La Fuerza del Destino

 

Personajes

MARQUÉS

LEONOR

CURRA

DON ÁLVARO

DON CARLOS

TRABUCO

PRECIOSILLA

FRAY MELITÓN

PADRE GUARDIÁN

MÉDICO

El Marqués de Calatrava

Hija del Marqués

Sirvienta de Leonor.

Pretendiente de Leonor

Hermano de Leonor

Buhonero

Gitana

Monje Franciscano

             Del monasterio Franciscano      

Cirujano militar

Bajo

Soprano

Mezzosoprano

Tenor

Barítono

Tenor

            Mezzosoprano

Barítono

Bajo

Barítono

 

La acción se desarrolla en España e Italia hacia mediados del siglo XVII.

 

ATTO PRIMO                                     


(Siviglia. Castello di Marchese di Calatrava.
Una sala  tappezzata di damasco con ritratti
di famiglia ed arme gentilzie, addobbata nello
stile del secolo XVIII, pero in cattivo stato.
Di fronte, due finestre; quella a sinistra 
chiusa,  l'altra a destra aperta e 
praticabile, dalla quale si vede un cielo
purissimo, illuminato dalla luna, e cime 
d'alberi. Tra le finestre è un grande armadio
chiuso, contenente vesti, biancherie, ecc. 
Ognuna delle pareti laterali ha due porte. La
prima a destra dello spettatore è la comune;
la seconda mette a la stanza di Curra. A 
sinistra in fondo è l'appartamento del 
Marchese; più presso al proscenio qullo di 
Leonora. A mezza scena, alquanto a sinistra,
è un tavolino coperto da tappeto di damasco, 
e sopra il medesimo una chitarra, vasi di 
fiori, due candelabri d'argento accesi con 
paralumi, sola luce che schiarirà la sala. 
Un segglione presso il tavolino; un mobile
con sopra un oriolo fra le due porte a 
destra; altro mobile sopra il quale è il 
ritratto, tutta figura, del Marchese, 
appoggiato alla parete sinistra. La sala sarà
parapettata. Il Marchese di Calatrava, con 
lume in mano, sta congedandosi da Donna 
Leonora preoccupata. Curra viene dalla 
sinistra.)

MARCHESE 
(Abbracciandola con affetto)
Buona notte, mia figlia. Addio, diletta... 
Aperto ancora è quel veron.

(Va a chiuderlo)

LEONORA
(fra sè)
Oh, angoscia!

MARCHESE 
Nulla dice il tuo amor? 
Perchè si triste?

LEONORA 
Padre ... signor...

MARCHESE 
La pura aura de' campi 
pace al tuo cor donava. 
Fuggisti lo straniero di te indegno. 
A me lascia la cura dell'avvenir; 
nel padre tuo confida che t'ama tanto.

LEONORA 
Ah, padre!

MARCHESE 
Ebben, che t'ange? Non pianger.

LEONORA
(fra sè) 
Oh, rimorso!

MARCHESE 
Ti lascio.

LEONORA
(gettandosi con effusione 
tra le braccia del padre)
Ah, padre mio!

MARCHESE 
Ti benedica il cielo. Addio.

LEONORA 
Addio.

( Il Marchese bacia Leonora e va 
nelle sue stanze. Curra chiude la 
porta dietro il Marchese, e riviene 
a Leonora la quale piange)

CURRA 
Temea restasse qui fino a domani. 
Si riapre il veron. 
Tutto s'appronti, e andiamo.

(Toglie dall'armadio un sacco da 
notte in cui ripone biancherie e vesti)

LEONORA 
E si amoroso padre, 
avverso fia tanto ai voti miei? 
No, no, decidermi non so.

CURRA 
(Affaccendata)
Che dite?

LEONORA 
Quegli accenti nel cor, 
come pugnali scendevanmi. 
Se ancor restava,
appreso il ver gli avrei ...

CURRA
(smettendo il lavoro) 
Domani allor nel sangue 
suo saria Don Alvaro, 
od a Siviglia prigioniero, e forse 
al patibol poi!

LEONORA 
Taci.

CURRA 
E tutto questo 
perchè ei volle amar chi non l'amava.

LEONORA 
Io non amarlo? Tu ben sai s'io l'ami ... 
Patria, famiglia, padre 
per lui non abbandono? 
Ahi, troppo!... troppo sventurata sono!
Me, pellegrina ed orfana, 
Lungi dal patrio nido. 
Un fato inesorabile 
Sospinge a stranio lido; 
Colmo di triste immagini, 
Da' suoi rimorsi affranto. 
È il cor di questa misera 
Dannato a eterno pianto...
Ti lascio, ahimè, con lacrime, 
Dolce mia terra, addio; 
Ahimè, non avrà termine 
sì gran dolore! Addio.
Per me non avrà termine
sì gran dolore! Addio!
Dolce mia terra! Addio!
Ahimè, non avrà termine 
sì gran dolore! Addio.

CURRA 
M'aiuti, signorina... 
più presto andrem...

LEONORA 
S'ei non venisse? 

(Guarda l'orologio)

E tardi. Mezzanotte è suonata! 

(con gioia) 

Ah no, più non verrà!

CURRA 
Quale rumore!... 
Calpestio di cavalli!...

LEONORA 
(Corre al verone)
È desso!...

CURRA 
Era impossibili ch'ei non venisse!

LEONORA 
O Dio!

CURRA 
Bando al timore.

(Don Alvaro entra dal verone e si 
getta tra le braccia di Leonora)

ALVARO 
Ah, per sempre, o mio bell'angiol, 
Ne congiunge il cielo adesso! 
L'universo in questo amplesso 
Io mi veggo giubilar.

LEONORA 
Don Alvaro!

ALVARO 
Ciel, che t'agita?

LEONORA 
Presso è il giorno...

ALVARO 
Da lung'ora 
Mille inciampi tua dimora 
M'han vietato penetrar; 
Ma d'amor si puro e santo 
Nulla opporsi può all'incanto, 
E Dio stesso il nostro palpito 
In letizia tramutò. 

(a Curra)

Quelle vesti dal verone getta...

LEONORA
(a Curra) 
Arresta.

ALVARO
(a Curra) 
No, no...

(a Leonora)

Seguimi, 
Lascia omai la tua prigione.

LEONORA 
Ciel, risolvermi non so.

ALVARO 
Pronti destrieri di già ne attendono, 
Un sacerdote ne aspetta all'ara. 
Vieni, d'amore in sen ripara 
Che Dio dal ciel benedirà! 
E quando il sole, nume dell'India, 
Di mia regale stirpe signore, 
Il mondo inondi del suo splendore, 
Sposi, o diletta, ne troverà.

LEONORA 
È tarda l'ora.

ALVARO
(a Curra) 
Su, via, t'affretta.

LEONORA
(a Curra) 
Ancor sospendi.

ALVARO 
Eleonora!

LEONORA 
Diman...

ALVARO 
Che parli?

LEONORA 
Ten prego, aspetta.

ALVARO 
(Assai turbato)
Diman!

LEONORA 
Dimani si partirà. 
Anco una volta il padre mio, 
Povero padre, veder desio; 
E tu contento, gli è ver, ne sei? 
Sì, perché m'ami, nè opporti dei; 
Anch'io, tu il sai, t'amo io tanto! 
Ne son felice, oh cielo, quanto!

(Piange)

Gonfio di gioia ho il cor! Restiamo... 
Sì mio Alvaro, io t'amo, io t'amo!

(Il pianto la soffoca)

ALVARO 
Gonfio hai di gioia il core... 
e lagrimi! 
Come un sepolcro tua man è gelida! 
Tutto comprendo, tutto, signora!

LEONORA 
Alvaro! Alvaro!

ALVARO 
Eleonora! 
Io sol saprò soffrire. Tolga Iddio 
Che i passi miei per debolezza segua; 
Sciolgo i tuoi giuri. Le nuziali tede 
Sarebbero per noi segnal di morte 
Se tu, com'io, non m'ami... se pentita...

LEONORA 
(Interrompendolo)
Son tua, son tua col core e colla vita! 
Seguirti, fino agli ultimi 
Confini della terra; 
Con te sfidar, impavida 
Di rio destin, la guerra, 
Mi fia perenne gaudio 
D'eterea voluttà. 
Ti seguo. Andiam, 
Dividerci il fato non potrà.

ALVARO 
Sospiro, luce ed anima 
Di questo cor che t'ama. 
Finchè mi batte un palpito 
Far paga ogni tua brama 
Il solo ed immutabile 
Desio per me sarà. 
Mi segui. Andiam, 
Dividerci il fato non potrà.

LEONORA
Ti seguo. Andiam, dividerci
Ah no, il fato, no non potrà

ALVARO
Mi segui. Andiam, dividerci
Ah no, il fato, no non potrà

(S'avvicinano al verone, quando ad 
un tratto si sente a sinistra un 
aprire e chiuder di porte)

LEONORA 
Quale rumor!

CURRA
(ascoltando)
Ascendono le scale!

ALVARO 
Partiam...

LEONORA 
Partiam.

ALVARO E LEONORA 
Mi segui/Ti seguo. Andiam. 
Dividerci il fato non potrà.

(Presto s'avviano al verone)

LEONORA 
È tardi.

ALVARO 
Allor di calma è duopo.

CURRA 
Vergin santa!

LEONORA
(a Don Alvaro) 
Colà t'ascondi.

(Indicando la sua stanza)

ALVARO
(traendo una pistola) 
No. Difenderti degg'io.

LEONORA 
Ripon quell'arma. Contro al genitore 
Vorresti?...

ALVARO 
No, contro me stesso!

(Ripone la pistola)

LEONORA 
Orrore!

(Dopo vari colpi, apresi con istrepito 
la porta, ed il Marchese di Calatrava 
entra infuriato, brandendo una spada 
e seguito da due servi con lumi)

MARCHESE 
Vil seduttor! Infame figlia!

LEONORA
(correndo a suoi piedi) 
No, padre mio.

MARCHESE 
Io più nol sono.

ALVARO 
Il solo colpevole son io. 

(presentandogli il petto)

Ferite, vendicatevi.

MARCHESE 
(A Don Alvaro)
No, la condotta vostra 
Da troppo abbietta origine uscito vi dimostra.

ALVARO 
(Risentito)
Signor Marchese!

MARCHESE
(a Leonora) 
Scostati...

(ai servi)

S'arresti l'empio.

ALVARO
(cavando nuovamente la pistola
ai servi che retrocedono)
Guai se alcun di voi si muove.

LEONORA
(correndo a lui)
Alvaro, oh ciel, che fai?

ALVARO
(a Marchese) 
Cedo a voi sol, ferite.

MARCHESE 
Morir per mano mia! 
Per mano del carnefice 
Tal vita spenta sia!

ALVARO 
Signor di Calatrava! 
Pura siccome gli angeli 
È vostra figlia, il giuro; 
Reo sono io solo. Il dubbio 
Che l'ardir mio qui desta. 
Sì tolga colla vita. Eccomi inerme.

(Getta via la pistola che, cadendo 
al suolo scarica il colpo, e ferisce 
mortalmente il Marchese)

MARCHESE 
Io muoio!

ALVARO
(disperato) 
Arma funesta!

LEONORA
(correndo ai piedi del padre) 
Aita!

MARCHESE
(a Leonora) 
Lungi da me. 
Contamina tua vista la mia morte!

LEONORA 
Padre!

MARCHESE 
Ti maledico!

(Cade tra le braccia dei servi)

LEONORA 
Cielo, pietade!

ALVARO 
Oh, sorte!

(I servi portano il Marchese alle sue stanze,
mentre Don Alvaro trae seco verso 
il verone la sventurata Leonora) 

ACTO PRIMERO


(Sevilla. Castillo del marqués de Calatrava. 
Una habitación tapizada de damasco con paredes
llenas de retratos y escudos de armas, 
amueblada al estilo del siglo XVIII, pero en
mal estado. Al frente, a la  izquierda, una 
ventana cerrada. A la derecha otra abierta por
la que se ve un cielo purísimo y los rayos de 
la luna entrando, y, entre ambas, un gran 
armario cerrado, que contiene vestidos, 
lencería, etc. La habitación tiene cuatro 
puertas; la principal, al fondo a la derecha;
otra, en la misma pared, da a la habitación
de Curra; las dos de la pared de la izquierda
conducen a los aposentos de Doña Leonor y de 
su padre el marqués. En el centro de la 
escena, un poco a la izquierda, hay una
mesa cubierta de una mantel de damasco y 
sobre ella una guitarra, un jarrón con 
flores y dos candelabros de plata encendidos 
con pantalla, son la única luz que hay en 
la sala. Cerca de la mesa, un sillón. 
Un mueble con un reloj de péndulo entre 
las dos puertas a la derecha; otro mueble con
un retrato del marqués de pie, en la pared
de la izquierda. Fuera de la sala se ve un 
balcón. Es tarde. El marqués de Calatrava, con
una luz en la mano da, cariñosamente, las 
buenas noches a su hija Curra, la doncella,
viene por la izquierda)

MARQUÉS
(Abrazando con afecto a su hija)
Buenas noches, hija... adiós, cariño
¡Aún está abierta la ventana!...

(Va a cerrarla.)

LEONOR
(Para sí)
¡Oh, qué angustia!

MARQUÉS
¿Qué decías, amor?... 
¿Por qué estás triste?

LEONOR
Padre... señor...

MARQUÉS
El aire puro del campo 
llenará de paz tu corazón...
Escapaste de aquel extranjero indigno de ti...
Deja que me preocupe del futuro.
Confía en tu padre que tanto te ama.

LEONOR
¡Oh, padre!

MARQUÉS
Y bien, ¿qué te preocupa? No llores.

LEONOR
(para sí)
¡Qué remordimiento!

MARQUÉS
Te dejo.

LEONOR
(Arrojándose con efusión
a los brazos de su padre)
¡Ah, padre mío!

MARQUÉS
¡Que el cielo te bendiga... Adiós!

LEONOR
¡Adiós!

(El marqués besa a Leonor y sale
hacia su habitación. Curra cierra la 
puerta tras él, y vuelve hacia Leonor
que está llorando)

CURRA
¡Temía que se quedase hasta mañana!
Volveré a abrir la ventana
Todo está a punto, así que ¡vamos!

(Ella coge del armario un saco de viaje
y mete dentro vestidos y ropa blanca)

LEONOR
¿Un padre que tanto me ama
puede ser tan contrario a mis deseos?
No, no, no puedo decidirme.

CURRA
(muy agitada)
¿Qué decís?

LEONOR
Sus palabras se clavan como 
puñales en mi corazón. 
Si se queda más rato, 
le digo la verdad...

CURRA
(cesando sus ocupaciones)
Mañana, entonces, Don Álvaro
yacería ensangrentado
O tal vez prisionero en Sevilla, 
y quizá, después, enviado al patíbulo,

LEONOR
¡Calla!

CURRA
Y todo esto porque amó a alguien 
que no le amaba.

LEONOR
¿No amarle yo? ¡Bien sabes si le amo!
Patria, familia, padre, 
¿no los abandono por él?
¡Ay, demasiado! ¡Demasiado desgraciada soy!
Errabunda y huérfana, 
lejos del nido paterno,
un destino inexorable 
me lleva a extrañas riberas.
Repleto de tristes imágenes,
abatido por el remordimiento,
está el corazón de esta mísera
predestinado al eterno llanto...
¡Te dejo, ay de mí, ay de mí, con lágrimas
dulce patria mía! Adiós.
¡Ay de mí, ay de mí, no tendrá fin 
tan gran dolor! Adiós. 
¡Para mí, para mí no tendrá fin 
tan gran dolor! Adiós.
¡Te dejo, dulce patria mía! ¡Adiós!
¡Ay de mí, ay de mí, no tendrá fin 
tan gran dolor! Adiós. 

CURRA
Ayudadme, señora... 
Más deprisa iremos...

LEONOR
¿Y si no viniera?... 

(Mira el reloj de péndulo)

¡Ya es tarde! ¡Pasó la medianoche!

(Con alegría)

¡No, ya no vendrá!

CURRA
¡Cuánto ruido!... 
Pisadas de caballos...

LEONOR
(corre hacia el balcón)
¡Es él!...

CURRA
¡Era imposible que no viniera!

LEONOR
¡Oh, Dios mío!

CURRA
Desterrad todo temor.

(Don Álvaro entra por el balcón  
y se arroja en los brazos de Leonor.)

ÁLVARO
¡Ah! ¡Para siempre, mi bello ángel,
nos une en este momento el Cielo!
Con este abrazo, 
el universo se llena de alegría.

LEONOR
¡Don Álvaro!

ÁLVARO
¡Cielos! ¿Qué te inquieta?

LEONOR
Se acerca el día...

ÁLVARO
Hace rato 
que mil dificultades
me impiden entrar en tu casa.
Pero al amor, si es puro y santo,
nada puede oponérsele; 
y Dios, nuestros latidos,
en alegría ha mudado.

(a Curra)

Arroja esta capa por el balcón...

LEONOR
(a Curra)
¡Deténte!

ÁLVARO
(a Curra)
¡No, no!...

(A Leonor)

¡Sígueme!
Abandona tu prisión...

LEONOR
¡Cielos! No puedo decidirme.

ÁLVARO
Rápidos corceles nos esperan:
un sacerdote aguarda ante el altar...
¡Ven, refúgiate en el regazo del amor,
que Dios desde el cielo nos bendecirá!
Y cuando el sol, deidad de la India,
señor de mi real estirpe,
inunde el mundo con su esplendor,
desposados, oh amada mía, nos encontrará.

LEONOR
Se hace tarde...

ÁLVARO
(a Curra)
¡Rápido, apresúrate!

LEONOR
(a Curra)
Espera un poco.

ÁLVARO
¡Leonor!

LEONOR
Mañana...

ÁLVARO
¿Qué dices?

LEONOR
Te lo suplico, espera.

ÁLVARO
(Muy contrariado)
¿Mañana?

LEONOR
Mañana marcharemos. 
Una vez más a mi padre, 
pobre padre, deseo ver; 
te alegras de ello... ¿no es verdad?
Sí, porque me amas... no debes oponerte...
También yo, bien lo sabes... ¡te amo tanto!
¡Soy feliz!... ¡Oh cielos, y cuánto!...

(Llora)

¡Mi corazón rebosa de alegría! Quedémonos...
¡Sí, Álvaro mío, te amo!... ¡Te amo!...

(El llanto la ahoga)

ÁLVARO
¡Lleno de alegría... 
y lágrimas está tu corazón!
¡Tu mano está tan fría como el sepulcro!
Lo entiendo todo... todo, señora...

LEONOR
¡Álvaro! ¡Álvaro!

ÁLVARO
¡Leonor! 
Sufriré en soledad. No quiera Dios
que sigas mis pasos por flaqueza.
Te libero de tu juramento. La antorcha nupcial
sería para nosotros señal de muerte.
Si no me amas como yo; si, arrepentida...

LEONOR
(interrumpiéndolo)
Soy tuya, tuyos mi corazón y mi vida.
¡Ah! ¡Seguirte hasta el último 
confín de la tierra;
desafiar contigo sin miedo, 
el cruel destino de la guerra,
se me antoja gozo perenne 
de etérea voluptuosidad!
Te sigo... Vayamos,
separarnos el Destino, no, no, no podrá.

ÁLVARO
Suspiro, luz y alma 
de este corazón que te ama.
Mientras me quede un soplo de vida,
complacer tus anhelos 
será para mi 
el solo y único deseo.
Sígueme... Vayamos,
Separarnos el destino, no, no, no podrá.

LEONOR
Te sigo, Vayamos,
separarnos el destino, no, no, no podrá

ÁLVARO
Sígueme... Vayamos,
separarnos el destino, no, no, no podrá.

(Se dirigen hacia la terraza, cuando
al cabo de un rato a la izquierda
se oye un abrir y cerrar de puertas )

LEONOR
¿Qué ruidos son ésos?...

CURRA
(escuchando)
¡Alguien sube por la escalera!

ALVARO 
¡Vámonos!

LEONOR
¡Vámonos!

ÁLVARO Y LEONOR
Te sigo / Sígueme. Vayamos
separarnos el destino, no, no, no podrá.

(Se dirigen rápidamente hacia el balcón)

LEONOR
¡Demasiado tarde!

ÁLVARO
Mantengamos la calma.

CURRA
¡Virgen Santa!

LEONOR
(a Don Álvaro)
¡Escóndete allí!

(Señalando su habitación)

ÁLVARO
(Saca una pistola)
¡No! Debo defenderte.

LEONOR
¡Guarda el arma!... 
¿Contra mi padre quieres...?

ÁLVARO
No; contra mí mismo...

(Devuelve a su lugar la pistola)

LEONOR
¡Qué horror!

(Después de varios golpes, se abre con
estrépito la puerta, y entra el Marqués de 
Calatrava, furioso,  blandiendo su espada 
y seguido por dos sirvientes con luces)

MARQUÉS
¡Vil seductor!... ¡Hija infame!

LEONOR
(corriendo a sus pies)
¡No, padre mío!...

MARQUÉS
¡Ya no lo soy!

ÁLVARO
Soy yo el único culpable. 

(Ofreciéndole su pecho)

¡Heridme, vengaos!

MARQUÉS
(A don Álvaro)
No; vuestra conducta muestra 
vuestro bajo origen.

ÁLVARO
(resentido)
¡Marqués!

MARQUÉS
(A Leonor)
¡Apártate! 

(A los sirvientes)

¡Detened al villano!

ÁLVARO
(Álvaro muestra la pistola a los 
sirvientes, que dan un paso atrás.)
¡Ay del que se mueva!...

LEONOR
(corriendo hacia él)
¡Álvaro! ¡Cielos! ¿qué haces?

ÁLVARO
(al marqués)
¡Sólo a vos me rindo: heridme!

MARQUÉS
¡Morir a mis manos! 
¡Sólo la mano del verdugo
debe poner fin a una vida tan ruín!

ÁLVARO
¡Señor de Calatrava! 
Pura como los ángeles
es vuestra hija. 
Juro que sólo yo soy culpable. 
La duda que mi atrevimiento aquí despierta
se borra con la vida. Heme aquí, desarmado...

(Arroja al suelo la pistola, 
que al caer se dispara 
hiriendo mortalmente al marqués.)

MARQUÉS
¡Muero!

ÁLVARO
(desesperado)
¡Arma funesta!

LEONOR
(corriendo a los pies de su padre)
¡Auxilio!

MARQUÉS
(a Leonor)
¡Aléjate! 
¡Tu vista profana mi muerte!

LEONOR
¡Padre!

MARQUÉS
¡Te maldigo!

(Cae en los brazos de sus servidores)

LEONOR
¡Cielos, piedad!

ÁLVARO
¡Oh, destino!

(Los sirvientes se llevan al marqués a su
habitación, mientras don Álvaro arrastra 
a la terraza a la desventurada Leonor.)

Acto II