escena Primera (Amanece. Aldeanos con canastas de fruta y hortalizas, conducidos por Egoldo; luego Ginardo desde la escalera con un gran manojo de llaves en la mano; después Aliprando) CORO ¡Silencio! Ninguno de los que aquí estamos podemos movernos con libertad. Las hortalizas aquí traemos, para ofrecerlas, ¡mírenlas, véanlas! de aquí para allá. EGOLDO Éste es el castillo inaccesible donde gobierna un hombre terrible; loco, muy loco y extravagante, que nunca se deja ver por sus súbditos, que siempre va armado y siempre ceñudo con cara hosca a todos amenaza y no sabe lo que es piedad. EGOLDO, CORO ¡Oh, qué ridículo! ¡Ja, ja, ja, ja! Es un hermoso palacio ¿Habrá otro igual? Queremos mirar todo minuciosamente. ¡Qué cosas tan bellas! ¡Qué rarezas! GINARDO ¿Quién está allí? EGOLDO, CORO (agrupándose asustados) ¡Dios, ayúdanos! GINARDO ¿Quién os conduce ante estos muros? Aquí señorea el terror y hasta es peligroso respirar. (baja) Si alrededor miráis, allí leeréis esa inscripción sepulcral. Sobre la cabeza sentiréis amenazante la tormenta. Donde Corradino reina el sepulcro siempre está cerca. Meditad sobre esas frases y empezad a temblar. EGOLDO, CORO Somos gente de la aldea y no sabemos leer. GINARDO (conduce a los aldeanos y lee) "A quien entre sin ser llamado le será aplastado el cráneo" EGOLDO, CORO ¡Tonterías! GINARDO Eso no es nada. Aquí hay otra peor... EGOLDO, CORO ¡Qué!... ¿Peor aún? GINARDO (leyendo como antes) "Quien ose turbar aquí la calma morirá de hambre y sed" EGOLDO, CORO ¡Sed y hambre!... GINARDO Eso no es nada. Aquí hay otra peor. EGOLDO y CORO ¡Qué!.. ¿Peor todavía? GINARDO El feroz Corradino, odia al sexo femenino. EGOLDO, CORO ¡Ah, qué bestia! GINARDO Hermosas o feas, mientras sean mujeres, las odia a todas. EGOLDO, CORO ¡A Todas!... ¿Todas? GINARDO Sí Señor. Es un león, un ogro, un diablo, y tiene un corazón de hierro en el pecho. EGOLDO Aquí traemos frutos y hortalizas, habituales obsequios nuestros... (Un siervo distribuye monedas y vuelve al palacio con las canastas. Se oye una campana) EGOLDO, CORO ¡Ah, siento escalofríos! ¡Qué miedo, qué temor! ¿Qué significa esa campana, que "don", "don" haciendo está? GINARDO Quien tenga prudencia se alejará, pues el señor del castillo se dispone a salir. Si viene el Cerbero lloverán los lamentos y a los corazones más valientes hará temblar. Mucho peor que el granizo las cabezas hará estallar por los aires. CORO Muy lentamente vayámonos y hagamos el propósito de no volver. Piernecitas mías, no flaqueéis, pues ahora habrá que correr...¡habrá que volar. (Los aldeanos salen corriendo con Egoldo) GINARDO ¡Corren como el viento!... El miedo, aún a los lisiados, ¡les pone alas en los pies! ¡Eh! ¡Udolfo!... ¡Udolfo!... (Llega Udolfo, a quien entrega el manojo de llaves reteniendo una de ellas.) Comprueba el estado de nuestros prisioneros. A ése que llegó ayer, el hijo de don Raimundo López, yo mismo iré ahora a verlo. Trátalos con palabras bruscas, haz ruido con los cerrojos, ponles mala cara, diles frases horrorosas, amenázalos... Pero, por otra parte, asegúrate que no les falte nada. (Udolfo se inclina y vuelve al palacio; Ginardo entra en la torre.) Escena Segunda (Se escucha un preludio de guitarra española en el estilo de los trovadores; luego se escucha desde lejos a Isidoro y después se lo ve salir del bosque, cantando y acercándose al castillo) ISIDORO "En tanto Herminia entre las umbrosas selvas es seguida por su caballo al cual, su temblorosa mano, parece apenas sujetar del freno..." ¿Pero que me importa? Tengo tanta hambre, sed y frío que dentro de poco en una momia me convertiré. Estoy peleado con el oro y la plata y las monedas no se hacen ver. Rubio Apolo, hermoso dios, ¿por qué son tan crueles los hados con los poetas que aún siendo del todo miserables no encuentran ni pan ni compasión? La miseria con su rostro patético se distingue desde un cuarto de milla. Siempre están a la orden de los poetas el llanto, los suspiros, el aburrimiento y un hambre... ¡qué hambre elocuente! Y en el bolsillo no tienen nada... ¡Pero por otro lado al finalizar su canto, grandes vivas!... ¡Grandes aplausos!... Y mientras tanto ¡ni un centavo! Pero seguro que este señor castellano será de mano generosa... Don Isidoro, alégrate, prepárate para la buena vida. Escena Tercera (Ginardo sale, cierra la puerta de la torre y descubriendo a Isidoro se acerca a él corriendo y gritando; luego llega Corradino) GINARDO ¿Quién eres?... ¿Qué quieres?... ¡Ah, ponte a salvo; qué aquí todo es peligro! ISIDORO ¿Y ahora dónde me escabullo? Pero ¿por qué tengo de huir? GINARDO Si Corradino llega aquí de improviso, no te quedará más sangre en las venas, ISIDORO ¡Feliz noche! GINARDO ¡Ah, rápido, vete! ISIDORO ¿Pero cómo? ¿Si mis piernas bailan la furlana, y tengo el corazón enfermo? En vano lo intento... ¡Querría hacer mil millas y no puedo moverme!... GINARDO ¡Rápido, por caridad! ISIDORO ¡Me voy!... ¡Sí, ya me voy! GINARDO Ya es tarde. ¡Aquí llega Corradino! ISIDORO ¡Ay de mí! Quisiera echar a volar como el viento, pero las fuerzas me abandonan... ¡me desmayo! (En el momento en que Isidoro, temblando, intenta huir, aparece en la escalera Corradino armado con lanza y escudo, con cuatro soldados) CORRADINO ¡Alma criminal! ¿Por qué corres? Huyes en vano de mi ira. Mi cólera debes experimentar y caer desangrado a mis pies. ¡No puedo contenerme, no puedo! ISIDORO Yo... señor... CORRADINO ¡Calla! GINARDO ¡Calla! ISIDORO Decir... querría... que... CORRADINO ¡Silencio! GINARDO Silencio! CORRADINO El hablar también es delito para quien está ante mi presencia. GINARDO El decreto allí está escrito. ¡No hay esperanza, no, ya no hay! ISIDORO ¡Tiemblo!... ¡Ay de mí! ¡Estoy acabado! ¿Quién me presta unas alas? CORRADINO Dime, ¿quién eres? ISIDORO Don Isidoro. CORRADINO ¡Ése es un nombre delicado, afeminado! ISIDORO Durante sesenta años lo he llevado, pero si usted quiere lo cambiaré. CORRADINO ¿A qué te dedicas? ISIDORO Soy poeta. Lo puede leer escrito en mi frente... ¡Soy un nuevo Anacreonte! CORRADINO ¿Y por qué has venido a verme? ISIDORO En tu honor vengo a cantar sonetos, o acaso algunas otras canciones. CORRADINO ¡No soporto las adulaciones! ISIDORO Quiero cantar sus bellezas... CORRADINO (con cólera) ¿Mis bellezas? GINARDO ¡Qué dices! ISIDORO (confuso) Sus bestialidades... GINARDO ¡Adiós cabeza! CORRADINO (embistiendo a Isidoro con la lanza) Ya no puedo refrenar mi furia, ¡con mis propias manos te mataré! GINARDO Pagarás con sangre el castigo de tu necio desatino. ISIDORO ¡Ay, deteneos, señor mío! Un poco más querría vivir. CORRADINO (en actitud de dar el lanzazo) ¡Muere! ISIDORO ¡Ah, no! Escena cuarta (Aliprando desde la escalera) ALIPRANDO ¡Eh, detente! Impío honor es tener un corazón feroz. Suspende el golpe atroz y que la piedad sonría en tu pecho. Hermosa es la ira en el campo de batalla, bajo el brillo de las espadas; pero atacar a un cobarde indefenso es demasiada crueldad. CORRADINO (para sí mismo) Ardo de ira y él intenta vanamente salvarlo. Seguro que ese cobarde impío ha tramado alguna oscura iniquidad. GINARDO (para sí) ¡Ay, no sé si encontrará salvación! Viene el trueno seguido del relámpago. Desdichado este infeliz, pues aquí caerá víctima. ISIDORO (para sí) Sería un milagro si me salvo... He visto en el aire un relámpago que acabará con mi piel acribillada en el suelo. CORRADINO (tomando a Aliprando y forzándolo a que observe a Isidoro) Doctor, mire ese rostro deforme. Es un asesino o un espía. ISIDORO ¡Ah, es mejor no hablar de fisonomía! CORRADINO ¿Y?... GINARDO ¿Y?... CORRADINO, GINARDO ¡Conteste! ISIDORO Así, así, son las cosas... Entre usted; entre él y yo... Un rostro agraciado no se puede encontrar. CORRADINO ¡Bellaco!... ¡Encadenadlo! (Un soldado encadena a Isidoro) ISIDORO ¡Perdón! CORRADINO ¡No escucho!... ¡Arrojadlo a la cárcel! ALIPRANDO ¡Piedad! CORRADINO ¡No hay piedad! No, de ti no me fío... Tú lloras y yo me río... ¿Quién sabe qué negra insidia viniste a tramar aquí? Con esa cara de idiota haces que mi corazón te desprecie. ISIDORO Creí salvarme de la peligrosa mar saltando feliz a la playa; pero un repentino remolino ya me arrastra a la mar. ALIPRANDO (a Isidoro) Me das pena... No, no lo dudes, dejémoslo rugir y desahogarse... ¡Yo te sabré salvar! GINARDO ¡Vamos, camina!... ¿Qué haces? ¡Deprisa!... En una profunda cárcel vas a veranear. (bruscamente) ¡Rápido, a la cárcel! ISIDORO (discutiendo con Ginardo, que lo aferra) ¡Voy!... ¡Voy!... ¡Ya voy!... ¿Por qué tanta prisa? Después de que he venido esforzándome para satisfacer mis ansias de fama, - más valdría decir de hambre - Si prisionero debo andar cargado de cadenas, lo quiero hacer a mi manera CORRADINO (volviéndose de repente, feroz) ¡Rápido!... ¿Aún estáis aquí? No estaré tranquilo hasta que no lo vea en prisión. ISIDORO Alteza serenísima, tiene usted toda la razón. (sale con dos soldados y Ginardo) ALIPRANDO Príncipe, el ilustre Shabran, muerto en batalla, os encomendó sobre el lecho de la gloria a su joven hija, Matilde. Ella ha pedido que usted le haga el honor de permitir venir al castillo. CORRADINO Que venga. El padre fue un valiente campeón. Una espléndida alcoba prepárale, querido doctor. Pero que se abstenga de presentarse ante mí, sin una orden expresa de mi parte. ¿Oíste? ALIPRANDO Lo oí. (para sí) Está ebrio, o loco. (sale del castillo) GINARDO (volviendo) Príncipe, al hijo prisionero de don Raimundo lo visité al amanecer, tal y como me ordenasteis. Inmerso en un mar de lágrimas lo encontré. Quizás su corazón haya cedido... CORRADINO ¡Tráelo a mi presencia! (Ginardo abre la torre y entra) Finalmente ese soberbio, que osó negarme el paso, está en mis manos. Deseo verlo caer a mis pies arrepentido arrastrando su descabellado orgullo. Escena Quinta (Ginardo conduce a Eduardo encadenado, lo deja con Corradino y luego entra en el palacio) EDUARDO ¡Aquí estoy! CORRADINO ¿Qué decidiste? EDUARDO ¡Despreciarte por siempre! CORRADINO ¡Ah, qué audacia! EDUARDO ¡Qué loco delirio! CORRADINO Sabes que yo soy el fatal Corazón de Hierro; sin embargo, si te postras a mis pies, verás finalizar todas las angustias de tu esclavitud EDUARDO ¡Qué me incline ante ti!... ¡Cuánto te engañas! Lloran mis ojos, es verdad, pero no lloran por vileza. Es cierto que soy tu prisionero, pero todavía te desprecio. Estas cadenas aferran mis manos, pero no hacen esclavo a mi corazón. Mi corazón se desangra con lágrimas de dolor al pensar en mi amado padre. No, vil no soy, ni busco perdón. Suspira mi alma por amor y por piedad. Es cierto que sufro, pero sin vileza. CORRADINO Si entre los paternales brazos tú deseas regresar, el camino ya conoces. Reconóceme como tu vencedor. EDUARDO No compro a ese precio mi felicidad. ¿Tú, vencedor, que con armadura y escudo, sobre mí hiciste brillar tu espada mientras que yo sólo te opuse mi pecho? ¿Quién es más grande entre nosotros? ¿Hablas tú de valor, hombre feroz? ¿Tú que me desafías por una causa injusta y tienes en el pecho sólo crueldad? CORRADINO ¡Mientes!... ¡Ginardo! ¡Quítale los cepos! (Ginardo acude, y hace señas a un guardia para que quite las cadenas a Eduardo) Dame tu palabra de caballero y el castillo tu prisión será, puesto que no quieres postrarte ante el vencedor de tantos héroes. EDUARDO Del don que me haces no abusaré. El llanto por mi padre me oprime de dolor, nada cambiará para mí. (entra en el castillo) GINARDO ¡Señor, por el sendero del bosque llega Matilde de Shabran con tu médico! CORRADINO Evitemos a un sexo traicionero, que debilita la virtud. Esposo y dinero, yo le daré. De su padre quiero cumplir la última voluntad; pero mujer y valentía juntos no van. (entra en el castillo seguido por los soldados) GINARDO Se hace el arrogante mientras que Amor duerme; pero si se despierta, y todos los saben por experiencia, el tener un corazón de hierro de nada le servirá. (entra siguiendo a Corradino) Escena Sexta (Magnífica galería en el palacio de Corradino, adornada con estatuas de antiguos paladines. Matilde entran con Aliprando) MATILDE Caprichos, melindres, suspiros, encantos, silencios elocuentes, artificios muy sublimes, como los que Armida inventó o un poeta soñó, tengo yo en tal cantidad... que Corradino se doblegará y a mis pies se postrará, llorará, suspirará y en mi esclavo se transformará. ALIPRANDO Amenazas, ferocidad, furia, extravagancias, decretos caprichosos, horrorosos terrores, como los que un oso provoca o un demonio hace soñar, tiene en tal cantidad... que Corradino resistirá, y pensará en azotarte, bramará, se enfurecerá, y de espanto te estremecerá. MATILDE ¡Me haces reír! ALIPRANDO Cuán feroz es, tú no lo sabes. Él es un hombre distinto a los otros. MATILDE Yo soy mujer y eso basta. ALIPRANDO ¡Ay, muchacha, te apuesto que mucho tendrás que esforzarte! MATILDE Si mi plan tiene éxito, lo veré hocicar. (contorneándose) ¿Qué te parezco? ALIPRANDO Muy graciosa. MATILDE ¿El color? ALIPRANDO Es el de una rosa. MATILDE ¿Mis labios? ALIPRANDO Son rubíes. MATILDE ¿Y estos ojos? ALIPRANDO ¡Malandrines! MATILDE ¿Mis pies? ALIPRANDO ¡Ay, benditos son! MATILDE ¿Y toda mi persona? ALIPRANDO Un ídolo. MATILDE ¿La sonrisa? ALIPRANDO Encantadora. MATILDE ¿Mi llanto? ALIPRANDO Parte el corazón. MATILDE ¿Y todo eso no es suficiente? ALIPRANDO Todavía no. ¡Ah, la naturaleza lo dotó de un corazón de hierro! MATILDE Mi querido medicucho, yo tengo un secreto y triunfaré. ALIPRANDO (para sí) ¡Ah, ya me parece ver a ese airado corazón armarse de desprecio y de cólera arder! (a Matilde) Entonces, ¡oh, guerrera! corre al combate, corre a triunfar. MATILDE (para sí) ¡Ah, ya me parece ver a ese airado corazón vencido por mi desprecio y suspirando de amor! (a Aliprando) Paso a la gran guerrera: ¡vuelo a triunfar! ALIPRANDO Sí, graciosa Matilde, a ti confío la cabeza de Corradino. A su cerebro el Etna y el Mongibello le han prestado los humos. Extravagantes tiene las ideas y alocadas las costumbres. No sabe qué es el amor, aparenta ser un caníbal y tiene un corazón de bronce. La sola idea de una mujer le repugna. MATILDE Es decir, ¡que este hombre es un bestia! Sin amor... ¿Y todavía vive? ¿Cómo lo consigue? Yo, en verdad, no lo creo. Pero tú, querido doctor, ¿cómo soportas a este loco que me has descrito? ALIPRANDO Te diré: siempre habla, suspira y casi sueña con guerras, batallas, armas y estragos; furor y matanzas; persecuciones y combates; arrasar pueblos y naciones, por montañas, por valles y bosques, por grutas, como soñaba el difunto don Quijote; pero si le duele la cabeza, o si toma un resfriado, se convierte en un perrito faldero y corre a ver al doctor. MATILDE ¿Y entonces? ALIPRANDO Y entonces aprovecho el feliz momento y lo someto a mi voluntad, o al menos lo intento... Ahora confío en ti. MATILDE Ya verás. Escena Séptima (entra Ginardo) GINARDO Doctor, preveo un gran problema. Con evidente ira y muy orgullosa viene la Condesa de Arco. Ella ha sabido sobre la llegada de Matilde. Escupe veneno, quiere verla, injuriarla, y del castillo expulsarla. MATILDE ¿A Matilde Shabran?... Pero ¿quién es ésa? ALIPRANDO Es una condesa colérica por naturaleza, que fue prometida como esposa a Corradino para terminar con una guerra. Corradino accedió y se retiró al instante a causa de su horror inevitable al sexo femenino. Se acordó entonces entre las familias que, en compensación, él no tomaría otra esposa que no fuera esta loca endemoniada. MATILDE Mientras a todos se lo niega, ¿a ella le concede libertad de movimiento? ALIPRANDO Corradino considera eso un desprecio, y no un favor. GINARDO (Mirando hacia la puerta) La oigo llegar. ALIPRANDO Parece un trueno de Marte. GINARDO No tema. ALIPRANDO Aquí estoy yo. GINARDO Aquí estoy yo. MATILDE ¿Temer?... ¿Y por qué? ¡Que venga y tendrá que vérselas conmigo! Escena Octava (Entra la condesa y luego Corradino con seis guardias) CONDESA (entrando y mirando a Matilde con desprecio) ¿Es ésta la diosa?... ¡Qué semblante! ¡Pobre desgraciada! MATILDE Despacio... me ensordeces. ¡Habla más bajo! ALIPRANDO Desde lejos el trueno ya se escucha. GINARDO Ya estalla la tormenta. CONDESA, MATILDE Miradla... ¡Ah, es ridícula! La hizo la naturaleza... ¡y luego se arrepintió! GINARDO, ALIPRANDO (para sí) Se miran y se amenazan. ¡Qué gestos! ¡Qué apariencia! Mucho me temo que esto no acabará bien. CONDESA ¿Quizás es a ella a quien urge volar a lo alto? MATILDE ¿Quizás es ella quien teme venirse abajo? CONDESA, MATILDE ¡Ja, ja! ¡Me da risa; y compasión me provoca! A la Venus de este siglo, quién quiera verla, allí la tiene. GINARDO, ALIPRANDO (tratan de hacerlas callar) ¡Por favor, no hagan escándalo, o váyanse de aquí! ¡Péguense, aráñense; pero en silencio, por piedad! CORRADINO (entrando por el centro seguido de soldados que permanecen en el fondo) ¿Qué estrépito es éste? ¿Dos mujeres aquí? ¡Mis leyes ya las conocéis! ¿Quién osó violarlas? CONDESA Sabes, Corradin, que te amo. Me diste tu palabra, pero de esta recién llegada ya empiezo a sospechar. CORRADINO (a Matilde con furia y desprecio) ¡Eh, tú, mujer! MATILDE ¿Hombre, qué quieres? CORRADINO ¡Qué altanera! MATILDE ¡Qué villano! Ven a besar mi mano... Trátame cortésmente. CORRADINO (con rabia) ¡Ginardo! ¡Rápido, los cepos! ¡Átala con cadenas! MATILDE ¡Bufón! No hagas escenas y ven a rendirme pleitesía. CORRADINO ¿Así osas hablarme?... ¿Quién eres? MATILDE (con energía, pero no sin capricho) Soy mujer, y todo he dicho. Tenme respeto, o te lo haré pagar. CONDESA ¿Y no la haces decapitar? GINARDO, ALIPRANDO Se complica mucho la situación. CORRADINO ¡No sé cómo me contengo! (admirado de sí mismo, mirándola siempre) Inmovilizado por el estupor, un desconocido hechizo experimento. Busco en vano dentro de mí y yo mismo no me reconozco. Se transforma mi alma, noto que mi corazón está cambiando. MATILDE, GINARDO, ALIPRANDO Inmovilizado por el estupor, una desconocida fascinación experimenta. En vano indaga dentro de sí y él mismo no se reconoce. Se transforma su alma y nota que su corazón está cambiando. CONDESA Oprimida por las sospechas mi furia va en aumento. Busco calmarme, pero la calma no encuentro. Siento arder mi alma y en el corazón mil furias. Señor, ¿me voy o me quedo? CORRADINO (con frío desprecio) Me da lo mismo. (a Matilde) Ven a pedirme perdón. MATILDE Al contrario, ¡pídemelo tú a mí! CORRADINO ¿Yo a ti?... (a Ginardo) ¡Las cadenas! GINARDO (disponiéndose a salir) ¡Voy volando! CORRADINO ¡Detente!... sí... no... MATILDE (con coquetería) ¡Adelante!... ¡Ven, encadéname!... La mano... el cuello... el pie... CONDESA ¡Descarada! GINARDO ¡Audaz! CORRADINO ¡Silencio! ALIPRANDO Demasiado es su atrevimiento. CORRADINO ¡Cállate! (después de meditar un instante, entrega a Matilde a Aliprando) Queda bajo tu custodia. ¡Respondes de ella con tu vida! MATILDE (en voz baja, de modo que el médico la oiga, mientras que Corradino se pasea ansioso) Él teme que yo huya. El pájaro ya está en la jaula. En un débil furor ha finalizado su ira. Con tiempo, y poco a poco, se avivará el fuego. (para sí) Me mira a hurtadillas y suspira como un demente. ¡Oh, qué ridículo es! El amor ya lo desquicia, el amor le carcome el corazón, el amor lo ha atrapado. Como no lo aten pronto, terminará en el manicomio. CORRADINO (para sí) No entiendo nada. Suspiro como un loco; me laten las arterias; la cabeza me da vueltas; mi pecho parece un fuelle; siento en la sangre una tempestad; y mi celebro trastornado ya no sabe qué pensar. GINARDO, ALIPRANDO (para sí) La mira a hurtadillas, y como un loco suspira. La erupción del Vesubio le va a estallar en la cabeza. En el pecho tiene un timbal que golpea sin cesar. Tiembla, vacila y palpita, ya está loco de amor. CONDESA (para sí) La mira a hurtadillas y como un loco suspira. La erupción del Vesubio le va a estallar en la cabeza. En el pecho tiene un timbal que golpea sin cesar. Los celos me desgarran, pero mi corazón venganza obtendrá. (Corradino sale con los guardias seguido por Aliprando) Escena Novena (Matilde, la Condesa y Ginardo) CONDESA ¡A la Condesa de Arco semejante ultraje! Espíritus de mis antepasados ¡ah! inspiradme contra esta mujerzuela, alborotadora y terrible, una cruel venganza. MATILDE No molestes a los antepasados, muchacha. No te servirá de nada. Se requiere mucho más que gente muerta para obtener la victoria. Yo estoy dispuesta a todo y mía será la gloria. CONDESA Juro por los quince siglos de mi nobleza... MATILDE Juro por mi decidida voluntad... GINARDO Juro por las rejas y por todos los cerrojos de las doce torres... CONDESA ¡Que venceré! MATILDE ¡Que será derrotada! GINARDO ¡Que al calabozo irán las dos! CONDESA ¡De Corradino yo seré la esposa! MATILDE Quizás sí, quizás no. CONDESA ¡Soy toda fuego! MATILDE ¡Y yo soy toda hielo! GINARDO ¡Cállense! ¡Un poco de calma, por favor! CONDESA Yo soy un verdadero ejemplo de prudencia. ¡Adiós, infeliz! (sale) MATILDE ¡Maldad, disfrazada de honradez! (sale) GINARDO ¡Oh, qué día! (sale) Escena Décima (Guardias, luego Corradino y Aliprando) CORO I ¿Qué nos han dicho? CORO II ¡Parece un sueño! TODO EL CORO ¡Lo que logra una mujer! ¡Al señor, pobrecito, el cerebro se le trastornó! Orgulloso, sarcástico y muy altanero, se reía del amor. Pero todos los héroes, al igual que nosotros, finalmente han de caer. Ved si no a ese loco. CORRADINO Corradino, ¿qué te sucede? En un instante mi corazón se transformó. Serpenteando por mis venas corre un torrente de fuego y hielo al mismo tiempo. ¿Quién vence al vencedor de los vencedores? ¿Quién lo derriba en tierra? ¡Id a buscar a Aliprando, pues no aguanto más! Me siento morir. ¡Rápido, Aliprando! ALIPRANDO (para sí) El león tiene fiebre. (a Corradino) ¡Ah, mi señor! CORRADINO ¡Rápido, rápido, doctor! ¡Siéntate aquí!... ¡Sienta aquí!... (le hace auscultar el pulso y el corazón) Todas las arterias me estallan... En el pecho tengo un frenesí... un incendio... un hielo... en vano intento tomar aire. ¡Aliprando!... ¡Aliprando!... ¡Estoy enfermo! ALIPRANDO (para sí) Mucho mejor para nosotros. CORRADINO Pero ¿usted no dice nada? ALIPRANDO ¿Qué quiere de mí? CORRADINO Qué me cure. ALIPRANDO ¿De qué mal? CORRADINO No sé. Sufro, sufro mucho, no sé que más decirle. ALIPRANDO Lo comprendo. ¡Respetable señor! Terrible, fatal e indecible es el mal, el mal horroroso, que sobre su corazón ha caído. CORRADINO ¡Explíquese! ¿Cómo se llama el mal que me oprime el corazón? ALIPRANDO Es el terror de los mortales. Es "mal de amor" CORRADINO ¡De amor! ALIPRANDO Sí alteza, un mal profundo, y tan antiguo como el mundo. CORRADINO ¡De amor! ¿Y es un mal muy grave? ALIPRANDO Si usted desea conocer la historia, escúcheme. Un día Júpiter, bramando de cólera por las faltas de los mortales causa de todos los males, quiso al mundo sosegar. Tomó hielo, tomó fuego, azufre, arsénico y espanto, mucho dolor, un poco de felicidad, el suspiro, la palpitación, y creó el mal de amor, dejándolo caer sobre los hombres. La fiebre y la cuartana, y todos los males, hasta el más rebelde, se quitaron el sombrero y al amor dieron la bienvenida. Todos ellos dijeron en voz baja: ante él no sirve ni la sangría ni la tinta china, no existe una medicina que lo pueda curar. Lo precede la esperanza, el temor lo acompaña, siempre hace temblar, a todos hace gemir y delirando, a menudo por él se muere. Por él Hércules fue visto hilar como una mujer. Él hizo gorgoritear a Aquiles con corsé y falda. Troya se convirtió en cenizas y Persépolis se derrumbó... Usted me da lástima, pobre señor mío, pues este mal de amor yo no sé curar. Es una enfermedad que hace a los cerebros dar vueltas y vueltas, y finalmente, hace que el hombre termine totalmente loco. Escena Undécima (Corradino solo, luego un guardia, después Isidoro entre seis solados) CORRADINO ¿Amor?... No es posible. ¡Debe ser un hechizo! ¿Y quién será el nigromante que lo produjo? ¡Ay, sí... él!... Ese tal Isidoro. ¡Guardias traedme a ése que fue arrestado esta mañana! Su rostro es el espejo de su corazón. ¡El de la brujería! ISIDORO (Isidoro avanza tembloroso; pero al ver a Corradino disimula. Para sí.) Ríe... Eso es bueno. CORRADINO ¡Mira aquí! ISIDORO ¿Dónde? CORRADINO Observa mis ojos: ¿Ves algo? ISIDORO ¿En los ojos?... No sé... ¿Y qué tengo que ver? CORRADINO Una traición. ISIDORO ¿Dentro de los ojos? CORRADINO ¡Sí, mira! Es obra tuya. ISIDORO ¿Qué cosa? CORRADINO Esas llamaradas que queman mi pecho. ISIDORO ¿Obra mía?... CORRADINO Sin embargo, ¡mis tesoros serán tuyos!... Piastras y doblones te lloverán alrededor. ISIDORO No los derroche señor. CORRADINO Pero ¿dime, cuéntame? ¿Quién te envió? ¿De quién me viene este golpe? ¿Y cómo lo has hecho? Si no hablas, diez de mis perros te despedazarán y sobre las llagas haré verter azufre hirviente: ¿oíste? ISIDORO Oí; pero no entiendo. CORRADINO ¿Todavía te resistes? ISIDORO Yo no. CORRADINO Pues ¡explícame! ISIDORO Pero... ¿qué? CORRADINO ¡No te hagas el loco! ISIDORO (para sí) ¡Mira quién habla! Él está completamente desquiciado... CORRADINO ¡Guardias, aquí! (Los soldados con sus lanzas envisten a Isidoro) ¡Preparad vuestras lanzas y matad a este nigromante cuando yo dé la orden! ISIDORO ¡Misericordia!... ¡Nigromante!... Alteza... CORRADINO ¡O me salvas, o eres hombre muerto! ISIDORO ¡Lo salvaré!... ¿Qué mal os aqueja? CORRADINO ¡Amor! ISIDORO ¡Qué gran mal! Hubiera sido preferible una gripe. Escena Duodécima (Ginardo y los antedichos, luego Matilde) GINARDO Alteza, inmersa en doloroso llanto, Matilde de Shabran pide hablar con usted. CORRADINO ¡Matilde!... ¿Y llora? GINARDO Ante su copioso llanto lloraría también el doctor; pero temo enojaros... CORRADINO ¡Ay, médico tirano! ¿Acaso soy un monstruo? ISIDORO (para sí) Casi, casi. CORRADINO Que venga... Que venga Matilde. GINARDO Pero ella teme que, a pesar de todo, no obtenga vuestro perdón. CORRADINO (vuelve a empuñar la lanza y el escudo) Lo obtendrá... ¡qué venga! ISIDORO (para sí) ¡Y el nigromante soy yo! CORRADINO (a Isidoro) Ahora... ¡piensa en cómo curarme! ISIDORO En eso pienso. CORRADINO ¿Y crees que recuperaré mi salud pronto? ISIDORO Basta con aplicar mi ciencia. MATILDE (avanzando temblorosa y llorando; pero con gracia) Señor, os ofendí: es verdad. Puede ver el dolor reflejado en mis ojos... CORRADINO ¿Lloras? MATILDE ¿Y cómo detener mi llanto? Mi alma soñó con una sonrisa... un néctar... un hechizo; pero la huérfana de Shabran... Matilde, es digna de lástima... todo fue un sueño. CORRADINO ¿Y qué soñaste? MATILDE ¡Ay, no! CORRADINO Te lo ordeno: habla. ISIDORO (para sí) ¡Ya lo creo que hablará! MATILDE Las armas, los trofeos, los soldados, el aire marcial que aquí se respira, inflamaron en mi pecho el corazón. Os vi a vos... ¡Ay, ojalá nunca hubiera visto esta imagen fatal!... Alteza ¡ay! no, no os ofendáis. La culpa es de los dioses que imprimieron en vuestro rostro un no sé qué de grandeza, que arrebata, que seduce y enamora... ¡Ay!... ¿Qué he dicho? CORRADINO ¡Ah! continúa... MATILDE No: no puedo. (se desvanece) ¡Adiós para siempre! Todo fue un sueño... CORRADINO ¡No, detente! ¿Ginardo? (al volverse ve a Isidoro) ¿Éste que hace aquí? ISIDORO Estoy de centinela. CORRADINO ¡Llevadlo de nuevo a la cárcel! GINARDO (llamando) ¡Guardias! CORRADINO ¡Ve tú mismo y vigílalo! GINARDO ¡Vamos! (en voz baja a Isidoro) Quedémonos a observar. (para sí) ¡Ah, Corazón de Hierro, te veo en gran riesgo! ISIDORO (En voz baja, a Ginardo) Veremos la comedia de "El mirlo al muérdago" (Ambos permanecen ocultos tras una columna) Escena Decimotercera (Corradino y Matilde; Ginardo e Isidoro ocultos) CORRADINO (para sí, con total incertidumbre) Es necesario tomar una decisión. Conviene despedirla. Ante cada palabra suya siento que miles de espadas me traspasan. MATILDE (para sí, riéndose a escondidas) ¡Pobre tonto! En menos de un cuarto de ahora te quiero sometido. CORRADINO (tembloroso) Matilde... (para sí) ¡Ay! Me falta coraje. ISIDORO (en voz baja, con exagerada lástima) ¡Pobre hombre! Lo veo, y no lo creo. GINARDO (a Isidoro, poniéndole la mano sobre la boca) ¡Calla! CORRADINO (confuso y agitado) Tú... Es decir... quiero decir... yo... (para sí) ¡Qué situación tan horrorosa! Porque... MATILDE No, no; ¡Callad!... Os entiendo... (con exagerada desesperación) ¡Ay, entiendo, no digáis más! Todo lo entiendo... ¿Qué haré? Aún callado, me fulmináis. ¿De verdad lo deseáis?... Entonces me marcharé. CORRADINO (indeciso) No te vayas... ¡Sí, vete, vuela! No... ¡Sí, parte!... ¡Detente! (para sí) ¡Ah, si se queda, el corazón me arrebatará! (a Matilde) ¡Corre, huye lejos de mí! ISIDORO (para sí) Los sentimientos de su corazón lo están atormentando. GINARDO (para sí) El tormento del amor partirá su corazón en dos. MATILDE ¡Así pues, adiós!... ¡Por siempre adiós! Un frío mortal envuelve mi corazón. (besa llorando la mano a Corradino) Esta mano, que a los fuertes derriba, con mi llanto yo quiero regar. CORRADINO ¡Cielos, estás llorando!... ¿Tú?... ¡Qué sorpresa! ¡No te vayas, ay, no, quédate! El alma, el sentido, el corazón y la cabeza siento que se derrumban. (para sí) Por un nuevo hechizo de ese llanto siento mi alma resplandecer. MATILDE (para sí) Por el nuevo hechizo de mi llanto está próximo a enloquecer. GINARDO, ISIDORO (para sí) Ha quedado tan quebrantado por ese llanto que está próximo a enloquecer. CORRADINO ¡Querida, tu semblante pone mi alma en las brasas! MATILDE Sois muy atrevido. Paciencia, poco a poco. CORRADINO Pero... MATILDE ¿Con la espada y la lanza (en sus manos) me queréis hablar de amor? CORRADINO (arroja la espada y la lanza) Una sola orden tuya basta. Los héroes también aman. MATILDE Apartaos un poco... Temo que me lastiméis con esos hierros. CORRADINO (arroja el escudo) ¡Fuera!... MATILDE ¿Queréis saltarme un ojo con esas plumas que lleváis en el yelmo? CORRADINO (arroja el yelmo) ¡Fuera el yelmo!... GINARDO, ISIDORO (para sí) Quien quiera artimañas, aquí tiene para elegir. CORRADINO Merced te pido ¡oh, querida! GINARDO, ISIDORO (para sí) Ya va al galope. MATILDE Antes de amarme, quiero que sepa lo que pretendo, que no es mucho. CORRADINO (con entusiasmo) Conquistaré territorios. Aniquilaré los ejércitos... MATILDE Eso para mí no tiene valor. Amor, yo quiero amor, clemencia y humanidad. CORRADINO Habla, y tendrás lo que quieras, lo juro. Dame la mano. MATILDE Calma. Las mujeres no acostumbramos dar la mano así como así. CORRADINO ¿Cómo? MATILDE No sé. GINARDO, ISIDORO (para sí) ¡Qué zorra! CORRADINO Explícate... MATILDE No sabría... CORRADINO Pero... ¿quizás?... MATILDE (subiendo sobre el escudo y la lanza ) A mis pies... CORRADINO (se precipita a los pies de Matilde, que lo contempla y lo levanta) A tus pies ya estoy. MATILDE Matilde será tuya. MATILDE, CORRADINO Los dioses no pueden imaginar un placer igual a éste. Tú eres mi alma a ti solo/a quiero amar. GINARDO, ISIDORO Me río como un loco, el amor se burló de él. Si me río en silencio, reviento; contenerme ya no puedo. (aparecen para disfrutar de la escena, pero sorprendidos por un redoble de tambor huyen) Escena Decimocuarta (Corradino y Matilde; de inmediato Aliprando. Se escucha una campana y un imprevisto redoble de tambor) CORRADINO ¿Y ese fragor? ALIPRANDO Señor... (observando las armas de Corradino en el suelo) (para sí) ¡Qué veo! El Amor ha causado su efecto. CORRADINO ¡Habla!... ¡Dime!... ALIPRANDO (asombrado y maravillado. Para sí) No puedo creerlo. CORRADINO ¡Vamos!... ¿Quieres hablar? ALIPRANDO ¡Ah, señor, señor corra! Viene el padre de Eduardo a la cabeza de sus hombres en busca de su hijo. CORRADINO ¿A buscar a su hijo?... ¡Oh, qué loco! ALIPRANDO ¡Ya está al pie de la colina! CORRADINO ¿Y los soldados? ALIPRANDO ¡Están dispuestos! CORRADINO A esos necios sabré hacerlos temblar. MATILDE Con mis propias manos quiero armarte. ALIPRANDO (para sí) ¡Cómo lo hizo caer! (Salen) Escena Última (Atrio del castillo) (Se oye el sonido de una marcha guerrera, y en el momento en que Eduardo vaga ansioso por la escena, salen los soldados marchando en silencio y se alinean en el fondo conducidos por Rodrigo) EDUARDO Dubitativo, ante el sonido guerrero suspiro y no me atrevo a preguntarme el por qué. Me hiela, me aterra, una fría sospecha. Palpita mi corazón y vacila mi pie. CORO, RODRIGO ¡Marchemos golpeando los escudos! ¡Volemos a la lucha! En los soberbios corazones hundamos la espada. ¡Corramos al campo de batalla a triunfar! EDUARDO Dubitativo, ante el sonido guerrero suspiro y no me atrevo a preguntar el por qué. Me hiela, me aterra, una fría sospecha. Palpita mi corazón y vacila mi pie. RODRIGO Marchemos, golpeando los escudos. ¡Volemos a la lucha! En los soberbios corazones hundamos la espada. ¡Corramos al campo de batalla a triunfar! EDUARDO Pero, díganme... CORO ¡Corramos! EDUARDO ¡Hablen! CORO ¡Marchemos! EDUARDO ¡Oigan! CORO ¡Golpeemos! EDUARDO ¿A dónde van?... CORO ¡A luchar! (Del castillo salen Corradino seguido por Matilde y un paje, que lleva las armas; enseguida Ginardo y Aliprando armados, tras de ellos Isidoro vestido con una vieja armadura, larga espada, bandera en mano, guitarra sobre los hombros, un rollo de papeles y un gran tintero con plumas para escribir; luego la Condesa.) GINARDO Alteza, mire... ALIPRANDO ¿Permitís que venga? GINARDO, ALIPRANDO En poeta de la corte se ha convertido ya. ISIDORO ¿Vuestro Isidoro, con gran riesgo y paso seguro, podrá acompañaros? La historia, las fugas, las derrotas, los desastres y las caídas escribiendo él irá. CONDESA (con afectación, a Corradino) ¡Ah, príncipe, qué pena! Mis ojos lloran... Temo al peligroso Marte. CORRADINO (primero a la Condesa, luego a Isidoro, luego a la Condesa y a Matilde y después a Eduardo) ¡Basta!... ¡Tú, ven!... ¡Qué fastidio!.. ¡Vida mía! ¡Oh, alegría infinita!... ¡Tu padre caerá! EDUARDO ¡Mi padre! ¡Oh, permite que corra a su lado! Me oprime la incertidumbre, me siento desfallecer. MATILDE (con inocente interés) ¡Ah, contempla su llanto!... CORRADINO (celoso) ¡Infiel!... ¿Tú lo amas? MATILDE (como antes) ¡Por su padre suspira!... CORRADINO (igual que antes) Me haces sospechar... CONDESA (para sí) ¡Celoso suspira!... Quiero vengarme... MATILDE, CONDESA, CORRADINO EDUARDO ISIDORO, GINARDO ALIPRANDO, RODRIGO ¡Oh, cómo ese/mi alma centellea en un momento! Como una tempestad se agita, ante la idea de una traición, por todas las venas siente/siento que se esparce un fuego y todo, poco a poco, me parece que se inflama. (Matilde pone el yelmo, el escudo y la espada a Corradino y le da la lanza.) MATILDE Ve, lucha y regresa triunfante; pero no te olvides de ser humanitario. Yo te armo con mis propias manos, y si quieres, corro al campo de batalla contigo. CORRADINO (a Matilde) Permanece aquí, dispón y manda. (como antes, en voz baja) ¡Ay de ti si piensas en traicionarme! Sabes quién soy... piensa en ello. (a Eduardo) Regresa a la torre. CONDESA (para sí) Él la ama... ¡La venganza me inflama! MATILDE (para sí) Los celos lo devoran... EDUARDO (para sí) ¡Quizás sea hoy el último día de mi padre! CONDESA, MATILDE EDUARDO, CORRADINO (para sí) Me hielo y a la vez ardo... ¡Estoy fuera de mí! TODOS EXCEPTO ISIDORO Cuando desde las laderas del monte baja el bullicioso torrente, si una piedra se opone a su ímpetu, queda rodeada por el remolino precipitándose hacia el valle. En el colmo de la ansiedad, frenético, el cerebro gira extraviado, salta, desfallece, se enfurece y delira; busca la calma; pero la calma no encuentra. No, la paz para él ya no existe. CORRADINO, GINARDO ALIPRANDO, CORO, RODRIGO ¿Por qué nos demoramos? ¡Corramos al combate! Mi/su indignación ya no tiene freno. Arrastrado como polvo en el viento el enemigo a sus/mis pies caerá. CONDESA, MATILDE, EDUARDO Lentamente un secreto tormento me va desgarrando el alma. Agitada como polvo por el viento mi cabeza ya no tiene descanso. ISIDORO (animando a los soldados y colocándolos en orden de marcha para ir a la batalla) ¡Derechos, altivos, valientes y aguerridos! Que fuertes como rocas alcancéis la gloria. Como canta el cantor de mayo, cantar quiero vuestra victoria. ¡Patatim, patatam, patatum! Estad prestos para golpear... Sea vuestra mano pesada e iracunda y no descuidaros las piernas. Que el morir sea la última cosa pues los muertos no huyen jamás. ¿Por qué nos demoramos? ¡Corramos al combate! Mi ardor no puedo refrenarlo. (en voz baja, para sí mismo) Pero llegado el caso de tener que correr, mis piernas, como el viento, no tienen rival. |