ATTO PRIMO
La fattoria di Castelet
(È la fine di maggio. In
fondo, una ubertosa e ridente campagna della
valle del Rodano. Piu innanzi, il cortile di
una antica e signorile fattoria, chiuso da un muro
molto basso. A destra, quasi in angolo, un
cancello di legno mette su di una strada
campestre che si perde fra le quinte. Piu innanzi
ancora, dallo stesso lato, un pozzo a sponda
bassa coperto di viti selvatiche. A poca distanza
dal cancello, verso sinistra, un grosso platano
stende sul cortile i suol lunghi rami carichi
di foglie. A sinistra è la fattoria, facente
gomito nel fondo. Dal cortile si accede ad una
terrazza del piano superiore per mezzo di una
gradinata esterna, che taglia diagonalmente, da
destra a sinistra, il muro di fronte del
pianterreno, posando su di un arco che passa sotto
l'edificio intero. A traverso l'arco si vede la
campagna. Sulla terrazza, non molto larga,
si aprono quattro porte a vetrate. Sul límite
destro della casa, si eleva un fienile a guisa
di torre quadrata. Nell'alto del fienile due
lunghe finestre, i cui battenti si aprono in fuori
a livello dell'impiantito, che divide
in due piani il fienile stesso. Una finestra
s'apre sulla terrazza; l'altra, a picco,
su di un'aia di pietra, verso il cortile. Un
piccolo cancello di legno mette in
comunicazione l'ala con la campagna. Tutto intorno
aiuole fiorite, cespugli di rose, utensili
campestri. L'insieme della fattoria è lieto e
pittoresco) (Baldassarre è seduto sulla
sponda del pozzo con una pipa corta fra i
denti. L'Innocente è seduto per terra, la testa
appoggiata alle ginocchia del pastore) BALDASSARRE (fra sè, guardando
I'Innocente) E a te ne un bacio mai, ne una carezza... niente! Quasi non fossi di lor sangue.
Guai s'io non ti amassi, povero
Innocente! "Gli scemi in casa portano
fortuna"; ma questo, ahime, si sveglia! L'INNOCENTE (fra
sè) "Pascea lungo il dirupo la capra"... (al pastore) e allor?... BALDASSARRE (come chi esca da tristi
pensieri) E allor... allor?...
Di allora ce n'e tanti nelle
mie storie... Ah, l'ho trovato... Come due tizzi accesi, dall'alto del dirupo, vide su lei sospesi gli occhi del lupo... Non diede un gemito la disgraziata, e non tentó fuggire; capi che iI lupo l'avrebbe
mangiata! E iI lupo sogghigno, quasi volesse dire: tempo a mangiarti avro! Il sol tramonta, scende la
sera; e con la sera s'annunzia la
morte. Ma lei, da quella forte capra ch'ell'era, le sue corna abbassò, già esperte in altre lotte, e il lupo attese, e col lupo
lottò tutta la notte!
(animandosi e levandosi da sedere) Ma quando il sol spuntò, dimise a terra il corpo
sanguinoso; e il sol... il sol negli occhi
la baciò; poi glieli chiuse all'ultimo
riposo! ROSA (uscendo agitata dalla casa) O Dio, nessuno ancora! (a Baldassarre) Or lascia stare le storie... e di' che pensi di colei che mio figlio vuol
sposare. BALDASSARRE Penso che di figliole, buone massaie ed oneste, ce n'e al villaggio... ROSA È chiaro come il sole! BALDASSARRE Che niun bisogno avreste per trovar moglie al vostro
Federico di cercarla in citta! ROSA (tristemente) Sì, anch'io lo dico! Ma Federico è tanto innamorato, trova in lei sola il fior
d'ogni virtu... La bella Arlesiana l'ha
stregato! BALDASSARRE Ma conoscete voi quella
fanciulla, per tirarvela in casa? ROSA Io no, per nulla. BALDASSARRE (con aria di rimprovero) Così, senza conoscerla dunque, padrona Rosa, consentirete salutarla sposa del figliuol vostro? ROSA Ah, no!... Ti rassicura. Ad Arles, come
sai, sta un mio fratello... BALDASSARRE Padron Marco? ROSA E gli occhi, quello, li ha
acuti assai. BALDASSARRE Ma non per le civette. ROSA (con convinzione) Oh, lascia andare; Marco e un uom coi fiocchi. Bel bello... alla sordina... un'occhiata di qua... di là una parolina... facendo il gonzo, il nòvo, son certa, scoprira perfino il pel nell'uovo. Fra poco ei qui verra.
(Baldassarre scrolla le spalle. Rosa
va verso il fondo a guardare, e
s'imbatte in Vivetta) ROSA (sorpresa) Ah, Vivetta, sei tu? VIVETTA
(a
Rosa, poi a Baldassarre) Buon di... Buon di.
(bacia l'lnnocente) Dalle verdi pendici di San Luigi in questo punto io
arrivo. Rivedo qui gli amici, il vecchio e amato rivo, la distesa dei prati di fiori costellati... Oh, si vive quaggiu la gioventu!... Estar soletta non vuol Vivetta... ¡Talor ha i suoi risvegli il
nostro cor! ROSA (distrattamente) Ma... perche vieni qui? VIVETTA (confusa) Pei bachi. Ogni anno ci vengo. ROSA È vero, si. Questa mattina non ricordo, non penso... non
capisco... (poi inquieta, a
Baldassarre) Da un'occhiata, pastor, lungo
la via che mena ad Arles. BALDASSARRE Pronto, padrona mia. (il pastore va a guardare,
l'Innocente lo segue ad entra con lui in
casa) VIVETTA (a Rosa, tra il desiderio
e il timore di sapere) Credevo in casa Federico... e
adesso... vi vedo in viso tutta turbata! Perfino il vostro respiro è
oppresso... Giunger potrebbe di là
un'ingrata notizia? Forse d'una sventura? Dite, madrina, dite: ho paura! ROSA (come chi voglia allontanare un pensiero tormentoso) Son io che immagino,
e son pazza d'immaginar,
mentre non ho ragioni... (poi, quasi fra sè) E se Marco, però, dovesse dire al mio figliol: "Quella è di te
non degna, te la togli dal core", il mio figliol ne muore! VIVETTA (agitata) Che? Federico si fa dunque
sposo?
(L'Innocente, comparendo all'orlo della
finestra del fienile, in alto, dà un grido) ROSA (trasalendo) Ah! L'Innocente lassù? Tremo da capo a piè! BALDASSARRE (afferrando l'Innocente) Non tremate, cader non potrà più. ROSA (rabbrividendo) Se mai cadesse alcun da
quell'altezza!... VIVETTA (con
ansia mal celata) Dite, madrina, dove conobbe quella donna ch'egli
adora? Qui al villaggio... od altrove? ROSA Qui al villaggio... Era un
giorno di festa, ei la vide, e s'accese d'amore. Da quel giorno donato ha il suo
core a lei sola, e non pensa più a
me. GIi parliam... non risponde
parola... cuore e mente gli stringe un
gran nodo! Nei suoi sogni lei sempre!...
lei sola! Pur, da quel giorno, io sento nel mío core che gli sarà fatale questo
amore! FEDERICO (dal fondo seguito da
Baldassarre) Mamma! ROSA (correndoglí incontro) Oh, figlio mio! FEDERICO (allegro e commosso corre nelle braccia di Rosa) Guardami, mamma, guardami in
viso: gli occhi, la bocca, son tutto
un riso. ROSA (turbata) Ma tremi intanto... FEDERICO Tremo d'amor! ROSA Calmati e parla... FEDERICO Parla il mio cor! ROSA
(con
ansia) Lo zio Marco? FEDERICO È indietro. Io solo son volato innanzi a tutti: tanto, tanto era il desìo di parlarti io
primo. O mamma, la mia bella Arlesiana non ha uguali sulla terra! L'amo!... m'ama!... Io son
beato! ROSA (con tenerezza) L'ami tu dunque tanto
l'Arlesiana? FEDERICO Quanto non si può dire, o
mamma, io l'amo! ROSA Piu di me stessa? FEDERICO Qual domanda insana! Sei tu di lei gelosa? ROSA No; ma temo... FEDERICO Che meno io t'ami? ROSA Forse... figliol... FEDERICO Oh, qual sospetto! Sei sempre, o mamma, l'amor mio
supremo. ROSA (baciandolo) Ebben, figlio, perdona... VIVETTA (a parte) E a me neppure un guardo...
un solo accento... Il sogno mio, il dolce sogno è
spento. BALDASSARRE (a Vivetta) Cos'hai Vívetta?... Perche
mesta sei? VIVETTA (confusa) No... pastor... non ho nulla... Partir solo vorrei... BALDASSARRE Forse ti leggo in core, cara
fanciulla. VOCI INTERNE Evviva padron Marco! Evviva! Evviva! ROSA (volgendo gli occhi verso il
cancello) Ah! ecco lo zio Marco. FEDERICO (correndo incontro a Marco) Finalmente! (entra Marco seguito da
amici) GLI AMICI Esultiamo! Trionfa amor, fiamma viva che accende ogni
cor. FEDERICO (a Marco) Perchè sì tardi? ROSA (a Marco, con ansia) Qual nuova? MARCO (con enfasi) Eccellente! Eccellente! Or tu, sorella, l'abito da
festa va senza indugio ad indossar,
poi corri ad Arles, ove farai della
ragazza ai genitori suoi la tua
richiesta. GLI AMICI La tua richiesta... MARCO Un cacciatore emerito par mio ha naso ed occhi che fallir non
sanno: ho fiutato... ho adocchiato... e, in fè di Dio, la preda è
portentosa; e non m'inganno! GLI AMICI Un cacciatore emerito par suo ha naso ed occhi che fallir non
sanno e... non s'inganna. ROSA (a Marco, con premura) É dunque cosa seria? MARCO (a Rosa, con convinzione) Certamente! FEDERICO Vide giusto... BALDASSARRE (ironico) E lontan?.. MARCO (punto) Precisamente! ROSA (interrompendo) Ci attendon su gli amici. FEDERICO,
MARCO Si vada, dunque, a bere. (salgono per la scala) VOCI INTERNE Evviva padron Marco! BALDASSARRE (guardando mestamente
Vivetta che sale, ultIma, la scala) La tua speranza, povera
piccina, svanita é come un sogno alla
mattina!
(accende la sua pipa) METIFIO
(comparisce in fondo, col mantello sulle
spalle, una borsa di cuoio alla cintura. Si
ferma e guarda intorno. Poi
scorgendo Baldassarre, si avanza) Castelletto? BALDASSARRE Mi par. METIFIO Rosa Mamai? BALDASSARRE È su con gli altri, inneggiano
alla sposa. METIFIO (vivamente) Chiamala a me, debbo parlar con
lei BALDASSARRE (chiamando) Padrona Rosa!
(Rosa compare sulla terrazza) Qui c'è un uomo che v'aspetta. ROSA (scendendo) Ebbene... parlate: ad
ascoltarvi sto. METIFIO (a Rosa) Il figliol vostro, a quel che
mi tu detto, decise di sposare una fanciulla
d'Arles. È vero? ROSA Sì, vero. Li sentite come cantan lassù? Si sta bevendo il bicchier
dell'augurio. VOCI INTERNE Il vino è dell'amor compagno
fido; nel vino sta la vita, e
nell'amor. Dal nostro petto erompa un solo
grido: Viva Bacco e la bella Arlesiana che sa rapire i cor! METIFIO Ebbene... ebben voi state per
dar sposa al figlio vostro una
sgualdrina! BALDASSARRE (con forza) Badate! ROSA Ah! che dite?.. METIFIO (sghignazzando) Ah! ah! badate!... (febbrilmente) Mi diè gli ardenti baci, ed i suoi turpi genitori lo
sanno. Capitó un dì, pel suo, pel mio
malanno, il figliol vostro... e allora con basse, strane ingiurie, tremo al ricordo ancora, mi cacciarono via peggio d'un
cane. BALDASSARRE (con sdegno) Ma questo... questo che voi
dite è orrendo! ROSA Se pur non è menzogna! METIFIO (porgendo due lettere a
Rosa) A voi, leggete! Son due lettere sue. ROSA
(dopo le prime parole, lascia
cader le lettere, che Baaldassarre
raccoglie e legge) Mio Dio! METIFIO Comprendo! Questo ch'io faccio è una
vigliaccheria; ma quella donna è mia! ROSA (risoluta) State tranquillo, non verremo certo a rapirvela noi! BALDASSARRE (a Metifio) Potete, è ver, lasciarmi queste
lettere? METIFIO Ebbene... sia! Tenetele! Ma torneran domani nelle mie mani... prometterlo
dovete. BALDASSARRE Lo prometto. METIFIO E sta bene. Io mi chiamo Metifio, il
guardiano di cavalli, laggiù nella palude di
Pharaman. (a Rosa Indicando
Baldassarre) Non sono ignoto al vostro
pastor. Addio! (esce) FEDERICO (dalla terrazza) Perchè state laggiù? Senza di voi non si sta allegri
più. (Rosa gli fa cenno di
scendere) FEDERICO (scendendo nel cortile con
gli amici canta inebriato) Nel colmo del piacer cantiamo,
amici, rendiamo alla bellezza i primi
onor; dal nostro petto erompa un solo
grido: viva amor e la bella Arlesiana, regina di bellezza, regina d'ognì cor! Cantiam la gioventù, lieti e
felici, cantiamo ognor l'amor e
l'Arlesiana, che sa rapire i cor, che m'ha
rapito il cor! GLI AMICI Rendiamo alla bellezza i primi
onori. Cantiam! ROSA Guai a te se ne pronunci pur solamente il nome! FEDERICO (con doloroso stupore) Che?.. Che dicesti?... ROSA (con voce soffocata) Dico ch'e la piü turpe delle
donne! BALDASSARRE (porgendogli le lettere) Leggi! FEDERICO (le
legge rapidamente poi cade sull'orlo del
pozzo con la testa fra le mani) Ah, l'infame!
ATTO SECONDO
Lo stagno del Vacares
(Le rive dello stagno del
Vacares, nella Camarga. A destra, un folto
canneto davanti al quale è un sedile di
pietra. A sinistra, su un prato leggermente
rialzato che degrada un poco verso la scena, un
ovile. In fondo, immenso orizzonte deserto.
Tardo pomeriggio)
(All'alzarsi del sipario,
Vivetta guarda intorno,incerta,
agitata)
ROSA (entrando, con ansia, a
Vivetta) Da quando il cerchi tu? VIVETTA Ancor non apparìa la stella del mattin, che a
ricercarlo m'ero già posta in via. L'ho chiamato per nome, penetrando i canneti; l'eco soltanto rispondeami come lamento, e vana fu la voce mia. ROSA (disperata) Dov'è, Dio mio, dov'è?... VIVETTA Fatevi cor madrina, non
piangete! Egli lo sa che per lui tutta e di lui sol
vivete: ritornerà... ROSA «Ritornerà!» e tu non sai
dov'è; nè so io stessa ove trovarlo,
ahimè! che ancora senta amore per quella donna là?... Che nulla mai dal core strappargliela potrà? VIVETTA Che so?... Un'altra che sia bella... ROSA (come colpita da un'idea
improvvisa) Non potresti tu esser quella? VIVETTA (turbata) Ma io... bella non sono. Eppoi... non l'amo. Non l'amo. ROSA Tu l'ami! A che non dirlo? VIVETTA (coprendosi il volto) Ebbene, è vero: l'amo, ma non saprei guarirlo... Il suo cuore è ammalato. ROSA (con ardore) Oh, Vivetta, te ne prego! Sii
pietosa, tu me lo puoi salvare... (avvicinandosi a Vivetta) Vien qua da me... Sei bella, e non lo sai! VIVETTA No, no! ROSA (aggiustandole le vesti) Sta qui. Stringi un po' più il
corsetto... e allenta il fazzoletto... (aprendoglielo un pochino) così, all'arlesiana. (contemplandola) Oh, quanto e qual incanto nel tuo fiorente aspetto! (trattenendola) Sta qui, sta qui. (ravviandole i capelli) E questo riccio scherzi a capriccio sulla tua fronte. Questa boccuccia che è troppo
austera schiudila un poco... così che
si riveli la cara fonte dei casti
sorrisi, dei sorrisi leggiadri che fanno
invito ai baci. Chi vuole amore bisogna che sappia esser audace. VIVETTA Ho vergogna. ROSA (implorando) Vivetta! Vivetta! Ah! Tu me lo puoi guarire... se sarai men ritrosa... se saprai appena osare! VIVETTA (vergognosa, cercando
allontanarsi) Che!... ROSA (trattenendola) Vien qua. VIVETTA (si schermisce) No. ROSA Vien qua... VIVETTA No... osar non so! No, no... (si svincola e corre
via seguita da Rosa) ROSA (rincorrendola) Vien qua... BALDASSARRE (entra seguito
dall'innocente; accennando a Vivetta) Ehi! Come corre! L'INNOCENTE (a Baldassarre) Ho fame. BALDASSARRE Hai fame?... C'è il sacco nell'ovile. (l'innocente fa per entrare, ma dà un grido e si ritira) Che cosa è stato? L'INNOCENTE È là! BALDASSARRE Chi? L'INNOCENTE Federico. BALDASSARRE (a Federico, che, coperto da
un mantello, appare pallido e
sconvolto sulla porta dell'ovile) Che facevi tu là? FEDERICO Nulla. BALDASSARRE Tua madre ti cercava, e
Vivetta... FEDERICO Queste donne mi dàn noia. BALDASSARRE Tu soffri! FEDERICO (con dispetto) No, non è ver!... BALDASSARRE Tu menti! FEDERICO (con impeto) Ebbene sì, soffro di gelosia; soffro, e di rabbia mi scoppia
il cor!... Ma tu, se m'ami, s'hai la
magia, dammi tu un filtro contro
l'amor! BALDASSARRE Lavora. FEDERICO Ho lavorato tanto, che fui presso a morire di
fatica, e non ho dimenticato. BALDASSARRE Vieni con me sui monti; godrai vasti orizzonti; cantan lassù coi zeffiri i
ruscelli; ai fiori, all'erbe, al sol
cantan gli augelli, vieni con me!... FEDERICO (con amarezza) I tuoi monti non son lungi
abbastanza. BALDASSARRE Va su pel mar... FEDERICO Nemmen il mar lontano è per me! BALDASSARRE Dove allora... dove andrai? FEDERICO (esasperato) Soffro tanto, pastor, che tutto
è vano, tranne il morir! BALDASSARRE (con dolcezza) Vieni con me sui monti: non è per te il morire. La vita è bella e lieto è
l'avvenire allor che vibra in noi la
gioventù. Io pure amai con vivo e casto
affetto e dovetti fuggir da lei che
pari ardore celava in core. Ma, sposa al primo mio padrone, sacra mi fu. Compii un dover! Or compi il tuo, pensa a tua madre. FEDERICO Scende nel core ogni tuo detto, non l'oblio ancor! (rientra in
scene l'innocente. Scende lasera) BALDASSARRE Ecco, declina il di. (all'Innocente) Io vado al gregge: tu m’aspetta
qui. (Dopo aver
fattosederel'innocente sul pratodavanti all'ovile,
esce) VOCI LONTANE Quando la luce muor, mesto diviene il cor! Federico seduto sulla
pancadi pietra destra,
trae le lettere. L'innocente si sdraia sul prato) FEDERICO (guarda le lettere) Portan tutti sul core, gl'innamorati, lettere d'amore; ed io vi porto queste che son la prova del suo
tradimento, e mi s'annebbian gli occhi solo a guardarle, e il leggerle
è tormento! (legge) «Sì, sempre tua, nelle tue
braccia sempre!». (ripetendo con ironia) «Nelle tue braccia sempre!». (con impeto di rabbia) Ah! L'infame! L'infame! L'INNOCENTE (in dormiveglia, ricordando il raccontodel pastore) «Il sol tramonta, scende la
sera...» (s'addormenta) FEDERICO (colpito sinistramente) È la solita storia del
pastore... (si avvicina all'Innocente) Il povero ragazzo voleva raccontarla, e
s'addormè. (lo contempla, poi lo copre
col suo mantello) C'è nel sonno l'oblio. Come
l'invidio! Anch'io vorrei dormir così, nel sonno almen l'oblio trovar! La pace sol cercando io vo', vorrei poter tutto scordar. Pur ogni sforzo è vano...
Davanti ho sempre di lei il dolce
sembiante! La pace tolta è sempre a me... Perchè degg'io tanto penar?... Lei!... sempre lei dinnanzi a
me! Fatale vision, mi lascia! Mi fai tanto male!Ahimè! (Vivetta entra pian piano e lentamente si avanza, non
veduta) Dormìa quest'innocente come ora dorme. E stata l'ultima volta: venne tra i gelsi, inaspettata, e mi chiamò per nome. VIVETTA (piano alle sue spalle) Federico! FEDERICO (trasalendo) La strana illusione!... Parmi
udire la sua voce... E, poichè non mi voltavo, lei scosse i gelsi... Fu una pioggia di fior sul mio
capo! (Vivetta che, intanto, ha
colto dei fiori di campo, glieli fa cadere sul
capo ridendo. Federico si volta
vivacemente) Chi è? VIVETTA (ride) Son qui! FEDERICO Che vuoi da me? VIVETTA (ingenuamente) Che voglio?... Se t'amassi?... FEDERICO (attonito) Amarmi tu?... VIVETTA (con grazia) Dice il mio cor di sì... T'amai sin da piccina. Non
dicevonulla. Sol ti guardavo...Te ne
ricordi? FEDERICO (brusco) No. VIVETTA (dolce) Te ne ricordi?... Sì...! E quando i fiori a cogliere
andavamo sullo spuntar del dì... e quando insieme unirsi
sentivamo le nostre man così... (prendendogli la mano) tra le foglie, se a caso non lo
so, te ne ricordi? FEDERICO No. VIVETTA Te ne ricordi?... Sì...! Io già t'amavo allor, e un
caldo fremito a quell'incontro mi correa le
vene; già, fin d'allor, sentìa d'amore i palpiti, ma tu... Io so... non mi volevi
bene. FEDERICO Mai non t'ho amata, e mai non
t'amerò. Il mio cuore è già morto! VIVETTA No, è malato. È la tua mamma che lo dice, lei che l'anima si sente
straziare nel vederti soffrire. Se, come amo, sapessi farmi
amare, io ti potrei guarire. Ma forse a te non basta un
caldo affetto... Ed ora che ho detto: t'amo... non saprò più... non potrò più
guardarti! FEDERICO (turbato) Ah, cessa! Ti scongiuro. VIVETTA (asciugando le lacrime) La mamma tua sbagliò: quella
non sono. FEDERICO Nè te, nè alcuna! Io v'ho tutte
in orrore!... (con crescente sdegno) Tu pur, che parli d'un affetto
antico, chi m'assicura, se t'amassi
mai, che un'ora dopo, a questo
limitare non venga un tal, sogghignando, a portare qualche tua
lettera?... VIVETTA (tendendo le braccia verso
di lui) No! Federico... (l'Innocente si sveglia
spaventato e corre a chiamar Rosa) FEDERICO (respingendola) Son pazzo io, non lo sai? Lasciami dunque, va! VIVETTA No! No! FEDERICO Va! (esce a sinistra, correndo,
mentre Vivetta cade in ginocchio, singhiozzando) ROSA (accorrendo) Che avviene? VIVETTA Egli non m'ama! ROSA (agitata) Ma dov'è? VIVETTA (indicando il canneto) Fuggì da forsennato. ROSA (desolata) Così non può durare: la triste passione l'avvince... La sposi, è tale il suo
destino! (esce in cerca di Federico) VIVETTA (sola) Sono respinta... Tutto il mio core singhiozza e duole! Abbandonata col mio sogno infranto sola
rimango, e gemo e piango! La pace è vana. Io tremo, io
gemo. O povero mio cor senza
speranza! Mio triste amor! (rientrano Rosa, Baldassarre
con Federico. L'innocente li
segue) FEDERICO (a Rosa) Perchè pianger così?Perchè
struggersi tanto? BALDASSARRE (indicando Rosa) Perchè teme di perderti. Ci strazia di guardarti! ROSA (a Federico) Se il tuo dolor... se altro
rimedio... FEDERICO Taci! ROSA (insistendo) Piuttosto che morir... sposala
pur. FEDERICO (risoluto) Ah, no! Non è possibile madre mia! Che cosa sia quella donna, tu
ben sai! ROSA (con impeto) Lo so, ma non vo' che tu muoia! FEDERICO (molto commosso) Oh, come dolce e grande è
l'amor tuo, che può piegarti a tanto
sacrificio. Grazie, oh, grazie, dall'anima commossa... Ma chi non vuole, o madre, or
son io... Io non voglio! La donna che portar dovrà il
mio nome ne sarà degna: a te lo giuro e
a Dio! (volgendosi a Vivetta
che è vicina a Baldesserre) Vieni, Vivetta, ascolta. (le stende le braccia) VIVETTA (sorpresa, esitante) O cielo! ROSA
e BALDASSARRE Lei? FEDERICO (avvicinandosi lentamente a
Vivetta) M'hai detto: «Tu sei malato: ti potrei
guarire». Guarire or mi vorrai? Lo vuoi tu? VIVETTA (andando da Rosa e
nascondendo il volto nel seno di lei) Rispondi tu per me. ROSA (stringendosela tra le
braccia) Oh! benedetta! VOCI INTERNE Luce che nasce e muor spesso è pur l'amor. BALDASSARRE (prende la testa di Federico
tra le mani e la bacia) Bravo, ragazzo mio! Sei dell'antica tempra anche tu. Che Dio ti benedica. VIVETTA Oh, quanta tenerezza! Oh, che dolcezza io sento! (staccandosi dolcemente da
Rosa, si avvicina a
Federico) FEDERICO Ah... qui sul cor! Mi vò guarir. VIVETTA Ti vò guarir! (Rosa, che intanto si ere
avvicinata ai due giovani, si pone ora tra
essi e li guarda amorosamente. Vivetta e
Federico abbandonano il capo sul
petto della madre, che li accarezza con
infinita tenerezza. Nel tondo Baldassarre
contempla soddisfatto la scena, mentre cinge col
braccio l'innocente che lo guarda
con intima e un po' smarrita emozione. La
tele scende lentamente, mentre la dolce
quiete della campagna e dell'ora e le
meste armonie ontane rendono più
commovente e soave questa intima scena di pura
tenerezza e d'amore)
ATTO TERZO La notte di Sant’Eligio (Una grande sala della
fattoria. Nel fondo di essa si aprono quattro porte
su d'una terrazza che si prolunga sino
all'angolo della fiancata sinistra. La terrazza sporge
sopra una valle chiusa, in lontananza, da un
panorama di verdi colline. Nell'angolo
sinistro della sala una scaletta di legno in due
rampe mette alla torretta del fienile.
In primo piano, pure a sinistra, la porta della
camera di Rosa e Vivetta. Poco avanti un
tavolo ed una sedia. A destra, lungo la parete
della sala, s'aprono due porte; una delle quali,
la più vicina, è la porta d'ingresso e
l'altra in fondo è quella della camera di Federico e
dell'innocente. Di fronte a questa, nella
parete sinistra della sala, vi è un piccolo
tabernacolo con una statuina della Madonna,
davanti alla quale arde un lumicino. Ai
piedi un inginocchiatoio. Tutte le
porte che mettono sulla terrazza sono munite
di vetrate e adorne di tralci di vite e di
piante. Spira un'aria di festa. Sta per annottare) (Delle fanciulle,
graziosamente vestite, sono affaccendate a
intrecciar fiori per farne ghirlande, in fondo
alla scena, mentre altre danzano
gaiamente) LE FANCIULLE Di gigli candidi faremo dono, domani, al provvido nostro Patrono. Nè rose e anemoni dovran mancar ai nostri giovani pronti a sposar. E fior a fior leghiamo ognor. I fior, che effondono lor miti olezzi, son quasi il simbolo dei nostri vezzi: nimbi fulgenti della virtù; aliti ardenti di gioventù. E fior a fior leghiamo ognor, al par che amore si avvince al core. BALDASSARRE (entrando, lieto) O bella, allegra gioventù,
salute! ALCUNE FANCIULLE (interrompendo la danza) O papà Baldassarre, anche voi
qui per le nozze? (circondano il pastore) BALDASSARRE Sì, certo! Ho dato moglie al padre dello
sposo, e l'ho data anche al nonno. Prima d'aver queste pupille
immote nel lungo, ultimo sonno, voglio provar la gran felicità di darla anche al nipote. ALCUNE FANCIULLE Han data oggi promessa. Domani i regali, poi? BALDASSARRE Sabato le nozze. Ma io, la stessa sera, mentre andran le lucciole fra i tepor della nuova
primavera raminghe alla campagna, randello in pugno, e su per la
montagna. LE FANCIULLE Tanto presto perchè vuoi
partire? BALDASSARRE Io voglio alfin sull'Alpi
morire. LE FANCIULLE (tra loro, raccogliendo i
fiori) E fiori a fiori leghiamo
ognor... (Le fanciulle, dopo aver
raccolto altri fiori, circondano allegramente
Baldassarre ed escono con lui. Altre
riprendono la danza, e infine si disperdono per
le porte della terrazza. La luna, intanto,
illumina a poco a poco la scena) VIVETTA (vien fuori dalla terrazza
cingendo
teneramente col bracciole spalle di
Federico) Non lo negar, non sei felice? FEDERICO (carezzandola) Sono felice, sì!... Temi pel
tuo malato? Ti rassicura: egli è guarito! VIVETTA Credi d'esserlo, e forse... non
lo sei. FEDERICO Dico il ver, non so ingannare; io, finora, non t'amai, t'amo adesso, e tuo m'avrai.
T'amo! VIVETTA (con gioia) M'ami, dunque, è proprio ver? FEDERICO (abbracciandola) Va, disperdi ogni triste
pensiero: t'amo tanto, soave mio fior. Vieni, vieni sul mio cor! Pace, vita è il tuo amore per
me; per me è il tuo dire una dolce
carezza. Qui sul mio sen, Vivetta, tu m'allieta, o mio dolce
tesor... tu sola ormai regni sul cor. VIVETTA (ripresa dal dubbio) Non pensi, dunque, all'altra? FEDERICO No, a te sola. VIVETTA (timidamente) Perchè tu serbi qui?... FEDERICO (sorridendo) Non serbo nulla. VIVETTA Sì... le lettere sue... FEDERICO (sorpreso) Che?! Tu sapevi? (poi, amaramente) Le ho conservate, è ver, gran
tempo... Stamane Baldassarre le riportò.
Duo
VIVETTA (con gioia) Fia ver? Vedi dei mio affetto la luce,
l'ardor, vedi il mio grande amor... o mio dolce tesor... FEDERICO Tremo, se tu mi parli, se mi avvinci col puro candor o casto e santo amor. VIVETTA Deh, guardami negli occhi, vedi la luce del mio grande
amor. FEDERICO Altro non bramo. VIVETTA Sol questo io sogno! FEDERICO T'amo! (ritornano abbracciati sulla terrazza e si allontanano) BALDASSARRE (entrando, guarda con
tenerezza i due giovani) Bravi ragazzi miei... col vostro puro amor la gioia qui è tornata. Siate felici ognor!... (Metifio entra concitato
dalla porta d'ingresso a destra,
s'imbatte in Baldassarre) BALDASSARRE Sei tu? Che vuoi? METIFIO Le mie lettere. BALDASSARRE (meravigliato) Come? Le ho date stamane a tuo padre! METIFIO Capisco... (sottovoce) Son due notti che dormo ad
Arles. BALDASSARRE Ah, ah! dunque, continua? METIFIO Sempre, sempre. BALDASSARRE Davver?... Dopo la storia delle
lettere, avrei creduto il contrario. (Vivelta e Federico
traversano la scena in fondo) METIFIO Perdonano le donne, quando per
lor siam vili, ogni nostra viltà. BALDASSARRE Che Dio t'aiuti, giovanotto. Guarir tu possa, come qui è guarito il ragazzo. Ei prende moglie fra quattro
giorni, e sposa un'onesta fanciulla. (Vivetta e Federico appaiono
in fondo e traversano ancora la
scena) VIVETTA Vedi tesor, negli occhi del mio
affetto la luce... l'ardor... Vedi,
dolce amor! METIFIO Oh, lui felice davvero! lui che le potrà dormire sul cor tranquillamente. Fra noi, smanie, rimbrotti ed impeti feroci di gelosia. Così passan le notti. Ma tanto inferno, ormai, sta per finire. Insiem vivremo,
e allora ari per bene, ari diritto... o
guai! BALDASSARRE (con meraviglia) Che? Vi sposate? (Vivetta e Federico
ritornano e, ogni tanto soffermandosi, si
avvicinano un po' più, ma restando in
disparte) Cuarteto METIFIO (risoluto) No, io la rapisco. Se col gregge stanotte tu stai, la pianura percossa udirai da un galoppo terribile: in
sella, stretta a me, griderà la mia
bella, ma il suo grido coi vento ne
andrà. BALDASSARRE (a Metifio) Ma veramente l'ami tu? Stregato ti ha così la
maledetta Arlesiana? METIFIO Sì, per il momento sono il suo
bel capriccio. FEDERICO (con un grido,
riconoscendolo) Ah, finalmente! Oh, sì, è lui! VIVETTA Meco ne vieni! Non restar qui. FEDERICO (a Vivetta) Lasciami dunque! VIVETTA Ah, tu l'ami ancora! METIFIO Alla ventura correr le strade, sapersi inseguita, tremar dalla
paura, mutar d'alberghi e non aver mai pace nel cor, mai nella testa sonno, o
quiete; a lei questo sol piace: canta uccello di mar con la
tempesta. BALDASSARRE (a Metifio) Rinunzia a lei, la tua mente è
smarrita! Cerca la dolce pace della vita. FEDERICO È costui il mio rival? Ah! Ah!
Questo villano! VIVETTA Vieni, se di pietà ti resta un
raggio, deh, torna a me... raccogli il
tuo coraggio. Non restar qui! FEDERICO O maledetto! O maledetto! VIVETTA Federico! Federico! Ah, meco vieni, ti stringi al mio seno, il mio
core resister non può. Vieni! Vieni. METIFIO É tardi... è la tortura.... al mio buon vecchio penso che
solo lascerò. BALDASSARRE Rimani dunque, rinunzia a
quella donna e prendi moglie anche tu. METIFIO Non posso, è così bella! FEDERICO (fra sè, con rabbia) E a parlar vien qui che ancora l'aroma delle sue carni esala,
o sciagurato. Ed ei me noma il fortunato... me!... me! che darei sol per
un'ora dell'inferno suo tutto il mio
paradiso! VIVETTA (fra sè, disperata) Ei non m'ascolta! O quale strazio, quale martir! Ei non m'ascolta, io son
perduta!
BALDASSARRE Maledetta! Maledetta! Con la sua fatal bellezza or diffonde pianto e danni! O maledetta maga orditrice d'inganni! METIFIO Fuggirò alla ventura fra perigli e paura, sul mio fido destriero la
involerò. Fra perigli e paura sin la morte per essa sfiderò! FEDERICO (respingendo con violenza
Vlvetta) Lo so che è bella, per Dio, lo so; ma tu, tu riportarmene novella proprio in quest'ora e qui?
T'ucciderò! (afferra uno dei grossi
martelli con cui si sono piantati gli alberi
di maggio e si slancia contro il
rivale) METIFIO (minaccioso) Indietro! indietro, dico! FEDERICO Difenditi, bandito! BALDASSARRE (trapponendosi) Ah, no! Che fai? FEDERICO (fuori di sé a Baldassarre) Va via! ti scosta! METIFIO Indietro! ROSA (accorrendo spaventate e slanciandosi in mezzo a
loro) Ah, spezza prima a tua madre il
cor. (Federico si ferma, vacilla,
il martello gli cade dalle mani.
Baldassarre spinge Metifio fuori. Rosa e
Vivetta conducono amorevolmente Federico, che
non oppone resistenza, nella sua
camera) VOCI LONTANE Ferve la danza nell'esultanza. Al Santo onore, ai cor l'amore! La nostra gioia giammai non
muoia! (rientra Rosa con una
lucerna in mano, la posa sul tavolo e va al
balcone: guarda un momento fuori, poi
torna) ROSA Cantano ancor laggiù... Le liete voci ancor ne reca il
vento: come funebre vel l'anima
avvolge mortal presentimento.
Aria
Esser madre è un inferno. Ho dolorato fino quasi a
morirne il dì che venne alla luce. Signor, tu che m'hai vista alla sua cuna in quelle paurose notti della sua infanzia... e
tu lo sai che te l'ho disputato ora per
ora, con la fronte dimessa al
pavimento, e con le palme aperte in te
converse, invocando il Tuo nome. Io da
quei giorni non ebbi requie più. Sai che
gli ho dato a brani a brani l'anima per
farne un uom che fosse onesto e
forte, amore e orgoglio mio. Io T'ho pregato
tanto ma sempre invano! Sai che, se muor, nè un'ora gli sopravvivo, e morirò
dannata! Signor! Tu che hai voluto vane le preci mie insino ad ora e vedermi piangente e dolorosa, rammentati Signor, la Madre Tua ai piedi della Croce
prosternata!... Anch'io, Signor, son madre
desolata. Per pietà veglia sulla vita
sua, per pietà, Signor! (resta assorta) Che notte!... quale veglia!... (s'apre vivamente la porta
della camera a destra, Rosa
trasale) Chi va là? (esce dalla camera di destra l'Innocente: scalzo, i
capelli arruffati, mezzo svestito, i calzoni
tenuti su da una sola bretella. I suoi
occhi brillano, nel suo volto c'è
un'insolita espressione di vita, un che d'aperto e
d'intelligente) L'INNOCENTE Mamma... ROSA Sei tu?...Che vuoi?... L'INNOCENTE (a voce bassa) Va pure a letto senza paura, chè questa notte nulla accadrà. Io su lui veglio. ROSA (meravigliata) Tu? L'INNOCENTE Ti stupisce? Quando il pastor dicea: «Si
sveglia!» il buon pastor non s'ingannava, il bimbo è sveglio, vede e
capisce. ROSA Ma come avvenne? L'INNOCENTE Non lo so come, ma scemi in casa non ce n'è
più. ROSA (trasalendo) No! taci!... ahimè... L'INNOCENTE Mamma, perchè? ROSA (dominandosi) Nulla, son pazza! Pazza son io! Tu pur sei figlio, sei sangue
mio. (attirandolo a sè, con
tenerezza) Vieni, ti siedi sui miei
ginocchi, grande or tu sei e bello. Di nova luce ti splendon gli
occhi, somigli a tuo fratello. L'INNOCENTE Baciami, o mamma. ROSA Sì, tante volte, non una
sola... L'INNOCENTE Oh, i dolci baci che ora mi
dai! cosi amorosi non l'ebbi mai! ROSA (mal dissimulando
l'agitazionedell'anima) Va, figliol mio, a dormire. (con grande commozione lo
bacia) Ancora un bacio... figlio!...
Va! (l'Innocente rientra nella
sua camera) ROSA (ripetendole parole
dell'Innocente) «Di scemi in casa non ce n'è
più». E se dovesse questo portarci
sventura? (s'arresta pensierose, poi
scuotendosi) Folle! Folle son io! (va verso lacamera dei figli e rimane in ascolto) Dormono entrambi. Grazie, Signor! (Durante la « ninna-nanna .
dell'orchestra, Rosa va a chiudere le
vetrate in tondo; poi, dopo essersi genuflessa
in atto di preghiera innanzi al
tabernacolo della Madonna, va lentamente a
riprendere la lucerna già posta sul tavolo
e rientra nella sua camera, lasciandone
aperta la porta. Spunta l'alba che illumina a
poco a poco la vetrata) FEDERICO (entra mezzo svestito,
l'aria smarrita; apre rapidamente una
finestra, si ferma in ascolto, poi si avanza
abbattuto) Già spunta il dì... la storia è del pastore: «Lottò tutta la notte, ma quando il sol spuntò, dimise a terra il corpo
sanguinoso...» È orribile! è orribile! Sempre la vedo... là... nelle
sue braccia... Ei la bacia, ei la stringe...
se la porta... Squarcian le selci le ferrate
zampe dei suo cavallo... Ah, non posso viver più! Vision maledetta, ti strapperò dagli occhi miei! (sta per slanciarsi verso la scala del fienile) ROSA (accorrendo spaventata) Federico... sei tu?... VIVETTA (entrando con Rosa,
dà anch'essa un grido) Ah!... ROSA (spaventata) Dove vai? FEDERICO (si arresta, vacillante, con
le braccia tese, ha l'aria smarrita di
un pazzo) E tu non l'odi, tu, laggiù, il
galoppo? ROSA,
VIVETTA No! FEDERICO (protendendo le braccia
verso il fondo sta per salire sulla scala
che porta al fienile. Rosa fa per
raggiungerlo, ma egli al colmo della
disperazione sfugge) Grida, povera bella, sempre la
vedo là nelle sue braccia! ROSA O figlio mio! FEDERICO Or tra le sue braccia ei forte
la stringe! ROSA,
VIVETTA No! FEDERICO Ei la bacia!... se la porta! ROSA,
VIVETTA No! No! FEDERICO (disperatamente) È là... É là! Più vivere non posso! VIVETTA Per pietà! FEDERICO Ah!... Più vivere non posso! ROSA Figlio! FEDERICO E vuol strapparsi a quelle
braccia! ROSA,
VIVETTA No! FEDERICO L'odi? L'odi?... Ah! (richiude la porta dietro di
sè) VIVETTA (implorando) No! Per pietà! ROSA (spinge la porta
disperatamente) Figlio! Figlio! M'apri! M'apri! VIVETTA (si precipita verso il
fondo) Per pietà! Al soccorso! (s'ode un tonfo ed un
gridare di voci interne) ROSA,
VIVETTA Ah! (Rosa cade svenuta ai piedi
della scaletta, Vivetta si
abbandona su di lei e l'Innocente, accorrendo
spaventato, s'inginocchia presso la
madre)

|
ACTO PRIMERO Granja de Castelet
(A fines de mayo. En el fondo, una
fértil y amena campiña del valle del Ródano.
Más adelante, el patio de una antigua y
señorial granja, cerrado por un muro. A la
derecha, casi en ángulo, una puerta que da a
un camino que se pierde entre los
decorados. Más adelante todavía, del mismo lado,
un pozo cubierto de vides salvajes. A
poca distancia de la puerta hacia la
izquierda, un gran árbol tiende sobre el patio
sus largas ramas. A la izquierda se observa la
granja, haciendo un ángulo en el fondo. Desde
el patio se accede a una terraza a
través de una escalera externa, que corta, de
derecha a izquierda la pared del frente de la
planta baja, posando sobre un arco que pasa
bajo el edificio entero. A través del arco
se ve el campo. Sobre la terraza, no muy
ancha, se abren cuatro puertas vidriadas. Sobre
el límite derecho de la casa, se eleva
una torre cuadrada. En lo alto del granero dos
largas ventanas, cuyas hojas se abren hacia
fuera y dividen en dos planos dicho
granero. Una ventana se abre sobre la terraza; la
otra sobre un corral de piedra, hacia el
patio. Una pequeña puerta de madera comunica
el corral con el campo. Todo
alrededor está florecido, se ven canteros de
rosas y utensilios campestres. El cuadro que
muestra la granja es encantador y
pintoresco)
(Baldassarre está sentado en el borde del
pozo con una pipa corta entre sus labios. El
inocente está sentado en el suelo con la cabeza
apoyada en las rodillas del pastor) BALDASSARRE (para sí,
mirando al inocente) Y para ti ni un beso, ni una caricia...¡ nada! Como si no fueras de su sangre. ¡Ay, si yo no te amara, pobre Inocente! "¡Un tonto en la casa trae suerte"; pero éste… ¡ay de mí!
EL INOCENTE (para sí) "Pace por el barranco la cabra"... (al pastor) ¿y luego?... BALDASSARRE (como quién sale de tristes pensamientos) ¿Y entonces... entonces?... Entonces una de mis tristes historias... ¡Ah, ya la recuerdo!... Como dos tizones encendidos en lo alto del barranco, vio sobre ella posados los ojos del lobo... ¡No dio ni un gemido la desdichada, y tampoco intentó huir, pues comprendió que el lobo ¡se la podría haber comido! Y el lobo sonrió maliciosamente, como queriendo decir: ¡Ya tendré tiempo de comerte! El sol se pone, cae la tarde; y con la tarde se anuncia la muerte. Pero ella, que era una cabra valiente, bajó sus cuernos, y experta en otras luchas, al lobo esperó, ¡y con el lobo luchó toda la noche!
(levantándose)
¡Pero cuando el sol asomó, cayó en tierra con el cuerpo ensangrentado; y el sol... el sol en los ojos la beso; ¡y cerrando los ojos, descansó para siempre!
ROSA (saliendo
agitada de la casa) ¡Oh Dios, ninguno todavía!
(a Baldassarre) Deja de contar historias y dime qué piensas de esa con quien mi hijo quiere casarse. BALDASSARRE Pienso que muchachas, buenas amas de casa y honestas, tenemos de sobra en la aldea... ROSA ¡Eso está claro como el sol! BALDASSARRE ¡Federico no tiene ninguna necesidad de buscar esposa en la ciudad! ROSA (triste) ¡Sí… yo también pienso lo mismo! Federico está tan enamorado, que sólo ve en ella lo mejor de cada virtud... ¡La bella arlesiana lo ha hechizado! BALDASSARRE Pero ¿conoce tanto a esa muchacha, como para traerla a su casa? ROSA ¿Yo?... No, para nada. BALDASSARRE (con aire de reproche) ¿Y así, sin conocerla, Señora Rosa, consiente en recibirla como esposa de su hijo? ROSA ¡Ah, no!... No te preocupes. En Arles, como tú sabes, vive un hermano mío... BALDASSARRE ¿El señor Marco? ROSA Y él tiene muy buen ojo… BALDASSARRE Pero no para las mujeres fáciles. ROSA (con convicción) ¡Oh, deja de preocuparte! Marco es un hombre astuto y muy hábil... Con disimulo... una mirada por aquí... una palabrita por allá... haciéndose el tonto, estoy segura descubrirá si hay un pelo en el huevo.
Dentro de poco aquí vendrá.
(Baldassarre
se encoge de hombros. Rosa se dirige
hacia el fondo, y se topa con
Vivetta) ROSA (con sorpresa) ¿Ah, Vivetta, eres tú? VIVETTA (a Rosa, luego a Baldassarre) Buen día... Buen día. (besa al Inocente) Vengo caminando desde las verdes laderas de San Luis. He venido a ver a los amigos, al viejo y querido arroyo, y al extenso prado cubierto de flores... ¡Ah, se disfruta aquí de la juventud!... Vivetta no quiere estar sola... ¡A veces mi corazón se despierta! ROSA (distraídamente) Pero... ¿sólo a eso has venido? VIVETTA (confusa) ¡No, vengo a comprar gusanos de seda! Como cada año… ROSA ¡Es verdad! Esta mañana no me puedo concentrar, no puedo pensar... no entiendo... (inquieta, a Baldassarre) Pastor, ve a dar un vistazo al camino de Arles. BALDASSARRE De inmediato, patrona.
(El pastor va
a mirar, el Inocente lo sigue y entra
con él en la casa)
VIVETTA (a Rosa, entre el deseo y el temor de saber) Creí que Federico estaba en casa... pero… ¡la veo a usted muy turbada! Hasta la respiración tiene usted agitada... ¿Acaso hay alguna mala noticia? ¿Quizás una desgracia? Dígame, madrina, dígame: ¡no me asuste! ROSA (como quién quiere alejar un pensamiento angustioso) Soy yo la que me lo imagino… Parezco una loca imaginando cosas sin motivo alguno... (luego, casi para sí) Y si Marco tuviera que decirle a mi hijo: "Ésa no es digna de ti, arráncala de tu corazón" ¡Mi hijito se moriría! VIVETTA (agitada) ¿Qué? ¿Federico está comprometido?
(El Inocente
se asoma a la ventana alta de la
torre y da un grito) ROSA
(sobresaltada) ¡Ay! ¿El Inocente está ahí arriba? ¡Tiemblo de pies a cabeza! BALDASSARRE (agarrando al Inocente) No tiemble, ya no podrá caerse. ROSA (estremeciéndose) ¡Si se cayera desde esa altura!... VIVETTA (con ansiedad mal disimulada) Y dígame, madrina, ¿dónde conoció él a esa mujer que adora? ¿Aquí, en la aldea... o en otro lugar? ROSA Aquí, en la aldea... Fue un día de fiesta, él la vio y se enamoró perdidamente. Desde aquel día le ha dado su corazón y ya no piensa en mí. Le hablamos... ¡pero no contesta una palabra! ¡Un nudo ata su corazón y su pensamiento! ¡Sueña siempre con ella!... ¡Sólo ella! Aquel día tuve el presentimiento en mi corazón ¡que este amor le será fatal! FEDERICO (desde fondo, seguido por Baldassarre) ¡Mamá! ROSA (corriendo a su encuentro) ¡Ay, hijo mío! FEDERICO (alegre y conmovido corre a los brazos de Rosa) ¡Mírame, mamá, mírame a la cara: los ojos, la boca, todo es pura sonrisa! ROSA (turbada) Pero al mismo tiempo estás temblando... FEDERICO ¡Tiemblo de amor! ROSA Cálmate y habla... FEDERICO ¡Habla mi corazón! ROSA (con ansiedad) ¿Y el tío Marco? FEDERICO Quedó retrasado. Yo he venido volando, adelantándome a todos, pues deseaba decírtelo el primero. ¡Oh mamá, mi hermosa arlesiana no tiene igual sobre la tierra! ¡La amo!... ¡Me ama!... ¡Soy feliz! ROSA
(con ternura) ¿Amas mucho a esa arlesiana? FEDERICO ¡Cuánto la amo, oh mamá, no se puede decir! ROSA ¿Más que a mí? FEDERICO ¡Qué pregunta! ¿Estás celosa? ROSA No, pero temo... FEDERICO ¿Que te quiera menos? ROSA Quizás... hijo... FEDERICO ¡Ay, qué dudas tienes! ¡Siempre serás, oh mamá, mi amor supremo! ROSA (besándolo) Está bien, hijo, perdona... VIVETTA (para sí) Y a mí ni siquiera una mirada... ni una palabra... Mi sueño, mi dulce ilusión ha muerto. BALDASSARRE (a Vivetta) ¿Qué tienes Vivetta?... ¿Por qué estás triste? VIVETTA (confusa) No... pastor... no tengo nada... Debo marcharme... BALDASSARRE Te leo en el corazón, querida niña… VOCES INTERNAS ¡Viva el patrón Don Marco! ¡Viva! ¡Viva! ROSA (mirando hacia la entrada) ¡Ah! Ahí viene el tío Marco. FEDERICO (corriendo al encuentro de Marco) ¡Por fin! (Marco entra seguido por amigos) AMIGOS ¡Alegrémonos, triunfa el amor! La llama viva enciende cada corazón. FEDERICO (a Marco) ¿Por qué tan tarde? ROSA (a Marco, con ansiedad) ¿Qué noticias tienes? MARCO (con énfasis) ¡Excelente! ¡Excelente! Ahora tú, hermana, ve a ponerte el vestido de fiesta sin demora. Iremos a Arles para pedirle la muchacha a sus padres. AMIGOS Solicitarla... MARCO Un cazador emérito como yo tiene nariz y ojos que no fallan: he olfateado... he investigado... y, a fe de Dios, la presa es portentosa; ¡y no me engaño! AMIGOS Un cazador emérito como él tiene nariz y ojos que no fallan y... no se engaña. ROSA (a Marco, con prisa) ¿Es entonces cosa seria? MARCO (a Rosa, con convicción) ¡Ciertamente! FEDERICO Vio muy bien... BALDASSARRE (irónico) ¿De lejos?.. MARCO (picado) ¡Precisamente! ROSA (interrumpiendo) ¡Atiendan a los amigos! FEDERICO, MARCO ¡Vayamos, pues, a beber! (suben por la escalera) VOCES INTERNAS ¡Viva el patrón Don Marco! BALDASSARRE (mirando tristemente a Vivetta que sube la escalera en último lugar) ¡Tu esperanza, pobre muchacha, se desvanece como un sueño por la mañana! (enciende su pipa) METIFIO (llega desde
el fondo, con la capa sobre los
hombros y una bolsa de cuero a la cintura.
Se para y mira alrededor. Luego, viendo
a Baldassarre, avanza) ¿Castelet? BALDASSARRE Así parece METIFIO ¿Rosa Mamai? BALDASSARRE Está arriba, festejando por la novia. METIFIO (con vivacidad) Llámela, debo hablar con ella. BALDASSARRE (llamando) ¡Señora Rosa!
(Rosa aparece
sobre la terraza) Aquí hay un hombre que la busca. ROSA (bajando) Y bien... hable, ¿qué desea? METIFIO (a Rosa) ¿Me han dicho que su hijo va a casarse con una muchacha de Arles ¿No es cierto? ROSA Sí, así es… ¿Oye como cantan ahí arriba? Están brindando por la futura boda. VOCES INTERNAS El vino es del amor un compañero fiel; en el vino y en el amor está la vida. De nuestro pecho salga un solo grito: ¡Viva Baco y la hermosa arlesiana que sabe arrebatar el corazón! METIFIO Pues… ¡está usted a punto de dar a su hijo una ramera por esposa! BALDASSARRE (enérgico) ¡Cuidado! ROSA ¡Ay! ¿Qué dice usted? METIFIO (riendo) ¡Ja, ja! ¡Cuidado!... (febrilmente) Ella me dio sus ardientes besos y sus deshonestos padres lo saben. Sucedió un día, para su y para mi desgracia, que apareció el hijo de usted y entonces… vilmente, con extrañas injurias, tiemblo todavía al recordarlo, me echaron peor que a un perro. BALDASSARRE (con indignación) Pero esto... ¡esto que usted dice es horroroso! ROSA ¡Si no es mentira! METIFIO (entregando dos cartas a Rosa) ¡Tome y lea! Son dos cartas de ella. ROSA (después de las primeras palabras, deja caer las cartas, que Baldassarre recoge y lee) ¡Dios mío! METIFIO Lo comprendo… Lo que estoy haciendo es una cobardía, ¡pero esa mujer es mía! ROSA (resuelta) ¡Quédese usted tranquilo, no seremos nosotros ciertamente quienes se la arrebataremos! BALDASSARRE (a Metifio) ¿Puede, dejarme esas cartas? METIFIO ¡Sí, claro!... Tómelas, pero debe prometerme que me las devolverá mañana.... BALDASSARRE Lo prometo. METIFIO Está bien… Me llamo Metifio y soy cuidador de caballos, allá, en el pantano de Pharaman.
(a Rosa,
señalando a Baldassarre) No soy un desconocido para su pastor. ¡Adiós! (se marcha) FEDERICO (desde la terraza) ¿Por qué estáis ahí abajo? Sin vosotros no podemos estar alegres. (Rosa le hace señas para que baje) FEDERICO
(bajando al
corral con
sus amigos,
canta embriagado) ¡En la cumbre del placer cantemos, amigos! Rindamos a la belleza los máximos honores. Que de nuestros pechos irrumpa un sólo grito: ¡viva el amor y la hermosa arlesiana, reina de la belleza y de los corazones! ¡Cante la juventud, alegre y feliz! Cantemos todos al amor y a la arlesiana, que sabe arrebatar el corazón, que me ha robado el corazón! LOS AMIGOS ¡Rindamos a la belleza los máximos honores! ¡Cantemos! ROSA ¡Cuídate de pronunciar tan siquiera su nombre! FEDERICO (con doloroso estupor) ¿Qué?... ¿Qué dices?... ROSA (con voz ahogada) ¡Te digo que es una mujer deshonesta BALDASSARRE (entregándole las cartas) ¡Lee! FEDERICO (lee rápidamente luego cae sobre el brocal del pozo con la cabeza entre las manos) ¡Ah, la infame!
ACTO SEGUNDO La laguna de Vacarés (A orillas de la laguna de Vacarés, en
La Camarga. A derecha, un espeso cañaveral en el que se ve un asiento de
piedra. A izquierda, sobre un prado ligeramente inclinado hacia la escena,
un redil. En el fondo, inmenso horizonte
desierto. Avanzada la tarde) (Al levantarse telón, Vivetta mira a su alrededor, dubitativa y agitada) ROSA (llegando, con ansiedad, a Vivetta) ¿Desde cuándo lo estás buscando? VIVETTA No había salido la primera estrella de la mañana, cuando me puse en camino para buscarlo. He penetrando en el cañaveral llamándolo, pero sólo me ha respondido como un lamento el eco… Todo ha sido en vano… ROSA (desesperada) ¿Dónde estará? ¿Dios mío, dónde?... VIVETTA ¡Tenga confianza madrina, no
llore! Él sabe que es todo para usted y que sólo por él usted vive: regresará... ROSA “¡Regresará!” y tú no sabes dónde está; ni yo misma sé dónde encontrarlo, ¡ay de mí! ¿Será posible que aún sienta amor por esa mujer?... ¿No podemos hacer nada para que la arranque de su corazón? VIVETTA ¿Quién sabe?... Quizás otra que sea hermosa... ROSA (como asaltada por una repentina idea) ¿Y tú no podrías ser esa? VIVETTA (agitada) Pero yo... no soy bella. y luego... no lo amo. No lo amo. ROSA ¡Tú lo quieres! ¿Por qué lo niegas? VIVETTA (cubriéndose el rostro) Pues sí, es verdad: lo amo, pero no sabría cuidarlo... Su corazón está enfermo. ROSA (con vehemencia) ¡Ay, Vivetta, te lo ruego! Sé piadosa, tú puedes salvármelo... (acercándose a Vivetta) Ven acá, a mi lado... ¡Eres bonita y no lo sabes! VIVETTA ¡No, no! ROSA (arreglándole el vestido) Mira… Ajústate un poco más el corsé... y afloja el pañuelo... (abriéndoselo un poco) Así, a la manera arlesiana. (contemplándola) ¡Oh, cuánto encanto hay en tu floreciente semblante! (reteniéndola) Así, quédate así. (arreglándole el cabello) Y este rizo que caprichoso juega sobre tu frente. Esa boquita es demasiado severa, ábrela un poco... así, que se vea la deseada fuente de las castas sonrisas, de las sonrisas que invitan a los besos. Que inciten al amor, que sepan ser audaces. VIVETTA Me avergüenzo. ROSA (suplicando) ¡Vivetta! ¡Vivetta! ¡Ay! ¡Tú puedes salvarlo... si fueras menos tímida... si supieras ser un poco más osada! VIVETTA (vergonzosa, buscando alejarse) ¡Que!... ROSA (reteniéndola) Ven acá. VIVETTA (trata de desprenderse) No. ROSA Ven acá... VIVETTA ¡No... no me atrevo! No, no... (se desprende y corre fuera de la escena seguida por Rosa) ROSA (persiguiéndola) Ven acá... BALDASSARRE (entra seguido por el Inocente; señalándo a Vivetta) ¡Eh! ¡Cómo corre! EL INOCENTE (a Baldassarre) Tengo hambre. BALDASSARRE ¿Tienes hambre?... Hay comida en el redil. (El inocente va a entrar, pero da un grito y se aparta) ¿Qué te sucede? EL INOCENTE ¡Está allí! BALDASSARRE ¿Quién? EL INOCENTE Federico. BALDASSARRE (a Federico, que cubierto por una capa, aparece pálido y trastornado en la puerta del redil) ¿Qué hacías ahí? FEDERICO Nada. BALDASSARRE Tu madre te buscaba… y también Vivetta. FEDERICO Esas mujeres me fastidian. BALDASSARRE ¡Estás desquiiziado! FEDERICO (con despecho) ¡No, no es cierto!... BALDASSARRE ¡Mientes! FEDERICO (con ímpetu) ¡Está bien, sí, estoy celoso! ¡Mi corazón estalla de rabia!... Pero tú, si me quieres, si sabes algo de magia, ¡dame un filtro contra el amor! BALDASSARRE Trabaja. FEDERICO He trabajado tanto, que estuve a punto de morir de fatiga y no he podido olvidar. BALDASSARRE Ven conmigo al monte… Gozarás de vastos horizontes; te arrullarán los vientos y los arroyos; Flores en prados soleados, el canto las aves… ¡Ven conmigo! FEDERICO (con amargura) Tus montes no están lo suficientemente lejos. BALDASSARRE Ve al mar... FEDERICO ¡El mar no está menos lejano para mí! BALDASSARRE ¿Dónde entonces... adónde irás? FEDERICO (exasperado) ¡Sufro tanto, pastor, que la única salida es la muerte! BALDASSARRE (con dulzura) Ven conmigo al monte; la muerte no es para ti. La vida es bella y feliz es el futuro, pues estás lleno de juventud. Yo también amé con vivo y casto cariño y debí huir de ella que también me amaba. Pero, era la esposa de mi primer patrón, y sagrada era para mí. ¡Cumplí con mi deber! Ahora tú cumple con el tuyo, piensa en tu madre. FEDERICO ¡Desciende a mi corazón cada palabra tuya, no las olvidaré! (entra el Inocente. Cae la tarde) BALDASSARRE Está anocheciendo...
(al Inocente)
Voy a ver el rebaño, tú espérame aquí.
(Después de
hacer sentar al Inocente sobre el prado
delante del redil, sale)
VOCES LEJANAS ¡Cuando la luz muere, triste se pone el corazón!
(Federico,
sentado a la derecha sobre un banco de
piedra, extrae las cartas.
El inocente se
acuesta sobre el prado)
FEDERICO (mirando las cartas) Todos los enamorados llevan sobre su corazón, cartas de amor; y yo llevo éstas, ¡la prueba de su traición! Se me nublan los ojos sólo al mirarlas; y el leerlas, es mi tormento!
(lee)
"¡Sí, siempre tuya, en tus brazos siempre"! (repitiendo con ironía) "¡En tus brazos siempre!". (con furia) ¡Ah! ¡La infame! ¡La infame! EL INOCENTE (en duermevela, recordando el relato del pastor) "El sol desciende, cae la tarde..." (se duerme) FEDERICO (abatido) Es la repetida historia del pastor... (se acerca al Inocente) El pobre muchacho quiso contarla y se durmió. (lo contempla, luego lo cubre con su capa) Hay en el sueño olvido… ¡Cómo lo envidio! También yo querría dormir así, y en el sueño, al menos, encontrar olvido. Sólo busco la paz… Querría poder olvidarme de todo. ¡Sin embargo todo esfuerzo es vano... siempre tengo ante mí su dulce semblante! He perdido para siempre a paz... ¿Por qué debo penar tanto?... ¡Ella!... ¡Siempre ella ante mí! ¡Fatal visión, déjame! Me haces daño... ¡Ay de mí! (Vivetta entra lentamente y avanza sin ser vista ni oída) Yo dormía como ahora él duerme, el Inocente. Fue la última vez: vino entre las moreras, inesperadamente, y me llamó por mi nombre. VIVETTA (en voz baja, a sus espaldas) ¡Federico! FEDERICO (sobresaltando) ¡Qué extraña ilusión!... Me parece oír su voz... Y, como yo no me daba vuelta, ella sacudió las moreras... ¡Fue una lluvia de flores sobre mi cabeza! (Vivetta, que ha recogido flores de campo, las hace caer sobre su cabeza riendo. Federico se vuelve alegremente) ¿Quién es? VIVETTA (ríe) ¡Aquí estoy! FEDERICO ¿Qué quieres? VIVETTA (ingenuamente) ¿Qué quiero?... ¿Si yo te amara?... FEDERICO (atónito) ¿Amarme tú?... VIVETTA (con gracia) Dice mi corazón que sí... Te amé ya desde pequeña. No decía nada. Solamente te miraba... ¿Te acuerdas? FEDERICO (brusco) No. VIVETTA (dulce) ¿No lo recuerdas?... ¡Sí...! ¿Y cuando íbamos juntos a recoger flores al despuntar el alba?... Y cuando juntos sentimos unirse nuestras manos así... (tomándole la mano) entre las hojas, como por casualidad, ¿lo recuerdas? FEDERICO No. VIVETTA ¿No lo recuerdas?... ¡Sí...! Yo te amaba y un ardiente estremecimiento en esos encuentros corría por mis venas; Desde entonces, sentía pálpitos de amor, pero tú... lo sé... no me amabas. FEDERICO ¡Nunca te amé, y nunca te amaré, mi corazón está muerto! VIVETTA No, está enfermo. Es tu madre quién lo dice, pues se le desgarra el alma al verte sufrir. Si como yo te amo, supieras amarme, yo podría curarte. Pero quizás no te baste mi cálido afecto... Y ahora que he dicho: ¡te amo! ya no sabré... ya no podré volver a mirarte FEDERICO (turbado) ¡Ah, basta! Te lo ruego. VIVETTA (secando sus lágrimas) Tu madre se equivocó: yo no soy para ti. FEDERICO ¡Ni tú, ni ninguna! ¡Mi vida es un horror!... (con creciente desdén) Incluso tú, que me hablas de un viejo amor, ¿quién me asegura que, en caso de amarte, una hora después no llegará un fulano, riendo maliciosamente, trayendo algunas cartas tuyas?... VIVETTA (extendiendo los brazos hacia él) ¡No! Federico...
(el Inocente
se despierta asustado y corre a
llamar a Rosa) FEDERICO (rechazándola) ¿Estoy loco, no lo sabes? ¡Déjame, vete! VIVETTA ¡No! ¡No! FEDERICO ¡Vete!
(sale por la
izquierda, corriendo, mientras
Vivetta cae de rodillas, sollozando)
ROSA (entrando) ¿Qué ocurre? VIVETTA ¡Él no me ama! ROSA (agitada) Pero ¿dónde está? VIVETTA
(señalando el
cañaveral) ¡Huyó como un loco! ROSA (desolada) ¡Así no puede seguir! Una triste pasión lo domina... ¡Su destino es casarse! (sale en busca de Federico) VIVETTA (sola) ¡Me ha rechazado! Mi corazón partido sufre… Abandonada, con mi sueño destrozado, estoy completamente sola, ¡gimiendo y llorando! No encontraré la paz... tiemblo, gimo. ¡Mi corazón ya no tiene esperanza! ¡Mi triste amor! (regresan Rosa y Baldassarre con Federico. El Inocente los sigue) FEDERICO (a Rosa) ¿Por qué lloras así? ¿Por qué sufres tanto? BALDASSARRE (Señalando a Rosa) Porque teme perderte. ¡Sufre de sólo mirarte! ROSA (a Federico) Tu sufrimiento... si tuviera remedio... FEDERICO ¡Calla! ROSA (insistiendo) Antes de matarte... cásate con la arlesiana. FEDERICO (resuelto) ¡Ay, no! ¡Es imposible madre! Bien sabes lo que me ha hecho esa mujer… ROSA (con ímpetu) ¡Lo sé, pero no quiero que mueras! FEDERICO (muy compadecido) ¡Ay, como de dulce y grande es tu amor, que puede obligarte a tanto sacrificio! ¡Gracias, oh, gracias, por tu alma generosa! Pero quién no quiere ahora, oh madre, soy yo... ¡No quiero casarme con la arlesiana! La mujer que lleve mi nombre, será digna de ello: ¡Te lo juro a ti y a Dios!
(volviéndose
hacia Vivetta que está
junto a Baldassarre)
Ven, Vivetta, escucha. (le tiende los brazos) VIVETTA
(sorprendida y
titubeante) ¡Oh, cielos! ROSA, BALDASSARRE ¿Ella? FEDERICO (acercándose lentamente a Vivetta) Has dicho que mi corazón está enfermo y que tú puedes curarlo. ¿Quieres intentarlo? ¿Verdaderamente lo quieres? VIVETTA (acercándose a Rosa y escondiendo su rostro en el seno de ella) Conteste usted por mí… ROSA
(estrechándola
entre sus brazos) ¡Oh, bendita seas! VOCES INTERNAS Una luz que nace y muere… ¡eso es a menudo el amor! BALDASSARRE (toma la
cabeza de Federico entre sus
manos y lo besa) ¡Bravo, muchacho! También tú tienes temple. ¡Qué Dios te bendiga! VIVETTA ¡Oh, cuánta ternura! ¡Oh, qué dulzura siento! (apartándose dulcemente de Rosa, se acerca a Federico) FEDERICO ¡Ah... aquí, sobre tu corazón quiero curarme. VIVETTA ¡Te sanaré!
(Rosa, que se había acercado a los dos jóvenes, se pone entre ellos y ambos la miran amorosamente. Vivetta y Federico reposan sus cabezas sobre el pecho de la madre, que los acaricia con infinita ternura. Muy cerca Baldassarre contempla satisfecho la escena, mientras abraza al inocente que lo mira con una íntima y algo turbada emoción. El telón baja lentamente, mientras que la dulce quietud del campo y del atardecer y una triste armonía lejana hacen más conmovedora y serena esta íntima escena de pura ternura y amor)
ACTO TERCERO La noche de San Eligio
(Gran sala en la granja. Al fondo se
abren cuatro puertas que dan a una terraza
que se extiende en ángulo hacia la
izquierda. La terraza avanza sobre un valle que
se pierde, en la lejanía entre verdes
colinas. En el rincón izquierdo de la sala una
escalera de madera conduce a lo alto
del henil. En primero plano, también
a la izquierda, la puerta de la habitación
de Rosa y Vivetta. Un poco más adelante
una mesa y una silla. A derecha, a lo
largo de la pared de la sala, se abren dos
puertas; una de las cuales, la más cercana, es
la de entrada y la otra más al fondo, la
que comunica con la habitación de
Federico y del Inocente. Frente a esta puerta,
en la pared izquierda de la sala, hay
reclinatorio ante un pequeño altar con una imagen
de la Virgen. Todas las puertas que
comunican con la terraza son vidriadas y están
adornadas por vides y plantas. Se
respira un aire de fiesta. Está a punto de
atardecer)
(Algunas muchachas, elegantemente vestidas, entrelazan flores para hacer guirnaldas al
fondo de la escena, mientras que otras bailan alegremente) MUCHACHAS Con cándidos lirios haremos ofrendas, a nuestro próvido Santo Patrono. No le deben faltar ni rosas ni anémonas a los jóvenes dispuestos a casarse. Y, una a una, entrelazamos las flores que exhalan su dulce fragancia. Son el símbolo de nuestras costumbres: nimbos fulgentes de virtud; hálito ardiente de juventud. Y, una a una, las unimos de la misma forma que el amor se liga al corazón. BALDASSARRE (entrando, feliz) ¡Oh, hermosas y alegres jóvenes, salud! ALGUNAS MUCHACHAS (interrumpiendo la danza) Oh, papá Baldassarre, ¿también tú aquí para la boda? (circundan al pastor) BALDASSARRE ¡Sí, así es! Le di una esposa al padre del novio, y también a su abuelo. Antes de cerrar mis ojos para el largo y último sueño, quiero experimentar la gran felicidad de dársela también al nieto. ALGUNAS MUCHACHAS Hoy se han comprometido. ¡Y mañana los regalos! BALDASSARRE El sábado la boda. Pero yo, esa misma tarde, mientras vuelen las luciérnagas por la tibieza de la nueva primavera, andaré errante por la campiña, empuñando el cayado hacia la montaña. MUCHACHAS ¿Por qué quieres marcharte tan pronto? BALDASSARRE Quiero morir sobre los Alpes… MUCHACHAS (entre ellas, recogiendo flores) Y flores con flores ligamos siempre...
etc.
(Varias
muchachas, tras haber recogido flores, rodean
alegremente a Baldassarre y se marchan
él. Las demás retoman la danza y finalmente
se dispersan por las puertas de la terraza. La
luna ilumina poco a poco la escena)
VIVETTA
(Entra a la
sala desde la terraza ciñendo
con el brazo
la espalda de Federico) No lo niegues, no eres feliz… FEDERICO (acariciándola) ¡Soy feliz, sí!... ¿Temes por tu enfermito? No te preocupes: ¡Ya se ha curado! VIVETTA Crees estarlo, y quizás... aún no lo estés. FEDERICO Te digo la verdad, no sé mentir. Al principio no te amaba, pero ahora te amo… ¡Te amo! VIVETTA (con alegría) ¡Me amas!... ¿De verdad? FEDERICO (abrazándola) ¡Vamos, aleja ese triste pensamiento! Te amo mucho, mi dulce flor. ¡Ven, ven sobre mi corazón! La paz y la vida es tu amor para mí. Tus palabras son una dulce caricia. Aquí sobre mi pecho, Vivetta, tú me alegras, ¡oh, mi dulce tesoro!... ¡Sólo tú reinas sobre mi corazón! VIVETTA (volviendo a sentir dudas) Entonces… ¿ya no piensas en la otra? FEDERICO No, solamente en ti. VIVETTA (tímidamente) ¿Y por qué las guardas aún?... FEDERICO (sonriendo) Yo no guardo nada. VIVETTA Sí... sus cartas... FEDERICO (sorprendido) ¿Qué?... ¡Lo sabes! (amargamente) Las he conservado, es verdad... pero esta mañana Baldassarre las devolvió.
Dúo
VIVETTA (con alegría) ¿Es verdad? Mira como resplandece mi cariño, mira mi pasión, mira mi amor... ¡Oh, mi dulce tesoro!... FEDERICO Tiemblo cuando me hablas, si me miras con tu candor tan puro… ¡Oh, casto y santo amor! VIVETTA ¡Mírame a los ojos, mira la luz de mi amor! FEDERICO Otra cosa no deseo. VIVETTA ¡Solamente en eso sueño! FEDERICO ¡Te amo! (vuelven abrazados a la terraza y se alejan) BALDASSARRE (entrando, mira con ternura a los dos jóvenes) Mis buenos muchachos... Con vuestro amor la alegría ha vuelto. ¡Qué seáis felices por siempre!... (Metifio entra por la puerta de la derecha, topándose con Baldassarre) BALDASSARRE ¡Tú! ¿Qué quieres? METIFIO Mis cartas. BALDASSARRE (admirado) ¿Cómo? ¡Se las he dado esta mañana a tu padre! METIFIO Entiendo... (en voz baja) Hace dos noches que duermo a Arlés. BALDASSARRE ¡Ah, ah! Entonces, ¿sigues con ella? METIFIO Siempre, siempre. BALDASSARRE ¿De verdad?... Después de la historia de las cartas, habría creído lo contrario.
(Vivetta y
Federico cruzan
por el fondo
de la escena)
METIFIO Las mujeres perdonan nuestras vilezas, cuando pecamos por ellas. BALDASSARRE Qué Dios te ayude, jovencito. Que puedas curar a tu esposa, como aquí ella lo ha curado. Él se desposará dentro de cuatro días, y se casa con una muchacha honesta. (Vivetta y Federico aparecen en el fondo y cruzan nuevamente la escena) VIVETTA Mira, tesoro, en mis ojos la luz del amor... mi pasión... ¡Mira, dulce amor! METIFIO ¡Oh, él es verdaderamente feliz! Él podrá descansar sin temor sobre su corazón. En cambio, entre nosotros, hay frenesí, reproches y feroces ataques de celos. Así pasan las noches, pero el infierno está a punto de acabar. Juntos viviremos y se portará bien, caminará por el camino recto o... ¡ay de ella! BALDASSARRE (asombrado) ¿Qué? ¿Os casáis?
(Vivetta y Federico vuelven a pasar, de vez en cuando se detienen, se acercan un poco más, pero quedando apartados) Cuarteto METIFIO (resuelto) No, la voy a raptar. Cuando estés con tu rebaño esta noche, oirás en la llanura un galope… En la silla, apretada contra mí, gritará mi amada, pero su grito se perderá con el viento. BALDASSARRE (a Metifio) Pero, ¿tú la amas? ¿Hasta tal punto te tiene embrujado la maldita arlesiana? METIFIO Sí, de momento soy su más hermoso capricho. FEDERICO (con un grito al reconocerlo) ¡Ah, por fin! ¡Ah, sí, es él! VIVETTA ¡Ven conmigo, no nos quedemos aquí! FEDERICO (a Vivetta) ¡Déjame! VIVETTA ¡Ah, todavía la amas! METIFIO Correr sin rumbo por los caminos, saberse perseguida, temblar de miedo, cambiar de albergue, no tener jamás paz en el corazón y nunca pensar en el mañana; a ella solo le gusta eso. ¡Es como un pájaro en medio de la tempestad! BALDASSARRE (a Metifio) ¡Renuncia a ella, tu mente está extraviada! Busca la dulce paz de la vida. FEDERICO ¿Es ése mi rival? ¡Ah!
¡Ah! ¡Ese villano! VIVETTA ¡Ven, ten piedad! ¡Vamos, vuelve conmigo... cálmate! ¡No te quedes aquí! FEDERICO ¡Oh, maldito! ¡Oh, maldito! VIVETTA ¡Federico! ¡Federico! ¡Ay, ven conmigo, abrázame, mi corazón no resiste más! ¡Ven! Ven. METIFIO Ya es tarde... es una tortura... pienso que dejaré sólo a mi padre. BALDASSARRE ¡Renuncia a esa mujer y elige a una buena esposa! METIFIO No puedo… ¡es tan hermosa! FEDERICO (para sí, con rabia) ¿Viene aquí para hablar de ella? ¡Todavía se percibe el aroma de su piel! ¿Y él me llama afortunado?... ¡A mí! ¡A mí, qué daría por una hora de su infierno todo mi paraíso! VIVETTA (para sí, desesperada) ¡No me escucha! ¡Oh tortura, martirio! ¡Él no me escucha, estoy perdida! BALDASSARRE ¡Maldita! ¡Maldita! ¡Con su fatal belleza sólo provoca llantos y desdichas! ¡Oh, maldita bruja, urdidora de engaños! METIFIO Huiré a la aventura, entre peligros y temores, sobre mi caballo la llevaré raptada. Entre peligros y miedos, ¡por ella desafiaré a la muerte! FEDERICO (rechazando con violencia a Vivetta) Sé que es hermosa, por Dios que lo sé; pero tú, tú traerme noticias de ella… ¿Ahora y aquí?... ¡Te mataré!
(agarra uno de los grandes
martillos con el que se plantan los postes
del corral y se lanza contra su rival) METIFIO (amenazador) ¡Atrás! ¡Atrás, te digo! FEDERICO ¡Defiéndete, malvado! BALDASSARRE (interponiéndose) ¡Ah, no! ¿Qué haces? FEDERICO (fuera de sí, a Baldassarre) ¡Vete! ¡Apártate! METIFIO ¡Atrás! ROSA (acudiendo asustada y colocándose entre ambos. A Federico) ¡Primero despedaza el corazón de tu madre!
(Federico se detiene, vacila, el
martillo se le cae de las manos.
Baldassarre empuja afuera a Metifio. Rosa y
Vivetta, con dulzura, conducen a su habitación a
Federico, que no opone resistencia) VOCES LEJANAS Bulle la danza con su alegría. ¡Al Santo el honor, y al corazón el amor! ¡Que nuestra felicidad jamás muera!
(Rosa regresa con un candil en la mano, lo pone sobre la mesa y yendo al balcón mira afuera un momento, luego vuelve) ROSA Todavía cantan ahí abajo... El viento aún arrastra las alegres canciones. Un mortal presentimiento envuelve mi alma como con un velo fúnebre.
Aria
Ser madre es un infierno. Sufrí, casi hasta morir, el día que le di a luz. Señor, Tú que me has visto sobre su cuna en aquellas pavorosas noches de su infancia... Y Tú qué sabes que lo he cuidado hora por hora, hoy con la frente baja, y con las manos abiertas a Ti acudo, invocando tu nombre. Desde aquel día no descansé. Sabes que le he dado poco a poco el alma para transformarlo en un hombre honesto y fuerte, mi amor y mi orgullo. ¡Te rogué siempre en vano! ¡Sabes que, si él muere, ni una sola hora lo sobreviviré y moriré condenada! ¡Señor! Tú que has considerado vanas mis plegarias hasta ahora y me ves llorando y sufriendo, recuerda, Señor, a tu Madre ¡arrodillada a los pies de la Cruz!... También yo, Señor, soy una madre desolada. ¡Por piedad vela sobre su vida, por piedad, Señor! (permanece absorta) ¡Qué noche!... ¡Qué vigilia!...
(se abre
sorpresivamente una puerta
a la derecha,
Rosa se sobresalta) ¿Quién está ahí?
(sale de la
habitación de la derecha el Inocente:
descalzo, el pelo revuelto, a medio vestir,
los pantalones sostenidos por un solo
tirante. Los ojos le brillan en el rostro
con una insólita expresión de vida,
sagacidad e inteligencia)
EL INOCENTE Mamá... ROSA ¿Eres tú?... ¿Qué quieres?... EL INOCENTE (en voz baja) Márchate a la cama sin miedo, esta noche no ocurrirá nada pues yo velaré por él. ROSA (maravillada) ¿Tú? EL INOCENTE ¿Te asombra? Cuando el pastor me decía: ”¡despabílate!”, no se engañaba. El niño está despierto, ve y entiende. ROSA Pero ¿cómo ha ocurrido? EL INOCENTE No lo sé, pero ya no hay un tonto en esta casa. ROSA (sobresaltada) ¡No! ¡Calla!... ¡Ay de mí!... EL INOCENTE Mamá,¿ por qué? ROSA (dominándose) ¡Por nada, estoy loca! ¡Loca! ¡Eres mi hijo, de mi propia sangre! (atrayéndolo hacia sí, con ternura) Ven, siéntate sobre mis rodillas, eres grande y hermoso. Con una nueva luz te brillan los ojos, se parecen a los de tu hermano. EL INOCENTE ¡Bésame, mamá! ROSA Sí, muchas veces, no una sola vez.. EL INOCENTE ¡Oh, qué dulces besos me das hoy! ¡Nunca recibí besos tan amorosos! ROSA
(disimulando
mal la agitación de su alma) Ve, hijo mío, a dormir. (con gran emoción lo besa) ¡Un beso más... hijo!... ¡Ve!
(el Inocente
regresa a su habitación) ROSA
(repitiendo
las palabras del Inocente) "Ya no hay un tonto en esta casa" ¿Y si esto fuera motivo de una desgracia? (se detiene pensativa, luego reponiéndose) ¡Loca! ¡Estoy loca! (va hacia la habitación de sus hijos y se queda escuchando en la puerta)
Ambos duermen.
¡Gracias, Señor!
(Sigue una
"nana” orquestal, durante la
cual Rosa cierra las ventanas;
luego, después de haberse arrodillado en
oración delante del altar de la
Virgen, lentamente toma el candil de la
mesa y regresa a su habitación,
dejando abierta la puerta. Amanece, poco
a poco se iluminan los ventanales
de la casa)
FEDERICO (entra a medio
vestir, con aire extraviado;
abre
rápidamente una ventana, se detiene
a escuchar y
luego avanza abatido) Ya amanece... Es la historia del pastor: "¡Luchó toda la noche, pero cuando el sol se asomó, cayó a tierra con el cuerpo ensangrentado..." ¡Es horrible! ¡Horrible! Siempre la veo... allá... en sus brazos... Él la besa, la abraza... ¡se la lleva!... Retumban sobre las piedras las herraduras de su caballo... ¡Ah, no puedo vivir! ¡Maldita visión, te arrancaré de mis ojos! (está a punto de subir por la escalera del henil) ROSA (acudiendo asustada) ¿Federico... eres tú?... VIVETTA (que ha entrando con Rosa, también da un grito) ¡Ah!... ROSA (asustada) ¿Adónde vas? FEDERICO
(se detiene
vacilante, con los brazos
tensos y con
signos de loco extravío) ¿No lo oyes?… Allá abajo… ¡el galope! ROSA, VIVETTA ¡No! FEDERICO
(tendiendo los
brazos hacia el fondo
está a punto
de subir la escalera que lleva
al henil. Rosa
trata de alcanzarlo, pero él
en el colmo de
la desesperación lo evita) ¡Grita, mi pobre y hermosa muchacha! ¡La veo… allí… entre sus brazos! ROSA ¡Oh, hijo mío! FEDERICO ¡Él la abraza con pasión! ROSA, VIVETTA ¡No! FEDERICO ¡La besa!... ¡Se la lleva! ROSA, VIVETTA ¡No! ¡No! FEDERICO (desesperadamente) ¡Está allá... allá! ¡No puedo vivir más! VIVETTA ¡Por piedad! FEDERICO ¡Ah!... ¡No puedo vivir más! ROSA ¡Hijo! FEDERICO ¡Ella quiere zafarse de ese abrazo! ROSA, VIVETTA ¡No! FEDERICO ¿La oyes? ¿La oyes?... ¡Ay!
(cierra la
puerta tras de sí) VIVETTA (suplicando) ¡No! ¡Por piedad! ROSA (empuja desesperadamente la puerta) ¡Hijo! ¡Hijo! ¡Ábreme! ¡Ábreme! VIVETTA (se precipita hacia el fondo) ¡Por piedad! ¡Ayuda! (se oye el sonido de un cuerpo que cae y gritos de voces internas) ROSA, VIVETTA ¡Ah!
(Rosa cae desmayada a los pies de
la escalera. Vivetta se abandona sobre
ella y el Inocente, que acude asustado,
se arrodilla cerca de su madre)
Escaneado y traducido por: José Luis Roviaro 2020
|