FARNACE
Personajes
FARNACES II TAMIRI BERENICE POMPEYO SELINDA GILADE AQUILIO |
Rey del Ponto Esposa de Farnace Madre de Tamiri Cónsul romano Hermana de Farnace General de Berenice General romano |
Contralto Contralto Contralto Tenor Contralto Soprano Contralto |
La acción se desarrolla en Sinope, capital del Reino del Ponto, aproximadamente en el año 50 a.C.
ATTO
PRIMO Scena Prima (Riviera dell'Eusino con folta selva, che ingombra tutta la scena. Farnace con spada nuda in mano, poi Tamiri) FARNACE Benché vinto, e sconfitto perfide stelle, io son Farnace ancora, di Mitridate il figlio ha in pugno ancor di Mitridate il brando, ha in seno ancor di Mitridate il core. Per lacerar i lauri in su la chioma alla superba Roma risorgerò, nemico ognor più crudo, cenere anche sepolte, e spirto ignudo. TAMIRI Mio consorte, mio re, deh per le sacre venerabili fiamme d'amor, e d'Imeneo, per quella fede, che annodò le nostre alme, arresta il piede. FARNACE Non ami ben, se l'onor mio non ami. TAMIRI Amo, sì, l'onor tuo, ma mi spaventa l'orror dell'imminente alto periglio. FARNACE Dov'è più di periglio, è più di gloria. TAMIRI Vanne dunque, o crudel, e qui mi lascia tra le fiere agonie de' miei timori. Lascia in balìa del vincitor superbo la sposa desolata, e l'infelice, oh dio! tenero figlio, perché vadano entrambi tra le schiave più vili a torcer lane, ed a baciar le clamidi romane. FARNACE (Fra sé) Questo solo pensiero urta la mia costanza; ma lo domi virtù robusta, e forte. (A Tamiri) Sposa Tamiri, ascolta. TAMIRI Il cenno attendo. FARNACE Quest'acciaro fatal prendi, o regina: e sovra d'esso giura d'eseguir quella legge, che uscirà dal mio labbro. TAMIRI Eccomi pronta. FARNACE La tiranna del mondo puote ancora esser vinta; ma se l'empia fortuna idolatra di lei per lei pugnando, farà che sul mio capo l'aquile abominate alzino il volo, tutto nel cor del figlio, indi nel tuo tu questo ferro immergi. Dall'indegno servaggio esso vi sciolga, e l'ingiurie del ferro il ferro tolga. TAMIRI Due gran prove mi chiedi, signor, del mio coraggio. L'una è degna di me perché son moglie, l'altra è indegna di me perché son madre. FARNACE Anch'io son padre, e te 'l comando. A noi questo nome non toglie l'alta necessità d'oprar da grandi: torna tosto in città, Tamiri, addio, con quest'amplesso impegno l'ubbidienza tua. Servi alla legge che giurasti al mio amor, e alla mia gloria, e pensa che consorte di Farnace non sei se non sei forte. Aria FARNACE Ricordati che sei regina madre, e sposa, che dell'onor gelosa ti vuol la maestà. Pria che soffrir la pena d'una servil catena, sì, sì questa tu déi pietosa crudeltà. Scena Seconda (Tamiri sola) TAMIRI Ch'io mi tolga col ferro all'onta del trionfo è giustizia, è ragione, e sì grand'atto stabilito era già ne' miei pensieri. Ma che col ferro stesso io sveni il caro figlio, il figlio amato è fierezza crudel d'ingiusto fato. Aria Combattono quest'alma la gloria, la pietà, l'amor, la fedeltà. Lo sposo, il figlio. Lo sposo tradirò? Il figlio ucciderò? Ah che l'ingiusta palma non so di chi sarà, cieli consiglio! Scena Terza (Escono Guastatori, che troncando in breve la selva la riducono ad un'aperta campagna, vedendosi in fondo il mare, e in esso l'armata navale di Berenice, e da una parte la città di Eraclea con ponte, che introduce nella medesima. Approdano le navi, e gettati i ponti sbarca sul lido l'Esercito, e dopo sbarcano da ricco naviglio Berenice, e Gilade con numeroso reale Accompagnamento) CORO Dell'Eusino con aura feconda approda alla sponda la guerriera, l'eccelsa regina. Qui la gloria d'un'alta vendetta invitta l'aspetta del nemico all'estrema rovina. Recitativo GILADE Del nemico Farnace questo è l'impero, e quella che là si vede torreggiar vicina è la città de' regni suoi regina ei se non mente della fama il grido già ne' vicini campi dal romano valor fu debellato. BERENICE Fu debellato, sì, ma non fu vinto. GILADE Se con l'armi di Roma le tue congiungi il tuo trionfo è certo. BERENICE Sì, da Roma invitata a guerreggiar contro Farnace io venni. GILADE Nunzi del nostro arrivo al gran duce romano invia messaggi. BERENICE È già noto a Pompeo che Berenice con cento amiche schiere dell'Eusino guerrier preme le sponde. GILADE Ma qual gente improvvisa a noi s'appresta? BERENICE Io vedo nell'insegne ondeggiar l'aquila invitta. Scena Quarta (Pompeo, Aquilio con l'Esercito romano e detti) Recitativo POMPEO Amazzone real dell'oriente... BERENICE Debellator de' più feroci imperi. POMPEO Berenice. BERENICE Pompeo. POMPEO Roma t'accoglie con le mie braccia. BERENICE E con le mie riceve l'Asia gli amplessi tuoi. POMPEO Contro i ribelli della gloria romana combatteremo uniti. BERENICE Mora Farnace. Altro da te non bramo. POMPEO Mora Farnace. Ad assalir le mura ov'ei s'asconde io moverò le squadre de' più scelti guerrieri, tu l'assalto feroce d'altra parte asseconda, e vendicato a momenti sarai. BERENICE (a Gilade) Principe udisti. Sotto l'altro comando a tant'impresa guida tu le nostre armi. GILADE Seguirò coraggioso l'orme di sì gran duce. BERENICE Col suo esempio o renderai maggior la mia fortuna, o nell'opre ammirande lascerai l'ombra almen d'un nome grande. Scena Quinta (Pompeo, Gilade, Aquilio) Recitativo POMPEO Guerrieri, eccovi a fronte la città più superba ove regni Farnace, ove regnasse il gran nemico Mitridate. In quella è il più forte riparo dell'Asia già cadente, la difesa maggior dell'oriente. CORO Su campioni, su guerrieri coraggiosi, arditi, e fieri a ferire, a fulminar. Con le fiamme, cogl'acciari sdegno atroce si prepari quelle mura ad atterrar. (Segue l'assalto della città, che viene attaccata sul ponte. Sortiscono gl'Assediati, e respingono sul campo gl'Assalitori, i quali incalzano nella città gl'Assaliti, e se ne impadroniscono. In questo esce dal bosco Farnace co' suoi Soldati) FARNACE In sì gran punto ancora la fortuna si tenti, o almen si mora. (Investe alle spalle i Nemici, e dopo fiero contrasto Farnace co' suoi resta fugato) Scena Sesta (Aquilio con Selinda dalla parte della città, dall'altra Berenice con Séguito, Pompeo, Gilade, e Soldati sul campo) Recitativo SELINDA Signor, s'anche fra l'armi pietade ha luogo, e cortesia non toglie punto di lena a marziali incendi, me donzella non vile dal militare ardir salva, e difendi. AQUILIO (Fra sé) Quanto è vaga costei! GILADE (Fra sé) Quanto è gentile! POMPEO Sorgi, e il grado palesa. SELINDA Io son Selinda. BERENICE Selinda di Farnace la superba germana? POMPEO Avrai nel nostro campo bella Selinda e sicurezza e scampo. Gilade, a te consegno l'illustre prigioniera. BERENICE Ben guardata ella sia finché di Roma il fulmine fatale sul fratel contumace oggi se n' cada. POMPEO Su l'abbattute mura la vittoria ci chiama. Andianne omai. BERENICE (Fra sè) Di quel barbaro alfin mi vendicai. (entrano in città) Scena Settima (Selinda, Gilade, Aquilio, alcuni Soldati) Recitattivo SELINDA A' nostri danni armata venne ancor Berenice? E congiurò con le romane squadre contro l'unica figlia ancor la madre? GILADE Non ha riguardi, o bella, la ragion dello sdegno. AQUILIO E a questa cede ogni ragion del sangue, e dell'amore. SELINDA (a Gilade) E tu per lei pugnasti di regina crudel duce peggiore? GILADE Pugnai per Berenice pria di veder Selinda. (Fra sé) Or che Selinda io vidi aborro Berenice, odio la mia vittoria detesto il mio valor, e la mia gloria. Aria GILADE Nell'intimo del petto quel caro, e dolce sguardo, mi va cercando il cor. Non mi difendo, o guardo, ma godo del diletto che mi promette amor. Scena Ottava (Selinda, Aquilio, e alcuni Soldati) Recitattivo AQUILIO A sorprendermi il cor, bella Selinda, splende nel tuo bel viso la più serena idea, che mai scendesse dall'alte sfere ad illustrar la terra. SELINDA Duce, me non alletta aura di vana lode. AQUILIO Amor favella. SELINDA Amore in un eroe romano? AQUILIO Che? Non amano forse anche gl'eroi? SELINDA Sì, ma non sono eroi se sono amanti. Vanne; non è possibile che mai Aquilio il maggior duce dell'invitto Pompeo vaneggi adornator del mio sembiante. Sei guerriero nell'Asia, e non amante. AQUILIO Se guerrier son io, come tale m'accogli, e mi concedi generosa l'onor di tuo campione. SELINDA Senti: libera io nacqui, e nelle vene ho un sangue, che più volte fe' vacillar in fronte alla tua Roma i combattuti allori. Questo sangue mal soffre l'onte della fortuna qualche cosa tu ardisci degna di te, degna di me; rifletti su le mie voci, e su le mie vicende, e se sprone bisogna al tuo valore, sappi, che questo core da' sereni occhi tuoi non si difende. AQUILIO Ma se tu non palesi il tuo desio... SELINDA Vanne, e pensaci bene Aquilio, addio. Aria AQUILIO Begl'occhi io penserò. Ma che risolverò? Se ho già risolto, sì, di sempre amarvi. Voi siete il pensier mio, ad altro non poss'io pensar che a vagheggiarvi. Scena Nona (Selinda con alcuni Soldati) Recitativo SELINDA Qual sembianza improvvisa in Gilade abbagliò le mie pupille? Ah se mai fosse amore! Eh, no, Selinda servi, servi al tuo grado. A entrambi lascia con le lusinghe libertà d'amarti. Nasceran dall'amor le gelosie, e dalle gelosie l'ire, e gli sdegni. Così forse amerai Roma contro di Roma, e Berenice contro di Berenice, e così forse degl'occhi miei con la fatal saetta io medesima farò la mia vendetta. Aria SELINDA Al vezzeggiar d'un volto al balenar d'un ciglio giunge la piaga al cor che non temea d'amor fatal il dardo. E nella rete colto resta così il valor el lusinghiero ardor d'un dolce sguardo. Scena Decima (Luogo de' mausolei, in mezzo de' quali v'è gran piramide destinata per sepolcro dei re di Ponto. Tamiri col suo piccolo Figlio condotto a mano da un Servo) Recitativo TAMIRI Figlio, non v'è più tempo: l'empia Roma trionfa, e a noi de' numi nessun più resta, o restano i men forti. Morir si dée; l'ira fatal è giunta. Or che farò? S'adempia di Farnace il comando, ma non s'adempia in questo delle viscere mie parto innocente. E poiché non rimane d'un impero sì nobile, e di tante città superbe un breve spazio di terra, ove un bambin s'asconda, disserra, o fido servo, questo sacro, e feral tempio dell'ombre ivi il figlio si celi. (prende per mano il figlio, e 'l servo va ad aprir la piramide) Recitativo accompagnato TAMIRI O figlio, o troppo tardi nato all'afflitta patria, e troppo presto alla madre infelice. Io ti dono una vita. Che il genitor condanna, ma ti riserbo al rischio d'una servil catena. Abbila in grado s'ella è pietà, s'è crudeltà, perdona andianne, o figlio. (s'incammina, ma ripugnando il fanciullo torna indietro) TAMIRI Ah tu ritiri il passo e prendi a sdegno il vergognoso asilo. Cedi alla tua fortuna, diletto mio, cedi al destino, e vivi. Tempo forse verrà che tu ripigli l'indole generosa, e che ritolga alla lupa tiranna l'usurpato dominio. Oggi ti basti d'ingannar la tua morte. Intanto, o caro, questo bacio ricevi del mio povero amor ultimo dono. L'alma sen viene in esso tutta sul labbro, ed a seguirti impara. Vanne, fra pochi istanti anch'io verrò. Mi chiuderà l'istessa tomba, ch'ora ti chiude. Ti starò sempre al fianco, veglierò su' tuoi casi. Ombra gelosa vanne, idol mio; colà ti cela, e posa. (entra il fanciullo nella piramide, e il servo chiude la porta) Ma se di madre abbastanza si è serbato il costume, tornisi a ripigliar quel di consorte. (cava lo stile datole da Farnace) Fiero ordigno di morte delle sciagure mie rimedio estremo aprimi il petto, e col mio sangue scrivi che da regina io vissi, e da regina, libera, e coronata seppi ancor morir. (mentre vuol uccidersi vien arrestata improvvisamente da Berenice) Scena Undicesima (Berenice con Guardie, e detti) Recitativo BERENICE (togliendole lo stile) Fermati ingrata. TAMIRI Qual ingiusta pietà? BERENICE Qual folle ardire? TAMIRI Usurparmi una morte, che i miei disastri onora? BERENICE Arbitrar d'una vita di cui Roma è signora? TAMIRI Ma tu di Roma amica, dimmi, se giungi a me madre, o nemica? BERENICE Figlia di Berenice in me madre or vedi, me sposa di Farnace vedi in me la nemica, e la tiranna. TAMIRI E in che peccò quell'infelice, amando la tua prole in Tamiri, e l'immagine tua nel mio sembiante? BERENICE In che peccò? Non ti rapì l'indegno dalle mie braccia a mio dispetto? TAMIRI Ed io qual oltraggio ti feci con ubbidir al mio destin? BERENICE Dovresti alla madre ubbidir pria che al destino. TAMIRI Ah regina... BERENICE Non più. Dove ascondesti del mio fiero nemico l'odiato germe? TAMIRI Oh dio! Nella strage dell'Asia il cerco anch'io. BERENICE Nel pallor del tuo volto la tua frode io ravviso. Parla: il figlio dov'è? TAMIRI Dov'è il mio sposo? Dove il mio regno? E dove con la mia libertà la mia grandezza? BERENICE Non passeggia il dolor con tanto fasto su le grandi sciagure tu l'occultasti, iniqua; ma i tormenti, e le fiamme ti trarranno dal sen l'alma, o l'arcano. TAMIRI Pensi di spaventarmi? Io sono avvezza a sfidar la mia morte. Svenami, chi te 'l vieta? Chi ti chiede pietà? Giunta all'estremo delle miserie mie, nulla più temo. Scena Dodicesima (Pompeo con Séguito, e dette) Recitativo BERENICE Signor: costei che audace empie le vene del sangue mio, ma nel suo core impressa ha l'immagine sol del suo Farnace, sia pur tua prigioniera. D'esserle madre io sdegno da che l'empia sdegnò d'essermi figlia. Il nome di regina cangi in quello di serva, e de' suoi regni abbia sol tanto appena quanto può misurarne una catena. TAMIRI Signor, miri al tuo piede dell'invitto Ariarate una figlia infelice, odiata così da Berenice perché serba nel petto pieno di fede, e di costanza il core come l'ereditò del genitore. POMPEO Ben ti risplende in volto la chiarezza del sangue, e in un dell'alma nulla io chiedo da te. Sei prigioniera della tua genitrice. A lei t'inchina, ed in lei riconosci la vincitrice tua, la tua regina. BERENICE No, no. Resti l'iniqua resti pur ne' tuoi lacci, finché riveli dove ostinata nasconde il figlio indegno ad onta del mio amore, e del mio sdegno. Aria Da quel ferro, ch'ha svenato il mio sposo sventurato imparai la crudeltà. Nel mirar un figlio esangue e bagnato del mio sangue mi scordai della pietà. Scena Tredicesima (Tamiri, e Pompeo) POMPEO Donna, la tua fortuna è comune al tuo amor. Ceda il tuo amore dunque alla fortuna, e non contenda al vincitor della vittoria il frutto, in quel tenero tralcio d'una pianta rubella può germogliar un gran nemico a Roma. L'Asia non è ancor doma, e ben saria cagione la mia stolta pietà d'alto periglio, se risorgesse il genitor nel figlio. Se si nasconde tra verdi fronde benché bambina serpe insidiosa, men velenosa ella non è. Nel pargoletto tuo dolce oggetto di quella serpe temer si de'. TAMIRI Roma dunque ci teme? O fortunate nostre cadute! Vive, sì, vive il pargoletto tanto da voi temuto eroi latini. Vive, ma custodito dai voti della patria, e dalle mie diligenze amorose: in esso io celo a Roma la più nobil spoglia, in esso io tolgo il suo maggior trofeo al domator dell'Asia, al gran Pompeo. Non trova mai riposo l'anima sconsolata se persa nello sposo ha la sua pace. Or che in spavento mira il fiero vostro cor ripiglia il suo vigor e il duolo tace. Fine alternativo dell'atto I TAMIRI Or di Roma forti eroi che gli imperi soggiogate come i regni debellate se un semplice fanciullo vi spaventa. Non conviene al gran valore la viltà di quel timore forti eroi, che vi sgomenta. POMPEO Come ben fa veder la donna eccelsa, che linsolente arbitrio della sorte non serba autorità su le grandalme, e che unalta virtude, benché da lacci involta, va con libero piè sempre disciolta. Aria POMPEO Non trema senza stella Fra il nembo e la procella, Sè di coraggio armato il buon nocchier Che ha la virtù per guida In essa sol affida E ad onta dempio fato Forte non sa temer. ATTO SECONDO Scena Prima (Luogo spazioso d'architettura nella reggia. Selinda, Gilade, e Aquilio) Recitativo GILADE Principessa gentil, ciascun di noi ha l'illustre ardimento di sospirar per te. Ma le nostr'alme rivalità soffrir non ponno. Eleggi qual di noi più ti piace. AQUILIO Già in fortuna diversa ambo contenti l'uno delle sue gioie, e l'altro si godrà de' suoi tormenti. SELINDA Ambo dunque per me d'amore ardete, ed ambo mi chiedete ch'io rifiuti un di voi? GILADE Pende il nostro destin da' cenni tuoi. SELINDA Io goderei d'appagarvi, ma... GILADE Qual dubbio? AQUILIO Qual tema? SELINDA Chi sarà poi l'escluso si turberà? Si sdegnerà? AQUILIO Tranquillo. GILADE Sereno. AQUILIO Imperturbabile. GILADE Costante. AQUILIO Soffrirò la ripulsa. GILADE Al rival cederò. Recitativo SELINDA (ad Aquilio) Quest'è l'amore che per me t'arde il core? (a Gilade) Mi potesti lasciar con tanta pace e sospiri per me? (ad Aquilio) Finto. (a Gilade) Mendace. Aria SELINDA (ad Aquilio) Lascia di sospirar. (a Gilade) Lascia di vaneggiar. (ad Aquilio) Tu non intendi amor. (a Gilade) Tu amor non sai. (ad Aquilio) Se poi quando ti piace snodar i tuoi legami. (a Gilade) Estinguer la tua face. (ad Aquilio) Non hai catene al cor. (a Gilade) Fiamme non hai. Scena Seconda (Gilade, Aquilio) Recitativo GILADE Tempo miglior si scelga, onde la bella meno schiva, e guardinga a noi palesi il genio suo. AQUILIO Son queste solite ripugnanze di ritrosa beltà, che poi s'arrende, già ch'altro non pretende con quel tenero suo dolce rigore che aggiunger essa ad un novello amore. Aria AQUILIO Mi sento nel petto un certo diletto che nasce da speme di sorte miglior; deride l'altera, ma l'anima amante però non dispera contento l'amor. Aria alternativa AQUILIO Alle minacce Di fiera belva Non si spaventa Buon cacciatore. La rete stende, O impugna larco, Cauto lattende, E se ritorna, Morte le dà. I lacci tende lamante ancora Alla bellezza Che sinnamora. Soffre, sospira, Il tempo attende, E al fin, in rete, Decer la fa. Scena Terza (Gilade, e Berenice con Séguito) BERENICE Di Farnace, e del figlio cerchisi in ogni parte. Alto sospetto mormora nel mio petto ch'entro la reggia ascosi vivano entrambi. GILADE Ubbidirò. Ma donde donde contro Farnace odio sì fiero sino a volerlo estinto? Perdona al zelo mio. Tanto rigore per esser giusto i suoi confini eccede. BERENICE Quai confini trovasti nella rabbia crudel di Mitridate? Egli oppresse sul campo con empio tradimento il mio sposo Ariarate. Egli recise con ferro micidiale il più eccelso rampollo del mio trono reale; egli tutto tentò per mio periglio. GILADE E le colpe del padre ascrivi al figlio? BERENICE Se non è reo Farnace de' paterni delitti altamente m'offese allor che mi rapì la mia Tamiri. Non più Gilade. Intanto giacché destino guidò Selinda ne' lacci miei, io voglio cominciar da costei la mia vendetta. La vittima è ben degna. GILADE Ah mia regina... (s'inginocchia) BERENICE Che pretendi da me? Levati, e parla. GILADE Dona al sangue, ch'io spargo per la grandezza tua, dona al mio zelo dona al mio amor. BERENICE Selinda? GILADE Ah l'innocente parte non ha... BERENICE Gilade già m'avvedo che divenuto sei un folle amante. Sai pur che in cor guerriero è fallo amor. Cangia però pensiero. Aria Langue misero quel valore che in amore ~ al molle affetto vaneggiando ~ sospirando dà ricetto ~ alla piaga nel cor. Vile ei perde e gloria, e nome, poi volendo non sa come riaccender marziale l'ardor. Aria alternativa BERENICE Al tribunal damore Esamina il tuo cuore E pensa sesser déi Guerriero o amante. Non déi pregar così Per lei che tavvilì Per un sembiante. Scena Quarta (Gilade solo) GILADE No che amor non è fallo in cor guerriero anzi all'eroiche imprese stimolo di valore al pari della gloria è spesso amore. Contro la mia diletta Berenice non s'armi, o in pena attenda ch'io crudeltà per crudeltà le renda. Aria Arsa da rai cocenti io son misera pianta in cui di speme il verde perde l'agricoltor, ma pur ancor avanza speranza a questo cor. Aria anternativa GILADE Quellusignolo Ce innamorato Se canta solo Tra fronda e fronda, Spiega del fato La crudeltà. Sode pietoso Nel bosco ombroso Chi gli risponda: Con lieto core Di ramo in ramo Cantando va. Scena Quinta (Mausolei con la piramide destinata per sepolcro dei re di Ponto. Farnace) FARNACE No, che ceder non voglio. Ancor mi resta un momento fatale che renda memorabile, e tremendo al gran giro de' secoli il mio nome. Oppressa libertà ti devo ancora l'ultimo sacrificio. Oggi s'adempia. Son già scelte le vittime, e son tali che ben ponno illustrar la mia sciagura. Scenderò negli Elisi con le spoglie superbe di due tiranni trucidati, e carco di trofeo sì pesante stancherà l'ombra mia sul guado estremo dell'antico nocchier il fatal remo. Scena Sesta (Tamiri, e detto( TAMIRI Pupillo, o voi sognate, o questi è certo il diletto mio sposo. FARNACE (Fra sé) Cieli! Vive Tamiri, e al mio comando non ubbidì? TAMIRI Qual nume mosso a pietà degli aspri miei tormenti ti riconduce a consolarmi, o caro? FARNACE Quel nume spergiurato da te vil donna. TAMIRI Ah che quel nume stesso... FARNACE Taci. Cotanto è dunque dolce la vita ai miseri, che ponno goderne ancora in servitù crudele? TAMIRI Io ben volea morendo fuggir l'ingiurie della mia fortuna ma Berenice... FARNACE Intendo. Berenice ti diede col sangue suo la sua viltà. Ma forse al primo tradimento il secondo accoppiasti, e all'oltraggio del barbaro trionfo il figlio mi serbasti. TAMIRI Ah lo serbai... (Fra sé) Deh secondate, o cieli, l'amorosa menzogna. (Forte) Ma lo serbai di quella tomba in seno. Ivi è sepolta, oh dio! l'unica tua delizia, e l'amor mio. FARNACE Dunque morì l'amata prole? Ah troppo, troppo ottenne da me la mia sciagura. Si è servito alla gloria, ormai si serva alla paterna tenerezza. Parli, parli alquanto il dolore, poi la virtù il sommerga entro del core. Aria TAMIRI(o FARNACE, secondo versioni) Gelido in ogni Vena scorrer mi sento il sangue. Lombra del figlio esangue mingombra di terror. Lombra del figlio esangue mingombra di terror. Gelido in ogni vena scorrer mi sento il sangue. Lombra del figlio esangue mingombra di terror. E per magior mia pena vedo che fui crudele a unanima innocente, al core del mio cor. A unanima innocente, al core del mio cor! Gelido in ogni vena scorrer mi sento il sangue. Lombra del figlio esangue mingombra di terror. FARNACE Perdona, o figlio amato, perdona al genitor, ah sol del troppo amor io fui spietato. S'io piango sol per te non ti lagnar di me, e negli Elisi, oh dio! non dir, fu il padre mio che m'ha svenato. Scena Settima (Berenice con séguito di Soldati, e Tamiri) BERENICE Olà? Queste superbe memorie d'una stirpe insidiosa a Berenice, e a Roma, cadano a terra sparse. TAMIRI Oh dèi! Che sento? BERENICE E 'l cenere infedel disperda il vento. TAMIRI Ah regina, ah soldati, avida tanto l'ira vostra è di sangue che s'avanza a cercar nell'ossa ignude de' reali sepolcri esca funesta. BERENICE Alla vendetta mia non basta il sangue. Vive sempre l'offesa fin che vive fra noi dell'ingiusto offensor qualche memoria. TAMIRI Ah madre, ed è pur questo un sì bel nome che raddolcir potria quel di nemica per quei teneri amplessi, onde una volta con braccia pargolette ti circondava il sen, per quei soavi vezzi, con cui dal collo bambina ti pendea, risparmia al mio dolore risparmia alla tua gloria, e alla tua fama un oltraggio crudele, da cui degno di te frutto non cogli. BERENICE E pianger può la moglie del gran Farnace? Pianga, ma pietà non ottenga. Ite, atterrate. TAMIRI Sì ben dicesti. Il pianto non è degno di me, di me più degno sarà il furor, contrasterò feroce, darà forza lo sdegno al braccio imbelle, e forse alla difesa del suo regale avello avrò compagna l'ombra di Mitridate. BERENICE A voi guerrieri, cada l'altera mole. TAMIRI (Fra sé) Oh dio! Tutto invano ho tentato. (Forte) Empi fermate. Odimi Berenice. BERENICE Che dirai? TAMIRI (Fra sé) Che farò? Materno amore seguo, sì; le tue voci, e il tuo consiglio mi trafigga lo sposo, e viva il figlio. BERENICE A che pensi? A che badi? TAMIRI Oh con qual prezzo la tua clemenza oggi a comprar m'accingo. BERENICE Spiégati. TAMIRI Il pargoletto, che fin or t'occultai voglio svelarti. Mia cara madre, hai ben di sasso il core, s'ei la vita d'un figlio oggi mi niega io lo darò; ma... poi... BERENICE Dallo, e poi priega. TAMIRI Apransi queste nere stanze di morte. Esci dal tuo ricovro flebile furto d'infelice madre. Ecco, o regina, il grande terror di Roma, ecco l'avanzo estremo di quel sangue, che che aborri. Su via, piègati a terra picciola fronte, e al piè regale imprimi dell'ava eccelsa ossequiosi baci. Non è viltà cor mio ciò che comanda ai miseri fortuna. Questi, o regina, è il tuo nipote. In esso del suo genio guerrier l'indole osserva; ma col tuo sangue il tuo rigor consiglia, che alfin madre mi sei. BERENICE Non mi sei figlia. (parte col fanciullo) Scena Ottava (Farnace e Tamiri) Recitativo FARNACE Questa è la fé spergiura che tu serbi al consorte? Così guardi a mio figlio il prezioso onore d'una libera morte? E quando mai t'insegnò tal viltà la gloria mia? Or vanne, e porgi ancora al romano carnefice la spada, perché fiero, e crudele in quel tenero sen tutta l'immerga. Vanne... anzi resta... Io tolgo agl'occhi miei l'orror di quel sembiante codardo, abominevole, funesto, ma la pena dovuta non fuggirai. T'attendo spettro vendicator, larva sdegnata là degli Elisi in su le nere soglie. TAMIRI Sposo... Farnace... Oh dio... FARNACE Non mi sei moglie. Scena Nona (Tamiri sola) Recitativo accompagnato TAMIRI Dite che v'ho fatt'io, ditelo, o cieli? È delitto sì grande una giusta pietà che si punisca in sì barbare guise? Sol perché salvo un misero innocente dalla rabbia crudel del mio destino. Già mi niega la madre il titolo di figlia, già mi toglie lo sposo il nome di consorte, e sol mi resta per mia pena maggiore di consorte, e di figlia in petto il core. Aria Dividere, o giusti dèi gl'amorosi affetti miei nella madre, e nello sposo che pietoso l'un, e l'altro allor sarà. Date poi per mio ristoro date a me gl'affetti loro, che con quelli del consorte il mio cor sarà più forte, e con quelli della madre più spietato diverrà. Scena Decima (Gabinetti reali. Selinda, Gilade) SELINDA Ah s'egli è ver che m'ami, principe generoso, salva il figlio Tamiri, salva il nipote a me, salva un erede all'impero dell'Asia omai cadente, salva un vendicator all'oriente. GILADE Qual periglio sovrasta al pargoletto? Dunque estinto non è qual si dicea. SELINDA Il misero vivea nel cavo sen d'oscura tomba ascoso, e di là il trasse la regina ingorda del sangue suo, e ad ogni pianto sorda. GILADE Per te cara mia fiamma tutto farò, tutto ardirò, ma poi di Gilade sarà l'opra, e la fede, d'Aquilio il merto. SELINDA No, te n'assicuro, e per lo stral, che mi piagò, te 'l giuro. GILADE Lieto della tua fede parte contento il cor né di più chiede. Aria (alternativa - 1739) GILADE Quel tuo ciglio languidetto, Il mio core tutto amore, Ha saputo incatenar. E quel placido sorriso, Il mio petto tutto affetto, Sempre più fa innamorar. Scena Undicesima (Selinda, Farnace) SELINDA Dove mai ti trasporta signor, il tuo coraggio, e il tuo destino? Queste di Berenice son le soglie crudeli. FARNACE Io voglio or ora trucidar l'inumana. SELINDA E donde speri dopo il colpo fatal rifugio, e scampo? Qui da folti custodi è ristretto ogni passo. FARNACE Ai gran delitti talor la sorte ammiratrice arride. SELINDA Ah con inutil prova di valor disperato te stesso perdi, e non racquisti il figlio. A più sano consiglio volgi, o signor, la mente. Emireno il tuo duce del fuggitivo esercito raccolte le disperse reliquie, e degl'amici radunati i soccorsi, a sé ti chiama. FARNACE Ad Emireno è noto che in questa reggia io tento di svenar Berenice di dar morte a Pompeo. L'esito attende della grand'opra, e poi contro i nemici impetuose, e fiere spingerà le sue schiere. SELINDA Maggior, ch'io non credea è il tuo disegno, ed il tuo rischio. Vanne, vanne german, dove Emiren ti attende, e a me lascia il pensiero d'eseguir ciò, che brami. Io già disposi Gilade a secondarmi, disporrò in breve Aquilio. FARNACE Ammiro il tuo generoso, e magnanimo ardimento, ma compagni non voglio al gran cimento. Aria Spogli pur l'ingiusta Roma di corona la mia chioma, e il mio piè di libertà. Serbo ancor tanto orgoglio che al mio nome il Campidoglio di spavento tremerà. Aria (alternativa) Gemo in un punto e fremo, Fosco mi sembra il giorno, Ho cento affanni intorno, Ho mille furie sen. Con la sanguinea face Marde Megera in petto, Mempie ogni vena Aletto Del freddo suo velen. Scena Dodicesima (Berenice col Fanciullo, Pompeo con Aquilio, e Selinda) BERENICE Dell'iniquo Farnace eccoti il figlio vedilo: ha nel sembiante della madre l'orgoglio del genitore la perfidia. Abbatti il papavero infausto, pria che spiegata la superba spoglia di pestiferi semi ingombri il campo. SELINDA Duce regina, in che v'offese questa pargoletta innocenza? Che mai, che mai temete da sì tenera età? BERENICE Spesso il torrente che pria dimesso, e tacito correa, sormontando superbo il suo confine, mormorando rovine, gregge, e pastori atterra, e porta al mar tributo no, ma guerra. AQUILIO Eh l'aquile latine non sono avvezze a lacerar colombe. SELINDA Ne bevono gl'eroi del Campidoglio a mensa trionfale il latte, e 'l pianto. POMPEO Aquilio, sia tua cura custodir quel fanciullo finché di lui disponga, e del suo fato l'autorità di Roma, e del senato. Aria POMPEO Leon feroce, che avvinto freme mai non si teme s'avvieti che spezzi cancelli, e nodi, i suoi custodi tremar farà; quel fiero dente per monte, e piano di brano in brano spargerà l'erbe. E sarà vano gridar pietà. Aria (alternativa) Roma invitta ma clemente Non precipita nel Tebro Sangue illustre ed innocente. Gonfia ben le rapidonde, Sormontando argini e sponde Allorror di crudeltà. E se beve latte e sangue, Lei sinfuria e londa estolle, E di sdegno e dira bolle, Assorbir ben si vorria E trar seco in compagnia, Chi ricusa la pietà. Scena Tredicesima (Berenice, Aquilio, Selinda) SELINDA Fra le libiche serpi non nascesti, o regina. AQUILIO Perché mai l'innocenza il tuo rigor condanna? SELINDA Perché se col tuo sangue ancor tiranna? BERENICE Sarò sempre crudel qual tigre irata contro di chi m'offese. Voglio il suo sangue, e allor sarò placata. Ombra del caro sposo tanto furor dimandi al mio dolore, tiranna sembrerò, perché innocente è il figlio, che ti sveno; ma il sangue, che uscirà dalle ferite è sangue di Farnace. Inutile pietà soffrilo in pace. Aria BERENICE Pensando allo sposo la sola vendetta quest'alma consola se nasce nel core un raggio d'amore dal seno il mio sdegno pietade ne invola. Scena Quattordicesima (Selinda, Aquilio) SELINDA Aquilio, e ben? Pensasti? Pretendi più di mio campion la gloria? AQUILIO Giacché ho quella d'amarti anche quella vorrei di meritarti. SELINDA A non volgar impresa destinarti vorrei. Che mi rispondi? AQUILIO Ecco il braccio, ecco il ferro. SELINDA Guarda che il tuo periglio non sarà lieve. AQUILIO Ei non sarà maggiore o della tua bellezza, o del mio amore. SELINDA Aquilio, un giorno solo non matura una mente, e un sol momento non delibera mai d'un gran cimento. Vattene, e pria che 'l mio pensier ti scopra all'impegno rifletti, al rischio bada, e consiglio il tuo cor con la tua spada. Duetto AQUILIO Io sento nel petto... SELINDA Io sento nell'alma... AQUILIO Sì grande l'affetto... SELINDA Sì dolce la calma... SELINDA, AQUILIO Che avvinto il mio core ridirlo non sa. SELINDA Dal prode valore mi nasce il contento. AQUILIO Dal tuo fido amore acceso mi sento. SELINDA, AQUILIO Chi brama godere s'adopri in piacere, alla sua beltà. ATTO TERZO Scena Prima (Piazza d'Eraclea con trofei, ed altri apparati di trionfo. Pompeo, Berenice, Gilade, Aquilio seguìti da ambedue gl'Eserciti vittoriosi) CORO Giuliva rimbomba dell'Asia già doma la bella vittoria. Sonora la tromba la forza di Roma divulga la gloria. Il nemico è già sconfitto così serve a Roma il fato mai si volge il braccio invitto senza un regno soggiogato. D'ogni nemico è fulmine il valoroso folgore della romana spada. Colpo giammai non videsi vibrar la mano intrepida che una città non cada. BERENICE Gilade. GILADE Gran regina. BERENICE Del già vinto Farnace qual novella mi rechi? GILADE Entro la reggia indarno io lo cercai. AQUILIO Tra fuggitivi io l'ho seguìto invano. POMPEO È comun grido, che nel bosco vicin perduto il campo ei cercasse lo scampo. BERENICE Giacché, signor, non puoi col sangue di Farnace, col sangue almen del figlio le tue promesse, e le mie brame adempi. Appaga i voti della mia vendetta e la metà d'un regno in premio aspetta. Aria Sposa afflitta, e madre offesa chieggo a te che dar la puoi in quel sangue la mia pace, se me 'l nieghi, ed in difesa di quel sangue esser tu vuoi sveglierà l'ira la face. Aria (Alternativa) Non trova mai riposo Lanima sconsolata, Che persa nello sposo Ha la sua pace. Or chin spavento mira Il fiero vostro cor, Ripiglia il suo rigor E il duolo tace. Scena Seconda (Tamiri con Servi, che portano molti preziosi doni. Pompeo col suo Séguito, e Aquilio) TAMIRI Signor, se la clemenza non è l'ultimo pregio d'un'alma grande, e generosa, rendi, rendi un figlio innocente a una madre infelice, e in ricompensa dell'eroica pietà, gradisci in dono quelli del mio Farnace occultati tesori. Un fanciullo io ti chiedo, e ti consegno per un fanciullo la metà d'un regno. POMPEO Donna real, che in tal fortuna ancora degna sei di tal nome, l'ossequio accetto, e i doni tuoi rifiuto, che a guerreggiar, non a cambiar qui venni ma perché tu conosca che in un petto romano non è l'ultima gloria, anzi la prima l'esser clemente, osserva quanto dal tuo diverso è il mio consiglio. Aquilio, olà, che tardi? Rendi a costei coi suoi tesori il figlio. (parte con Aquilio) TAMIRI Oh se quanto è pietoso verso l'amato figlio il mio destino, tal fosse ancor verso l'amato sposo, ogni oltraggio più fiero gli vorrei perdonar, ma non lo spero. Scena Terza (Farnace, e Tamiri) Recitativo FARNACE Quanto mai fu crudele la tua pietà nel dar la vita al figlio! Sol così lo perdesti, sol così l'uccidesti. TAMIRI Ma del ciel la clemenza con la man di Pompeo a me lo rende. Son rea però di mille morti, e mille a te ne chiedo. Squarcia questo petto. Ma caro sposo, allor che ai piedi tuoi languirò moribonda in questo petto stesso ravviva la cagion dell'error mio, e riconosci, oh dio! che vivo il figlio al genitor serbai perché nel figlio il genitor amai. Aria FARNACE Ah Tamiri: pur troppo nella tua tenerezza riconosce il mio cor la sua fierezza. Vivi, che forse il cielo qualche raggio di luce, e di speranza ben farà scintillar su i casi nostri. E se pur fia che mostri sempre armato di folgori il sembiante, sappi che in ogni istante libera è la nostr'alma, e che al desio del forte può la vita mancar, ma non la morte. TAMIRI Forse, o caro, in questi accenti col tuo labbro mi favella qualche nume; o qualche stella che rigor più non avrà. Qualche nume che vorrà, qualche stella che saprà raddolcir i miei tormenti consolar la fedeltà. Recitativo FARNACE Sì qualche nume, o qualche stella al fine ne darà qualche aita. Il cielo sempre d'atre saette armato non fulmina sdegnato d'uopo è soffrir fin ch'ei non cangi tempre. Aria Sorge l'irato nembo e la fatal tempesta col sussurrar dell'onde e s'agita, e confonde e cielo, e mar. Ma fugge in un baleno l'orrida nube infesta, e placido, e sereno il cielo appar. Aria (Alternativa) Quel torrente che sinnalza Sulla sponda e fuor ne balza, Ha nel mare alfin la tomba. Così ancora avverso il fato, Forzè ben chun dì placato Cangi aspetto e alfin soccomba. Scena Quarta (Stanze corrispondenti a giardini. Selinda, e Gilade) SELINDA Gilade, il tuo pensiero ali non ha da sollevarsi mai su l'altezza d'un trono? GILADE E come? SELINDA Non sei tu d'Ariarate il più vicino erede? Non sono in tuo poter le forze, e l'armi di Cappadocia? GILADE Io non intendo ancora. SELINDA Usa la forza tua. Scocca uno strale al bersaglio d'un regno. Temi forse una donna, ch'è del tuo braccio armata? Senti orror d'un delitto, che ti porge un diadema? Non parli? Non rispondi? Ti sgomenti sì presto, e ti confondi? GILADE Ch'io sveni Berenice? SELINDA Vile che sei, non vedi nel tuo rimorso i precipizi tuoi? Stabilita nel regno l'altera donna, e col favor di Roma divenuta possente t'insidierà col ferro, e col veleno. E allor trafitto a te dinanzi anch'io... GILADE Ah pur troppo quell'empia del tuo sangue ha desio... SELINDA E tu dormi, o crudel sul mio periglio? E neghittoso, e irresoluto ancora... GILADE No, no; cangio consiglio. Regni Selinda, e Berenice mora. Aria Son vaghi gl'allori, che porge la gloria, ma sono gl'amori più vaghi al mio cor. Io fui già guerriero ed ebbi vittoria: amante non spero trionfar in amor. Aria (alernativa) Scherza laura lusinghiera, E scuotendo e ramo e fronda, Col suo dolce mormorio, Va spiegando il suo goder. Tale appunto sono anchio, Che di tua bellezza altera Cedo ai vezzi ed al piacer. Scena Quinta (Selinda, e Aquilio) Recitativo SELINDA Aquilio, il braccio forte preparasti all'impresa? All'opra dunque. Io voglio che ritorni a regnar Farnace in soglio. AQUILIO Farnace? SELINDA Sì. Vive Farnace, e quando ei racquisti per te la sua grandezza ti promette in mercede i miei sponsali. AQUILIO Ciò da me non dipende. SELINDA E tu procura che dipenda da te. AQUILIO Che mai far deggio? SELINDA Dove primo esser puoi sdegna d'esser secondo. Fa' che delle romane altere insegne ricada in te l'autorità suprema, e con libero impero allor farai quanti re far vorrai. AQUILIO Contro Pompeo pretendi... SELINDA Quest'è il comando, è questo il desiderio mio. Tu pensa il resto. Aria Ti vantasti mio guerriero, intendesti il mio pensiero; se ricusi d'appagarmi sei codardo, o mentitor. Non dovevi lusingarmi a svelarti il mio disegno, se bastante al grand'impegno non avevi in petto il cor. Scena Sesta (Aquilio, poi Pompeo, e poi dall'altra parte Farnace) AQUILIO Oh stelle! Qual impresa da romano guerriero, un tradimento? Ma qual vile rimorso in cor amante? Coraggio Aquilio. Un'anima feroce? Dée preferir talora l'error, che giova alla virtù che nuoce io dunque... Ecco Pompeo. A lui mi celo. (si ritira) POMPEO D'un regno soggiogato nuovo riceverà Roma un trionfo. FARNACE (Fra sé) Oh numi! Ecco il superbo. Fausta protegga il colpo mio la sorte. Si trafigga Pompeo. AQUILIO (Fra sé) Pompeo s'uccida. (s'avanzano ambedue co' le spade impugnate dietro Pompeo, e nell'incontrarsi restano. Pompeo frattanto si volge verso di loro) FARNACE (Fra sè) Incontro inopportuno! AQUILIO (Fra sè) Evento strano! POMPEO Aquilio? E tu chi sei? Perché nudi gl'acciari ambo stringete? Perché la guancia di pallor tingete? FARNACE Da fiero orribil angue colà tra fiori uscito fui dianzi assalito. Quindi col ferro, che impugnai, fuggendo attonito, e tremante qua rivolsi le piante. AQUILIO Ed io che 'l vidi minaccevole in atto appressarsi al tuo fianco, accorsi, e strinsi in tua difesa il brando. FARNACE (Fra sè) Or che farò? POMPEO (ad Aquilio) Costui dagl'occhi spira non so, che d'ardimento, e di spavento. AQUILIO Come gli fu permesso dalle guardie l'ingresso? POMPEO Stranier, dove nascesti? FARNACE In Cappadocia. POMPEO Sei guerrier? FARNACE Pugnai sotto l'insegne d'Ariarate. POMPEO Ed ora? FARNACE Tra custodi reali di Berenice ho luogo, e nome ancora. POMPEO Come t'appelli? FARNACE Ergildo. POMPEO (Fra sè) Il cor mi balza con infelici moti. Temo d'insidie. (Forte) Olà. FARNACE S'altro non chiedi andrò... (escono guardie) POMPEO Dell'esser tuo vuò notizie più certe. Berenice s'appressa. Ella ti vegga, indi se tal sarai, qual ti dicesti, a tuo talento andrai. FARNACE (Fra sè) Barbari dèi! Scena Settima (Berenice, e detti) Recitativo POMPEO Regina, in costui riconosci un tuo custode. BERENICE Chi sei? Volgi la fronte. FARNACE Io son uno, che teme nelle sorti seconde, ma nell'avverse ha in un coraggio, e speme. POMPEO E ben regina, il guerrier chi è? BERENICE Non lo ravvisi? Al favellar superbo, al volto audace, all'orgoglio del cor? Egl'è Farnace. POMPEO E nella regia osasti entrar furtivo, e contro me t'armasti? BERENICE Trucidatelo, o fidi. FARNACE Morirò, ma pugnando finché avrà lena il braccio, e taglio il brando. POMPEO Renditi: si disarmi, e s'incateni. FARNACE Non è, non è Farnace facil trionfo. Io solo... (Mentre Farnace è assalito dalle Guardie sopravviene, ed entra fra l'armi Tamiri) Scena Ottava (Tamiri, e detti) Recitativo TAMIRI Oh dio! Fermate fermati i colpi. Ah sposo, a me quel ferro, a me lo cedi. Io sono la tua Tamiri. Io te ne priego. Lascia che trionfi il mio amore almen del tuo valore, se non può trionfar tutto il mio pianto della fierezza d'una madre. FARNACE Prendi. (getta la spada a' piè di Berenice) Sazia pur la tua rabbia nel sangue mio, ma quando sparso l'avrai dalle feroci vene, fera crudel, ne lambirai l'arene. Quartetto BERENICE Io crudel? Giusto rigore ti condanna, o traditore. POMPEO Non sei degno di mercé. TAMIRI Madre, duce, oh dio! Perché così barbara sentenza? FARNACE È viltà chieder clemenza. BERENICE Tanto fasto? POMPEO Tant'orgoglio? BERENICE Morte attendi. FARNACE E morte io voglio. TAMIRI Madre, sposo, oh dio! BERENICE, POMPEO Non è tempo di pietà. FARNACE Io non chiedo a voi pietà. TAMIRI Questa è troppa crudeltà. BERENICE, POMPEO La costanza, e la fortezza del tuo cor la tua morte abbatterà. TAMIRI, FARNACE Il rigore, e la fierezza della mia sorte la mia morte appagherà. Scena Nona (Aquilio) AQUILIO Che feci, ohimè! Che feci? Con oppormi a Farnace perdei la sua, perdei la mia speranza, e lo stesso Farnace anco perdei. Ah mia fatal sciagura? Perfidissime stelle ingiusti dèi. Furie dell'Erebo volo ad ascondermi fra voi all'orribile mio cieco orror. Troppo il rimorso mi rode l'anima, crudel mi lacera nel petto il cor. Scena Decima (Padiglioni reali. Berenice sedendo in sedile sopra alcuni gradini; Farnace incatenato fra Guardie) BERENICE Farnace. I numi alfine mostrano d'esser numi, e d'esser giusti FARNACE Giusti li crederei, se dal mio piede trasferissero al tuo queste ritorte, e se quando io tentava di trafigger Pompeo, di svenar Berenice, secondati essi avessero i miei voti. BERENICE De' tuoi misfatti intanto a me ragion tu rendi. Il tuo giudice io sono, a me Pompeo sopra te diede autorità sovrana. FARNACE Non umilia Farnace le sue ragioni al tribunal indegno d'un giudice, ch'è servo di cieche passioni, e basso adulator della romana tirannica fortuna. BERENICE Vanne dunque, e superbo, vanne a morir con questa temeraria baldanza. Al tuo delitto il supplizio, che brami, è già prescritto. (si leva) Scena Undicesima (Tamiri, e detti) TAMIRI Possibile, o regina, che al dolor d'una figlia inflessibile sia la tua grand'alma? Io ti stanco coi prieghi, io ti inondo coi pianti, e nulla impetro. (la prende per mano, e s'inginocchia) Ecco di nuovo io torno a bagnar la tua destra con le lagrime mie. Da questi amplessi non uscirai, se pria di Farnace la vita a me non doni. Vendicata non sei? Non lo spogliasti d'ogni tuo ben? Quanti supplìci ancora vuoi d'un misero re? BERENICE (alle guardie, che s'avanzano, uno de' quali con sciabola nuda) Voglio che mora. Eseguite il comando. Scena Dodicesima (Pompeo con alcune Guardie, e detti) POMPEO Regina, il ciel talora gran tempo si prepara ad eleggere un re. Noi non dobbiamo perderlo in un istante. In perpetua prigion sia custodito. BERENICE No, no; non sarà mai custodito abbastanza, finché non ha per carcere un sepolcro. Voglio che mora, ei di più colpe è reo. Scena Tredicesima (Gilade e Selinda, con numeroso séguito tutti con l'arme nude, e detti) SELINDA, GILADE Berenice morrà, morrà Pompeo. (Assaltano le poche Guardie di Berenice, e le fugano) BERENICE Qual fellonia? POMPEO Qual tradimento? GILADE A terra quest'indegne ritorte. (tronca le catene a Farnace, e Selinda porge al medesimo la sua spada) SELINDA Compisci di tua man la tua vendetta. FARNACE Amici, di Pompeo si rispetti la vita. In Berenice vadan tutti a ferir le nostre spade. BERENICE Traditori venite. Eccovi il petto, non ricuso un castigo, che meritai con ritardar la morte al più fiero, e crudel de' miei nemici. FARNACE Voglio sol io l'onore di questo scempio. (vuol ferir Berenice, e Pompeo gli si oppone) POMPEO Ah principe, rifletti... (in questo Tamiri preso il figlio, che da un servo era tenuto in disparte, s'avanza col medesimo) TAMIRI Rifletti, sì, che impiaghi Tamiri in Berenice, son io tanto infelice, che difender non possa dalla madre lo sposo, dallo sposo la madre? Ah se in te resta scintilla di pietà per chi t'adora serba in vita colei... FARNACE Voglio che mora. (Berenice presa per un braccio Tamiri le presenta al petto uno stile) BERENICE Perfido, o t'allontana, o squarcio il petto della tua vaga. POMPEO O cedi, o del tuo figlio vedrai la morte. FARNACE Invano, in van tentate... (Pompeo sta in atto di ferir il figlio di Tamiri) BERENICE Vieni. POMPEO Appressati. TAMIRI Oh dèi? FARNACE Prence, germana, or che farem? (pensa) SELINDA, GILADE Non so. POMPEO Principi, è tempo omai, che in voi s'estingua delle vostr'ire il fuoco. Alterna pace dal generoso core risorger faccia il già sopito amore. FARNACE Vuoi la mia morte? Eccoti il ferro. Uccidimi. (risoluto getta la Spada a Berenice) BERENICE (getta lo stile) Farnace, finito è l'odio mio. Vedo, che il cielo apertamente lo condanna. Vieni accoglimi qual madre, ch'io t'abbraccio qual figlio. Abbia Tamiri un sì degno consorte, abbia il mio trono un sì nobil sostegno. Omai vivere, e felici regnate, e vostra sia ogni fortuna, ogni grandezza mia. POMPEO Per sì lieti successi anch'io ti rendo il tuo scettro, il mio amor. Con Berenice vivi, e regna felice. Ma d'Aquilio, che avvenne? GILADE (a Pompeo) È prigioniero. (a Farnace) Emireno il tuo duce mentr'ei passava dalla reggia al campo lo rattenne per via. SELINDA Contro il romano esercito già move furibondo Emireno un nembo d'armi. FARNACE Si frastorni la pugna. Rendasi Aquilio. POMPEO Ad Emireno andate, e 'l comando recate. SELINDA A Gilade, che fabbro fu della nostra sorte, mostra la tua clemenza. BERENICE Io gli perdono, e se Farnace assente, ch'egli sii tuo consorte, a te lo dono. FARNACE Principe, il tuo gran merto di maggior premio è degno. Ti debbo oltre Selinda, e vita, e regno. CORO Coronata di gigli, e di rose con gl'amori ritorni la pace. E fra mille facelle amorose perda i lampi dell'odio la face. ![]() |
PRIMER
ACTO Escena Primera (Rivera del Ponto Euxino con un bosque, que cubre toda la escena. Farnace con la espada desenvainada, luego Tamiri) FARNACES Aunque derrotado y en fuga, astros traicioneros, todavía soy Farnace, hijo de Mitrídates, que sostiene en su mano la espada de Mitrídates y que lleva en su pecho el corazón de Mitrídates. Para lacerar los laureles que ciñe en su cabellera, la soberbia Roma, resurgiré siempre como su enemigo, incluso siendo cenizas en la tumba y espíritu descarnado. TAMIRI Esposo mío, mi rey. ¡Ah! Por las llamas sagradas de Himeneo, por la fe que enlazó nuestras almas, detén tus pasos. FARNACES No me amas lo suficiente si no amas mi honor. TAMIRI Amo, sí tu honor, pero me espanta el horror del inminente y gran peligro. FARNACES Cuando mayor peligro, más alta es la gloria. TAMIRI ¡Vete entonces, cruel, déjame en medio de la feroz agonía de mis temores! Deja a merced del soberbio vencedor a tu desolada e infeliz esposa. ¡Oh, dioses! Y también a tu tierno hijo, para que ambos vayamos, junto con los esclavos más viles, a tejer la lana de la clámide de los romanos. FARNACES (Para sí) Esa misma idea golpea mi conciencia, pero yo poseo virtudes robustas y fuertes. (A Tamiri) Esposa, Tamiri, escucha. TAMIRI Espero tu orden. FARNACES Toma este acero fatal, ¡oh. reina! y sobre él jura que seguirás el mandato que surgirá de mis labios. TAMIRI Estoy dispuesta. FARNACES El tirano del mundo puede todavía ser vencido; pero si la impía e idólatra suerte, luchando en su ayuda, hace que sobre mi cabeza alcen el vuelo sus abominables águilas, toda, en el corazón del niño y en el tuyo, esta espada enterrarás. Que de la indigna servidumbre este arma te sustraiga y que, de las injurias de sus espadas, esta espada te salve. TAMIRI Señor, dos grandes pruebas pides de mi valor. Una de ellas es digna de mí porque soy su esposa, la otra es indigna de mí porque soy madre. FARNACES Yo también soy padre y te lo ordeno. Esa condición no nos quita la obligación de obrar con grandeza. ¡Regresa a la ciudad, Tamiri, adiós! Con mi abrazo comprometo tu obediencia. Cumple con el compromiso que juraste a mi amor y a mi gloria, y piensa que no eres la esposa de Farnache si tú no permaneces fuerte. Aria FARNACES Recuerda que eres reina, madre, y esposa. Que celosa del honor te quiere la majestad. Antes de que sufras una servil cadena, sí, sí, deberás cumplir con esta piadosa crueldad. Escena Segunda (Tamiri a solas) TAMIRI Que yo me sustraiga con la espada de la vergüenza del triunfo enemigo es justo y razonable; ese gran acto ya existía en mi mente. Pero que con la misma espada mate a mi querido hijo, a mi amado hijo, es una enorme crueldad del injusto destino. Aria Se contraponen dentro de mi alma la gloria, la piedad, el amor y la fidelidad. El esposo y el hijo. ¿Traicionar al esposo? ¿Matar al hijo? ¡Ah, no sé quién triunfará en esta injusta puja, cielos, aconsejadme! Escena Tercera (Entra un grupo de gastadores que, desforestando rápidamente el bosque, lo reducen a una campiña abierta, dejando ver al fondo el mar y el ejército de Berenice embarcado. Así mismo se puede observar la ciudad de Heraclea y el puente de acceso a la misma. Atracan los barcos y desembarca el ejército, a continuación, lo hacen Berenice y Gilade con un numeroso séquito) CORO Desde el Mar Negro, con viento favorable, llega a la orilla la guerrera, nuestra excelsa reina. Aquí le espera la gloria de la venganza sobre el enemigo, su destrucción total. Recitativo GILADE Del enemigo Farnaces este es el imperio, y aquella que allá se ve levantarse es la ciudad capital de sus reinos. Si no nos engañan los gritos que provienen de los campos vecinos por el valor romano fue derrotado. BERENICE Derrotado, sí, pero no aniquilado. GILADE Pero con el apoyo de las armas romanas tu triunfo está asegurado. BERENICE He venido invitada por Roma para combatir contra Farnace. GILADE Anunciando nuestra llegada al gran general romano envía mensajes. BERENICE Ya sabe Pompeyo que Berenice, con cien escuadras aliadas, ocupa las playas del Mar Negro. GILADE Pero ¿quiénes son aquellos que se acercan hacia nosotros? BERENICE Veo en sus banderas ondear la invicta águila romana. Escena Cuarta (Pompeyo y el prefecto Aquilio con el Ejército romano y los anteriores) Recitativo POMPEYO ¡Noble amazona del oriente!... BERENICE ¡Conquistador de imperios! POMPEYO Berenice. BERENICE Pompeyo. POMPEYO Roma te recibe con mi abrazo. BERENICE Y de con el mío recibe el abrazo del Asia. POMPEYO Combatiremos unidos contra los enemigos de la gloria romana. BERENICE ¡Que muera Farnace! Otra cosa no deseo de ti. POMPEYO ¡Que muera Farnace! Para asaltar la muralla donde él se oculta, emplearé mis más selectos guerreros. Tú secunda el feroz asalto, por el otro flanco y vengada serás al momento. BERENICE (a Gilade) Príncipe ¿escuchaste? Dispón nuestras armas para cumplir la orden. GILADE Seguiremos valerosos los pasos de tan gran héroe. BERENICE Si sigues su ejemplo, harás más grande mi fama y te convertirás en un admirado héroe. Escena Quinta (Pompeyo, Gilade, Aquilio) Recitativo POMPEYO ¡Guerreros, estamos frente a la magnífica ciudad, donde reina Farnace, donde reinó el enemigo Mitrídate! Ella constituye la defensa más fuerte del Asia, la mayor defensa del oriente. CORO ¡Adelante valientes guerreros! Audaces y orgullosos destruiremos, a fuego y espada, los muros de la soberbia ciudad. (La ciudad es atacada por el puente. Salen los asediados a rechazar a los atacantes pero son detenidos y tienen que retroceder. En este momento sale del bosque Farnace con sus soldados) FARNACES ¡En esta situación extrema invoquemos a la Fortuna o muramos! (embiste al enemigo por la espalda, y después de combatir ferozmente, Farnace con los suyos logran huir) Escena Sexta (Aquilio y Selinda salen de la ciudad, por otro lado, Berenice con su séquito, Pompeyo, Gilade y soldados) Recitativo SELINDA Señor, aún en medio de guerra, la piedad y la cortesía no desdicen ni un ápice el valor de un soldado. A mí, que soy doncella, sálvame y defiéndeme. AQUILIO (Para sí) ¡Qué hermosa es! GILADE (Para sí) ¡Qué gentil es! POMPEYO Levántate, y expresa tu rango. SELINDA Me llamo Selinda. BERENICE ¿Selinda? ¿La hermana de Farnace? POMPEYO En nuestro campamento hallarás, hermosa Selinda, seguridad y protección. Gilade, te confío a la ilustre prisionera. BERENICE Que ella sea bien custodiada a fin de que el rayo fatal de Roma caiga hoy sobre su contumaz hermano. POMPEYO Sobre las murallas la victoria nos llama. ¡Vayamos ahora mismo! BERENICE (Para sí) ¡De ese cruel por fin me vengaré! (entran a la ciudad) Escena Séptima (Selinda, Gilade, Aquilio, algunos soldados) Recitativo SELINDA ¿Para destruirnos viene nuevamente Berenice? ¡La madre se ha aliado con los romanos contra su única hija! GILADE No tiene justificación, bella princesa, el motivo de tal indignación. AQUILIO Ante su furor cede la razón de la sangre y del amor. SELINDA (a Gilade) Y tú, general, ¿luchas por ella? ¿Por una reina cruel? GILADE Luché por Berenice antes de conocer a Selinda. (Para sí) Ahora que a Selinda he visto aborrezco a Berenice, odio mi victoria y detesto mi valor y mi gloria. Aria GILADE En lo íntimo de mi pecho esa preciosa y dulce mirada, va buscando mi corazón. No me protejo de ella y disfruto del placer que me promete su amor. Escena Octava (Selinda, Aquilio, y algunos soldados) Recitativo AQUILIO Para agrado de mi corazón, bella Selinda, tu hermoso rostro desciende de las altas esferas para iluminar la tierra. SELINDA General, a mí no me conquistan los vanos elogios. AQUILIO Es el Amor el que habla. SELINDA ¿Es posible el amor en un héroe romano? AQUILIO ¿Por qué no? ¿Acaso los héroes no pueden amar? SELINDA Sí, pero no son héroes si son amantes. Vamos, que no es posible que Aquilio, el general más grande del invicto Pompeyo, delire adorando mi semblante. Tú eres un guerrero y no un amante. AQUILIO Si, soy un guerrero, y como tal acéptame Concédeme, generosa, el honor de ser tu campeón. SELINDA Escúchame. Libre nací y en mis venas corre la sangre que muchas veces hizo vacilar los orgullosos laureles de la frente de Roma. Esta sangre sufrirá cualquier ofensa, cualquier cosa que tú decidas. Reflexiona sobre mis palabras y sobre mis vicisitudes. Si necesitas espolear tu valor, debes saber que este corazón no se defiende de tus serenos ojos. AQUILIO Pero si tú no manifiestas tus deseos... SELINDA ¡Vete, y piénsalo bien Aquilio, adiós! Aria AQUILIO Mujer de bellos ojos, lo pensaré. Pero ¿a qué esperar si ya he resuelto amarte siempre? Tú estás en mi pensamiento, no puedo hacer otra cosa que pensar en ti. Escena Novena (Selinda con algunos soldados) Recitativo SELINDA ¿Qué repentino impacto causó en Gilade el brillo de mis ojos? ¡Ah, si acaso fuera amor! ¡Oh, no, Selinda, ten en cuenta tu rango! A ambos déjales la posibilidad de que te amen. Nacerán del amor los celos, y de los celos la ira y la rivalidad. Así, tal vez podrás poner a Roma contra Roma, y a Berenice contra Berenice. Con la fatal saeta de mis ojos yo misma obtendré la venganza. Aria SELINDA Con la picardía de un rostro y el parpadeo de unos ojos llega el dardo al corazón que no teme al fatal amor. El valor queda atrapado en la red de una dulce mirada. Escena Décima (Plaza de los mausoleos en medio de la cual hay una gran pirámide destinada a ser la tumba del rey del Ponto. Tamiri con su hijo al que conduce de la mano un siervo) Recitativo TAMIRI Hijo, no queda tiempo. La impía Roma triunfa y a nosotros sólo nos queda la ayuda de los dioses. Debemos morir; la ira fatal ha llegado. ¿Oh, qué hacer? ¡Que en mí se cumpla el mandato de Farnace, pero que no se cumpla en el inocente fruto de mis entrañas! Y puesto que no queda entre tantos nobles imperios y tantas magníficas ciudades un solo lugar donde puedas ocultarte, abre, siervo fiel, este tenebroso templo de sombras y que ahí quede el niño oculto. (Toma al niño de la mano y el siervo va a abrir la puerta de la pirámide) Recitativo acompañado TAMIRI ¡Oh hijo, nacido para la afligida patria demasiado tarde y demasiado pronto para la madre infeliz! Yo te doy una vida. Tu padre te condena pero yo te reservo del oprobio de una cadena de esclavo. Tómala de buen grado pues es fruto de la piedad ¡Vamos, hijo! (Se dirige a la pirámide, pero aferrando al niño vuelve atrás) TAMIRI ¡Ah! Detén tus pasos y desprecia un vergonzoso asilo. Acepta tu suerte, querido mío, entrégate al destino y vive. Tal vez llegue el día en que recuperes tu noble condición de príncipe y vuelvas a sentarte en el trono que la tirana loba romana te usurpó. Que hoy te baste con eludir a la muerte. Mientras tanto, querido, recibe este beso como último obsequio de mi amor. Mi alma llega llega hasta ti a través de mis labios. Ve, dentro de unos momentos también yo iré. Me ocultaré en la misma tumba que ahora a ti te oculta. Estaré siempre a tu lado, velaré por tu vida y tu sombra seré. ¡Ve, ídolo mío, ocúltate y descansa! (El niño entra en la pirámide, y el servidor cierra la puerta) Pero, si como madre, he mantenido mi condición, volvamos a asumir la de esposa. (saca el puñal que le dio Farnace) Fatal daga de la muerte, último recurso de mis desventuras. abre mi pecho y escribe con mi sangre que viví como una reina y que, como una reina, libre y coronada, supe también morir. (En el momento en que va a suicidarse es detenida por Berenice) Escena Undécima (Berenice con los guardias y Tamiri) Recitativo BERENICE (quitándole el puñal) ¡Detente desdichada! TAMIRI ¿Qué es esta injusta piedad? BERENICE ¿Qué es esta audacia demente? TAMIRI ¿Me usurpas una muerte, que honra mis desdichas? BERENICE ¡Protejo una vida de la que sólo Roma es dueña! TAMIRI Pero tú, que eres amiga de Roma, dime: ¿vienes a mí, como madre o como enemiga? BERENICE Como hija de Berenice ve ahora en mí a tu madre; pero como esposa de Farnaces ve en mí a la enemiga y tirana. TAMIRI ¿Y en que pecó ese infeliz al amar a tu descendencia en Tamiri y a tu imagen en mi rostro? BERENICE ¿En qué pecó? ¿Ese indigno no te secuestró de mis brazos a mi pesar? TAMIRI Y yo ¿qué ultraje te hice al cumplir con mi destino? BERENICE Debiste obedecer primero a tu madre y luego al destino. TAMIRI ¡Ah, reina!... BERENICE ¡Basta ya! ¿Dónde has escondido a mi feroz enemigo, a tu odiado vástago? TAMIRI ¡Oh, dioses! En medio de la masacre también yo lo busco. BERENICE En la palidez de tu cara percibo tu mentira. Habla: ¿dónde está tu hijo? TAMIRI ¿Dónde está mi marido? ¿Dónde está mi reino? ¿Y mi libertad y mi grandeza? BERENICE No pasea el dolor con tanta fastuosidad sobre las grandes desgracias. Tú lo has ocultado, inicua; pero la tortura y las llamas arrancarán de tu pecho el alma, o el secreto. TAMIRI ¿Crees que me asustas? Estoy acostumbrada a desafiar la muerte. Mátame, ¿qué te lo impide? ¿Quién te pide misericordia? He llegado al extremo de mis desventuras. Ya no temo nada más. Escena Duodécima (Pompeyo con su séquito y las anteriores) Recitativo BERENICE Señor, arresta a esta que lleva en las venas mi sangre, pero que en su corazón sólo tiene impresa la imagen de su Farnace. Detesto ser la madre de la impía que desdeñó ser mi hija. Que su condición de reina cambie por el de esclava, y que por reino tenga apenas tanto como lo que puede medir su cadena. TAMIRI Señor, mira a tus pies a una hija desdichada del invicto Ariarates; odiada por Berenice porque conservo en mi pecho el corazón, lleno de fe y de constancia, tal cual lo heredé de mi progenitor. POMPEYO Bien resplandece en tu rostro la pureza de tu sangre y de tu alma. Nada te pido. Eres la prisionera de tu madre. Ante ella inclínate y reconoce en ella a tu vencedora y a tu reina. BERENICE No, no, que permanezca la inicua en tu poder a fin de que revele dónde esconde a su indigno hijo para oprobio de mi amor y de mi indignación. Aria De esta espada que quitó la vida a mi desventurado esposo he aprendido lo que es la crueldad. Al mirar a un hijo sin vida y empapado con mi sangre me olvidé de la piedad. Escena Decimotercera (Tamiri, y Pompeyo) POMPEYO Mujer, tu suerte va unida a tu amor. Cede tu amor a la suerte y no enojes al vencedor por el fruto de tu vientre. Del tierno retoño de una planta rebelde puede surgir un gran enemigo de Roma. Asia aún no está sometida totalmente y bien podría mi insensata piedad ser causa de otro peligro si resurgiera el padre en el hijo. Si bien se oculta entre la verde foresta la serpiente insidiosa, aunque pequeña, ella no es menos venenosa. En tu dulce y pequeño hijo hay que ver a esa serpiente. TAMIRI Entonces ¿Roma le teme? ¡Oh, afortunados nuestros muertos! ¡Él vive, sí vive, el pequeño niño tan temido por vosotros, héroes latinos! Vive, pero custodiado por los anhelos de la patria y mis amorosas diligencias. Así, le arrebato a Roma el más noble despojo y con ello le quito su mayor trofeo al conquistador de Asia, el gran Pompeyo. Nunca encuentra descanso el alma desconsolada si por su esposo ha perdido la paz. Ahora que con pavor me mira tu altanero corazón, recobro el vigor y mi dolor se apacigua. Final alternativo del acto I (versión 1739) TAMIRI ¡Oh, fuertes héroes de Roma que los imperios subyugáis! ¿Cómo es que arrasáis reinos y un simple niño os asusta? Fuertes héroes, la bajeza de ese temor no concuerda con el gran valor que os caracteriza. POMPEYO Como bien nos hace ver la excelsa dama, el insolente arbitrio del destino no tiene autoridad sobre las grandes almas; y una gran virtud, aunque envuelta en la turbulencia, camina con paso libre hacia su destino. Aria POMPEYO No tiembla sin ver una estrella, en medio de la niebla y la tormenta, si está armado de coraje el buen timonel. El que tiene por guía la virtud y a ella se confía, a pesar del impío destino con templanza no le teme. SEGUNDO ACTO Escena Primera (Lugar espacioso del palacio. Selinda, Gilade y Aquilio) Recitativo GILADE Princesa gentil, cada uno de nosotros dos tiene la valentía de suspirar por ti, pero la rivalidad de nuestras almas ya no la podemos soportar. Elige tú cual de nosotros te agrada más. AQUILIO Con diversa fortuna ambos aceptaremos el uno, sus alegrías; y el otro, sus tormentos. SELINDA Ambos ardéis de amor ¿y me pedís que rechace a uno? GILADE Nuestro destino pende de tu decisión. SELINDA Me gustaría satisfaceros, pero... GILADE ¿Qué duda tienes? AQUILIO ¿Qué temes? SELINDA Quién sea rechazado. ¿se ofenderá? ¿Se sentirá despreciado? AQUILIO Calma. GILADE Serenidad. AQUILIO Imperturbable. GILADE Constante. AQUILIO Sufriré el rechazo. GILADE Cederé ante mi rival. Recitativo SELINDA (a Aquilio) ¿Ese es el amor que por mí arde en tu corazón? (a Gilade) Puedes perderme con tanta calma ¿y dices que suspiras por mí? (a Aquilio) ¡Falso! (a Gilade) ¡Mendaz! Aria SELINDA (a Aquilio) Deja de suspirar. (a Gilade) Deja de presumir. (a Aquilio) Tú no conoces lo que es amar. (a Gilade) Tú no sabes nada del amor. (a Aquilio) Si puedes a tu gusto desatar tus ataduras. (a Gilade) Extinguir tu emoción. (a Aquilio) No tienes cadenas en el corazón. (a Gilade) Y no sientes ninguna pasión. Escena Segunda (Gilade, Aquilio) Recitativo GILADE Elijamos un momento mejor en el que el humor de la bella princesa se muestre menos esquivo y circunspecto. AQUILIO Son los rechazos habituales de la tímida dama que luego desaparecen, puesto que otra cosa no busca, con ese tierno y dulce rigor, que sumar un nuevo amor. Aria AQUILIO Siento en mi pecho una cierta alegría que nace de la esperanza de una mejor fortuna. Se burla la altiva dama, pero el alma amante, sin embargo, no desespera al dichoso amor. Aria alternativa (1739) AQUILIO Ante las amenazas de la feroz bestia no se desespera el buen cazador. La red extiende o empuña el arco aguardando con cautela y si regresa, muerte le da. El lazo tiende el amante a la belleza que le enamora. Sufre, suspira, el tiempo aguarda y finalmente, en la red la hace caer. Escena Tercera (Gilade y Berenice con su séquito) BERENICE Encuentre a Farnace y a su hijo, buscadlos por todos lados. Una sospecha que anida en mi pecho me dice que ambos están en el palacio. GILADE Obedezco. Pero ¿por qué ese odio tan feroz contra Farnaces que te lleva a desear su muerte? Perdona, pero tanto rigor, para ser justo, excede todos los límites. BERENICE ¿Qué límites encontraste en la ira cruel de Mitrídates? Él sometió en el campo de batalla con impía traición a mi esposo Ariarates. Él cercenó con su espada el vástago más excelso de mi trono real; él todo lo intentó para destruirme. GILADE ¿Y la culpa del padre le achacas al hijo? BERENICE Si Farnace no es culpable de los crímenes paternos, mucho me ha ofendido al raptar a mi Tamiri. ¡Basta, Gilade! Puesto que el destino ha puesto a Selinda bajo mi poder, quiero comenzar con ella mi venganza. La víctima es muy digna para el caso. GILADE ¡Oh, mi reina!... (se arrodilla) BERENICE ¿Qué pretendes? Levántate y habla. GILADE Dona a mi sangre, que derramo por tu grandeza, entrégala a mi amor. BERENICE ¿A Selinda? GILADE ¡Ah, ella es inocente! BERENICE Gilade, me doy cuenta que te has convertido en un loco amante. Deberías saber que el amor es un error en el corazón de un guerrero. Debes cambiar de idea. Aria Languidece mísero el enamorado que, sometido al dulce delirio del afecto suspirando da refugio al amor en su corazón. Vilmente pierde gloria y fama; y luego, aun queriéndolo, no sabe cómo volver a encender su ardor marcial. Aria alternativa (1739) BERENICE A la luz de las leyes del amor examina tu corazón y piensa si debes ser un guerrero o un amante. No debes rogar de esa manera por la que te envileció solo con una mirada Escena Cuarta (Gilade a solas) GILADE No, el amor no es un error en el corazón de un guerrero, sino, por el contrario, un estímulo a su valor. A la par de la gloria está el amor. Que en contra de mi amada Berenice no se ponga, o crueldad por crueldad yo le devuelva. Aria Incinerado por rayos ardientes, soy una pobre planta en la que la esperanza del verde pierde el agricultor, pero aun así la esperanza permanece en mi corazón. Aria alternativa (1739) GILADE El ruiseñor, cuando está enamorado, solo canta entre la foresta, expresando la crueldad de su destino. Quien le responde, cantando va con el corazón dichoso de rama en rama en el bosque sombrío. Escena Quinta (Mausoleo en la pirámide destinado a la tumba de los reyes del Ponto. Farnace) FARNACES No, no quiero ceder. Aún me queda un momento fatal que haga memorable y tremendo, al paso de los siglos, mi nombre. Oprimida libertad, aún te debo un último sacrificio. Que hoy se realice. Ya han sido elegidas las víctimas; y son tales, que bien pueden ilustrar mi desgracia. Yo descenderé al Elíseo con los aborrecidos restos de dos tiranos asesinados. Y cargado con trofeos semejantes, cansará mi sombra al fatal remo del antiguo barquero infernal en mi último viaje. Escena sexta (Tamiri, y Farnace) TAMIRI Ojos míos, ¿estáis soñando, o este es, sin duda, mi amado esposo? FARNACES (Para sí) ¡Cielos, Tamiri vive y mis órdenes no obedeció! TAMIRI ¿Qué dios compasivo de mis crueles tormentos te trae para consolarme, querido? FARNACES El dios traicionado por ti, vil mujer. TAMIRI ¡Oh, que ese mismo dios... FARNACES ¡Cállate! ¿Tan dulce le es la vida a los miserables, que pueden gozar aún en cruel servidumbre? TAMIRI Yo bien deseaba morir para escapar de los azotes de mi suerte, pero Berenice... FARNACES Comprendo. Berenice te transmitió la vileza de su sangre, y a la primera traición sumaste la segunda; y para ser ultrajado por los bárbaros, reservaste también a mi hijo. TAMIRI ¡Ah!... ¡Lo reservé, sí! (Para sí) Por favor, secunda oh Dios, la amorosa falsedad) (En voz alta) Pero lo reservé en el seno de esa tumba. ¡Allí está sepultado, oh dioses, tu única dicha y mi amor! FARNACES Entonces,¿ así murió mi amado hijo? ¡Ay, grande es mi desventura! Si él sirvió a la gloria que ahora sirva a la paternal ternura. Que hable, que hable el dolor y luego que la virtud lo entierre en mi corazón. Aria FARNACE (o TAMIRI segunda versión) Helada, en todas las venas, siento correr mi sangre. La sombra de un hijo exangüe me llena de terror. La sombra de un hijo exangüe me llena de terror. Helada, en todas las venas, siento correr mi sangre. La sombra de un hijo exangüe me llena de terror. Y para mayor pena mía reconozco haber sido cruel con un alma inocente. Al corazón de mi corazón ¡un alma inocente! al corazón de mi corazón. Helada, en todas las venas, siento correr mi sangre. La sombra de un hijo exangüe me llena de terror. FARNACES ¡Perdona, oh hijo amado, perdona a tu padre! Sólo por exceso de amor he sido despiadado. Lloro solamente por ti, no te lamentes por mí. En el Elíseo, ¡oh dioses! no digas: fue mi padre quien me asesinó. Escena Séptima (Berenice con su séquito de soldados y Tamiri) BERENICE ¡Alto! Estos orgullosos restos de una estirpe insidiosa a Berenice y a Roma, caerán dispersos por el suelo. TAMIRI ¡Oh, dioses! ¿Qué es lo que oigo? BERENICE ¡Y que sus cenizas disperse el viento! TAMIRI ¡Ah, reina, soldados! ¿Tan ávida está vuestra ira de sangre que viene a buscar en la osamenta desnuda de los sepulcros reales su funesto alimento? BERENICE A mi venganza no le es suficiente la sangre. La ofensa permanecerá viva mientras exista cualquier memoria del injusto ofensor. TAMIRI ¡Ah, madre! Este es un bello nombre que podría cambiar por el de enemiga con los tiernos abrazos que una vez, con mis bracitos rodeaba tu seno cuando era una niña y me colgaba de tu cuello. ¡Ahórrame este dolor! Salva tu gloria y tu fama de un cruel ultraje que no es un fruto digno de ti. BERENICE ¿Llorar la esposa del gran Farnace? Que llore, pero que piedad no obtenga. ¡Vete, muérete! TAMIRI Sí, bien lo has dicho. El llanto no es digno de mí, más digna será la furia. Combatiré feroz, el desdén dará fuerza a mi brazo indefenso y, tal vez, en la defensa de su real sepulcro tendré por compañía la sombra de Mitrídates. BERENICE ¡Guerreros, abatid a esta altanera mujer! TAMIRI (ara sí) ¡Oh, dioses, lo he intentado todo! (Fuerte) ¡Impíos, deteneos! ¡Óyeme, Berenice! BERENICE ¿Qué vas a decir? TAMIRI (Para sí) ¿Qué hacer? ¿Seguir al amor maternal? ¡Sí; que su voz y consejo haga perecer a mi esposo y vivir a mi hijo! BERENICE ¿Qué piensas? ¡Decide! TAMIRI ¡Oh, a qué precio estoy a punto de comprar tu clemencia! BERENIC Explícate. TAMIRI Quiero mostrarte al hijito que hasta ahora te oculté. Querida madre, de corazón de piedra, si la vida del niño hoy me niegas, te lo entregaré; pero... después... BERENICE Entrégalo y luego implora. TAMIRI ¡Abrid las negras estancias de la muerte! Que salga de su refugio el pequeño fruto de una madre desdichada. ¡Reina, mira al gran terror de Roma! He aquí el ultimo resto de la sangre por ti aborrecida. ¡Vamos, ven, inclina tu pequeña frente Ante los pies de tu noble antepasada! ¡Abrázala y llénala de obsequiosos besos! No es cobardía, corazón mío, sino lo que impone la miserable suerte. Este, reina, es tu nieto. En él observa la índole de su genio guerrero; y, con tu sangre, a tu rigor aconseja, que al fin y al cabo tú eres mi madre. BERENICE Tú no eres mi hija. (sale con el niño) Escena Octava (Farnace y Tamiri) Recitativo FARNACES ¿Esta es la fidelidad, perjura, que tienes para tu esposo? ¿Así proteges de mi hijo el preciado honor de una muerte libre? ¿Cuándo aprendiste tal vileza de mi? Ahora ve y de nuevo presenta la espada al verdugo romano, para que feroz y cruelmente en el tierno pecho de mi hijo la hunda. Ve... pero espera... quito de mi mirada el horror de este semblante cobarde, abominable y funesto, pero del debido castigo no huirás. Te espero como fantasma de la venganza, como larva indignada, allá, en los negros umbrales del Eliseo. TAMIRI Esposo... Farnace... ¡Oh, dioses!... FARNACES Tuno eres mi esposa. Escena Novena (Tamiri a solas) Recitativo accompagnato TAMIRI ¡Decidme, oh, dioses! ¿Qué he hecho? ¿Es justo que se castigue una justa piedad de una manera tan cruel? ¿Sólo por salvar a un inocente de la ira cruel de mi destino? Mi madre me niega el título de hija, y mi esposo el de consorte; sólo me queda, para mayor pena mía, sólo me queda el corazón en mi pecho. Aria ¡Dividid, justos dioses, mis amorosos sentimientos entre la madre y el esposo, que piadosos, una y otro, entonces serán. Dadme luego para mi sosiego dadme vuestros afectos, que junto a los de mi consorte, harán que mi corazón se fortalezca para luchar contra los despiadados de mi madre. Escena Décima (Estancias reales. Selinda, Gilade) SELINDA Si es verdad que me amas, generoso príncipe, ¡salva al hijo de Tamiri, salva a mi sobrino, salva al heredero del Imperio Asiático, salva al vengador oriente! GILADE ¿El niño está en peligro? Luego no está muerto, como se decía. SELINDA El pobrecito vivía escondido en el seno oscuro de una tumba, de allí lo sacó la reina. ávida de sangre y sorda a todo lamento. GILADE Por ti, mi querido amor, todo lo haré, a todo me atreveré, pero ¿de Gilade será el esfuerzo, y el afecto y el mérito para Aquilio. SELINDA ¡No, te lo aseguro! ¡Por la desgracia que me golpeó, te lo juro! GILADE Feliz en tu promesa. Mi corazón nada más pide. Aria (alternativa - 1739)) GILADE Esa mirada lánguida, a mi corazón enamorado, ha sabido encadenar. Y esa sonrisa plácida, a mi pecho lleno de afecto, hace que se enamore cada vez más. Escena Undécima (Selinda, Farnaces) SELINDA ¿A dónde te lleva, señor, tu valor y tu destino? Estos son los crueles umbrales del trono de Berenice. FARNACES Quiero matar ahora mismo a esa inhumana. SELINDA ¿Y dónde esperas encontrar refugio después de ese golpe fatal? Aquí está ella protegida por muchos custodios a cada paso. FARNACES A los grandes crímenes, a veces, el destino les sonríe admirado. SELINDA ¡Ah, con la prueba inútil de una valentía desesperada, te pierdes tú y no rescatas al hijo! Con un consejo más sensato, señor, guía tu mente. El general Emireno está reuniendo los restos dispersos de tu fugitivo ejército y ya cabalga para venir en tu ayuda. FARNACES Emireno sabe que en este palacio yo intento asesinar a Berenice y dar muerte a Pompeyo. Él espera el resultado de esta gran obra, y luego, contra los enemigos rápida y ferozmente lanzará sus tropas. SELINDA Más grande de lo que yo pensaba es tu plan, y su riesgo. Ve, ve hermano, Emireno te espera. Permíteme que yo ejecute eso que deseas. Ya logré que Gilade esté dispuesto a secundarme y en breve también lo hará Aquilio. FARNACES Admiro tu generoso coraje, pero no quiero que nadie me acompañe en esta gran prueba. Aria A pesar de que la injusta Roma me arrebató la corona de las sienes y la libertad de mis pies, conservo todavía tanto orgullo que, ante mi sólo nombre, el Capitolio temblará de miedo. Aria (alternativa 1739) Gimo y me estremezco; el día me parece tenebroso; tengo una gran ansiedad y mil furias en mi pecho. Con su cara ensangrentada la erinia Megara arde en mi pecho, y Alecto llena todas mis venas con su frio veneno. Escena Duodécima (Berenice con el niño, Pompeyo con Aquilio y Selinda) BERENICE He aquí al hijo del inicuo Farnace. Míralo: lleva en su rostro el orgullo de su madre y la perfidia de su padre. Destruye esta planta ominosa antes que, florecida, esparza sus dañinas semillas por el campo. SELINDA Reina, ¿en qué te ofende esta infantil inocencia? ¿Qué temes, que temes de esta tan tierna edad? BERENICE Al comienzo, el arroyo corre lento y silencioso pero, superando sus riberas, grita destrucción, arrasa rebaños y aterroriza a los pastores, llevando al mar no tributo, sino guerra. AQUILIO ¡Las águilas latinas no suelen herir palomas! SELINDA Ni los héroes del Capitolio beben, en la mesa triunfal, la leche y el llanto. POMPEYO Aquilio, que sea tu responsabilidad custodiar a este niño hasta que disponga de él y de su destino el senado romano. Aria POMPEYO León feroz que maniatado ruge pero no se le teme, de pronto rompe rejas y ataduras, haciendo temblar a sus custodios. Las feroces fauces por montes, llanos y por doquier esparcirá las hierbas y será en vano clamar piedad. Aria (alternativa) Roma, invicta pero clemente, no derrama en el Tíber sangre ilustre e inocente. Eleva bien pronto rápidas olas. rebalsando riberas y bancales, ante el horror de la crueldad. Y si bebe leche y sangre, se enfurece y la ola extingue, y de indignación y rabia bulle. Todos los que caminan junto a ella bien comprenden que ama la piedad. Escena Decimotercera (Berenice, Aquilio, Selinda) SELINDA Reina, tú no naciste entre las serpientes libias. AQUILIO ¿Por qué tu rigor a la inocencia condena? SELINDA ¿Por qué eres cruel con tu propia sangre? BERENICE Siempre seré cual tigresa furiosa contra los que me ofenden. Sólo su sangre me aplacará. La sombra de mi querido esposo furor reclama a mi dolor. Cruel pareceré, pues inocente es el niño que mato, pero la sangre que mane de sus heridas es la sangre de Farnace. Inútil será la piedad. Aria BERENICE Pensando en mi esposo sólo la venganza consuela mi alma. Si nace en el corazón un rayo de amor, la piedad arrebata todo mi desdén. Escena Decimocuarta (Selinda, Aquilio) SELINDA Aquilio, ¿y bien? ¿Lo pensaste? ¿Pretendes ser mi campeón? AQUILIO Puesto que tengo la gloria de amarte también quiero tener la de merecerte. SELINDA No te encomendaré una empresa fácil. ¿Qué me respondes? AQUILIO ¡Aquí está mi brazo y mi espada! SELINDA Ten en cuenta que el riesgo no será poco. AQUILIO No será mayor que el de tu belleza o el de mi amor. SELINDA Aquilio, en un solo día no madura una idea, y en un solo momento no se planifica una gran prueba. Vete, y antes de que mi mente te revele el plan, calcula el riesgo y pide consejo a tu corazón y a tu espada. Dúo AQUILIO Yo siento en mi pecho... SELINDA Yo siento en el alma... AQUILIO Tan gran afecto... SELINDA Tan dulce calma... SELINDA, AQUILIO Que mi oprimido corazón no lo puede explicar. SELINDA Del arrojado valor nace mi felicidad. AQUILIO De tu fiel amor me siento encendido. SELINDA, AQUILIO Quien anhela gozar se dedique placentero a su belleza. ACTO TERCERO Escena Primera (Plaza de Heraclea con trofeos y otros adornos triunfales. Pompeyo, Berenice, Gilade, Aquilio seguidos por ambos ejércitos victoriosos) CORO Alegre retumba en el Asia, ya dominada, la hermosa victoria. Sonoras las trompetas divulgan la gloria del poder de Roma. El enemigo está derrotado. Es el destino de Roma: jamás regresar sin que su brazo haya sojuzgado un reino. Sobre todos sus enemigos la espada romana es un rayo, un cegador relámpago. Nunca se vio descargar el golpe de su intrépida mano sin que cayera una ciudad. BERENICE Gilade. GILADE Gran reina. BERENICE Del derrotado Farnaces ¿qué noticias me traes? GILADE Dentro de palacio en vano lo busqué. AQUILIO Entre los fugitivos lo he perseguido en vano. POMPEYO Es un clamor muy difundido que derrotado en el campo de batalla en el bosque cercano ha buscado refugio. BERENICE Señor, puesto que no puedes con la sangre de Farnace, al menos con la sangre de su hijo cumple tu promesa y mi deseo. Cumple con los votos de mi venganza y la mitad de un reino será tu premio. Aria Como esposa afligida y madre ofendida te ruego a ti, que puedes hacerlo, me des con esa sangre la paz. Si me la niegas y te pones en del lado de esa sangre, se despertará la llama de la ira. Aria (Alternativa 1739) Mi alma desconsolada, no encuentra jamás reposo, puesto que junto con su esposo ha perdido la paz. Ahora que con temor observa tu arrogante corazón, deja que recupere su energía y acalle su dolor. Escena Segunda (Tamiri con siervos, que llevan regalos preciosos. Pompeyo con su séquito y Aquilio) TAMIRI Señor, si la clemencia no es el precio final de un alma grande y generosa, entrega, entrega a un niño inocente a una madre infeliz y en compensación de tan heroica piedad, recibe los tesoros escondidos por mi esposo, Farnace. Te pido sólo un niño a cambio de la mitad de un reino. POMPEYO Mujer real, que de tal suerte otra vez te haces digna de ese nombre, acepto el elogio y no tus regalos. He venido a guerrear y no a comerciar, pero para que comprendas que en un pecho romano la clemencia no es su última gloria, sino la primera, observa cuan diferente es tu criterio del mío. Aquilio, ¿por qué te demoras? ¡Devuélvele sus tesoros y a su hijo! (Sale con Aquilio) TAMIRI ¡Oh! Si fuese mi destino tan piadoso con mi esposo como lo ha sido con mi amado hijo, todos los ultrajes, por feroces que fueran, podría perdonarle, pero no lo espero. Escena Tercera (Farnace y Tamiri) Recitativo FARNACES ¡Cuán cruel fue tu misericordia al salvarle la vida a nuestro hijo! Sólo así lo perdiste, solamente así lo has matado. TAMIRI La misericordia celestial, por mano de Pompeyo, me lo ha devuelto. Soy culpable, pero mil muertes y muchas más a ti te pido. ¡Desgarra mi pecho! Querido esposo, cuando a tus pies languidezca moribunda, en este mismo pecho reaviva la causa de mi error, y reconoce, ¡oh, dioses! que vivo conservé al hijo para su padre porque en el hijo a su padre amé. Aria FARNACES ¡Ah, Tamiri! Después de todo, en tu ternura mi corazón reconoce tu valía. ¡Vive! Tal vez el cielo algunos rayos de luz y de esperanza hará brillar sobre nosotros. Y si incluso después, el cielo muestra su semblante adverso, sabe que en todo instante libre es nuestra alma y que al deseo del fuerte puede la vida faltar, pero no la muerte. TAMIRI Tal vez, querido, a través de esas palabras de tus labios, me dice alguna deidad o alguna estrella, que ya no habrá más rigores. Algún dios que querrá, o alguna estrella que sabrá aliviar mis tormentos y premiar mi fidelidad. Recitativo FARNACES Sí, alguna deidad o alguna estrella, finalmente nos dará alguna ayuda. El cielo, siempre armado de atroces saetas, no fulmina sin motivo y habrá que soportarlo hasta que cambie su rigor. Aria La tempestad furiosa se levanta y la tormenta fatal, con el susurro de las olas, se agita y confunde el cielo y el mar. Huye en un instante la horrible nube destructiva, y plácido, y sereno el cielo aparece. Aria (Alternativa 1739) El arroyo turbulento que se eleva en la orilla y desborda su cauce, tiene al fin su tumba en el mar. Quizás así, aún adverso, el destino un buen día aplacado cambie de aspecto y finalmente sucumba. Escena Cuarta (Un jardín, Selinda y Gilade) SELINDA Gilade, ¿tu mente no tiene alas para elevarse a las alturas de un trono? GILADE ¿Y cómo? SELINDA ¿No eres tú de Ariarates el heredero más directo? ¿No están en tu poder las fuerzas, y las armas de Capadocia? GILADE No te comprendo... SELINDA Utiliza tu fuerza. Dispara una flecha sobre el blanco de un reino. ¿Temes quizá a una mujer cuya fuerza reside en tu brazo? ¿Sientes horror por un delito, que te aportará una corona? ¿No dices nada? ¿No respondes? ¿Te amilanas tan pronto? GILADE ¿Que asesine a Berenice? SELINDA ¿Eres tan necio que no ves en tus remordimientos tu ruina? Establecida en el reino la altiva mujer y con el favor de Roma, se convirtió en poderosa. Te eliminará a ti antes que a mí con la espada o con el veneno... GILADE ¡Ah! ¿Esa impía también desea tu sangre?... SELINDA ¿Y puedes dormir ante tal peligro? Indolente e irresoluto aún... GILADE ¡No, no; cambio de opinión! Que reine Selinda y Berenice muera. Aria Son hermosos los laureles que otorga la gloria, pero son más hermosos aún los amores a mi corazón. Yo fui un guerrero y obtuve la victoria, ahora enamorado espero triunfar en el amor. Aria (alternativa 1739) Juguetea la brisa lisonjera y sacudiendo las ramas y el follaje, con dulce murmullo va desplegando su gozo. De igual modo también yo cedo a tu belleza altiva y al placer de tus encantos. Escena Quinta (Selinda y Aquilio) Recitativo SELINDA Aquilio, ¿tienes dispuesto tu fuerte brazo para la empresa? ¡Pues manos a la obra entonces! Quiero que vuelva a reinar Farnace. AQUILIO ¿Farnace? SELINDA Sí. Farnace vive y cuándo él recupere por ti su grandeza te promete como recompensa mi mano. AQUILIO Eso no depende de mí. SELINDA Pues procura que dependa de ti. AQUILIO ¿Qué debo hacer? SELINDA Rechaza indignado ser el segundo cuando puedes ser el primero. Haz que recaiga sobre ti la suprema autoridad de la altiva Roma, y luego, con total autoridad podrás hacer todo lo que los reyes pueden desear. AQUILIO Pretendes que contra Pompeyo... SELINDA Ese es el mandato y ese es mi deseo. Tú piensa en el resto. Aria Te ofreciste como mi paladín y entendiste mis pensamientos; si te niegas a satisfacerme eres un cobarde, o un mentiroso. No debiste ilusionarme para que te revelara mis propósitos si en tu corazón no tenías el coraje suficiente para afrontar tan grande empresa. Escena Sexta (Aquilio, luego Pompeyo, y luego desde el lado opuesto Farnace) AQUILIO ¡Oh, estrellas! ¿Qué hazaña de guerrero es una traición? ¿Qué remordimiento hay en mi corazón? ¡Coraje, Aquilio! Un alma audaz ¿ debe, a veces, preferir el error que perjudica a la virtud?... Aquí llega Pompeyo, de él me esconderé. (Se retira) POMPEYO De un reino subyugado Roma recibe un nuevo triunfo. FARNACES (Para sí) ¡Oh, dioses! Aquí está el soberbio enemigo. Que mi fortuna proteja el golpe. ¡Que muera Pompeyo! AQUILIO (Para sí) ¡Que muera Pompeyo! (Ambos avanzan con la espada desenvainada detrás de Pompeyo y, al encontrarse, quedan estáticos. Pompeyo se vuelve hacia ellos) FARNACES (Para sí) ¡Qué encuentro tan inoportuno! AQUILIO (Para sí) ¡Qué evento tan extraño! POMPEYO ¡Aquilio! Y tú ¿quién eres? ¿Por qué ambos empuñáis vuestras sus armas? ¿Por qué estáis pálidos? FARNACES Como feroz y horrible serpiente surgida de entre las flores, hace poco fui asaltado. Luego, con la espada desenvainada huyendo aturdido y tembloroso, aquí regreso tras mis pasos. AQUILIO Y yo, al verlo acercarse a ti en actitud amenazadora, he tomado mi espada en tu defensa. FARNACES (Para sí) ¡Oh! ¿Qué hacer? POMPEYO (a Aquilio) Este hombre muestra en sus ojos un no sé qué de coraje y espanto. AQUILIO ¿Cómo le fue permitida por los guardias la entrada? POMPEYO Extranjero, ¿dónde naciste? FARNACES En Capadocia. POMPEYO ¿Eres un guerrero? FARNACES He luchado bajo la insignia de Ariarates. POMPEYO ¿Y ahora? FARNACES Entre los custodios reales de Berenice, tengo un puesto y un nombre. POMPEYO ¿Cómo te llamas? FARNACES Ergildo. POMPEYO (Para sí) Mi corazón salta con infelices pálpitos. Temo una traición. (En voz alta) ¡Guardias! FARNACES Si otra cosa no requieres, me marcho... (Salen guardias) POMPEYO Acerca de quien eres quiero datos más precisos. Allí viene Berenice. Que ella te vea, entonces si eres quien dijiste ser, podrás marcharte tranquilo. FARNACES (Para sí) ¡Bárbaros dioses! Escena Séptima (Berenice y los anteriores) Recitativo POMPEYO Reina, ¿reconoces a este hombre como un custodio tuyo? BERENICE ¿Quién eres? Ponte frente a mí. FARNACES Yo soy uno que teme el destino que le aguarda, pero aún en la adversidad, tiene coraje y esperanza. POMPEYO Y bien reina, ¿quién es este guerrero? BERENICE Por su soberbia al hablar, por su mirada audaz, por su orgulloso corazón. ¿No lo reconoces?: Es Farnace. POMPEYO ¿Y has osado a entrar armado y furtivamente en el palacio? BERENICE ¡Matadlo, vasallos míos! FARNACES Moriré, pero peleando hasta que tenga fuerzas mi brazo y filo mi espada. POMPEYO ¡Ríndete! ¡Desarmadlo! ¡Encadenadlo! FARNACES ¡No será fácil vencer a Farnace! Yo sólo... (Mientras Farnace es atacado por los guardias entra y se interpone entre ellos, Tamiri) Escena Octava (Tamiri y los anteriores) Recitativo TAMIRI ¡Oh, dioses! ¡Deteneos! ¡Ah, esposo, dame esa espada! ¡Entrégamela! Soy Tamiri. Te lo ruego, deja que triunfe mi amor sobre tu coraje si no pueden triunfar todas mis lágrimas sobre la ferocidad de mi madre. FARNACES Tómala. (Lanza la espada a los pies de Berenice) Sacia tu ira en mi sangre, pero cuando la derrames, estarás sembrando la tierraç con odio y pavor. Cuarteto BERENICE ¿Yo cruel? ¡La justicia te condena por traidor! POMPEYO No eres digno de merced. TAMIRI Madre, procónsul, ¡oh, dioses! ¿Por qué tan cruel sentencia? FARNACES Es una vileza pedir clemencia. BERENICE ¿Tanta altivez? POMPEYO ¿Tanto orgullo? BERENICE Mereces la muerte. FARNACES ¡Y yo la deseo! TAMIRI Madre, esposo, ¡oh, dioses! BERENICE, POMPEYO ¡No es hora de tener piedad! FARNACES ¡Yo no pido misericordia! TAMIRI ¡Esto es demasiado cruel! BERENICE, POMPEYO ¡La muerte abatirá la terquedad de tu corazón! TAMIRI, FARNACES ¡El rigor y la ferocidad de mi destino con mi muerte se extinguirán! Escena Novena (Aquilio) AQUILIO ¿Qué he hecho? ¡Ay de mí! Al oponerme a Farnace, condené su esperanza y la mía, y perdí al propio Farnace. ¡Oh, qué desastre fatal! ¡Estrellas pérfidas, dioses injustos! Furias del Erebo vuelo a esconderme entre vosotras del terrible y ciego horror que me invade. El remordimiento corroe mi alma y cruelmente lacera el corazón en mi pecho. Escena Décima (Pabellones reales. Berenice sentada en una silla, Farnace encadenado entre guardias) BERENICE Farnace, los dioses al fin han demostrado ser dioses y ser justos. FARNACES Justos los creería si de mis pies transfirieran a los tuyos estas cadenas; y si cuando yo intenté matar a Pompeyo y asesinar a Berenice, hubieran secundado mis deseos. BERENICE De tus fechorías exprésame los motivos. Yo soy tu juez, Pompeyo me ha dado autoridad soberana sobre ti. FARNACES Farnace no se humilla ante un indigno juez que, sometido a ciegas pasiones, es un rastrero adulador del despótico poder romano. BERENICE Ve entonces, soberbio, a morir con tu estúpida audacia temeraria. Por tu delito el castigo, que deseas, ya está prescrito. (se levanta) Escena Undécima (Tamiri y los anteriores) TAMIRI ¿Es posible, reina, que ante el dolor de una hija inflexible sea tu gran alma? Te abrumo con mis súplicas, te colmo de lágrimas, y nada logro. (la toma de la mano y se arrodilla) Una vez más vuelvo a bañar tu mano con mis lágrimas. De este abrazo no te soltarás, si no me concedes la vida de Farnace. ¿No has sido vengada ya? ¿No lo despojaste de todos sus bienes? ¿Cuántos martirios pretendes del pobre rey? BERENICE (a los guardias que avanzan, uno de ellos con el sable desenvainado) ¡Que muera! ¡Cumplid la orden! Escena Duodécima (Pompeyo, guardias y los anteriores) POMPEYO Reina, el cielo a veces mucho tiempo necesita para elegir un rey. Nosotros no debemos perderlo en un instante. Que en perpetua prisión sea Farnace encerrado. BERENICE ¡No, no, nunca será custodiado lo suficientemente hasta que no tenga por cárcel una tumba! ¡Quiero que muera pues es culpable numerosos crímenes! Escena Decimotercera (Gilade y Selinda con una multitud armada y los anteriores) SELINDA, GILADE ¡Mueran Berenice y Pompeyo! (atacan a los guardias de Berenice y los ponen en fuga) BERENICE ¡Felonía! POMPEYO ¡Traición! GILADE ¡Quitemos estas cadenas indignas! (quita las cadenas a Farnace. Selinda le da su espada) SELINDA Cumple la venganza con tu propia mano. FARNACES ¡Amigos, respetad la vida de Pompeyo! ¡Berenice, muerte a espada! BERENICE ¡Traidores venid, aquí está mi pecho! No rechazo un castigo que merezco por demorar la muerte del más feroz y cruel de mis enemigos. FARNACES ¡Sólo yo quiero tener el honor de esta ejecución! (Quiere herir a Berenice pero Pompeyo se opone) POMPEYO ¡Oh, príncipe, reflexiona! (En este instante Tamiri toma a su hijo, que fue mantenido por un siervo en un segundo plano y se adelanta con él) TAMIRI Reflexiona, pues hieres a Tamiri en Berenice. Soy tan infeliz, que no puedo defender de mi madre a mi esposo y de mi esposo a mi madre. ¡Ah, si en ti queda una pizca de piedad por los que te aman, mantenlos vivos! FARNACES Quiero su muerte. (Berenice toma por el brazo a Tamiri y amenaza su pecho con un puñal) BERENICE ¡Pérfido, o te alejas de aquí, o desgarraré el pecho de tu preciosa mujer! POMPEYO ¡O cedes, o verás morir a tu hijo! FARNACES En vano lo intentáis, en vano... (Pompeyo está en actitud de herir al hijo de Tamiri) BERENICE Ven. POMPEYO Acércate. TAMIRI ¡Oh, dioses! FARNACES Príncipe, hermana, ¿qué hacer? (pensativo) SELINDA, GILADE No lo sé. POMPEYO Príncipe, ya es hora de que se extinga el fuego de tu ira. Que la paz de un generoso corazón, haga resurgir el adormecido amor. FARNACES ¿Quieres mi muerte? Aquí está la espada. ¡Mátame! (con resolución lanza la espada a Berenice) BERENICE (Arroja el puñal) Farnace, mi odio se ha extinguido. Veo que el cielo lo condena abiertamente. Ven, acógeme como una madre, te abrazo como a un hijo. Que tenga Tamiri un digno consorte, que tenga mi trono un soporte tan noble. Ahora vive y feliz reina, y que de todos compartan la fortuna y la grandeza. POMPEYO Por estos dichosos sucesos yo te entrego tu cetro y mi amor. Con Berenice vive y reina feliz. Pero ¿y Aquilio? GILADE (a Pompeyo) Está prisionero. (a Farnace) Emirenus, tu general, cuando pretendía huir del palacio, lo detuvo por el camino. SELINDA Emirenus, contra el ejército romano ya se mueve furibundo como un torbellino armado. FARNACES ¡Que se detenga la batalla! ¡Liberad a Aquilio! POMPEYO Id con Emirenus, y comunicarle la orden. SELINDA A Gilade, que fue el forjador de nuestro destino, muéstrale tu clemencia. BERENICE Yo lo perdono, y si Farnace lo aprueba, para que sea tu esposo, te lo entrego. FARNACES Príncipe, tu gran mérito es digno de la mayor recompensa. Le debo a Selinda, la vida y reino. CORO Que coronada con lirios y rosas regrese la amada paz. Entre mil antorchas amorosas que se apague el furor del odio. Digitalizado y traducido por: José Luis Roviaro 2023 |