EL CAPITÁN SPAVENTO

 

Personajes

CAPITÁN SPAVENTO 

MENATO

LA GITTA      

PRIMER POSADERO

SEGUNDO POSADERO

JUEZ

Capitán Retirado

       Amigo de Spavento

Antigua Novia de Spavento 

     Posadero     

Posadero

Un Juez

Barítono

Tenor

Soprano

Tenor

Barítono

Tenor

 

La acción se desarrolla en un lugar y tiempo indeterminados.

 

QUADRO PRIMO


(A due metri dalla ribalta, una tenda nera
apparentemente di un solo telo, ma che in mezzo
si può aprire in due, come un sipario. Appare il capitan
Spavento. Veste come un moschettiere straccione e
trascina uno spadone. È grottescamente marziale
nell’incedere)

CAPITAN SPAVENTO
Marte sotto i suoi lacci mi ha tenuto
gran tempo in doglie, in pene e tradimenti
e privo di speranze son vissuto
ognor gustando più aspri tormenti.
Quante lacrime, strida, urli e sospiri
ho diggià gustato, quanti martìri;
carcer, sangue e rovine atroci e fiere.

Se fossi morto non sarei più che uno spirito,
e gli spiriti non mangiano.
Sono io, sono vivo. Gitta! Gitta!
Di te innamorato sono,
la vita darei per un bacio.

(appare Menato)

MENATO
Sei tu compare?
Che brutta cera, compare.
Ho visto più di cento impiccati.
Nessuna faccia più brutta della tua ho visto mai.

CAPITAN SPAVENTO
Le miserie della guerra.
Bere e mangiar male.
La fame e la sete astergono la pelle.

MENATO
Eppure mangeresti anche il ferro.

CAPITAN SPAVENTO
Apro la bocca secondo i bocconi,
e s’io non posso aver del pesce grosso,
io mangio del minuto ch’ha men osso.

MENATO
Hai portato ricco bottino?

CAPITAN SPAVENTO
Non ho voluto fare del male.
Che male m’avevan fatto?

MENATO
T’immaginavo: le gambe, le braccia storpiate,
un occhio di meno

CAPITAN SPAVENTO
La prodezza non sta nelle ferite,
nelle storpiature.
Credi che cento uomini mi facciano paura?
Nel mezzo della bolgia nessuno si conosce.
Odi gridare: uccidi, uccidi!
Si vede cadere il compagno.
Se scappi il nemico t’insegue.
Ci vuole coraggio per scappare.
Io ho fatto il morto,
e tutta la cavalleria m’è passata sopra.
Il vero coraggio si dimostra
ritornando dalla guerra vivi.
Di fatti sono qui per rivedere la mia Gitta.

(La Gitta entra dalla tenda)

Ecco la Gitta. Olà, olà, non mi conosci?

LA GITTA
Sei tu? Sei vivo?
Che aspetto pietoso.
Che cosa mi porti?

CAPITAN SPAVENTO
È un miracolo se ti porto
la mia carcassa sana
e salva, come tu vedi.

LA GITTA
Della tua carcassa posso farne a meno. Mi
aspettavo ricchi doni: bottino di guerra.

(Il Capitano le si avvicina)

Lasciami andare.

CAPITAN SPAVENTO
(supplichevole)
Mi hai appena visto e già mi vuoi lasciare?

LA GITTA
(imitandolo)
M’hai visto anche troppo.
Aveva giurato che
sarebbe morto o ritornato ricco.

CAPITAN SPAVENTO
Le sventure.

LA GITTA
Io non ne ho, né voglio averne.
Ritorno dal mio uomo.

CAPITAN SPAVENTO
(prendendola per un braccio)
Dal tuo uomo?
Conosco un solo tuo uomo: io

LA GITTA
(respingendolo)
Vattene sciagurato.

CAPITAN SPAVENTO
Non mettermi in collera.

MENATO
Sarebbe capace d’uccidervi.

LA GITTA
È capace d’uccidere solo le sue pulci

(Il Capitan Spavento si avvicina minaccioso alla Gitta.
Dalla tenda esce «l’altro». Con un pugno manda a
terra il capitan Spavento e se ne va portando via la
Gitta)

CAPITAN SPAVENTO
(a Menato, alzando la testa)
Compare, sono andati?

MENATO
Sì, se n’è andata con lui.

CAPITAN SPAVENTO
Ma gli altri?

MENATO
Gli altri?

CAPITAN SPAVENTO
Cento contro uno.

(si alza lentamente da terra)

Feci alla pugna iersera con tre
e tutti e tre fra’ pie’ me li cacciai
e tanto in su e in giù li rimenai,
che piangendo chiesero alfin mercè.

(Se ne va trascinandosi dietro lo spadone. Menato
lo segue con lo sguardo e ride. Oscurità)



QUADRO SECONDO


(La stessa tenda nera, ma illuminata con riflessi rossi
e blu. A sinistra (scenderanno dall’alto) un’insegna con
la scritta «Locanda al Sole d’oro», a destra una seconda

insegna «Locanda della Luna crescente». Appare il
Capitan Spavento, armato del suo spadone e con una
piccola valigetta. Gli si fanno incontro i due locandieri)

PRIMO LOCANDIERE
Signore, signore, venite da me. Ottima la mia
locanda: all’insegna della luna crescente.

CAPITAN SPAVENTO
Alla luna crescente!
Ecco un’insegna di cattivo augurio.

SECONDO LOCANDIERE
Venite da noi, signore, al sole d’oro.

CAPITAN SPAVENTO
Al sole d’oro! È un po’ meglio!
senti amico, vorrei due stanze,
una piccola per me
e una grande per la mia spada:

PRIMO LOCANDIERE
Guardatevi da costui.

CAPITAN SPAVENTO
Perché, amico mio?

PRIMO LOCANDIERE
È un furfante. Dà a bere vino bianco per rosso.

CAPITAN SPAVENTO
Che orrore! Vino bianco per rosso!

PRIMO LOCANDIERE
E non è tutto: quello sciagurato
fece divorare a un povero pellegrino
un tacchino per un piccione.

CAPITAN SPAVENTO
Infamia! Un tacchino per un piccione?
E se scoppiava il povero pellegrino?

SECONDO LOCANDIERE
Lo vendicheremo

PRIMO LOCANDIERE
Si dorme sulla paglia da lui.

SECONDO LOCANDIERE
Signore, non ascoltatelo;
è un miserabile, un invidioso.

CAPITAN SPAVENTO
Sulla paglia. Sono forse nespole i forestieri?
Mai alloggerò da te.

SECONDO LOCANDIERE
Ma non capite?
Tutto ciò che dice è invidia.

PRIMO LOCANDIERE
Senza tante cerimonie, entrate da me.
Sembrate un gran signore.

CAPITAN SPAVENTO
Non sono che un mercante

PRIMO LOCANDIERE
Mercante di che cosa?

CAPITAN SPAVENTO
Mercante patrigno, cioè di tubini,
topazi, smeraldi, perle e diamanti
e mele cotte.

PRIMO LOCANDIERE
E a quanto la libbra?

CAPITAN SPAVENTO
Non si vende a peso. Vi farò vedere.

(Apre la valigia e tira fuori un piccolo scrigno pieno di
gioielli. Allo stesso tempo una compagnia di musicanti
si mette a suonare)

Avete mai visto al mondo niente di più bello?

PRIMO LOCANDIERE
(indicando un grosso diamante che è nello scrigno)
Che pietra è questa?

CAPITAN SPAVENTO
È una pietra estratta dalle viscere
del gran Mogol. Meraviglia!

(Mentre i due locandieri ammirano le pietre
false, egli ruba all’uno la borsa, all’altro
l’orologio)

SECONDO LOCANDIERE
È vero, signore, prendete alloggio da me.

(Il Capitan Spavento chiude lo scrigno e lo
ripone nella valigia)

PRIMO LOCANDIERE
Vorreste fare questo affronto alla mia locanda?

(I musicisti se ne vanno)

CAPITAN SPAVENTO
Ascoltate: per dirvela francamente, né dall’uno,
né dall’altro verrò.

PRIMO LOCANDIERE
Perché?

SECONDO LOCANDIERE
Perché?

CAPITAN SPAVENTO
Perché ormai i miei affari li ho fatti.
Devo andarmene.

PRIMO LOCANDIERE
Pretesti inutili

(gridando verso la locanda)

Olà garzoni!

SECONDO LOCANDIERE
(gridando verso l’altra locanda)
Olà garzoni!

(Alcuni garzoni escono dalle due locande. Vorrebbero
togliere il mantello e il cappello al Capitan Spavento, ma
questi si difende e minaccia con lo spadone. Finalmente
riesce a scappare. I due locandieri, accorgendosi di essere
stati derubati gridano)

PRIMO LOCANDIERE
Al ladro! al ladro!

SECONDO LOCANDIERE
Al ladro!

(Scompaiono inseguendolo. Oscurità)

(Nell’intermezzo fra il secondo e il terzo quadro,
prima che s’apra le tenda nera, si vedrà gente
passare di corsa, due o tre uomini, altrettante
donne, per ultimi la Gitta e i due locandieri)



QUADRO TERZO


(Un cortile cinto da mura. Nel mezzo, verso il fondo,
la forca che sorgerà su un palco piuttosto basso. In
primo piano, a destra, un rozzo tavolo e cinque sedie.
Sul tavolo dominerà lo spadone di Capitan Spavento.
Due guardie straccione trascinano il Capitan Spavento
che avrà le mani legate con una corda della quale le
due guardie terranno i due capi. Arriva la gente che
si è vista passare nell’intermezzo secondo, nello stesso
ordine, ma quasi insieme. Tenendosi per mano e
prendendo nel mezzo del cerchio il prigioniero e le
due guardie, intrecciasno una danza. Una campana
suona a morto)

LA GITTA
(guardando Capitan Spavento)
Odo a rintocchi suonar la campana,
e credo che sia morto lo mio amore
e vedo là quella gente venire.
Specchio del cuore mio, che ti van fare?
E vedo là quella forca innalzare.
Addio caro mio amore, addio eroe!

(Ride e gli volta le spalle)

SECONDO LOCANDIERE
Tenetelo ben fermo.

PRIMO LOCANDIERE
È un grande scellerato.

SECONDO LOCANDIERE
Non vi fidate.

PRIMO E SECONDO LOCANDIERE
Sopra quell’empio cadano lampi e saette.

(Danzano nuovamente)

(Sopraggiungono i giudici. Sono cinque. Tutti incappucciati.
Si seggono al tavolo. Il giudice di mezzo mostra ai presenti
l’orologio. Il primo locandiere si avvicina per prenderlo,
ma il giudice con rapido gesto, se lo mette in tasca. Mostra
la borsa al secondo locandiere: per quanto riesca quasi a
toccarla, subisce la stessa sorte del primo derubato)

IL GIUDICE DI MEZZO
(Legge l’atto d’accusa)
Centodieci rapine,
sedotte quaranta innocenti fanciulle,
percosso a sangue il farmacista,
il notaro, il sagrestano, il podestà.

LA GITTA
E poi...

IL GIUDICE DI MEZZO
Silenzio.

CAPITAN SPAVENTO
Chi potrà buttare in terra
sta colonna così forte?
La calunnia?

(Il giudice scampanella)

LA GITTA, PRIMO E SECONDO LOCANDIERE
(a tre)
Sopra quell’empio cadano lampi e saette

CAPITAN SPAVENTO
Armato è il mio braccio forte
sol per marciare alla guerra.

SECONDO LOCANDIERE
Con la dispietata morte...

PRIMO LOCANDIERE
(indica la forca)
Che ti attende.

(Il giudice scampanella sempre)

CAPITAN SPAVENTO
Tutte le strade le vo’ far bandire,
tutte le porte le vo’ far serrare,
tutte le case vo’ far spianare
che mi nascondono la mia bella Gitta.

(I cinque giudici si alzano di scatto, si appartano, e
formando un cerchio, le teste contro le teste, come un
grappolo, discutono sottovoce e gesticolano. Questa
sarà la pantomima dei giudici. Finalmente ritornano
ai loro posti. Dopo qualche istante di silenzio, il
giudice di mezzo si alzerà e pronunzierà la sentenza)


IL GIUDICE DI MEZZO
A morte!

(Il Capitano cade a terra svenuto. Le guardie lo
trascinano verso il patibolo. A un tratto si vedrà il
corpo penzolare dalla forca. I giudici se ne vanno.
Brevi danze disordinate . Il cortile resterà desero.
Improvvisamente si vedrà il corpo del Capitano, rotta
la corda, precipitare nella botola che si apre ai suoi
piedi e uscire carponi, a fatica, di sotto al palco della
forca. Il Capitan Spavento s’impadronisce del suo
spadone e con un buffo passo marziale se ne va
cantando)

CAPITAN SPAVENTO
Feci alla pugna iersera con tre
e tutti e tre fra’ pie’ me li cacciai
e tanto in su e in giù li rimenai,
che piangendo chiesero alfin mercè.


CUADRO PRIMERO


(Sobre el escenario, a dos metros de la parte
anterior del mismo, se ve una cortina negra
de un sólo paño, que se puede abrir en dos
como un telón. Aparece el capitán Spavento.
Un mosquetero harapiento que arrastra su sable.
Su andar es grotescamente marcial)

CAPITÁN SPAVENTO
Por mucho tiempo Marte me ha gobernado,
entre dolores, penas y traiciones;
y falto de esperanzas he experimentado
los más rudos tormentos.
¡Cuántos alaridos, gritos y suspiros he lanzado!
¡Cuántos martirios, aflicciones, lágrimas,
sangre, ruinas y atroces heridas!

Si hubiera muerto, no sería más que un espíritu,
y los espíritus no comen.
Pero yo estoy vivo... ¡Gitta! ¡Gitta!
¡Estoy enamorado de ti
y la vida daría por un beso!

(aparece Menato)

MENATO
¿Eres tú, compadre?
¡Qué cara tan horrenda, compadre!
He visto más que cien ahorcados pero jamás
he visto una cara más fea que la tuya.

CAPITÁN SPAVENTO
Es a causa de las miserias de la guerra.
Se bebe y se come muy mal.
El hambre y la sed arruinan la piel.

MENATO
Parece que también te hubieras comido la espada.

CAPITÁN SPAVENTO
Abro la boca según los bocados
y si no puedo obtener pez grande,
a menudo me como un hueso.

MENATO
¿Has conseguido botín?

CAPITÁN SPAVENTO
No he querido hacer daño a nadie.
¿Qué mal me habían hecho ellos?

MENATO
Te imaginé lisiado, sin piernas y sin brazos,
¡y con un ojo menos!

CAPITÁN SPAVENTO
La proeza no está en las heridas,
ni en las mutilaciones.
¿Crees que cien hombres me dan miedo?
En medio del combate nadie se conoce.
Oyes gritar: ¡mata, mata!
Se ve caer a un compañero.
Si huyes, el enemigo te persigue.
Se requiere mucho coraje para huir.
Yo me hice el muerto,
y toda la caballería me pasó por encima.
El verdadero coraje se demuestra
volviendo vivo de la guerra.
¡He regresado para volver a ver a mi Gitta!

(Gitta sale de detrás de la cortina)

¡Aquí está Gitta! ¡Hola! ¿No me conoces?

LA GITTA
¿Eres tú?... ¡Y estás vivo!
¡Qué aspecto tan miserable!
¿Qué me has traído?

CAPITÁN SPAVENTO
Es un milagro si traigo
sana y salva mi osamenta,
como puedes ver.

LA GITTA

De tu osamenta puedo prescindir...
Esperaba ricos regalos... un buen botín de guerra.

(El Capitán se le acerca)

Deja que me marche.

CAPITÁN SPAVENTO
(suplicante)
¿Apenas me has visto y ya me quieres dejar?

LA GITTA
(imitándolo)
Tú también me has visto demasiado.
Hubiera jurado que
habías muerto o te habías hecho rico.

CAPITÁN SPAVENTO
Sólo desventuras.

LA GITTA
No quiero ni oír hablar de ellas.
Regreso con mi hombre.

CAPITÁN SPAVENTO
(cogiéndola por un brazo)
¿Con tu hombre?
Sólo conozco un hombre tuyo: yo

LA GITTA
(rechazándolo)
¡Vete, desgraciado!

CAPITÁN SPAVENTO
¡No me hagas montar en cólera!

MENATO
Sería capaz de matarte.

LA GITTA
¡Solamente eres capaz de matar tus pulgas!

(El capitán Spavento se acerca amenazante a
Gitta. De detrás de la cortina aparece "el otro
hombre" que de un puñetazo derriba al capitán
Spavento y sale llevándose a Gitta)

CAPITÁN SPAVENTO
(a Menato, levantando la cabeza)
Compadre, ¿se ha ido?

MENATO
Sí, sí, y se fue con él.

CAPITÁN SPAVENTO
Pero ¿y los otros?

MENATO
¿Qué otros?

CAPITÁN SPAVENTO
Cien contra uno.

(se levanta lentamente)

Ayer a la noche me agarré a puñetazos con tres,
y a los tres sujetos les di tal paliza,
y tanto los sacudí arriba y abajo,
que al fin, llorando, pidieron merced.

(Va arrastrándose con su sable. Menato lo
sigue con la mirada y sonríe. Oscuridad)



CUADRO SEGUNDO


(La misma cortina negra, pero iluminada con reflejos
rojos y azules. A izquierda, descendiendo de lo alto, un
cartel con la inscripción "Posada al Sol de oro",
a la derecha otro cartel: "Posada de la Luna creciente".
Spavento aparece, armado con su sable y lleva un pequeño
maletín; se dirige al encuentro de los dos mesoneros)

PRIMER MESONERO
¡Señor, señor, venga conmigo!
¡Mi posada, La Luna creciente, es óptima!

CAPITÁN SPAVENTO
¡De la luna creciente!
¡He aquí un nombre de mal augurio!

SEGUNDO MESONERO
Venga con nosotros, señor, a "El sol de oro".

CAPITÁN SPAVENTO
¡El sol de oro! ¡Eso está algo mejor!
Oiga amigo, yo querría dos habitaciones,
una pequeña para mí
y una grande para mi espada:

PRIMER MESONERO
Cuídese de ese posadero.

CAPITÁN SPAVENTO
¿Por qué, amigo?

PRIMER MESONERO
Es un bribón. Da a beber vino blanco por tinto.

CAPITÁN SPAVENTO
¡Qué horror! ¡Vino blanco por tinto!

PRIMER MESONERO
Y eso no es todo.
Ese desgraciado le hizo devorar,
a un pobre peregrino, ¡un pavo por una paloma!

CAPITÁN SPAVENTO
¡Infame! ¡Un pavo por una paloma!
¿Y si el pobre peregrino reventaba?

SEGUNDO MESONERO
Lo hubiéramos vengado.

PRIMER MESONERO
Se duerme sobre paja en su posada.

SEGUNDO MESONERO
Señor, no lo escuche;
es un miserable y un envidioso.

CAPITÁN SPAVENTO
¿Sobre paja? ¿Acaso los forasteros son nísperos?
¡Nunca me alojaré en tu posada!

SEGUNDO MESONERO
¿Pero usted no entiende?
¡Todo lo que dice es por envidia!

PRIMER MESONERO
Sin tantos prolegómenos, venga conmigo.
Usted parece un gran señor.

CAPITÁN SPAVENTO
Solamente soy un comerciante.

PRIMER MESONERO
¿Comerciante de qué?

CAPITÁN SPAVENTO
Comerciante en joyas, es decir: de rubíes,
topacios, esmeraldas, perlas y diamantes,
así como de manzanas cocidas y otras yerbas.

PRIMER MESONERO
¿A cuánto el kilo?

CAPITÁN SPAVENTO
No se venden por peso. Les haré ver.

(Abre la maleta y saca un pequeño cofre lleno de
joyas. Al mismo tiempo una compañía de músicos
se pone a tocar)

¿Han visto alguna vez algo más bello?

PRIMER MESONERO
(señalando un gran diamante que está en el cofre)
¿Qué piedra es ésta?

CAPITÁN SPAVENTO
Es una piedra extraída de las entrañas
de la gran Mongolia. ¡Es una maravilla!

(Mientras los posaderos admiran las piedras
falsas, Spavento les roba a uno su billetera,
y al otro el reloj)

SEGUNDO MESONERO
¡Señor, alójese en mi posada!

(El Capitán Spavento cierra el cofre
y lo repone en la maleta)

PRIMER MESONERO
¿Despreciaría usted mi posada?

(Los músicos van)

CAPITÁN SPAVENTO
Escúchenme: para serles francos,
no iré ni a la una, ni a la otra.

PRIMER MESONERO
¿Por qué?

SEGUNDO MESONERO
¿Por qué?

CAPITÁN SPAVENTO
Porque ya mis negocios han terminando.
¡Tengo que irme!

PRIMER MESONERO
Inútiles excusas.

(gritando hacia la posada)

¡Eh, muchachos!

SEGUNDO MESONERO
(gritando hacia la otra posada)
¡Eh, muchachos!

(Varios sirvientes salen de las posadas. Pretenden
quitarle la capa y el sombrero a Spavento, pero
éste se defiende y los amenaza con el sable. Por
fin logra escapar. Los dos mesoneros, se dan
cuenta de que fueron robados y gritan)

PRIMER MESONERO
¡Al ladrón! ¡Al ladrón!

SEGUNDO MESONERO
¡Al ladrón!

(Desaparecen persiguiéndolo. Oscuridad)

(En el siguiente intermedio, antes de que se
abra el telón, se ve pasar corriendo a Spavento,
seguido por unos hombres, luego unas mujeres
y por último la Gitta y los dos mesoneros)



CUADRO TERCERO


(Un patio cerrado. En el centro y al fondo, la
horca que se eleva sobre un patíbulo bastante
bajo. En primero plano, a la derecha, una mesa
rústica y cinco sillas. Sobre la mesa se destaca
el sable de Capitán Spavento. Dos guardias
andrajosos arrastran al Capitán que tiene las
manos atadas con una cuerda. Llega la gente
que se ha visto pasar en el entreacto, en el mismo
orden, pero casi simultáneamente. Tomándose
de las manos y dejando en medio de ellos al
prisionero los dos guardias improvisan una
danza. Una fúnebre campana resuena)

LA GITTA
(mirando al Capitán Spavento)
Oigo el tañido de la campana,
y veo allí toda esa gente
que creo que ya ha muerto mi amor.
Espejo de mi corazón, ¿qué te van a hacer?
¡Ah, ya veo, allá, la horca levantada!
¡Adiós mi amor adorado, adiós mi héroe!

(Ríe y le da la espalda)

SEGUNDO MESONERO
¡Sujetadlo bien fuerte!

PRIMER MESONERO
¡Es un hombre muy perverso!

SEGUNDO MESONERO
¡No fiaos de él!

PRIMER Y SEGUNDO MESONERO
¡Que sobre ese impío caigan relámpagos y saetas!

(Bailan de nuevo)

(Cinco jueces encapuchados llegan y se sientan.
Un juez exhibe a los presentes el reloj. El primer
mesonero se acerca para recogerlo, pero el juez
con una rápida maniobra, se lo guarda en el
bolsillo. Enseña luego la billetera; y cuando el
segundo mesonero casi logra tocarla, de la misma
forma que antes el juez se la mete en el bolsillo)

EL JUEZ
(lee el acta de acusación)
Ciento diez robos,
seducción de cuarenta inocentes niñas,
persecución sangrienta del farmacéutico,
el notario, el sacristán y el alcalde.

LA GITTA
¿Y entonces?...

EL JUEZ
¡Silencio¡

CAPITÁN SPAVENTO
¿Quién podrá derribar
está columna tan fuerte?
¿La calumnia?

(El juez toca la campanilla)

LA GITTA, MESONEROS
(a tres voces)
¡Sobre ese impío caigan relámpagos y saetas!

CAPITÁN SPAVENTO
Mi fuerte brazo sólo sirve
para marchar a la guerra.

SEGUNDO MESONERO
Con la despiadada muerte...

PRIMER MESONERO

(señalando la horca)

... que te espera.

(El juez sigue tocando la campanilla)

CAPITÁN SPAVENTO
Todas las calles quiero hacer despejar,
todas las puertas quiero hacer cerrar,
todas las casas quiero hacer allanar,
¿dónde se oculta mi hermosa Gitta?

(Los cinco jueces se levantan de golpe y
forman un círculo, juntando las cabezas como
un racimo, discuten en voz baja y gesticulan.
Es la pantomima de los jueces. Luego vuelven
a sus sitios. Tras unos instantes de silencio, un
juez se levantará y pronuncia la sentencia)

EL JUEZ
¡Condenado a muerte!

(El Capitán cae desmayado. Los guardias
lo arrastran hacia el patíbulo. Poco después
se verá su cuerpo colgar de la horca. Los
jueces se retiran. Breves danzas desordenadas.
El patio queda desierto. De repente la soga
se rompe y el cuerpo del capitán, cae por la
escotilla abierta a sus pies y sale gateando
a duras penas. El Capitán Spavento se
apodera de su sable y con un ridículo paso
marcial se marcha cantando)

CAPITÁN SPAVENTO
Ayer a la noche me agarré a puñetazos con tres,
y a los tres sujetos les di tal paliza,
y tanto los sacudí arriba y abajo,
que al fin llorando pidieron merced



Traducido y digitalizado por:

José Luis Roviaro 2010