ADRIANO EN SIRIA

 

Personajes

 

ADRIANO

SABINA

OSROES I

EMIRENA

FARNASPES

AQUILES

Emperador romano

 Prometida de Adriano

Rey de Partia

Hija de Osroes

Enamorado de Emirena

Tribuno romano

Soprano

Soprano

Tenor

Soprano

Castrato

Soprano

 

 

La acción se desarrolla en Antioquía, Turquía, a comienzos del siglo II.

 

ATTO PRIMO



Scena Prima

(Gran piazza d’Antiochia magnificamente
adorna di trofei militari, composti d’insegne,
armi ed altre spoglie de’ barbari superati.
Trono imperiale da un lato. Ponte sul fiume
Oronte, che divide la città suddetta. Di qua

dal fiume Adriano, sollevato sopra gli scudi
da’ soldati romani, Aquilio, guardie e popolo.
Di là dal fiume Farnaspes ed Osroa con séguito
di Parti, che conducono varie fiere ed altri
doni da presentare ad Adriano)


CORO DI SOLDATI ROMANI
Vivi a noi, vivi all’impero,
Grande Augusto, e la tua fronte
Su l’Oronte prigioniero
S’accostumi al sacro allòr.
Della patria e delle squadre
Ecco il duce ed ecco il padre,
In cui fida il mondo intero,
In cui spera il nostro amor.
Palme il Gange a lui prepari,
E d’Augusto il nome impari
Dell’incognito emisfero
Il remoto abitator.

(Nel tempo che si canta il coro, scende
Adriano, e sciogliendosi quella
connessione d’armi, che serviva a
sostenerlo, que’ soldati, che la
componevano, prendono
ordinatamente sito fra gli altri)


AQUILIO
(ad Adriano)
Chiede il parto Farnaspes
Di presentarsi a te.

ADRIANO
Venga e s’ascolti.


(Aquilio parte. Adriano sale
sul trono e parla in piedi)

Valorosi compagni,
Voi m’offrite un impero
Non men col vostro sangue
Che col mio sostenuto, e non so come
Abbia a raccoglier tutto
De’ comuni sudori io solo il frutto.
Ma, se al vostro desio
Contrastar non poss’io, farò che almeno
Nel grado a me commesso
Mi trovi ognun di voi sempre l’istesso.
A me non servirete:
Alla gloria di Roma,
al vostro onore,
Alla pubblica speme,
Come fin or, noi serviremo insieme.

(siede)

CORO
Vivi a noi, vivi all’impero,
Grande Augusto, e la tua fronte
Su l’Oronte prigioniero
S’accostumi al sacro allòr.

(Nel tempo che si ripete il coro, passano il
ponte Farnaspes ed Osroa sconosciuto,
con tutto il séguito de’ Parti. Sono

preceduti da Aquilio, che li conduce)

FARNASPES
Nel dì che Roma adora
Il suo Cesare in te, dal ciglio augusto,
Da cui di tanti regni
Il destino dipende, un guardo volgi
Al principe Farnaspes. Ei fu nemico;
Ora al cesareo piede
L’ire depone, e giura ossequio e fede.

OSROA
(piano a Farnaspes)
Tanta viltà, Farnaspes,
Necessaria non è.

ADRIANO
Madre comune
D’ogni popolo è Roma,

e nel suo grembo
Accoglie ognun che brama
Farsi parte di lei.

Gli amici onora,
Perdona a’ vinti, e con virtù sublime
Gli oppressi esalta ed i superbi opprime.

OSROA

(Fra sè)
Che insoffribile orgoglio!

FARNASPES
Un atto usato
Della virtù romana
Vengo a chiederti anch’io.
Del re de’ Parti
Geme fra’ vostri lacci prigioniera la figlia.

ADRIANO
E ben?

FARNASPES
Disciogli, Signor, le sue catene.

ADRIANO

(Fra sè)
Oh dèi!

FARNASPES
Rasciuga della sua patria il pianto:
a me la rendi,
E quanto io reco in guiderdon ti prendi.

ADRIANO
Prence, in Asia io guerreggio,
Non cambio o merco; ed Adrian non vende,
Su lo stil delle barbare nazioni,
La libertade altrui.

FARNASPES
Dunque la doni.

OSROA
(Fra sè)

Che dirà?

ADRIANO
Venga il padre:
La serbo a lui.

FARNASPES
Dopo il fatal conflitto,
In cui tutti per Roma
Combatterono i numi, è ignota a noi
Del nostro re la sorte. O in altre rive
Va sconosciuto errando, o più non vive.

ADRIANO
Fin che d’Osroa palese
Il destino non sia, cura di lei
Noi prenderem.

FARNASPES
Giacché a tal segno è Augusto
Dell’onor suo geloso,
Questa cura di lei lasci al suo sposo.

ADRIANO
Come! È sposa Emirena?

FARNASPES
Altro non manca
Che il sacro rito.

ADRIANO

(Fra sè)
Oh Dio!
Ma lo sposo dov’è?

FARNASPES
Signor, son io.

ADRIANO
Tu stesso! Ed ella t’ama?

FARNASPES
Ah, fummo amanti
Pria di saperlo, ed apprendemmo insieme
Quasi nel tempo istesso
A vivere e ad amar. Crebbe la fiamma
Col senno e con l’età. Dell’alme nostre
Si fece un’alma sola
In due spoglie divisa. Io non bramai
Che la bella Emirena; ella non brama
Che ’l suo prence fedel. Ma, quando meco
Esser doveva in dolce nodo unita,
Signor, che crudeltà! mi fu rapita.

ADRIANO

(Fra sè)
Che barbaro tormento!

FARNASPES
Ah, tu nel volto,
Signor, turbato sei: forse t’offende
La debolezza mia. Di Roma i figli
So che nascono eroi;
So che colpa è fra voi qualunque affetto
Che di gloria non sia. Tanta virtude
Da me pretendi in vano:
Cesare, io nacqui parto e non romano.

ADRIANO

(Fra sè)
Oh rimprovero acerbo!

Ah! si cominci su’ propri affetti
A esercitar l’impero.

(A Farnaspes)

Prence, della sua sorte
La bella prigioniera arbitra sia.
Vieni a lei. S’ella siegue,
Come credi, ad amarti,
Allor... (dicasi al fin)

Prendila e parti.

(scende)

Dal labbro, che t’accende
Di così dolce ardor,
La sorte tua dipende.


(Fra sè)

E la mia sorte ancor.


(A Farnaspes)

Mi spiace il tuo tormento;
Ne sono a parte, e sento
Che del tuo cor la pena
È pena del mio cor.

(parte Adriano seguìto da tutte le
guardie e da’ soldati romani)

 
Scena Seconda


(Osroa e Farnaspes)

OSROA
Comprendesti, o Farnaspes,
D’Augusto i detti?

Ei, d’Emirena amante
Di te parmi geloso, e fida in lei.
Amasse mai costei il mio nemico?
Ah! questo ferro istesso
Innanzi alle tue ciglia
Vorrei... No, non lo credo.

Ella è mia figlia.

FARNASPES
Mio re, che dici mai?

Cesare è giusto; ella è fedele.
Ah, qual timor t’affanna!

OSROA
Chi dubita d’un mal,

raro s’inganna.

FARNASPES
Io volo a lei. Vedrai...

OSROA
Va pur, ma taci
Ch’io son fra’ tuoi seguaci.

FARNASPES
Anche alla figlia?

OSROA
Sì; saprai, quando torni,
Tutti i disegni miei.

FARNASPES
Sì, sì, mio re, ritornerò con lei.


Già presso al termine
De’ suoi martìri, fugge quest’anima,
Sciolta in sospiri,
Sul volto amabile
Del caro ben.
Fra lor s’annodano
Sul labbro i detti;
E il cor, che palpita
Fra mille affetti,
Par che non tolleri
Di starmi in sen.

(parte seguìto da tutto
l’accompagnamento barbaro)

 
Scena Terza


(Osroa solo)

OSROA
Dalla man del nemico
Il gran pegno si tolga
Che può farmi tremare, e poi si lasci
Libero il corso al mio furor. Paventa,
Orgoglioso roman, d’Osroa lo sdegno.
Son vinto e non oppresso,
E sempre a’ danni tuoi sarò l’istesso.
Sprezza il furor del vento
Robusta quercia, avvezza
Di cento verni e cento
L’ingiurie a tollerar.
E, se pur cade al suolo,
Spiega per l’onde il volo,
E con quel vento istesso
Va contrastando in mar.

(parte)
 
Scena Quarta
 

(Appartamenti destinati ad Emirena
nel palazzo imperiale. Aquilio, poi
 
Emirena

AQUILIO
Ah! se con qualche inganno
Non prevengo Emirena, io son perduto.
Cesare generoso
A Farnaspes la rende, ancorché amante;
E, se tal fiamma oblia,
Che ad arte io fomentai, farà ritorno
All’amor di Sabina, il cui sembiante
Porto sempre nel cor. Numi, in qual parte
Emirena s’asconde?
Eccola. All’arte.

EMIRENA
Aquilio.

AQUILIO
Ah! principessa; ah! se vedessi
Da quai furie agitato
Augusto è contro te! Farnaspes a lui
Ti richiese: gli disse
Che t’ama, che tu l’ami; e mille in seno
Di Cesare ha destate
Smanie di gelosia. Freme, minaccia,
Giura che in Campidoglio,
Se in te non è la prima fiamma estinta,
Ei vuol condurti al proprio carro avvinta.

EMIRENA
Questo è l’eroe del vostro Tebro? Questo
È l’idolo di Roma? A me promise
Che al rossor del trionfo
Esposta non sarei. Non è fra voi,
Dunque, il mancar di fé colpa agli eroi?

AQUILIO
Se un violento amore
Agita i sensi e la ragione oscura,
Emirena, gli eroi cangian natura.

EMIRENA
In trionfo Emirena? In Asia ancora
Si sa morir.

AQUILIO
Senza parlar di morte,
V’è riparo miglior. Cesare viene
Ad offrirti Farnaspes: egli il tuo core
Spera scoprir così. Deh! non fidarti
Della sua simulata
Tranquillità. Deludi
L’arte con l’arte. Il caro prence accogli
Con accorta freddezza. Il don ricusa
Della sua man. Misura i detti, e vesti
Di tale indifferenza il tuo sembiante,
Come se più di lui non fossi amante.

EMIRENA
E il povero Farnaspes
Di me che mai direbbe? Ah! tu non sai
Di qual tempra è quel core. Io lo vedrei
A tal colpo morir su gli occhi miei.

AQUILIO
Addio. Pensaci, e trova,
Se puoi, miglior consiglio.

EMIRENA
Odimi. Almeno
Corri, previeni il prence...

AQUILIO
Eccolo.

EMIRENA
Oh Dio!

AQUILIO
Armati di fortezza. Io t’insegnai
Ad evitare il tuo destin funesto.

(parte)

EMIRENA
Misera me, che duro passo è questo!
 
Scena Quinta
 

(Adriano, Farnaspes ed Emirena)

ADRIANO
Principe, quelle sono le sembianze che adori?

FARNASPES
Ah, sì, son quelle;
E sempre agli occhi miei sembran più belle.

EMIRENA
 
(Fra sè)
Mi trema il cor.

ADRIANO
Vaga Emirena, osserva
Con chi ritorno a te. Più dell’usato
So che grato ti giungo: afferma il vero.

EMIRENA
Non so chi sia quello stranier.

FARNASPES
(rimane stupido)
Straniero!

ADRIANO
Che! Nol conosci?

EMIRENA
(Fra sè)
 
Oh Dio!
 
(Forte) 
 
No.

ADRIANO
Quei sembianti
Altrove hai pur veduti.

EMIRENA
No.
 
 
(Fra sè) 
 
Se parlo, io mi scopro, e siam perduti.

ADRIANO
Prence, questa è colei che teco apprese
A vivere e ad amar?

FARNASPES
Io perdo il senno:
Non so più dove son, né chi son io.

EMIRENA

(Fra sè)
Le angustie di quel cor risente il mio.

ADRIANO
Se mai fosse timore il tuo ritegno,
Senti, Emirena. Io degli affetti altrui
Non son tiranno: ecco il tuo ben; lo rendo,
Com’è ragione, al suo primiero affetto.

EMIRENA

(Fra sè)
Emirena, costanza!


(Ad Adriano)

Io non l’accetto.

FARNASPES
Principessa, idol mio, che mai ti feci?
Son reo di qualche fallo?
Sei sdegnata con me? Dubiti forse
Della mia fedeltà?

EMIRENA
Taci.

FARNASPES
Io son quello...

EMIRENA
Ma taci per pietà; n’è degno assai
Lo stato in cui mi vedi.

FARNASPES
Almen rammenta...

EMIRENA
Di nulla io mi rammento:
Nulla io so dir. Del mio destino avverso
Abbastanza m’affanna
Il tenor pertinace.
Se oppressa non mi vuoi, lasciami in pace.

FARNASPES
Lasciami in pace! Ubbidirò, crudele;
Ma guardami una volta. In questa fronte
Leggi dell’alma mia... No, non mirarmi,
Barbara, se pur vuoi
Che ubbidisca Farnaspes a’ cenni tuoi.
Dopo un tuo sguardo, ingrata!
Forse non partirei,
Forse mi scorderei
Tutta l’infedeltà.
Tu arrossiresti in volto,
Io sentirei nel core,
Più che del mio dolore,
Del tuo rossor pietà.

(parte)
  
Scena Sesta
 

(Adriano ed Emirena, che vuol partire)

ADRIANO
Dove, Emirena?

EMIRENA
A pianger sola. Il pianto
Libero almen mi resti,
Giacché tutto perdei.

ADRIANO
Nulla perdesti.
Io perdei la mia pace,
Cara, negli occhi tuoi.

EMIRENA
(in aria maestosa)
Da te sperai
Più rispetto, o signor. L’animo regio
Non si perde col regno:
Ché, se il regno natio
Era della fortuna, il core è mio

ADRIANO
(Fra sè)
 
Bella fierezza!
 
(Ad Emirena) 
 
E in che t’offendo? Io posso
Offerirti, se vuoi,
E l’impero e la man.
 
EMIRENA 
No, tu nol puoi:
Son promessi a Sabina.

ADRIANO
È ver, l’amai
Quasi due lustri. Hanno a durare eterni
Al fin gli amori? Io non suppongo in lei
Tanta costanza; ed or diverso assai
Son io da quel che fui. Veduto allora
Non avevo il tuo volto: ero privato,
Ero vicino a lei. Sospiro adesso
Ne’ lacci tuoi: porto l’alloro in fronte;
E Sabina è sul Tebro, io su l’Oronte.
 
Scena Settima
 

(Aquilio frettoloso, e detti)

AQUILIO
Signor...

ADRIANO
Che fu?

AQUILIO
Dalla città latina giunge...

ADRIANO
Chi giunge mai?

AQUILIO
Giunge Sabina.

ADRIANO
Sommi dèi!

EMIRENA

(Fra sè)
Qual soccorso!

ADRIANO
E che pretende?
Per sì lungo cammin...

Senza mio cenno...
Non t’ingannasti già?

AQUILIO
Senti il tumulto
Del popolo seguace,
Che la saluta Augusta.

ADRIANO
Aquilio, oh Dio!
Va, conducila altrove: in questo stato
Non mi sorprenda.
A ricompormi in volto

Chiedo un momento.
Ah, poni ogni arte in uso.

AQUILIO
Signor, viene ella stessa.

ADRIANO
Io son confuso.
 
Scena Ottava


(Sabina con séguito di matrone

e cavalieri romani, e detti)

SABINA
Sposo, Augusto, signor, questo è il momento
Che in van fin or bramai; giunse una volta:
Son pur vicina a te. Soffri che adorno
Di quel lauro io ti miri,
Che costa all’amor mio tanti sospiri.

ADRIANO

(Fra sè)
Che dirle?

SABINA
Non rispondi?

ADRIANO
Io non sperai...
Potevi pure...


(Fra sè)

Oh Dio!

(A Sabina)

Chiede ristoro
La tua stanchezza. Olà, di questo albergo
A’ soggiorni migliori
Passi Sabina, e al par di noi si onori.

SABINA
Che! tu mi lasci? Il mio riposo io venni
A ricercare in te.

ADRIANO
Perdona: altrove
Grave cura or mi chiama.

SABINA
Era una volta
Tua dolce cura ancor Sabina.

ADRIANO
È vero;
Ma la cura più grande oggi è l’impero.

(parte)
 
Scena Nona


(Sabina, Emirena, Aquilio)

SABINA
Aquilio, io non l’intendo.

AQUILIO
(piano a Sabina)
E pur l’arcano
È facile a spiegar. Cesare è amante:
Questa è la tua rival.

EMIRENA
Pietosa Augusta,
Se lungamente il Cielo
A Cesare ti serbi, un’infelice
Compatisci e soccorri. E regno e sposo,
E patria e genitor, tutto perdei.

SABINA

(Fra sè)
Mi deride l’altera!

EMIRENA
Un bacio intanto
Sulla cesarea man...

SABINA
(ritirandosi)
Scostati. Ancora
Non son moglie d’Augusto; e, quanto dici,
Misera tu non sei. Poco ti tolse,
Lasciandoti il tuo volto,
L’avversa sorte. Acquisterai, se vuoi,
Più di quel che perdesti; e forse io stessa
La pietà che mi chiedi
Mendicherò da te.

EMIRENA
La mia catena...

SABINA
Non più: lasciami sola.

EMIRENA

(Fra sè)
Oh dèi, che pena!

(A Sabina)

Prigioniera abbandonata
Pietà merto e non rigore:
Ah! fai torto al tuo bel core,
Disprezzandomi così.
Non fidarti della sorte:
Presso al trono anch’io son nata;
E ancor tu fra le ritorte
Sospirar potresti un dì.

(parte)
 
Scena Decima


(Sabina, ed Aquilio)

AQUILIO

(Fra sè)
Tentiam la nostra sorte.

SABINA
Il caso mio
Non fa pietade, Aquilio?

AQUILIO
È grande in vero
L’ingiustizia d’Augusto. Ei non prevede
Come puoi vendicarti. A te non manca
Né beltà, né virtù. Qual freddo core
Non arderà per te? Su gli occhi suoi
Dovresti...

SABINA
(con serietà e sdegno)
Che dovrei?

AQUILIO
Seguitarlo ad amar, mostrar costanza,
E farlo vergognar d’esserti infido.


(Fra sè)

Si turba il mar: facciam ritorno al lido.

(parte)
 
Scena Undicesima


(Sabina sola)

SABINA
Io piango! Ah no: la debolezza mia
Palese almen non sia. Ma il colpo atroce
Abbatte ogni virtù. Vengo il mio bene
Fino in Asia a cercar; lo trovo infido,
Al fianco alla rivale,
Che in vedermi si turba;
M’ascolta a pena, e volge altrove il passo:
Né pianger debbo? Ah, piangerebbe un sasso.
Numi, se giusti siete,
Rendete a me quel cor:
Mi costa troppe lagrime
Per perderlo così.
Voi lo sapete, è mio:
Voi l’ascoltaste ancor,
Quando mi disse addio,
Quando da me partì.

(parte)
 
Scena Dodicesima

(Cortili del palazzo imperiale con veduta
interrotta d’una parte del medesimo, che

soggiace ad incendio, ed è poi diroccata
da guastatori. Notte. Osroa dalla reggia con

face nella destra e spada nuda nella sinistra.
Séguito d’incendiari parti, e poi Farnaspes)


OSROA
Feroci Parti, al nostro ardir felice
Arrise il Ciel. Della nemica reggia
Volgetevi un momento
Le ruine a mirar. Pure è sollievo,
Nelle perdite nostre,
Quest’ombra di vendetta. Oh, come scorre
L’appreso incendio, e quanti al cielo innalza
Globi di fumo e di faville! Ah, fosse
Raccolto in quelle mura,
Ch’or la partica fiamma abbatte e doma,
Tutto il Senato, il Campidoglio e Roma!

FARNASPES
Osroa, mio re!

OSROA
(accennando l’incendio)
Guarda, Farnaspes. È quella
Opera di mia man.

FARNASPES
Numi! E la figlia?

OSROA
Chi sa? Fra quelle fiamme,
Col suo Cesare avvolta,
Forse de’ torti tuoi paga le pene.

FARNASPES
Ah, Emirena! ah, mio bene!

(vuol partire)

OSROA
Ascolta. E dove?

FARNASPES
(come sopra)
A salvarla e morir.

OSROA
Come! Un’ingrata,
Che ci manca di fé, pone in oblio...

FARNASPES
È spergiura, lo so; ma è l’idol mio.

(getta il manto, ed entra tra le fiamme
e le ruine della reggia)

 
Scena Tredicesima

(Osroa
solo)

OSROA
Se quel folle si perde,
Noi serbiamoci, amici, ad altre imprese.
Vadan le faci a terra. Al noto loco
Ritornate a celarvi.

(parte il séguito)

E pure, ad onta
Del mio furor, sento che padre io sono.
Non so quindi partir. Sempre mi volgo
Di nuovo a quelle mura. Eh! non s’ascolti
Una vil tenerezza. Ah! forse adesso
Però spira la figlia, e forse a nome
Moribonda mi chiama. A tempo almeno
Fosse giunto Farnaspes.
Il lor destino voglio saper.
Dove m’inoltro? Oh dèi!
Di qua gente s’appressa,
Di là cresce il tumulto, e tutto in moto
È il cesareo soggiorno. Oh amico! oh figlia!
Parto? Resto? Che fo? Senza salvarli
Mi perderei. Ma, giacché tutto, o numi,
Volevate involarmi,
Questi deboli affetti a che lasciarmi?

(fugge)
 
Scena Quatordicesima

(Emirena fuggendo, indi Farnaspes
incatenato fra le guardie romane)

EMIRENA
Misera! dove fuggo?
Chi mi soccorre? Almen sapessi!...
Oh dèi! Farnaspes!

FARNASPES
Principessa!

EMIRENA
Tu prigionier?

FARNASPES
Tu salva?

EMIRENA
Agl’infelici
Difficile è il morir. Di quelle fiamme
Sei tu forse l’autor?

FARNASPES
No, ma si crede.

EMIRENA
Perché?

FARNASPES
Perché son parto,
Perché son disperato, in quelle mura
Perché fui còlto.

EMIRENA
E a che venisti?

FARNASPES
Io venni a salvarti e morir.

EMIRENA
Ma, se tu mori,
Credi salva Emirena?

FARNASPES
Ah, perché mai mi schernisci così?
Troppo è crudele questa finta pietà.

EMIRENA
Finta la chiami?

FARNASPES
Come crederla vera? Assai diversa
Parlasti, o principessa.

EMIRENA
Il parlar fu diverso;
io fui l’istessa.

FARNASPES
Ma le fredde accoglienze?

EMIRENA
Eran timore
D’irritar d’Adriano il cor geloso.

FARNASPES
E da lui che temevi?

EMIRENA
D’un trionfo il rossor.

FARNASPES
Se generoso
La mia destra t’offerse?

EMIRENA
Arte inumana
Per leggermi nel cor.

FARNASPES
Dunque son io?...

EMIRENA
La mia speme, il mio amor.

FARNASPES
Dunque tu sei?...

EMIRENA
La tua sposa costante.

FARNASPES
E vivi?...

EMIRENA
E vivo
Fedele al mio Farnaspes. A lui fedele
Vivrò sino alla tomba; e dopo ancora
Ne porterò nell’alma l’immagine scolpita,
Se rimane agli estinti orma di vita.

FARNASPES
Non più, cara, non più. Basta, ti credo.
Detesto i miei sospetti:
Te ne chieggo perdon. Barbare stelle!
E pure, ad onta vostra,
Misero non son io. Disfido adesso
I tormenti, gli affanni,
Le furie de’ tiranni,
La vostra crudeltà.

(partendo)

M’ama il mio bene;
Il suo labbro mel dice:
In faccia all’ire vostre io son felice.

EMIRENA
Ah, non partir.

FARNASPES
Conviene
Seguir la forza altrui.

EMIRENA
Farnaspes, oh Dio!
Che mai sarà di te?

FARNASPES
Nulla pavento.
Sarà la morte istessa
Terribile sol tanto
Che negato mi sia morirti accanto.
Se non ti moro allato,
Idolo del cor mio,
Col tuo bel nome amato
Fra’ labbri io morirò.

EMIRENA
Se a me t’invola il fato,
Idolo del cor mio,
Col tuo bel nome amato
Fra’ labbri io morirò.

FARNASPES
Addio, mia vita.

EMIRENA
Addio, luce degli occhi miei.

FARNASPES
Quando fedel mi sei,
Che più bramar dovrò?

EMIRENA
Quando il mio ben perdei,
Che più sperar potrò?
 
Duo

FARNASPES
Un tenero contento,
Eguale a quel ch’io sento,
Numi, chi mai provò!

EMIRENA
Un barbaro tormento,
Eguale a quel ch’io sento,
Numi, chi mai provò?
 
 

ATTO  SECONDO


Scena Prima

(Galleria negli appartamenti d’Adriano,
corrispondente a diversi gabinetti.
Emirena ed Aquilio)


AQUILIO
Chi protegger Farnaspes
Può mai meglio di te?
Del cor d’Augusto tu reggi i moti
a tuo talento.
Ogni altra miglior uso farebbe
Dell’amor d’un monarca.

EMIRENA
A me non giova,
Perché non l’amo.

AQUILIO
È necessario amarlo,
Perch’ei lo creda?

EMIRENA
E ho da mentir?

AQUILIO
Né pure.
È la menzogna ormai
Grossolano artifizio e mal sicuro.
La destrezza più scaltra è oprar di modo
Ch’altri se stesso inganni.
Un tuo sospiro interrotto con arte,
un tronco accento,
Ch’abbia sensi diversi,
un dolce sguardo,
Che sembri tuo malgrado
Nel suo furto sorpreso, un moto, un riso,
Un silenzio, un rossor, quel che non dici
Farà capir. Son facili gli amanti
A lusingarsi. Ei giurerà che l’ami;
E tu, quando vorrai,
Sempre gli potrai dir: ‘Nol dissi mai.’

EMIRENA
Non so dove s’apprenda
Tal arte a porre in uso.

AQUILIO
Eh, che pur troppo
Voi nascete maestre. Aver sul ciglio
Lagrime ubbidienti, aver sul labbro
Un riso che non passi
A’ confini del sen; quando vi piace,
Impallidirvi ed arrossir nel viso,
Invidiabili sono
Privilegi del sesso: in dono a voi
Gli ha dati il Cielo, e costan tanto a noi.

EMIRENA
Tu, che in corte invecchiasti,
Non dovresti invidiarne. Io giurerei
Che fra’ pochi non sei, tenaci ancora
Dell’antica onestà. Quando bisogna,
Saprai sereno in volto
Vezzeggiare un nemico: acciò vi cada
Aprirgli innanzi il precipizio, e poi
Piangerne la caduta: offrirti a tutti,
E non esser che tuo: di false lodi
Vestir le accuse, ed aggravar le colpe
Nel Farnaspes e la difesa: ognor dal trono
I buoni allontanar: d’ogni castigo
Lasciar l’odio allo scettro, e d’ogni dono
Il merito usurpar: tener nascosto
Sotto un zelo apparente un empio fine;
Né fabbricar che su l’altrui ruine.

AQUILIO
Far volesti, Emirena,
Le vendette del sesso. Io non credei
Di pungerti così. De’ detti tuoi
Non mi querelo; anzi, a parlar sincero,
Credo ch’io dissi, e tu dicesti il vero.
Consigliarti pretesi.

EMIRENA
Aiuto e non consiglio io ti richiesi.

AQUILIO
Ed io sempre ho creduto
Che un salubre consiglio è grande aiuto.
Credimi, principessa...
Addio: gente s’appressa.
Adriano sarà, che s’avvicina.

(parte)
 
Scena Seconda

(Sabina ed Emirena)

SABINA

(Fra sè)
Stelle! È qui la rival!

EMIRENA
(Fra sè)
Numi! È Sabina!

SABINA
Veramente tu sei,
Più di quel che credei,
Ufficiosa e attenta. Estinto appena
È l’incendio notturno, e già ti trovo
Nelle stanze d’Augusto.

EMIRENA
Oh Dio, Sabina,
Che ingiustizia è la tua! L’amor d’Augusto
Non è mia colpa, è pena mia. M’affanno
Di Farnaspes al periglio: ecco qual cura
Mi guida a queste soglie. Ho da vederlo
Perir così senza parlarne? Al fine
Farnaspes è l’idol mio. Gli diedi il core;
E ha remoti principii il nostro amore.

SABINA
Parli da senno, o fingi?

EMIRENA
Io fingerei, se così non parlassi.

SABINA
E non t’avvedi
Che, parlando per lui, Cesare irrìti?

EMIRENA
Ma non trovo altra via.

SABINA
Quando tu voglia,
Una miglior ve n’è. Da questa reggia
Fuggi col tuo Farnaspes. È suo custode
Lentulo il duce. A’ miei maggiori ei deve
Quantunque egli è: se ne rammenta, e posso
Promettermi da lui d’un grato core
Anche prove più grandi.

EMIRENA
Ah, se potesse riuscire il pensier!

SABINA
Vanne: è sicuro.
A partir ti prepara. Al maggior fonte
De’ cesarei giardini
Col tuo sposo verrò. Colà m’attendi
Prima che ascenda a mezzo corso il sole.

EMIRENA
Ma verrai? Del destino
Son tanto usata a tollerar lo sdegno...

SABINA
Ecco la destra mia: prendila in pegno.

EMIRENA
Ah! che a sì gran contento
È quest’anima angusta.
Oh me felice! oh generosa Augusta!
Per te d’eterni allori
Germogli il suol romano:
De’ numi il mondo adori
Il più bel dono in te.
E quell’augusta mano,
Che porgermi non sdegni
Regga il destin de’ regni,
La libertà dei re.

(parte)
 
Scena Terza


(Sabina, poi Adirano, indi Aquilio)

SABINA
Chi sa! Quando lontana
Emirena sarà, forse ritorno
Farà ’l mio sposo al primo amor. Non dura
Senz’esca il fuoco, e inaridisce il fiume,
Separato dal fonte onde partissi.

ADRIANO
Emirena, mio ben...

(Fra sè)

Numi, che dissi!

(vuol partire)

SABINA
Perché fuggi, Adriano? Un sol momento
Non mi negar la tua presenza, e poi
Torna al tuo ben, se vuoi.

ADRIANO
Come! Supponi...
Qual è dunque il mio bene?

SABINA
Ah! non celarmi
Quell’onesto rossor. Tu non sai quanto
Grato mi sia. Non arrossisce in volto
Chi non vede il suo fallo; e chi lo vede
È vicino all’emenda.

ADRIANO
Oh Dio!

SABINA
Sospiri?
Lascia me sospirar.
Numi del cielo,
Chi creduto l’avria!
L’onor di Roma,
L’esempio degli eroi, la mia speranza,
Adriano incostante!
È possibile? È ver?
Chi ti sedusse?
Parla, di’, come fu?

ADRIANO
Che vuoi ch’io dica,
Se tutto mi confonde? Ah, lascia queste
Moderate querele.
Dimmi pure infedele,
Chiamami traditor, sfogati. Io veggo
Ch’hai ragion d’insultarmi. I merti tuoi,
Gli scambievoli affetti,
Le cento volte e cento
Replicate promesse io mi rammento.
Ma che pro? Non son mio.
Conosco, ammiro
La tua virtù, la tua bellezza, e pure...
Sol ch’io vegga... Ah, Sabina,
odio me stesso
Per l’ingiustizia mia. So ch’è dovuta
Una vendetta a te.

Vuoi la mia morte?
Svenami: è giusto. Io non m’oppongo.
Aspiri a svellermi
dal crin l’augusto alloro?
Lo depongo in tua man. Saria felice
Suddito a sì gran donna il mondo intero.

SABINA
Ah! domando il tuo core e non l’impero.

ADRIANO
Era tuo questo cor. S’io lo difesi,
Se a te volli serbarlo,
Il Ciel lo sa. Ne chiamo
Tutti, o Sabina, in testimonio i numi.
Le bellezze dell’Asia
Eran vili per me.

Freddo ogni sguardo,
A paragon de’ tuoi,
Lunga stagion credei che fosse.

SABINA
E poi?

ADRIANO
E poi... Non so. Di mia virtù sicuro,
Trascurai le difese;
Ed Amor mi sorprese. Ero nel campo,
Pieno d’una vittoria
E caldo ancor de’ bellicosi sdegni,
Quando condotta innanzi
Mi fu Emirena. Ad un diverso affetto
È facile il passaggio,
Quando è l’alma in tumulto. Io la mirai
Carica di catene
Domandarmi pietà, bagnar di pianto
Questa man che stringea, fissarmi in volto
Le supplici pupille
In atto così dolce... Ah! se in quell’atto
Rimirata l’avesse a me vicina,
Parrei degno di scusa anche a Sabina.

SABINA
Ah, questo è troppo. Abbandonar mi vuoi:
Hai coraggio di dirlo: in faccia mia
Ostenti la beltà, che mi contrasta
Del tuo core il possesso:
e non ti basta?
Pretenderesti ancora,
Per non vederti afflitto,
Ch’io facessi la scusa al tuo delitto?
E dove mai s’intese
Tirannia più crudele? Il premio è questo
Che ho da te meritato?
Barbaro! mancator! spergiuro! ingrato!

(s’abbandona sopra una sedia)

AQUILIO
(in disparte)
Qui Sabina!

ADRIANO
(Fra sè)
Io non posso più vederla penar.
Troppo a quel pianto mi sento intenerir.

(A Sabina)

 Deh! ti consola,
Bella Sabina. A’ lacci tuoi felici
Tornerò: sarò tuo.

AQUILIO

(Fra sè)
Stelle!

SABINA
(guardandolo con tenerezza)
Che dici?

ADRIANO
Che alla pietà già cedo,
Messaggiera d’Amore.
 
SABINA
Ah, non lo credo.

AQUILIO

(Fra sè)
Qui bisogna un riparo.
 
SABINA

S’Emirena una volta
Torni a veder...

ADRIANO
Non la vedrò.

SABINA
Ma puoi di te fidarti?

ADRIANO
Ho risoluto, e tutto
Si può quando si vuole.

AQUILIO
(ad Adriano)
A’ piedi tuoi
L’afflitta prigioniera
Inchinarsi desia. Non ti ritrova,
E lung’ora ti cerca.

SABINA

(Fra sè)
Ecco la prova.

ADRIANO
No, Aquilio: io più non deggio
Emirena veder. Tempo una volta
È pur ch’io mi rammenti la mia fida Sabina.

SABINA

(Fra sè)
Oh cari accenti!

AQUILIO
È giustizia, è dover. Ma che domanda
La povera Emirena? A lei si niega
Quel che a tutti è concesso? È serva, è vero;
Ma pur nacque regina.

ADRIANO
Veramente, Sabina,
Par crudeltà non ascoltarla.

SABINA
(si turba)
Oh Dio!

ADRIANO
L’udirò te presente:
Che potresti temer?

Resta, e vedrai...

SABINA
Oh! questo no.

Già m’ingannasti assai.

(s’alza)

Assai m’ingannasti,
Ingrato! ti basti.
Io stessa non voglio
Vedermi tradir.
La fiamma novella
Scordarti non sai.
T’aggiri, sospiri,
Cercando la vai:
Lontano da quella
Ti senti morir.

(parte)
 
Scena Quarta


(Adriano e Aquilio)

AQUILIO
La tua bella Emirena volo a cercar.

(in atto di partire)

ADRIANO
No, ferma.

AQUILIO
E a lei potresti tal giustizia negar?

ADRIANO
No: ma per ora...
Non udisti Sabina?

Amor mi sprona;
La ragion mi raffrena.
Vorrei... Ma...

Oh dèi, che pena!

AQUILIO
Spiegati al fin.

Se non t’intendo, in vano
M’affanno a consolar quel core oppresso.

ADRIANO
Spiegarmi! E come?
Ah, non m’intendo io stesso.

(parte)
 
Scena Quinta


(Aquilio solo)

AQUILIO
Tolleranza, o mio cor.

La tua vittoria,
Benché non sia lontana,
Matura ancor non è.

L’amor d’Augusto,
Gli sdegni di Sabina
Combattono per noi.

La pugna è accesa;
Ma non convien precipitar l’impresa.
Saggio guerriero antico
Mai non ferisce in fretta:
Esamina il nemico,
Il suo vantaggio aspetta,
E gl’impeti dell’ira
Cauto frenando va.
Muove la destra e il piede,
Finge, s’avanza e cede,
Fin che il momento arriva
Che vincitor lo fa.

(parte)
 
Scena Sesta


(Deliziosa, per cui si passa a’ serragli di

fiere. Emirena, e poi Sabina e Farnaspes)

EMIRENA
Che fa il mio bene?
Perché non viene?
Ogni momento
Mi sembra un dì.

SABINA

(a Farnaspes)
Ecco la sposa tua.

FARNASPES
Bella Emirena!

EMIRENA
Sei pur tu, caro prence?

Il credo a pena.

FARNASPES
Al fin, ben mio...

SABINA
Di tenerezze adesso
Tempo non è. Convien salvarsi. È quella
L’opportuna alla fuga,
Non frequentata oscura via. L’amico
Lentulo a me la palesò. Non molto
Lunge dal primo ingresso
Si parte in due. Guida la destra al fiume,
La sinistra alla reggia. A voi conviene
Evitar la seconda. Andate, amici,
Sicuri a’ vostri lidi:
La Fortuna vi scorga,
Amor vi guidi.

EMIRENA
Pietosa Augusta.

FARNASPES
Eccelsa donna,

E come render mercé...

SABINA
Poco desio. Pensate
Qualche volta a Sabina; e fra le vostre
Felicità, se pur vi torno in mente,
Esiga il mio martiro
Dalla vostra pietà qualche sospiro.
Volga il ciel, felici amanti,
Sempre a voi benigni i rai,
Né provar vi faccia mai
Il destin della mia fé.
Non invidio il vostro affetto;
Ma vorrei che in qualche petto
La pietà, ch’io mostro a voi,
Si trovasse ancor per me.

(parte)
 
Scena Settima


(Emirena e Farnaspes)

FARNASPES
Ed è ver che sei mia? Ne temo, e quasi
Parmi ancor di sognar.

EMIRENA
Prence, fuggiamo,

Se sognar non vogliamo.

(s’incamminano verso la
strada disegnata da Sabina)


FARNASPES
(ad Emirena, arrestandola)
Ferma!

EMIRENA
Perché?

FARNASPES
Non odi qualche strepito d’armi?

EMIRENA
Odo,
ma donde non saprei dir.

FARNASPES

Da quel cammino istesso
Che tener noi dobbiamo.

EMIRENA
Aimè!

FARNASPES
Non giova
L’avvilirsi, ben mio. Celati, intanto
Che l’armi io scopro e la cagion di quelle.

EMIRENA
Che sarà mai!

Non mi tradite, o stelle.

(Emirena si nasconde molto indietr,
o vicino a’ cancelli del serraglio)

 
Scena Ottava


(Osroa in abito romano con ispada

nuda insanguinata, che esce dalla
strada disegnata da Sabina;
Farnaspes, e in disparte Emirena)

OSROA
Fra l’ombre adesso a raccontar l’altero
Vada i trofei della sua Roma.

FARNASPES
E dove corri, signor, con queste spoglie?

OSROA
Amico,
Siam vendicati. È libera la terra
Dal suo tiranno. Ecco il felice acciaro
Che Adriano svenò.

FARNASPES
Come!
 
OSROA

Solea
Di questa occulta via talor valersi
L’aborrito romano. Un suo seguace
Mel palesò. Fra questi eroi del Tebro
L’oro ha trovato un traditore. Al varco,
Travestito in tal guisa, io l’aspettai,
Fin che passò col servo, e lo svenai.

FARNASPES
Ma, del nemico in vece,
Potevi fra quell’ombre
L’altro ferir.

OSROA
No: fu previsto il caso.
Finse cader, quando mi fu vicino
Il servo reo.

Con questo segno espresso
Cesare espose, assicurò se stesso.

EMIRENA

(Fra sè)
Chi sarà quel roman?

Stringe un acciaro,
E sanguigno mi par.
Potessi in volto mirarlo almeno!

FARNASPES
Or che farem? Fuggendo
Per la via che facesti, incontro andiamo
A mille, che concorsi
Al tumulto saran.
Su gli altri ingressi
Veglian servi e custodi.

OSROA
E ben! col ferro
Ci apriremo la strada.

FARNASPES
Al caso estremo
Serbiam questo rimedio. Io voglio prima
Ricercar se vi fosse
Altra via di fuggir.

EMIRENA

(Fra sè)
Parlan sommesso:
Intenderli non so.

FARNASPES
Fra quelle piante
Nascoso attendi. Io tornerò di volo.

OSROA
Sollecito ritorna, o parto solo.

(Osroa si nasconde molto innanzi
fra le piante del boschetto)


FARNASPES
Questo… No. Quel sentier…

Ma s’io tentassi
Il cammin che prescritto
Da Sabina mi fu? D’Augusto il caso
Forse ancor non è noto; e forse, prima
Ch’altri il sappia e v’accorra,
Noi fuggiti sarem. Sì, questo eleggo.
 
Scena Nona


(Farnaspes, Adriano con ispada nuda
e séguito di guardie dalla strada suddetta.
Osroa ed Emirena
in disparte)

ADRIANO
(incontrandosi in Farnaspes)
Fermati, traditor.

FARNASPES
(si ferma stupido)
Numi, che veggo!

ADRIANO

(alle guardie)
Impedite ogni passo alla fuga, o custodi.

FARNASPES
Io son di sasso.

EMIRENA

(Fra sè)
Ah, siam scoperti!

(s’avanza ad ascoltare)

ADRIANO
Istupidisci, ingrato,
Perché vivo mi vedi? A me credesti
Di trafiggere il sen. L’empio disegno
Con voci ingiuriose
Nel ferir palesasti.

EMIRENA
(Fra sè)

Ecco l’errore.
Colui che si nascose è il traditore.

ADRIANO
Perfido! non rispondi? A che venisti
Qual disegno t’ha mosso?
Chi sciolse i lacci tuoi? Parla.


FARNASPES
Non posso.
 
ADRIANO
Non puoi? Si tragga a forza
Nel carcere più nero il delinquente.

EMIRENA
(si scopre con impeto)
Fermatevi: sentite; egli è innocente.

FARNASPES
Aimè!

EMIRENA
Tra quelle fronde
Il traditor s’asconde. Eccolo...

(s’incammina verso Osroa)

FARNASPES
Oh Dio! Ferma!

EMIRENA
(accennando Osroa, che s’avanza)
Vedilo, Augusto.

OSROA
È ver, son io.

EMIRENA
(resta immobile)
Ah, padre!

ADRIANO
Il re de’ Parti
In abito romano! E quanti siete,
Scellerati! a tradirmi?

OSROA
Io solo, io solo
Ho sete del tuo sangue. Il colpo errai;
Ma, se mi lasci in vita,
Il fallo emenderò.

ADRIANO
Così fra l’ombre
Assalirmi, infedel? Coglier l’istante
Che inciampo e cado al suol?

OSROA
Barbara sorte!
Ecco l’inganno.

Il tuo seguace ad arte
Cader doveva,
e tu cadesti a caso;
Onde, confuso il segno,
L’un per l’altro svenai.

ADRIANO
Questa mercede,
Barbaro, tu mi rendi?

Oppresso e vinto
T’invito, t’offerisco
Di Roma l’amistà...

OSROA
Sì, questo è il nome
Empi! con cui la tirannia chiamate;
Ma poi servon gli amici, e voi regnate.

ADRIANO
Siam del giusto custodi.
Al giusto serve
Chi compagni ci vuol, non serve a noi:
Ma la giustizia

È tirannia per voi.

OSROA
E chi di lei vi fece
Interpreti e custodi?

Avete forse
Ne’ celesti congressi
Parte co’ numi? o siete i numi istessi?

ADRIANO
Se non siam numi, almeno
Procuriam d’imitarli; e il suo costume
Chi co’ numi conforma,
agli altri è nume.

OSROA
Numi però voi siete
Avidi dell’altrui:
rapite i regni,
Vaneggiate d’amor, volete oppressi
Gl’innocenti rivali,
Tradite le consorti...

ADRIANO
Ah, troppo abusi
Della mia sofferenza. Olà, ministri,
In carcere distinto alla lor pena
Questi rei custodite.

FARNASPES
Anche Emirena?
 
ADRIANO

Sì, ancor l’ingrata.
 
FARNASPES
Ah! che ingiustizia è questa?
Qual delitto a punir ritrovi in lei?

ADRIANO
Tutti nemici e rei,
Tutti tremar dovete:
Perfidi, lo sapete,
E m’insultate ancor?
Che barbaro governo
Fanno dell’alma mia
Sdegno, rimorso interno,
Amore e gelosia!
Non ha più Furie Averno
Per lacerarmi il cor.

(parte)
 
Scena Decima


(Osroa, Farnaspes, Emirena
e guardie)

EMIRENA
Padre... Oh Dio! con qual fronte
Posso padre chiamarti io che t’uccido?
Deh! se per me t’avanza...

OSROA
Parti, non assalir la mia costanza.

EMIRENA
Ah! mi scaccia a ragion. Perdono, o padre;
Eccomi a’ piedi tuoi.

(s’inginocchia)

OSROA
Lasciami, o figlia:
No, sdegnato non sono;
T’abbraccio, ti perdono.
Addio, dell’alma mia parte più cara.

EMIRENA
Oh addio funesto!

FARNASPES

Oh divisione amara!
 
EMIRENA
Quell’amplesso e quel perdono,
Quello sguardo e quel sospiro
Fa più giusto il mio martiro,
Più colpevole mi fa.
Qual mi fosti e qual ti sono
Chiaro intende il core afflitto,
Che misura il suo delitto
Dall’istessa tua pietà.

(parte)
 
Scena Undicesima


(Osroa e Farnaspes)

FARNASPES
Almen tutto il mio sangue
A conservar bastasse
Il mio re, la mia sposa.

OSROA
Amico, assai
Debole io fui.

Non congiurar tu ancora
Contro la mia fortezza.

Abbia il nemico
Il rossor di vedermi
Maggior dell’ire sue.

Nell’ultim’ora
Cader mi vegga e mi paventi ancora.
Leon piagato a morte
Sente mancar la vita
Guarda la sua ferita,
Né s’avvilisce ancor:
Così fra l’ire estreme
Rugge, minaccia e freme,
Che fa tremar morendo
Tal volta il cacciator.

(parte)
 
Scena Dodicesima


(Farnaspes
solo)

FARNASPES
Con quai nodi tenaci avvinta a questa
Miserabile spoglia è l’alma mia!
Come resisto a tanti
Insoffribili affanni!
Ah! toglietemi il giorno, astri tiranni.
È falso il dir che uccida,
Se dura, un gran dolore,
E che, se non si muore,
Sia facile a soffrir.
Questa, ch’io provo, è pena
Che avanza ogni costanza,
Che il viver m’avvelena
E non mi fa morir.

(parte)
 
 
 
ATTO  TERZO


Scena Prima


(Sala terrena con sedie.
Sabina ed Aquilio)


SABINA
Come! ch’io parta?
A questo segno è cieco?
È ingiusto a questo segno? E di qual fallo
Vuol punirmi Adriano?

AQUILIO
Ei sa che fosti
D’Emirena e Farnaspes
Consigliera alla fuga. Ei del custode
Ti crede seduttrice; e con tal arte
Sa i tuoi falli ingrandir, che, a chi lo sente
Nel punirti così, sembra clemente.

SABINA
Serbando la sua gloria,
Beneficando una rivale, io volli
Procurarmi il suo cor.

Non l’odio o l’ira
Mi consigliò, ma la pietà, l’amore;
Onde error non commisi, o è lieve errore.

AQUILIO
Sabina, io lo conosco, e lo conosce
Forse Adriano ancor; ma giova a lui
Un lodevol pretesto.


SABINA
E ben, mi vegga e n’arrossisca.

AQUILIO
Il comparirgli innanzi
Di vietarti m’impose.

SABINA
Oh dèi!

Ma deggio partir senza vederlo?

AQUILIO
Appunto.

SABINA
E quando?

AQUILIO
Già le navi son pronte.

SABINA
Un tal comando ubbidir non si deve.

AQUILIO
Ah no: ti perdi.
Parti; fidati a me. Lo vincerai
Non resistendo. Io cercherò l’istante
Di farlo ravveder.

SABINA
Ma digli almeno...

AQUILIO
Va senz’altro parlar, t’intendo appieno.

SABINA
Digli ch’è un infedele;
Digli che mi tradì.
Senti: non dir così:
Digli che partirò;
Digli che l’amo.
Ah! se nel mio martìr
Lo vedi sospirar,
Tornami a consolar;
Ché prima di morir
Di più non bramo.

(parte)
 
Scena Seconda


(Aquilio solo)

AQUILIO
Io la trama dispongo
Perché parta Sabina, e poi m’affanno
Nel vederla partir. Pensa, o mio core,
Che la perdi, se resta. Ella risveglia
D’Augusto la virtù. Soffrir non puoi
L’assenza del tuo bene;
Ma, se lieto esser vuoi, soffrir conviene.
Più bella al tempo usato
Fan germogliar la vite
Le provvide ferite
D’esperto agricoltor.
Non stilla in altra guisa
Il balsamo odorato,
Che da una pianta incisa
Dall’arabo pastor.

(nel partire s’incontra in Adriano)
 
Scena Terza


(Adriano ed Aquilio)

ADRIANO
Aquilio, che ottenesti?

AQUILIO
Nulla, signore: è risoluta e vuole
Partir Sabina.

ADRIANO
Ah! se sdegnata è meco
Ha gran ragion.

AQUILIO
Ma moderate a segno
Son le querele sue, che d’altro amante
La credo accesa. Io giurerei che serve
L’incostanza d’Augusto
Di pretesto alla sua.

ADRIANO
No, non mi piace
Questa soverchia pace. Andiamo a lei.

AQUILIO
Ma, signor, ti scordasti
Del re de’ Parti. Il mio consiglio accetti;
Vuoi tentar di placarlo, a te lo chiami;
Ei vien, t’attende, e nel compir l’impresa
Ti confondi e vacilli?

ADRIANO
Ah! tu non sai
Qual guerra di pensieri
Agita l’alma mia! Roma, il Senato,
Emirena, Sabina,
La mia gloria, il mio amor, tutto ho presente:
Tutto accordar vorrei: trovo per tutto
Qualche scoglio a temer. Scelgo, mi pento;
Poi d’essermi pentito
Mi ritorno a pentir. Mi stanco intanto
Nel lungo dubitar, tal che dal male
Il ben più non distinguo. Al fin mi veggio
Stretto dal tempo, e mi risolvo al peggio.

AQUILIO
Eh finisci una volta
Di tormentar te stesso. Hai quasi in braccio
La bella che sospiri, e non ardisci
Di stringerla al tuo seno? Io non ho core
Di vederti soffrir. Vado de’ Parti
Ad introdurre il re.

ADRIANO
Senti. E se poi...

AQUILIO
Non più dubbi, signor.

ADRIANO
Fa quel che vuoi.

(Aquilio parte)
 
Scena Cuarta

(Adriano, poi Osroa ed Aquilio)

ADRIANO
Che dir può il mondo? Al fine
Il conservar la vita
È ragion di natura: e in tanta pena
Io viver non saprei senza Emirena.

OSROA
Che si chiede da me?

ADRIANO
Che il re de’ Parti
Sieda e m’ascolti; e, se non pace, intanto
Abbia tregua il suo sdegno.

(siede)

OSROA
A lunga sofferenza io non m’impegno.

(siede)

AQUILIO
(Fra sè)

Del mio destin si tratta.

ADRIANO
Osroa, nel mondo
Tutto è soggetto a cambiamento, e strano
Saria che gli odii nostri
Soli fossero eterni. Al fin la pace
È necessaria al vinto.
Utile al vincitor. Fra noi mancata
È la materia all’ire. Il fato avverso
Tanto ti tolse, e tanto
Mi diè benigno il Ciel, che non rimane
Né che vincere a noi,
Né che perdere a te.

OSROA
Sì, conservai
L’odio primiero; onde mi resta assai.

AQUILIO
(Fra sè)

Che barbara ferocia!

ADRIANO
Ah, non vantarti
D’un ben che posseduto
Tormenta il possessor. Puoi meglio altronde
Il tuo fasto appagar. Sappi che sei
Arbitro tu del mio riposo, appunto
Qual son io de’ tuoi giorni. Ordina in guisa
Gli umani eventi il Ciel, che tutti a tutti
Siam necessari, e il più felice spesso
Nel più misero trova
Che sperar, che temer. Sol che tu parli,
La principessa è mia; sol ch’io lo voglia,
Tu sei libero e re. Facciamo, amico,
Uso del poter nostro
A vantaggio d’entrambi. Io chiedo in dono
Da te la figlia, e t’offerisco il trono.

AQUILIO
(Fra se)
Tremo della risposta.

ADRIANO
(ad Osroa)
E ben, che dici?
Tu sorridi e non parli?

OSROA
E vuoi ch’io creda
Sì debole Adriano?

ADRIANO
Ah! che pur troppo,
Osroa, io lo son. Dissimular che giova?
Se la bella Emirena
Meco non vedo in dolce nodo unita,
Non ho ben, non ho pace e non ho vita.

OSROA
Quando basti sì poco
A renderti felice, io son contento:
Che sì chiami la figlia.

ADRIANO
Accetti dunque le offerte mie?

OSROA
Chi ricusar potrebbe?

ADRIANO
Ah! tu mi rendi, amico,
Il perduto riposo. Aquilio, a noi
La principessa invia.

AQUILIO
Ubbidito sarai.


(Fra sè)

Sabina è mia!

(parte)

ADRIANO
Ora a viver comincio. Olà, togliete


(escono due guardie)

Quelle catene al re de’ Parti.

OSROA
Ancora
Non è tempo, Adriano. Io goderei
Prima de’ doni tuoi che tu de’ miei.

ADRIANO
Van riguardo. Eseguite


(alle guardie)

Il cenno mio.

OSROA
Non è dover. Partite.

(partono le guardie)

ADRIANO
Del peso ingiurioso io pur vorrei
Vederti alleggerir.

OSROA
Son sì contento,
Pensando all’avvenir ch’io non lo sento.

ADRIANO
E pur non viene.

(guardando per la scena)

OSROA
Impaziente anch’io ne sono al par di te.

ADRIANO
La principessa Io vado ad affrettar.
 
(s’alza)
 
OSROA
No: già s’appressa.

(s’alza, trattenendolo)
 
Scena Quinta


(Emirena, Adriano ed Osroa)

ADRIANO
(incontrandola)
Bellissima Emirena...

OSROA
(ad Adriano)
A lei primiero meglio sarà

ch’io tutto spieghi.

ADRIANO
È vero.

EMIRENA

(Fra sè)
Perché son così lieti?

OSROA
E pure, o figlia,
Fra le miserie nostre abbiamo ancora
Di che goder. Lo crederesti? Io trovo
Nella bellezza tua tutto il compenso
Delle perdite mie.

EMIRENA
Che dir mi vuoi!

ADRIANO
(ad Emirena)
Quella fiamma verace...

OSROA
(ad Adriano)
Lasciami terminar.

ADRIANO
Come a te piace.

OSROA
(ad Emirena)
Tal virtù ne’ tuoi lumi
Raccolse amico il Ciel, che, fatto servo,
Il nostro vincitor per te sospira.
Offre tutto per te: scorda gli oltraggi:
S’abbassa alle preghiere; odia la vita
Senza di te, che per suo nume adora.

ADRIANO
(ad Emirena)
Tu dunque puoi...

OSROA
(ad Adriano)
Non ho finito ancora.

ADRIANO

(da sé)
Mi fa morir questa lentezza.

OSROA
Io voglio...
Senti, o figlia, e scolpisci
Questo del genitore ultimo cenno
Nel più sacro dell’alma. Io voglio almeno
In te lasciar, morendo,
La mia vendicatrice. Odia il tiranno,
Com’io l’odiai fin ora; e questa sia
L’eredità paterna.

ADRIANO
Osroa, che dici!

OSROA
Né timor né speranza
T’unisca a lui; ma forsennato, afflitto
Vedilo a tutte l’ore
Fremer di sdegno e delirar d’amore.

ADRIANO
Giusti dèi!
son schernito.

OSROA
Parli Cesare adesso,

Osroa ha finito.

ADRIANO
Sconsigliato! infelice! e non avvedi
Che tu il fulmine accendi
Che opprimer ti dovrà?

OSROA
Smania, o superbo:
Son le tue furie il mio trionfo.

ADRIANO
Oh numi!
Qual rabbia! qual veleno!
Che sguardi! che parlar! Tanto alle fiere
Può l’uomo assomigliar!
Stupisco a segno che scema
lo stupor forza allo sdegno.
Barbaro, non comprendo
Se sei feroce o stolto:
Se ti vedessi in volto,
Avresti orror di te.
Orsa nel sen piagata,
Serpe nel suol calcata,
Leon ch’apre gli artigli,
Tigre che perda i figli,
Fiera così non è.

(parte)


Scena Sesta

(Osroa ed Emirena)

OSROA
Figlia, s’è ver che m’ami, ecco il momento
Di Farnaspes prova. Un genitor soccorri,
Che ti chiede pietà.

EMIRENA
Se basta il sangue,
È tuo: lo spargerò.

OSROA
Toglimi all’ire
Del tiranno roman. Senza catene ti veggo pur.

EMIRENA
Sì: ci conobbe Augusto
D’ogn’insidia innocenti, e le disciolse
A Farnaspes ed a me. Ma qual soccorso
Perciò posso recarti?

OSROA
Un ferro, un laccio, un veleno, una morte,
Qualunque sia.

EMIRENA
Padre, che dici? Queste
Sarian prove d’amor? La figlia istessa
Scellerata dovrebbe... Ah! senza orrore
Non posso immaginarlo. In van lo speri.
Il cor l’opra aborrisce; e, quando il core
Fosse tanto inumano,
Sapria nell’opra istupidir la mano.

OSROA
Va! ti credea più degna
Dell’origine tua. Tremi di morte
Al nome sol!
Con più sicure ciglia
Riguardarla dovria d’Osroa una figlia.
Non ritrova un’alma forte
Che temer nell’ore estreme:
La viltà di chi lo teme
Fa terribil il morir.
Non è ver che sia la morte
Il peggior di tutti i mali:
È un sollievo de’ mortali,
Che son stanchi di soffrir.

(parte)
 
Scena Settima


(Emirena
e poi Farnaspes)

EMIRENA
Misera, a qual consiglio
Appigliarmi dovrò?

FARNASPES
(con fretta)
Corri, Emirena.

EMIRENA
Dove?

FARNASPES
Ad Augusto.

EMIRENA
E perché mai?

FARNASPES
Procura che il comando rivochi
Contro il tuo genitore.

EMIRENA
Qual è?

FARNASPES
Vuol che, traendo
Delle catene sue l’indegna soma, vada…

EMIRENA
A morte?

FARNASPES
No: peggio.

EMIRENA
E dove?

FARNASPES
A Roma.

EMIRENA
E che posso a suo pro?

FARNASPES
Va, prega, piangi,
Offriti sposa ad Adriano: oblia
I ritegni, i riguardi,
Le speranze, l’amor. Tutto si perda,
E il re si salvi.

EMIRENA
Egli pur or m’impose
D’odiar Cesare sempre.

FARNASPES
Ah ! tu non devi
Un comando eseguir dato nell’ira,
Ch’è una breve follia. Dobbiamo, o cara,
Salvarlo suo malgrado.
 
EMIRENA
Ad altri in braccio
Andar dunque degg’io? Tu lo consigli?
E con tanta costanza?

FARNASPES
Ah! principessa,
Tu non vedi il mio cor. Non sai qual pena
Questo sforzo mi costa. Allor ch’io parlo,
Non ho fibra nel seno
Che non senta tremar; stilla di sangue
Non ho che per le vene
Gelida non mi scorra. Io so che perdo
L’unico ben, per cui
M’era dolce la vita. Io so che resto
Afflitto, disperato,
Grave agli altri ed a me.
Ma l’Asia tutta Che direbbe di noi, se
Osroa perisse quando possiam salvarlo?
Anima mia, sacrifichiamo a questo
Necessario dover la nostra pace.
Va: consorte d’Augusto
Il grado più sublime
Occupa della terra. Un gran sollievo
Per me sarà quel replicar talora
Nel mio dolor profondo:
‘Chi diè legge al mio cor,
dà legge al mondo.’

EMIRENA
Ah! se vuoi ch’io consenta
A perderti, ben mio, deh! non mostrarti
Così degno d’amor.

FARNASPES
Bella mia speme,
No, non mi perdi: infin ch’io resti in vita,
T’amerò, sarò tuo, sol però quanto
La gloria tua, la mia virtù concede:
Lo giuro a’ numi tutti e a que’ bei lumi
Che per me son pur numi.
E tu… Ma dove mi trasporta l’affanno?
Ah! Che ci manca
Anche il tempo a dolerci. Osroa perisce,
Mentre pensiamo a conservarlo.

EMIRENA
Addio.

FARNASPES
Ascoltami.

EMIRENA
Che vuoi?

FARNASPES
Va… Ferma… Oh dèi!
Vorrei che mi lasciassi e non vorrei.


EMIRENA
Oh Dio! mancar mi sento
Mentre ti lascio, o caro.
Oh Dio! che tanto amaro
Forse il morir non è.
Ah! non dicesti il vero,
Ben mio, quando dicesti
Che tu per me nascesti,
Ch’io nacqui sol per te.
 
(parte)   


Scena Ottava

(Farnaspes solo)
 
FARNASPES
Di vassallo e d’amante
La fedeltà, la tenerezza a prova
Pugnano nel mio seno. Or questa, or quella
È vinta, è vincitrice, ed a vicenda
Varian fortuna e tempre:
Ma, qualunque trionfi,
io perdo sempre.
Son sventurato; ma pure, o stelle,
Io vi son grato che almen sì belle
Sian le cagioni del mio martìr.
Poco è funesta l’altrui fortuna,
Quando non resta ragione alcuna
Né di pentirsi, né d’arrossir.

(parte)
 
Scena Nona


(Luogo magnifico del palazzo imperiale;

scale, per cui si scende alle ripe
dell’Oronte; veduta di campagna e
giardini sull’opposta sponda. Sabina
con séguito di matrone e cavalieri
romani, Aquilio, indi Adriano)


SABINA
Temerario! non più. Benché da lui
Mi discacci Adriano, è a te delitto
Del mio cor la richiesta.

AQUILIO
La prima volta è questa...
 
SABINA

(partendo per imbarcarsi)
E sia l’ultima volta
Che mi parli d’amor.

ADRIANO
Sabina, ascolta.

AQUILIO

(Fra sè)
Aimè.

SABINA
(tornando indietro, fra sè)
Numi!


(Ad Adriano)

Che chiedi?
 

ADRIANO
A questo segno
Odioso io ti son,

che partir vuoi senza vedermi?

SABINA
Ah! non schernirmi ancora.
Mi discacci, mi vieti
Di comparirti innanzi...

ADRIANO
Io? quando? Aquilio,
Non richiese Sabina
La libertà d’abbandonarmi?

SABINA
Oh dèi!

(ad Aquilio)

Non fu cenno d’Augusto
Ch’io dovessi partir senza mirarlo?

AQUILIO

(Fra sè)
Se parlo, mi condanno, e se non parlo.

SABINA
(ad Aquilio)
Perfido!

ADRIANO
Non rispondi?

SABINA
Or tutte intendo
Le trame tue. Sappi, Adriano...

AQUILIO
È vero,
Signor, Sabina adoro, e, lei presente,
Temei la tua virtù: perciò lontana...

ADRIANO
Basta. Che tradimento! Anima rea!
Tu rivale ad Augusto? Olà! costui
Sia custodito.

AQUILIO

(Fra sè)
Avverso Ciel!
 
(è disarmato)
 
ADRIANO
Né pensi la mia sposa a partir.

SABINA
Tua sposa!

ADRIANO
Io sento
Che risano a gran passi. Il dover mio,
D’Emirena i disprezzi,
Gli odii del genitore...
 
Scena Ultima


(Emirena, Farnaspes e detti)

EMIRENA
Ah, Cesare, pietà!

FARNASPES
Pietà, signore!

EMIRENA
Rendimi il padre mio.

FARNASPES
Conservami il mio re.

EMIRENA
Rendilo; e poi
Eccomi tua, se vuoi.

ADRIANO
Che?

FARNASPES
Sì: ti cedo
L’impero di quel cor.

ADRIANO
Tu?

EMIRENA
Sì: sarai
Tu il nume mio.

Per quel sereno, il giuro,
Raggio del ciel che nel tuo volto adoro,
Per quel sudato alloro
Che porti al crin, per questa invitta mano,
Ch’è sostegno del mondo,
Ch’io bacio...

(s’inginocchia)

ADRIANO
Ah! sorgi: ah! taci.


(Fra sè)

È donna o dea?
Quando m’innamorò, così piangea.

SABINA

(Fra sè)
Qual contrasto in quel petto
Fan l’onore e l’affetto!

ADRIANO

(Fra sè)
Se alla ragione io cedo,
Perdo Emirena; e se all’amor mi fido,
La mia Sabina uccido.

Ah, qual cimento,
Quale angustia crudele!

SABINA

(Fra sè)
E pur mi fa pietà, benché infedele.

EMIRENA
Cesare, e non risolvi?

SABINA
Augusto, al fine...

ADRIANO
Ah! per pietà non tormentarmi. Io tutto
Quanto dir mi potrai,
Tutto, Sabina, io so.

SABINA
No, non lo sai:
Odi. Troppo fatali
Son le nostre ferite. Uno di noi
Dee morirne d’affanno: io, se ti perdo;
Tu, se perdi Emirena.
Ah! non sia vero
Che, per salvar d’inutil donna i giorni,
Perisca un tale eroe. Serbati, o caro,
Alla tua gloria, alla tua patria, al mondo,
Se non a me.
D’ogni dover ti sciolgo,
Ti perdono ogni offesa;
Ed io stessa sarò la tua difesa.

ADRIANO
(stupido)
Come!


SABINA
Cesare, addio.

(in atto di partire)

ADRIANO
(arrestandola)
Fermati. Oh grande!
Oh generosa! oh degna di mille imperi!
Ah, quale eccesso è questo
D’inudita virtù!

Tutti volete dunque farmi arrossir?

(a Farnaspes)

Fedel vassallo,
Tu la sposa mi cedi
A favor del tuo re!


(ad Emirena)

Figlia pietosa, sacrifichi te stessa
Tu per il padre tuo!


(a Sabina)


Tradita amante,
Non pensi tu che al mio riposo!
Ed io, Io sol fra tanti forti
Il debole sarò? Né mi nascondo
Per vergogna a’ viventi?

E siedo in trono?
E do leggi alla terra? Ah no.
Facciamo tutti felici.
Al re de’ Parti io dono e regno e libertà;
rendo a Farnaspes la sua bella Emirena:
Aquilio assolvo d’ogni fallo commesso;


(a Sabina)

E a te, degno di te, rendo me stesso.

FARNASPES
Oh contento improvviso!

SABINA
Ecco il vero Adriano: or lo ravviso.

EMIRENA
Fin ch’io respiri, Augusto,
Grata quest’alma a’ benefizi tuoi...

ADRIANO
(Ad Emirena)

Se grata esser mi vuoi, lasciami ormai
La pace del mio cor. Poco è sicura,
Fin che appresso mi sei. Subito parti,
Io te ne priego.

Ecco il tuo sposo: il padre
Colà ritroverai. Lieti vivete;
E tutti tre spargete
Questi deliri miei d’eterno oblio.

EMIRENA
(volendogli baciar la mano)
Almen, signor...

ADRIANO
(non soffrendolo)

Basta, Emirena. Addio. 

CORO
S’oda, Augusto, infin su l’etra
Il tuo nome ognor così;
E da noi con bianca pietra
Sia segnato il fausto dì.

LICENZA
Cesare, non turbarti; a te non osa
Somigliarsi Adrian.
Quando al tuo sguardo
Le sue vicende espone,
Fa spettacol di sé, non paragone.
Troppo minor del vero
L’immagine sarebbe; e troppo chiare,
Signor, fra voi le differenze sono.
A lui diè luce il trono,
La riceve da te.
Fu grande e giusto
Ei talvolta, e tu sempre. I propri affetti
Ei debellò, tu li previeni. Ei scelse
Tardi le vie d’onor, tu le scegliesti
De’ giorni tuoi fin su la prima aurora.
Lui la terra ammirò, te il mondo adora.
Non giunge degli affetti
La turba contumace
A violar la pace
Del tuo tranquillo cor.
Così del re de’ numi
Fremon, ma sotto al trono,
E ’l turbine ed il tuono,
E le tempeste e i fiumi

Nelle lor fonti ancor.
 

ACTO PRIMERO


 
Escena Primera

(Gran plaza de Antioquía magníficamente
adornada con trofeos militares capturados
a los enemigos derrotados. Trono en un lado.
Puente sobre el río Orontes, que divide en
dos la ciudad. De este lado del río, Adriano,
que
es llevado sobre los escudos de sus soldados
romanos. Aquiles, guardias y pueblo. Del otro
lado del río, Farnaspes y Osroes con séquito de
partos, que traen diversas fieras y otros
obsequios para ser presentados a Adriano)
 
SOLDADOS ROMANOS
¡Gloria al imperio, al gran Augusto
y a su frente coronada de mirto!
Pronto, el río Orontes, se
acostumbrará al sagrado laurel.
De la patria y las legiones
aquí está el jefe, el padre,
en quien confía el mundo entero,
en quien confía nuestro amor.
Palmas para él prepara el Ganges,
y el nombre de Augusto aprende
el remoto habitante
de las ignotas regiones.
 
(Mientras se canta este coro,
desciende Adriano de los escudos
sobre los que era transportado.
Los soldados que lo sostenían
en andas, vuelven a su lugar
entre los soldados presentes)
 
AQUILES
(a Adriano)
Solicita el parto Farnaspes autorización
para presentarse ante ti.
 
ADRIANO
Que venga y se le escuche.

(Aquiles se marcha, Adriano
sube al trono y habla de pie)

¡Valientes compañeros!
Me ofrecéis un imperio
y prometéis apoyarme
incluso con vuestra sangre.
Agradecido recojo
el fruto de vuestros sudores.
Pero, si a vuestro deseo
no puedo oponerme,
me aseguraré al menos
que cada uno de vosotros
siempre encuentre en mí
a un jefe ecuánime.
No me serviréis a mí,
sino a la gloria de Roma.
y a vuestro propio honor.
 
(Se sienta)
 
CORO
¡Gloria al imperio, al gran Augusto
y a su frente coronada de mirto!
Pronto, el río Orontes, se
acostumbrará al sagrado laurel.
 
(Cruza el puente Aquiles, seguido por
Farnaspes y Osroes, que viaja de
incógnito; les sigue el séquito de los
partos)
 
FARNASPES
Hoy, Roma adora a su César.
Desde tu augusto trono
diriges los destinos de muchos reinos.
Dígnate dirigir una mirada
al príncipe Farnaspes,
que fuera tu enemigo y ahora,
depone su ira y jura obediencia y fidelidad.
 
OSROES
(en voz baja, a Farnaspes)
Farnaspes, no es necesario
que te rebajes tanto.
 
ADRIANO
Roma es la madre común
de todos los pueblos,
y acoge a todos los que quieran
formar parte de ella.
A los amigos honra,
perdonan a los vencidos,
a los oprimidos exalta
y a los soberbios castiga.
 
OSROES
(Para sí)
¡Qué orgullo tan insoportable!
 
FARNASPES
Otra tradición de la virtud romana
vengo a rogarte.
La hija del rey de los partos
gime prisionera
en vuestras mazmorras
 
ADRIANO
¿Y bien?
 
FARNASPES
¡Desata, señor, sus cadenas!
 
ADRIANO
(Para sí)
¡Oh, dioses!
 
FARNASPES
Enjuga su llanto,
entrégamela,
y cuanto poseo tómalo a cambio.
 
ADRIANO
Príncipe, en Asia, yo hago la guerra,
no hago trueque ni comercio.
Adriano no vende la libertad de otros
como hacen las naciones bárbaras.
 
FARNASPES
Entonces... dónamela.
 
OSROES
(Para sí)
¿Qué responderá?
 
ADRIANO
Que venga su padre.
Sólo a él se la entregaré.
 
FARNASPES
Tras del conflicto en el que
todos los dioses apoyaron a Roma,
el destino de nuestro rey se desconoce.
O por otras tierras camina errabundo,
o ya no vive.
 
ADRIANO
Hasta que el destino de Osroes
sea conocido,
cuidaremos de su hija.
 
FARNASPES
Puesto que el Augusto
es tan celoso de su propio honor,
permite a su esposo que la cuide.
 
ADRIANO
¿Cómo! ¿Emirena está casada?
 
FARNASPES
No falta más
que cumplir el rito sagrado.
 
ADRIANO
(Para sí)
¡Oh, dioses!
Pero, ¿dónde está el futuro esposo?
 
FARNASPES
Señor, soy yo.
 
ADRIANO
¡Tú! ¿Y ella te ama?
 
FARNASPES
Fuimos amantes antes de saberlo.
Aprendimos juntos, al mismo tiempo,
a vivir y amar.
La pasión creció con el tiempo y la edad.
Nuestras dos almas se convirtieron
en una sola, en dos partes indivisibles.
Yo no ansiaba más que a la bella Emirena;
y ella no anhelaba más que a su príncipe.
Pero cuando debíamos unirnos,
señor, ¡qué crueldad!
me fue arrebatada
 
ADRIANO
(Para sí)
¡Qué cruel tormento!
 
FARNASPES
En tu cara, señor,
hay un gesto de preocupación:
¿tal vez mi debilidad te ha ofendido?
Sé que en Roma, los niños nacen héroes.
Sé que para ti, es un pecado todo afecto
que no conduzca a la gloria.
Esa virtud de mí esperas en vano.
César, yo nací parto y no romano.
 
ADRIANO
(Para sí)
¡Qué reproche tan ingrato!
Comencemos, sobre los propios afectos,
a ejercitar el imperio.

(A Farnaspes)

Príncipe, que la bella prisionera,
sea el árbitro de su destino.
Ve con ella.
Si ella sigue, como tú crees, amándote,
entonces... (digámoslo finalmente)
¡Tómala y vete!

(desciende)

Tu destino depende
de los labios que te apasionan
con tan dulce amor.

(Para sí)

¡Y mi destino también!

(A Farnaspes)

Me angustia tu tormento;
no soy ajeno a él,
y siento que la pena de tu corazón
es la pena del mío.
 
(Adriano sale seguido por todos
los guardias y soldados romanos)
 
Escena Segunda

(Osroes y Farnaspes)
 
OSROES
¡Oh, Farnaspes!
¿Entendiste lo que ha dicho el Augusto?
Él ama a Emirena,
de ti se siente celoso y confía en ella.
¿Amará, quizás ella, a mi enemigo?
¡Ah! Con esta espada,
ante tus propios ojos, quisiera...
No, no, no podría...
¡Ella es mi hija!
 
FARNASPES
¡Mi rey! ¿Qué dices?
El César es justo; ella fiel.
¿A qué tanto temor?
 
OSROES
Quién duda de un mal,
raramente se equivoca.
 
FARNASPES
¡Corro junto a ella!
 
OSROES
Ve, pero no digas
que estoy entre el séquito.
 
FARNASPES
¿Ni siquiera a tu hija?
 
OSROES
Sí; ya sabrás, cuando regreses,
cuales son mis planes.
 
FARNASPES
Sí, sí, mi rey, volveré con ella.

Ya próximo
al final de su martirio,
corre mi alma
disuelta en suspiros,
hacia el amable rostro
de su querido bien.
Las palabras
se confunden en los labios;
y el corazón,
que se debate entre mil afectos,
es incapaz de permanecer en el pecho.
 
(sale seguido de todo el
séquito de partos)
 
Escena Tercera

(Osroes solo)
 
OSROES
De la mano del enemigo
quitemos la prenda
que puede hacerme temblar,
y quede libre el camino para mi furor.
Tiembla, orgulloso romano,
ante la indignación de Osroes.
Fui derrotado, pero no aniquilado,
y, para tu desgracia,
siempre permaneceré altivo.
Desprecia el roble la furia del viento,
tras miles y miles de inviernos.
Y, aún, si cae al suelo,
se transforma en nave veloz
que, con ese mismo viento,
vuela sobre las olas.
 
(Sale)
 
Escena Cuarta 

(Apartamentos destinados a Emirena
en el palacio imperial. Aquiles, luego  
Emirena)
 
AQUILES
¡Ah! Si con algún engaño no prevengo
a Emirena, estoy perdido.
Generosamente, aunque la ama,
el César a Farnaspes la entrega,
y, si desestima esa pasión por ella,
que yo mismo con artimañas fomenté,
volverá al amor de Sabina,  
cuyo rostro siempre llevo en mi corazón.  
¡Dioses! ¿Dónde se esconde Emirena?
¡Ahí está!... Manos a la obra.
 
EMIRENA
¡Aquiles!
 
AQUILES
¡Ah, princesa! ¡Ah! ¡Si vieras
qué furia siente el Augusto contra ti!
Farnaspes le pidió que te entregara a él:
le dijo que te ama y que tú lo amas;
y eso ha desatado en el pecho
del César mil espasmos de celos.
Brama, amenaza,
y jura que, al Capitolio,  
si la llama de tu amor no le corresponde, 
te ha de llevar atada a su propio carro.
 
EMIRENA
¿Es este el héroe del río Tíber?
¿Es este el ídolo de Roma?  
Me prometió que no sería expuesta  
a la vergüenza de la derrota.  
¿Es que los héroes no cumplen su palabra? 
 
AQUILES
Emirena, si un amor violento  
agita los sentidos y la razón oscurece,
los héroes cambian de naturaleza.
 
EMIRENA
¿Mostrada como trofeo será Emirena?
Entonces, ¡bien sabrá morir en Asia! 
 
AQUILES
Sin necesidad de que hables de morir,
hay una solución mejor.  
El César allí viene con Farnaspes para ofrecértelo:  
espera así descubrir lo que siente tu corazón.
¡Ah, no te fíes de su simulada tranquilidad!
Engaña la artimaña con otra artimaña.
Al querido príncipe recibe con frialdad.
Rechaza el ofrecimiento de su mano.
Mide las palabras y reviste  
de total indiferencia tu rostro,
como si ya no estuvieras enamorada de él.
 
EMIRENA
Y el pobre Farnaspes ¿qué dirá de mí?
¡Ah! Tú no sabes que intensos sentimientos
anidan en su corazón.
Con semejante golpe, morirá.
 
AQUILES
¡Adiós! Piénsalo, y encuentra,
si puedes, mejores consejos.
 
EMIRENA
¡Óyeme!  
Al menos, corre a prevenir al príncipe...
 
AQUILES
¡Aquí están!
 
EMIRENA
¡Oh, dioses!
 
AQUILES
Ármate de valor. Ya te indiqué
como evitar tu funesto destino.
 
(Sale)
 
EMIRENA
¡Pobre de mí! ¡Qué difícil situación!
 
Escena Quinta 

(Adriano, Farnaspes y Emirena)
 
ADRIANO
Príncipe, ¿este es el semblante que adoras?
 
FARNASPES
Sí, ese es.
¡Siempre será ante mis ojos el más bello!
 
EMIRENA 
(Para sí)
Mi corazón tiembla.
 
ADRIANO
Emirena, mira con quien regreso a verte.
Más de lo usual, sé que ahora
te agrada mi presencia, ¿verdad?.
 
EMIRENA
No sé quién es este desconocido.
 
FARNASPES
(se queda estupefacto)
¡Desconocido!
 
ADRIANO
¡Cómo! ¿No lo conoces?
 
EMIRENA
 (Para sí)
¡Oh, dioses!
 
 (En voz alta)
 
No.
 
ADRIANO
Este semblante
¿lo has visto en otro lugar?
 
EMIRENA
No.

(Para sí)

Si hablo, me descubro, y estamos perdidos.
 
ADRIANO
Príncipe, ¿es esta la mujer
con la que aprendiste a vivir y a amar?
 
FARNASPES
¡Pierdo la razón!
¡No sé dónde estoy, ni quién soy!
 
EMIRENA
(Para sí)
La angustia de su corazón es la mía.
 
ADRIANO
No hables así por estar prisionera.
Emirena, no soy el dueño de tu corazón.
Aquí está tu bien amado; lo entrego,
como corresponde, a su primer amor.
 
EMIRENA
(Para sí)
¡Constancia, Emirena!

(A Adriano)

 No lo acepto.
 
FARNASPES
Princesa, ídolo mío, ¿qué he hecho?
¿Soy culpable de algún error?
¿Estás enojada conmigo?
¿Acaso dudas de mi fidelidad?
 
EMIRENA
Calla.
 
FARNASPES
Yo soy aquel...
 
EMIRENA
¡Cállate, por piedad!
¿No ves en qué estado me encuentro?
 
FARNASPES
Al menos recuerda...
 
EMIRENA
Ni nada recuerdo, ni nada tengo que decir.
Ya tengo suficiente con el temor
que me oprime el corazón
por mi adverso destino.
¡No me angusties! ¡Vete! ¡Déjame en paz!
 
FARNASPES
¿Dejarte en paz?... ¡Obedeceré!
Pero, mírame, mírame a la cara
y sabrás lo que hay en mi alma...  
No, no me mires, cruel, si no quieres.
Farnaspes obedecerá tus órdenes.
Si me miraras, ingrata,
tal vez no me iría,
tal vez olvidaría
tu infidelidad.
Te sonrojarías
y yo sentiría pena en mi corazón,
más que por mi dolor,
por tu rubor.
 
(Sale)
 
Escena Sexta 

(Emirena, pretende marcharse)
 
ADRIANO
¿Dónde vas, Emirena?
 
EMIRENA
A llorar a solas. Al menos me queda
la posibilidad de llorar libremente,
puesto que todo he perdido.
 
ADRIANO
Nada has perdido.
Yo sí he perdido la paz,
querida mía, en tus ojos.
 
EMIRENA
(con aire majestuoso)
De ti esperaba más respeto.
El saber estar de la realeza, 
no se pierde al caer el reino;
y si el reino pertenece al destino,  
mi corazón me pertenece sólo a mi.
 
ADRIANO
 (Para sí)
¡Que hermosa altivez!
 
 (A Emirena)
 
¿Y en qué te he ofendido?
Puedo ofrecerte, si quieres,  
el imperio y mi mano.
 
EMIRENA
No, no puedes:
estás comprometido con Sabina.
 
ADRIANO
Es cierto, la amé casi dos lustros.
¿Deben durar los amores por siempre?
No supongo en ella tanta constancia;
y yo soy muy diferente de como era.
Desde que conozco tu rostro,
suspiro por desposarte.
El laurel adorna mi frente;
Sabina está sobre el Tíber,
y yo sobre el Orontes.
 
Escena Séptima

(Aquiles apresurado, y los antedichos)
 
AQUILES
¡Señor!...
 
ADRIANO
¿Qué sucede?
 
AQUILES
De la ciudad latina llega...
 
ADRIANO
¿Quién?
 
AQUILES
¡Sabina!
 
ADRIANO
¡Supremos dioses!
 
EMIRENA
(Para sí)
¡Qué auxilio!
 
ADRIANO
¿Y qué pretende?
Hacer tan largo camino...
Sin mi anuencia...
¿No te habrás confundido?
 
AQUILES
¿No oyes el tumulto
del pueblo que la sigue?
¡Saludan a la  Augusta!
 
ADRIANO
¡Oh, dioses!
¡Aquiles, ve, llévatela a otra parte!
¡Que no me sorprenda aquí!
Corro a ponerme presentable
necesito unos momentos.
¡Pon en práctica toda tu habilidad!
 
AQUILES
¡Señor, aquí llega!...
 
ADRIANO
Estoy aturdido.
 
Escena Octava

(Sabina, con séquito de matronas y
caballeros romanos, y los antedichos)
 
SABINA
¡Esposo, Augusto, señor!
Este es un momento largamente deseado.
Al fin estoy cerca de ti.
Deja que te vea adornado por laureles,
que tantos suspiros provocan a mi amor.
 
ADRIANO
(Para sí)
¿Qué decir?
 
SABINA
¿No respondes?
 
ADRIANO
No esperaba...
Podrías haber ...

(Para sí)

¡Oh, dioses!

(A Sabina)

Estarás cansada....
¡Vamos, que en este albergue
descanse Sabina!
¡Que sea honrada por todos!
 
SABINA
¡Qué! ¿Te vas?
Mi descanso vine a buscar en ti...
 
ADRIANO
Perdona, otros asuntos
muy graves me requieren.
 
SABINA
Hace algún tiempo, tu dulce Sabina,
era lo más urgente e importante para ti.
 
ADRIANO
Cierto, pero ahora la preocupación
más urgente e importante es el imperio.
 
(Sale)
 
Escena Novena

(Sabina, Emirena, Aquiles)
 
SABINA
Aquiles, no lo entiendo.
 
AQUILES
(en voz baja, a Sabina)
Y sin embargo,
el secreto es fácil de explicar.
El César tiene una amante... esa.
 
EMIRENA
Piadosa Augusta.
Si por largo tiempo el cielo
te reservó al Cesar,
a una mujer infeliz, compadece y ayuda.
Reino, esposo, patria y padre... perdí.
 
SABINA
(Para sí)
¿Se burla de mí esta altiva mujer?
 
EMIRENA
Un beso, mientras tanto,
sobre tu cesárea mano permíteme...
 
SABINA
(Rechazándola)
¡Apártate!
Todavía soy la esposa del Augusto.
Dices que eres miserable, pero poco
has perdido si el destino adverso
te ha dejado tu hermoso rostro.
Compáralo con lo que has perdido;
y tal vez, yo misma, la piedad
que me suplicas, te la pediré a ti.
 
EMIRENA
Mis cadenas...
 
SABINA
¡Basta, déjame sola!
 
EMIRENA
(Para sí)
¡Oh, dioses, qué pena!

(A Sabina)

Prisionera abandonada,
compasión merezco y no rigor:
¡Ah, agravias a tu hermoso corazón,
despreciándome así!
No confíes en la suerte,
pues también yo nací junto a un trono.
Quizás, algún día,
tú también podrías suspirar.
 
(Sale)
 
Escena Décima

(Sabina y Aquiles)
 
AQUILES
(Para sí)
Probemos suerte...
 
SABINA
Aquiles, mi situación
¿no mueve a piedad?
 
AQUILES
Verdaderamente
la injusticia del Augusto es grande.
Él no cree que puedas vengarte.
A ti no te falta belleza ni virtud.
Su frío corazón, ¿no a de arder por ti?
Tú deberías...
 
SABINA
(con seriedad e indignación)
¿Debería, qué?...
 
AQUILES
Amarlo, demostrarle constancia...
Hacer que se avergüence de ser infiel.

(Para sí)

El mar se agita, volvamos a la orilla.
 
(Sale)
  
Escena Decimoprimera

(Sabina sola)
 
SABINA
¿Debo llorar?
¡No, que mi debilidad no se evidencie!
Pero este golpe atroz abate mi fe.
Vengo al Asia a buscar a mi amor
y lo encuentro al lado de otra.
Al verme se turba; apenas me escucha
se aleja a otra parte... ¿no debo llorar?
¡Sí, hasta una piedra lloraría!
Dioses, si sois justos,
devolverme ese corazón
que me cuesta demasiadas lágrimas
como para perderlo.
¡Sabéis que es mío!
Bien que lo oísteis jurar
cuando se despidió,
cuando se separó de mí.
 
(Sale)
 
Escena Duodécima

(Patio del palacio, que está incendiándose,
y luego es destruido por zapadores. Noche.
Osroes llega desde el palacio con una
antorcha en su mano derecha y una espada
desenvainada en la izquierda. Lo sigue un
grupo de incendiarios partos, y luego Farnaspes)
 
OSROES
¡Partos feroces, el cielo nos sonríe
¡Mirad como se derrumba el palacio enemigo!
Aunque la venganza aún sea pequeña,
alivia en parte nuestras desdichas.
¡Oh, cómo avanza el fuego
y cómo se alzan hacia el cielo
las llamas y las nubes de humo!
¡Ah, ojalá estuviera reunido
entre esas murallas que las llamas abaten
todo el Senado, el Capitolio
y la mismísima Roma!
 
FARNASPES
¡Osroes, mi rey!
 
OSROES
(señalando el fuego)
Mira, Farnaspes.
Es obra de mi mano!
 
FARNASPES
¡Dioses! ¿Y tu hija?
 
OSROES
¿Quién sabe? Quizás, entre esas llamas,
abrazada a su César,
paga la culpa de tus errores.
 
FARNASPES
¡Ah, Emirena! ¡Ah, mi bien!
 
(quiere irse)
 
OSROES
Escucha, ¿dónde vas?
 
FARNASPES
(como antes)
¡A salvarla y morir!
 
OSROES
¡Cómo! A esa ingrata,
que nos traicionó, debes olvidarla...
 
FARNASPES
Es infiel, lo sé; pero la amo.
 
(entra entre las llamas
de las ruinas del palacio)
 
Escena Decimotercera

(Osroes a solo)
 
OSROES
Amigos, aunque ese loco perezca,
nosotros continuaremos con nuevas empresas.
Apagad las antorchas y volved a ocultaros
hasta que yo os avise.

(los partos salen)

Y sin embargo, a pesar de mi furia,
siento que soy padre.
No sé cómo alejarme de aquí.
Siempre regreso a esos muros.
¡Eh! No escuchemos la vil ternura.
¡Ah! Pero quizás ahora mi hija esté expirando
y, moribunda, me llama.
Quizás Farnaspes haya llegado a tiempo...
¿Qué habrá sido de ellos?
¿A dónde iré? ¡Oh, dioses!
Por allí viene una turba,
crece el tumulto, todo es un torbellino.
¡En la morada del Cesar!
¡Oh, amigo! ¡Oh, hija!
¿Me marcho? ¡Me quedo? ¿Qué hago?
Puesto que todo, ¡oh, dioses! me han arrebatado,
¿por qué permitís estos débiles afectos?
 
(huye)
 
Escena Decimocuarta

(Emirena huyendo, luego Farnaspes
encadenado entre los guardias romanos)
 
EMIRENA
¡Qué miserable soy! ¿A dónde huyo?
¿Quién me ayuda?...
¡Oh, dioses! ¡Farnaspes!
 
FARNASPES
¡Princesa!
 
EMIRENA
¡Prisionero!
 
FARNASPES
¿Estás a salvo?
 
EMIRENA
Para los desdichados,
es difícil morir.
¿Eres el autor de esas llamas?
 
FARNASPES
No, pero así lo creen los romanos.
 
EMIRENA
¿Por qué?
 
FARNASPES
Porque soy parto.
Porque, desesperado,
entre esos muros me atraparon.
 
EMIRENA
¿Y a qué viniste?
 
FARNASPES
Vine para salvarte y morir.
 
EMIRENA
Pero, si tú mueres,
¿crees que se salvaría Emirena?
 
FARNASPES
Ah, ¿por qué te burlas así de mí?
Tu falsa piedad es demasiado cruel.
 
EMIRENA
¿Falsa?
 
FARNASPES
¿Cómo creer que es verdadera?
De muy diferente manera, hablaste...
 
EMIRENA
Mis palabras fueron diferentes,
pero sigo siendo la misma.
 
FARNASPES
Pero ¿y tu fría bienvenida?
 
EMIRENA
Fue por temor a irritar
el celoso corazón de Adriano.
 
FARNASPES
¿Y qué temes de él?
 
EMIRENA
El escarnio por su victoria.
 
FARNASPES
Pero si, generoso,
te ofreció mi mano.
 
EMIRENA
Fue una artimaña inhumana
para leer mis verdaderos sentimientos.
 
FARNASPES
¿Entonces, yo soy?...
 
EMIRENA
¡Mi esperanza y mi amor!
 
FARNASPES
Entonces, ¿tú eres...?
 
EMIRENA
¡Tu fiel prometida!
 
FARNASPES
¿Y vives?...
 
EMIRENA
Y vivo fiel a mi Farnaspes.
Fiel a él, viviré hasta la tumba;
y luego, aún llevaré su imagen
esculpida en el alma,
si permanece en los muertos un rastro de vida.
 
FARNASPES
Basta, cariño, es suficiente, te creo.
Detesto mis sospechas y te pido perdón.
¡Crueles estrellas!
Sin embargo, a pesar de tu vergüenza,
no me siento un miserable.
Ahora desafío los tormentos,
las angustias, la furia de los tiranos
y su crueldad.

(partiendo)

Me ama mi bien;
sus labios me lo dicen:
frente a vuestra ira, soy feliz.
 
EMIRENA
¡Ah, no te vayas!
 
FARNASPES
No tengo otra opción que
seguir
a quien ostenta la fuerza.
 
EMIRENA
Farnaspes, ¡oh, dioses!
¿Qué será de ti?
 
FARNASPES
Nada temo.
La muerte será
un momento terrible
sólo si me es negado morir a tu lado.
Si no muero junto a ti,
ídolo de mi corazón,
por lo menos con tu bello nombre amado
entre mis labios, moriré.
 
EMIRENA
Si el destino te arrebata de mi lado,
ídolo de mi corazón,
con tu bello nombre amado
entre los labios, moriré.
 
FARNASPES
¡Adiós, mi vida!
 
EMIRENA
¡Adiós, luz de mis ojos!
 
FARNASPES
Dado que me eres fiel,
¿qué más puedo desear?
 
EMIRENA
Si pierdo a mi bien amado,
¿qué más podría esperar?
 
Dúo

FARNASPES
Una dicha tan dulce,
como la que yo siento,
¡Dioses! ¿Quién alguna vez sintió!
 
EMIRENA
Un tormento tan atroz,
como el que yo siento,
¡Dioses! ¿Quién alguna vez experimentó?
 

 
ACTO  SEGUNDO

 
Escena Primera

(Galería en los apartamentos de Adriano,
correspondiente a diferentes despachos.
Emirena y Aquiles)
 
AQUILES
¿Quién puede proteger,
a Farnaspes mejor que tú?
Tú gobiernas, con tus atractivos,
el corazón del Augusto
Cualquier otra, mejor uso haría
del amor de un monarca.
 
EMIRENA
Eso no me sirve para nada,
porque no lo amo.
 
AQUILES
¿Es necesario amarlo,
para que él lo crea?
 
EMIRENA
¿Y tengo que mentir?
 
AQUILES
Ni siquiera eso.
En este caso la mentira es
un artificio grosero e inseguro.
La mejor artimaña será conseguir
que él se engañe a sí mismo.
Un suspiro interrumpido...
Una frase entrecortada
que insinúe sentimientos diversos...
Una mirada dulce, que parezca,
a pesar de ti misma, casualidad...
Una palabra, una sonrisa, un silencio,
un rubor, que diga lo que no dices...
Es fácil ilusionar a los amantes.
Él pensará que lo amas;
y tú, cuando quieras, siempre podrás decir:
“Yo nunca dije eso”.
 
EMIRENA
No sé dónde se puede aprender ese arte
para ponerlo en práctica.
 
AQUILES
¡Vamos! Que en eso, tú naciste maestra.
Mostrar lágrimas obedientes;
tener en los labios una sonrisa
que no sobrepase las fronteras del sentimiento;
y,
cuando te plazca,
empalidecer y sonrojarte...
Esos son privilegios de tu sexo,
son un regalo otorgado por el cielo
y que a nosotros nos cuesta demasiado.
 
EMIRENA
Tú, que creciste en la corte,
no deberías envidiar todo eso.
Yo juraría que, como pocos,
tú dominas el arte de la
ambigüedad.
Sabes mostrarte sereno
y alagar a un enemigo
aunque lo estés llevando al precipicio,
para luego, llorar su caída.
Ofrecerte a todos, y no ser tú mismo...
Revestir de loas las acusaciones
y agravar las culpas al hacer la defensa...
Alejar del trono a los capacitados...
Los castigos, adjudicárselos al poder,
y usurpar el mérito de cada gracia otorgada...
M
antener oculto, bajo un aparente celo,
un impío objetivo: el provocar la ruina ajena.
 
AQUILES
Perdona, Emirena, si te he ofendido.
No pensé que te irritarías de este modo.
Tus palabras no reprocho.
Creo que te hablé sinceramente,
y también creo que tú lo hiciste así.
Sólo pretendí darte un consejo.
 
EMIRENA
Ayuda, y no consejos, te pedí.
 
AQUILES
Y siempre he creído
que un buen consejo es de gran ayuda.
Créeme, princesa...
¡Adiós, se acerca gente!
Debe ser Adriano...
 
(Sale)
  
Escena Segunda

(Sabina y Emirena)
 
SABINA
(Para sí)

¡Cielos! ¡Aquí está mi rival!
 
EMIRENA
(Para sí)

¡Dioses! ¡Es Sabina!
 
SABINA
Realmente tú eres más de lo pareces,
siempre tan diligente y atenta.
Apenas extinguido el incendio nocturno,
ya te encuentro en las habitaciones
del Augusto.
 
EMIRENA
¡Oh, dioses, Sabina, qué injusticia es la tuya!
El amor del Augusto no es mi culpa, sino mi pesar.
Mi angustia es por Farnaspes.
Sólo esta preocupación me trae a este sitio.
¿Tengo que verlo morir sin decir una palabra?
Después de todo, Farnaspes, es mi prometido.
Le entregué el corazón; y nuestro amor
tuvo su origen hace mucho tiempo.
 
SABINA
¿Dices la verdad o finges?
 
EMIRENA
Fingiría, si no hablara así.
 
SABINA
¿Y no te diste cuenta que,
hablando en su favor, irritaste al César?
 
EMIRENA
Pero es que no encuentro otra manera...
 
SABINA
Si quieres, te ofrezco una mejor....
¡Huye del palacio con Farnaspes!
Lentulo, el jefe de la guardia,
le debe a mi familia
todo lo que es y todo lo que posee.
Él lo sabe muy bien y, por gratitud,
estará dispuesto hacer lo que yo le pida.
 
EMIRENA
¡Ah, si ese plan pudiera tener éxito!
 
SABINA
¡Eso es seguro!
Prepárate para el viaje.
Acude  con tu prometido
a la gran fuente de los jardines,
nos reuniremos allí antes del mediodía.

EMIRENA
Pero ¿vendrás? Estoy tan acostumbrada
a soportar los desdenes del destino...
 
SABINA
Toma mi mano y estréchala como garantía.
 
EMIRENA
¡Ah, qué gran felicidad
me otorga el alma de la Augusta!
¡Oh, soy feliz! ¡Oh, generosa Augusta!
Para ti, eternos laureles,
germinan en tierra romana.
El mundo adora en ti
al más bello don de los dioses.
Que tu mano,
soberana y generosa,
¡dirija
el destino de los reinos
y la libertad de los reyes!
 
(Sale)
 
Escena Tercera

(Sabina, luego Adriano, después Aquiles)
 
SABINA
¡Quién sabe!
Cuando Emirena esté lejos,
tal vez mi esposo regrese a su primer amor.
El fuego no dura sin leña y se seca el río
separado de la fuente en que nació.
 
ADRIANO
Emirena, mi bien...

(Para sí)

¡Dioses, que dije!
 
(intenta marcharse)
 
SABINA
¿Por qué huyes, Adriano?
Por un momento,
no me niegues tu presencia,
y luego, si lo deseas, ve con tu amor.
 
ADRIANO
¡Cómo! Acaso supones...
¿Quién es entonces mi amada?
 
SABINA
¡Ah, no escondas tu rubor!
No sabes cuánto me agrada.
No se ruboriza
quien no ve sus errores,
sino quien está cerca de la enmienda.
 
ADRIANO
¡Oh, dioses!
 
SABINA
¿Suspiras?
Déjame suspirar a mí.
¡Dioses del cielo!
¡Quién lo hubiese creído!
¡El honor de Roma,
el héroe ejemplar, mi esperanza!...
¡
Adriano inconstante!
¿Es posible? ¿Es verdad?
¿Quién te sedujo?
Habla, di, ¿cómo fue?
 
ADRIANO
¿Qué quieres que te diga
si todo me confunde?
¡Ah, basta ya de reproches simulados!
¡Dime que soy infiel,
llámame traidor, desahógate!
Veo que tienes motivos para insultarme.
Tus méritos, los afectos mutuos,
las cien y mil veces que te hice promesas...
¿Pero de que valen
si no soy dueño de mí mismo?
Conozco y admiro tu virtud,
tu belleza, y sin embargo...
Sólo cuando veo...
¡
Ah, Sabina, me odio por mi injusticia!
Sé que merezco tu venganza.
¿Quieres mi muerte?
Mátame, es justo. No me opongo.
¿Aspira a arrebatar de mis cabellos
esta corona de augustos laureles?
La depongo en tus manos.
El mundo entero sería feliz
como súbdito de una mujer tan grande.
 
SABINA
¡Ah, te pido el corazón y no el imperio!
 
ADRIANO
Este corazón era tuyo.
Para ti lo conservaba
si es que lo quieres guardar.
El cielo lo sabe. Llamo a todos los dioses,
¡oh, Sabina! como testigos de ello.
Las bellas mujeres del Asia
eran vulgares para mí.
Frías sus miradas, comparadas con la tuya.
Largo tiempo pensé así.
 
SABINA
¿Y entonces?
 
ADRIANO
Y entonces... no sé.
Seguro de mi virtud,
descuidé la defensa,
y el amor me sorprendió.
Estaba celebrando una victoria
y aún enardecido del belicoso desdén,
cuando me trajeron a Emirena.
El sentimiento es fácilmente voluble
cuando el alma está alterada.
La miré cargada de cadenas,
rogando mi piedad, bañada en llanto,
besando mi mano,
mirándome a la cara con ojos suplicantes,
en actitud muy dulce...
¡Ah, si Sabina hubiese estado junto a mí,
también la hubiese perdonado!
 
SABINA
¡Ah, es demasiado! ¡Me abandonas!
¿Y osas decirlo?
En mi propia cara alabas a la mujer
que disputa conmigo tu corazón.
¡Y no te conformas sólo con eso, no!
Sino que pretendes,
para no sentirte culpable,
¡que yo excuse tu falta!
¿Dónde se ha visto jamás
una tiranía más cruel?
¿Este es el premio que merezco?
¡Cruel! ¡Infiel! ¡Perjuro! ¡Ingrato!
 
(se deja caer sobre una silla)
 
AQUILES
(apartado)
¡Aquí está Sabina!
 
ADRIANO
(Para sí)
No oporto verla sufrir.
Su llanto me enternece.

(A Sabina)

¡Ah, consuélate, hermosa Sabina!
¡A tus brazos feliz regresaré!
¡Seré tuyo!
 
AQUILES
(Para sí)
¡Cielos!
 
SABINA
(mirándolo con ternura)
¿Qué estás diciendo?
 
ADRIANO
¡Qué cedo a la piedad,
mensajera del amor!
 
SABINA
¡Ah, no lo creo!
 
AQUILES
(Para sí)
Aquí, es necesario un empujón.
 
SABINA
Si vuelves a ver
a Emirena de nuevo...
 
ADRIANO
No la veré.
 
SABINA
Pero ¿podrás contenerte?
 
ADRIANO
Lo he decidido, y todo se puede lograr
cuando uno lo quiere.
 
AQUILES
(a Adriano)
La prisionera
desea inclinarse a tus pies.
No te encontraba, pese a que te buscada
desde hace más de una hora.
 
SABINA
(Para sí)
Esta es la prueba definitiva.
 
ADRIANO
No, Aquiles, no debo ver a Emirena.
Ha llegado el momento
de restablecer mi vínculo con Sabina.
 
SABINA
(Para sí)
¡Oh, queridas palabras!
 
AQUILES
Es de justicia, es tu deber.
Pero ¿qué pide la pobre Emirena?
¿Se le niega lo que a todos se concede?
Ahora es esclava, pero nació reina.
 
ADRIANO
Realmente, Sabina,
no escucharla sería una crueldad.
 
SABINA
(se turba)
¡Oh, dioses!
 
ADRIANO
Le recibiré en presencia tuya.
¿Qué podrías temer?
Quédate, y verás...
 
SABINA
¡Oh, no!
Ya me has ultrajado bastante.

(Se levanta)

¡Mucho me has engañado, ingrato!
No quiero que ella vea
cómo me ultrajas.
No puedes olvidar
esta nueva pasión.
Te contradices,
suspiras,
vas buscándola,
y separada de ella
te sientes morir.
 
(Sale)
 
Escena Cuarta

(Adriano y Aquiles)
 
AQUILES
¡Corro a buscar a tu hermosa Emirena!
 
(en actitud de irse)
 
ADRIANO
¡No, detente!
 
AQUILES
¿Podrías negarle este acto de justicia?
 
ADRIANO
No, pero por ahora...
¿Escuchaste a Sabina?
El amor me impulsa;
la razón me refrena.
Quisiera... Pero...
¡Oh, dioses, qué dolor!
 
AQUILES
Explícate de una vez.
Si no te entiendo,
en vano podré consolar un corazón oprimido.
 
ADRIANO
¡Explicarme! ¿Y cómo?
¡Si yo mismo no me entiendo!
 
(sale)
 
Escena Quinta

(Aquiles solo)
 
AQUILES
¡Paciencia, corazón mío!
Tu victoria,
aunque inmadura,
no está lejana.
El amor del Augusto,
el desdén de Sabina
combaten de nuestro lado.
La lucha empezó,
pero no conviene apresurarse.
El guerrero veterano
nunca ataca de inmediato,
estudia a su enemigo,
espera el momento oportuno
y los impulsos de la ira
cautelosamente controla.
Mueve su mano y el pie,
finge, avanza y retrocede,
hasta que ve la oportunidad
de obtener el triunfo.
 
(Sale)
 
Escena Sexta

(Pasaje cercano a las jaulas de las fieras.
Emirena, y luego Sabina y Farnaspes)
 
EMIRENA
¿Qué está haciendo mi bien amado?
¿Por qué no viene?
Cada instante
me parece un día.
 
SABINA
(a Farnaspes)
Aquí está tu prometida.
 
FARNASPES
¡Bella Emirena!
 
EMIRENA
¿Eres tú, querido príncipe?
Apenas puedo creerlo.
 
FARNASPES
¡Al fin, querida!...
 
SABINA
No es momento de ternuras.
Conviene ponerse a salvo.
Es esta la oportunidad de escapar,
por una senda oscura poco usada.
Mi amigo Léntulo me la mostró.
No muy lejos,
el camino se divide en dos.
Por la derecha se llega al río,
por la izquierda al palacio.
¡Id , amigos, a la orilla segura del río!
¡Que la fortuna os acompañe
y el Amor os guíe!
 
EMIRENA
¡Piadosa Augusta!
 
FARNASPES
¡Excelsa mujer!
¿Cómo agradecerte?...
 
SABINA
¡Pensad de vez en cuando en Sabina!
En medio de vuestra felicidad,
si acaso me recordáis,
que mi sacrificio arranque
de vuestra piedad algún suspiro.
Que sea siempre benigno el cielo
para vosotros, felices amantes;
y que nunca experimentéis
el destino de mi amor.
No envidio vuestro amor;
pero querría para mí
la misma piedad
que yo ahora os demuestro.
 
(Sale)
  
Séptima Escena

(Emirena y Farnaspes)
 
FARNASPES
¿Es verdad que eres mía?
¡Parece que estoy soñando!
 
EMIRENA
¡Príncipe, huyamos,
no es momento de soñar!
 
(se encaminan hacia la
senda indicada por Sabina)
 
FARNASPES
(A Emirena, deteniéndola)
¡Detente!
 
EMIRENA
¿Por qué?
 
FARNASPES
¿No escuchas un fragor de armas?
 
EMIRENA
Lo oigo,
pero de donde viene, no lo podría decir.
 
FARNASPES
¡Del camino
que debemos tomar!
 
EMIRENA
¡Ay de mí!
 
FARNASPES
No es bueno desalentarse, querida.
Ocúltate, mientras yo investigo
la causa de ese fragor de armas.
 
EMIRENA
¿Qué será?
¡Cielo, no me traiciones!
 
(Emirena se esconde cerca de
la puertas de la jaula de fieras')
 
Escena Octava

(Osroes, vestido de romano y con
la espada en la mano ensangrentada,
sale de la senda indicada por Sabina.
Farnaspes, y escondida, Emirena)
 
OSROES
¡Que entre las sombras cuente ahora
el soberbio tirano los trofeos de su Roma!
 
FARNASPES
¿A dónde corres, señor, con estas ropas?
 
OSROES
¡Amigo, estamos vengados!
La tierra está libre de su tirano.
Aquí está la dichosa espada
que a Adriano mató.
 
FARNASPES
¡Cómo!
 
OSROES
A veces solía, el aborrecido romano,
usar esta senda oculta.
Un sirviente del romano me la describió.
Entre estos héroes del Tíber
el oro ha permitido encontrar a un traidor.
En la entrada, disfrazado de este modo, lo esperé,
hasta que pasó con su sirviente, y lo asesiné.
 
FARNASPES
Pero, entre las sombras,
¿podrías haber herido
a otro enemigo?
 
OSROES
No, todo estuvo bien calculado.
Fingió caer, el sirviente traidor,
cuando estuvo cerca de mí.
Con esa señal expresa,
me aseguró que el Cesare estaba presente.
 
EMIRENA
(Para sí)
¿Quién será ese romano?
Empuña una espada,
y parece que está ensangrentado,
¡Si al menos pudiera ver su rostro!
 
FARNASPES
¿Qué hacer ahora?
Huyendo por la senda que tomaste,
vamos a encontrar a mil hombres,
que acuden en tumulto.
Sobre las otras entradas,
vigilan criados y guardias.
 
OSROES
¡Pues bien!
¡Con las armas nos abriremos camino!
 
FARNASPES
Para un caso extremo,
reservemos ese medio.
Primero quiero comprobar
si hay alguna una manera de huir.
 
EMIRENA
(Para sí)
Hablan en voz baja,
no logro entenderlos.
 
FARNASPES
Espera escondido entre esas plantas.
Regresaré de inmediato.
 
OSROES
¡Regresa pronto, o me iré solo!
 
(Osroes se esconde entre
las plantas del bosquecillo)
 
FARNASPES
¿Este?... No. ¿Ese?..
¡Iré por el camino que Sabina me indicó!
Tal vez aún no haya trascendido
la muerte del Augusto
y podamos huir antes que
los demás lo sepan.
¡Sí, iremos por aquí!
 
 Escena Novena

(Aparece Adriano con espada
desenvainada y séquito de guardias
que llegan por la senda antes mencionada)

ADRIANO
(encontrándose con Farnaspes)
¡Detente, traidor!
 
FARNASPES
(se detiene paralizado)
¡Dioses, que veo!
 
ADRIANO
(a los guardias)
¡Soldados, que no se dé a la fuga!
 
FARNASPES
Estoy paralizado.
 
EMIRENA
(Para sí)
¡Ah, hemos sido descubiertos!
 
(Avanza para escuchar)
 
ADRIANO
¿Te sorprendes, ingrato,
por qué me ves con vida?
Creíste que me habías apuñalado.
Maldiciendo, el malvado plan
revelaste al tratar de herirme.
 
EMIRENA
(Para sí)
Se equivoca.
El que se encuentra escondido es el traidor.
 
ADRIANO
¡Pérfido! ¿No respondes?
¿A qué viniste, qué propósitos te traen?
¿Quién te liberó de tus cadenas? ¡Habla!
 
FARNASPES
No puedo.
 
ADRIANO
¿No puedes?
¡Conducidlo a la prisión más oscura!
 
EMIRENA
(revela su presencia con ímpetu)
¡Detente, escucha; él es inocente!
 
FARNASPES
¡Ay de mí!
 
EMIRENA
¡Entre los arbustos, está el traidor!...
¡Allí está!...
 
(se dirige hacia donde está Osroes)
 
FARNASPES
¡Oh, dioses! ¡Detente!
 
EMIRENA
(señalando a Osroes, que se adelanta)
¡Míralo, Augusto!
 
OSROES
¡Es cierto, soy yo!
 
EMIRENA
(se queda paralizada)
¡Ah, padre!
 
ADRIANO
¡El rey de los partos de romano!
¿Ah, cuántos son los pérfidos
que intentan traicionarme?
 
OSROES
¡Yo sólo tengo sed de tu sangre!
El golpe erré,
pero si me dejas con vida,
mi error corregiré.
 
ADRIANO
Entonces ¿entre las sombras me atacaste?
¿Esperaste el momento
en que tropecé y caí al suelo?
 
OSROES
¡Suerte cruel!
Ahí está el equívoco.
Tu acompañante
debía caer acorde a lo planeado,
y tú caíste por casualidad;
por eso a uno por otro
confundido maté.
 
ADRIANO
¿Esta es la cruel
recompensa, que me das?
Oprimido y vencido
te he ofrecido
la amistad de Roma...
 
OSROES
Sí, ese es el nombre ¡impío!
con el que a la tiranía designas;
Pero luego sólo sirves a tus intereses.
 
ADRIANO
Somos los custodios de lo justo.
A la justicia servimos,
no nos sirve ella a nosotros
Pero veo que para ti,
la justicia es sinónimo de tiranía.
 
OSROES
¿Y quién hizo a los romanos
intérpretes y custodios de la justicia?
¿Forman parte, acaso,
del congreso celestial de los dioses?
¿O son los dioses mismos?
 
ADRIANO
Si no somos dioses,
al menos tratamos de imitarlos;
y quien a sus preceptos se ajusta,
para los otros hombres es un dios.
 
OSROES
Sin embargo, vosotros, los dioses,
codiciáis las riquezas ajenas;
arrasáis reinos;
violáis a las cautivas;
torturáis a los vencidos;
traicionáis a vuestras mujeres...
 
ADRIANO
¡Ah, demasiado abusas
de mi tolerancia!
¡Guardias, conducid a prisión
para su castigo a estos reos!
 
FARNASPES
¿También a Emirena?
 
ADRIANO
Sí. Aún sigue siendo ingrata.
 
FARNASPES
¡Ah! ¿Qué injusticia es esta?
¿Qué crimen encuentras en ella?
 
ADRIANO
¡Que tiemblen todos
los enemigos!
¿Cautivos y todavía
me insultáis?
¿Qué arcano designio hace
que las almas sientan desdén,
profundo remordimiento,
amor o celos?
¿Acaso el Averno no tiene
más furias para herir mi corazón?
 
(Sale)
  
Escena Décima

(Osroes, Farnaspes, Emirena y guardias)
 
EMIRENA
¡Padre!... ¡Oh, dioses!
¡Te he conducido a la muerte!
¡Ah, si de mí dependiera!...
 
OSROES
¡Vete, no mancilles mi valor!
 
EMIRENA
¡Ah, pierdo la razón.!
¡Perdón, padre, aquí estoy a tus pies!
 
(se arrodilla)
 
OSROES
Déjame, hija,
no, no estoy enojado.
Te abrazo y te perdono.
¡Adiós, carne de mi carne!
 
EMIRENA
¡Oh, qué adiós tan funesto!
 
FARNASPES
¡Oh, qué amarga separación!
 
EMIRENA
Ese abrazo y ese perdón,
esa mirada y ese suspiro,
hacen que sea justo mi martirio
y me hace sentir más culpable.
Lo que fuiste para mí y lo que soy ahora
bien lo sabe mi corazón afligido,
que mide su crimen
con la misma vara de tu piedad.
 
(Sale)
 
Escena Undécima

(Osroes y Farnaspes)
 
FARNASPES
Que al menos mi sangre alcance
para mantener vivo
a mi rey y a mi esposa.
 
OSROES
Amigo, muy débil, he sido.
No intercedas por mi castigo.
Que el enemigo
se avergüence al verme
más grande que su odio.
Que, en mi última hora,
me vea caer
y volver a levantarme.
El león herido de muerte,
al notar que le falta la vida,
no mira su herida,
y ni siquiera se aflige;
en el instante supremo,
ruge y brama de tal forma
que muriendo,
hace temblar a su vez
al cazador.
 
(Sale)
 
Escena Duodécima

(Farnaspes solo)
 
FARNASPES
¡Con qué fuertes nudos está atada
mi alma a esta miserable vida!
¿Cómo resisto tantas
angustias insufribles?
¡Ah, quitadme la vida, astros tiranos!
Es falso decir que mata,
si dura, un gran dolor,
y que, si uno no muere,
es fácil sufrir.
El dolor que siento,
sobrepasa toda resistencia;
que el vivir me envenena
pero no me causa la muerte.
 
(Sale)
 

 
ACTO  TERCERO
 

Escena Primera

(Habitación en planta baja
con sillas. Sabina y Aquiles)
 
SABINA
¡Cómo! ¿Qué me marche?
Después de lo ocurrido, ¿está ciego?
¿Y por qué falta
quiere castigarme Adriano?
 
AQUILES
Él sabe que fuiste tú quien ayudó
a Emirena y Farnaspes a escapar.
Piensa que sedujiste a la guardia;
y con tal arte sabe magnificar tu falta que,
a aquellos que lo escuchan,
el castigarte les parece poco.
 
SABINA
Para proteger su honor
beneficié a mi rival,
queriendo así ganarme su corazón.
No me movió ni el odio ni la ira,
sino la piedad y el amor.
No me arrepiento de lo que hice.
 
AQUILES
Sabina, lo sé, y tal vez
también lo sepa Adriano,
pero él busca un pretexto aceptable.
 
SABINA
Pues bien, que me vea y se sonroje.
 
AQUILES
Me atrevo aconsejarte
que no debes presentarte ante él.
 
SABINA
¡Oh, dioses!
¿Pero debo irme sin verlo?
 
AQUILES
Exactamente.
 
SABINA
¿Y cuándo?
 
AQUILES
Ya los barcos están dispuestos.
 
SABINA
No pienso obedecer semejante orden.
 
AQUILES
¡Ah, no! Lo perderás si no te marchas.
Vete, confía en mí.
Lo recuperarás si no te opones a él.
Yo buscaré el  modo de que se arrepienta.
 
SABINA
Pero dile al menos...
 
AQUILES
¡Vete, no digas nada, te entiendo!...
 
SABINA
Dile que es un infiel;
dile que me traicionó.
¡Espera, no, no le digas eso!
Dile que me iré;
dile que lo amo.
¡Ah! Si por mi martirio
lo ves suspirar,
dímelo al instante,
pues antes de morir,
otra cosa no anhelo.
 
(Sale)
 
Escena Segunda

(Aquiles solo)
 
AQUILES
Yo, que he urdido la trama
para que Sabina se marche,
ahora me entristezco al verla partir.
Piensa, ¡oh, corazón mío!
que la pierdes, si se queda.
Ella despierta la virtud del Augusto.
No soporto la ausencia de mi amada,
pero, si quiero ser feliz, debo sufrir.
La poda del experto jardinero,
en el momento adecuado,
hacer germinar más bella la vid.
No hay mejor manera que una planta
destile su bálsamo aromático,
que cuando es hendida
por el pastor árabe.
 
(al salir se encuentra con Adriano)
 
Escena Tercera

(Adriano y Aquiles)
 
ADRIANO
Aquiles, ¿qué conseguiste?
 
AQUILES
Nada, señor: ella está decidida,
Sabida quiere marcharse.
 
ADRIANO
¡Ah, si, está indignada conmigo!
Y con toda la razón..
 
AQUILES
Pero sus reproches son débiles;
creo que tiene otro amante.
Juraría que usa
la inconstancia del Augusto
como excusa para su propia causa.
 
ADRIANO
No, no me gusta... demasiada paz.
¡Vamos a verla!
 
AQUILES
Pero, señor, te olvidas del rey parto.
Mi consejo acepta.
Trata de apaciguarlo, convócalo ante ti.
Tratar con él, ¿acaso te hace vacilar?
 
ADRIANO
¡Ah, tú no sabes qué pensamientos
contrapuestos agitan mi alma!
Roma, el Senado, Emirena, Sabina,
mi gloria, mi amor, todo lo tengo presente.
Quisiera conciliar
todos y cada uno de estos temas.
Elijo, me arrepiento; luego,
habiéndome arrepentido,
me vuelvo a arrepentir.
De tanto dudar,
 
ya no puedo distinguir el bien del mal.
Finalmente, apremiado por el tiempo,
¿eligiré
lo peor?
 
AQUILES
¡Ah, deja de atormentarte de una vez!
Ya casi tienes en tus brazos a la mujer
que deseas, ¿y no te atreves a abrazarla?
No tengo el coraje de verte sufrir.
Voy para traer a tu presencia
al rey de los partos.
 
ADRIANO
¡Escucha! Y si luego...
 
AQUILES
No más dudas, señor.
 
ADRIANO
Haz lo que quieras
 
(Aquiles se marcha)
 
Escena Cuarta

(Adriano, luego Osroes y Aquiles)
 
ADRIANO
¿Qué me importa lo que diga el mundo?
Al fin y al cabo hay que vivir;
y entre tantas penurias.
sigo sin alcanzar
a Emirena.
 
OSROES
¿Qué quieres de mí?
 
ADRIANO
Que el rey de los partos
se siente y me escuche;
y, si no me da paz, al menos una tregua.
 
(Se sienta)
 
OSROES
No me comprometo a nada.
 
(Se sienta)
 
AQUILES
(Para sí)
Aquí se pone en juego mi destino.
 
ADRIANO
Osroes, todo está sujeto a cambios,
y sería extraño que nuestro odio
fuese eterno.
La paz es necesaria para los vencidos
y útil para el vencedor.
Entre nosotros no existe
un motivo para la ira.
El Destino fue tan adverso contigo,
como benigno conmigo.
No me queda por conquistar
ni a ti nada por perder.
 
OSROES
Sí, siento un odio primigenio
y aún mucho me queda de él.
 
AQUILES
(Para sí)

¡Qué salvaje ferocidad!
 
ADRIANO
¡Ah, no te jactes de un bien
que atormenta a quien lo posee!
Bien puedes mejorar tu situación.
Debes saber que eres el árbitro de mi paz,
como yo lo soy de tu vida.
Las relaciones humanas están dispuestas
de modo que todos necesitamos de los demás,
y, a menudo,  el más feliz encuentra
en el más miserable lo que está buscando.
Sólo con que tú hables, la princesa será mía;
y si yo lo ordeno, tú volverás a ser rey.
Hagamos, amigo, uso de nuestro mutuo poder
en beneficio de ambos.
Yo te pido que me otorgues a tu hija
y a cambio te ofrezco recuperar el trono.
 
AQUILES
(Para sí)
Tiemblo por la respuesta.
 
ADRIANO
(a Osroes)
Y bien, ¿qué dices?
¿Sonríes y no hablas?
 
OSROES
¿Y pretendes que yo crea
que Adriano es tan débil?
 
ADRIANO
¡Ah, demasiado lo soy, Osroes!
¿De qué sirve disimular?
Si a la hermosa Emirena no logro
ver unida a mí con un dulce nudo,
no tendré dicha, ni paz, ni vida.
 
OSROES
Dado que es tan poco lo que hace falta
para hacerte dichoso, me siento feliz.
¡Llama a mi hija!
 
ADRIANO
Entonces... ¿aceptas mi oferta?
 
OSROES
¿Quién podría rechazarla?
 
ADRIANO
¡Ah, me devuelves, amigo,
La paz perdida!
¡Aquiles, haz que venga la princesa!
 
AQUILES
Obedezco.

(Para sí)

¡Sabina ya es mía!
 
(Sale)
 
ADRIANO
¡Ahora empiezo a vivir!

(entran dos guardias)

¡Quítadle las cadenas al rey de Partia!
 
OSROES
Todavía no es el momento, Adriano.
¿Disfrutaré yo antes de mis dones
que tú de los tuyos?
 
ADRIANO
Vano reparo.

(a los guardias)

¡Cumplid mi orden1
 
OSROES
No es necesario. Marcharos...
 
(los guardias se van)
 
ADRIANO
Me gustaría aliviarte
de una carga injuriante.
 
OSROES
Estoy tan feliz pensando en el futuro
que no la siento.
 
ADRIANO
Tarda en venir...
 
(mira a su alrededor)
 
OSROES
Yo estoy tan impaciente como tú.
 
ADRIANO
Iré yo mismo a buscarla...
 
(Se levanta)
 
OSROES
¡Ya llega!
 
(se levanta, reteniéndolo)
 
Escena Quinta

(Emirena, Adriano y Osroes)
 
ADRIANO
(yendo al encuentro de Emirena)
¡Hermosa Emirena!...
 
OSROES
(a Adriano)
Será mejor que primero
se lo explique todo a ella.
 
ADRIANO
Es verdad.
 
EMIRENA
(Para sí)
¿Por qué están tan contentos?
 
OSROES
Querida hija, entre tanta miseria
se vislumbra un rayo de esperanza.
¿Lo creerías?
En tu belleza he encontrado
toda la reparación de mis pérdidas.
 
EMIRENA
¿Qué quieres decirme?
 
ADRIANO
(a Emirena)
Esa verdadera llama...
 
OSROES
(a Adriano)
Déjame terminar.
 
ADRIANO
Como quieras.
 
OSROES
(a Emirena)
Por esos bellos ojos, que el cielo te otorgó,
nuestro vencedor, transformado en siervo,
por ti suspira,
de manera que no concibe la vida sin  ti.
Está dispuesto a olvidar los antiguos ultrajes
y allanar el camino a la paz.

ADRIANO
(a Emirena)
Quieres...
 
OSROES
(a Adriano)
No he terminado todavía.
 
ADRIANO
(para sí)
Esta demora me hace morir.
 
OSROES
Quiero...
Escúchame bien hija,
y que tu alma perdone
la última imposición de tu progenitor.
Quiero que, a mi muerte,
seas tú la que me vengue.
¡Odia al tirano, como yo lo he odiado!
¡Que sea esta mi herencia!
 
ADRIANO
¡Osroes! ¿Qué estás diciendo?
 
OSROES
¡Ni por miedo ni por esperanza se una a ti!
Que permanezca frenético y afligido;
que lo veas a toda hora
bramar de indignación y delirar de amor.
 
ADRIANO
¡Justos dioses!
He sido burlado.
 
OSROES
Habla Cesar ahora,
Osroes ha terminado.
 
ADRIANO
¡Insensato! ¡Infeliz!
¿No te das cuenta que
desatas el rayo que te destruirá?
 
OSROES
Estás desvariando, soberbio...
¡Tu furia es mi triunfo!
 
ADRIANO
¡Oh, dioses!
¡Rabia y veneno!
¡Cuánta ira, cuánto odio!
¿Tanto se asemeja el hombre a las fieras?
Me asombra semejante cambio,
el estupor me lleva a la indignación.
Cruel, no sé
si eres feroz o insensato.
Si te vieras la cara,
te sentirías horrorizado.
Una osa con el seno herido,
una serpiente pisoteada,
un león que muestra sus garras,
un tigre que depreda a sus hijos,
no hay otra fiera semejante.
 
(Sale)
 
Escena Sexta

(Osroes y Emirena)
 
OSROES
Hija, si es cierto que me amas,
este es el momento de demostrármelo.
¡Socorre a un padre que te pide piedad!
 
EMIRENA
Si mi sangre es suficiente, es tuya:
la derramaré.
 
OSROES
Evítame la ira del tirano romano.
Pero... ¡No llevas cadenas!
 
EMIRENA
Sí, el Augusto sabe que
somos incapaces de cualquier insidia
y él mismo nos las quitó, a Farnaspes y a mí.
Dime, ¿qué auxilio puedo darte?
 
OSROES
Un arma, una cuerda, un veneno,
cualquier cosa que me dé la muerte.
 
EMIRENA
Padre, ¿qué estás diciendo?
¿Esas son pruebas de amor?
La propia hija debería... ¡Ah!
No puedo imaginarlo sin horrorizarme.
En vano, eso esperas de mí.
El corazón aborrece ese acto; y,
aunque no fuera así, la mano no obedecería.
 
OSROES
¡Vete! Te creía más digna de tu estirpe.
¡Sientes temor tan solo al enfrentarte
al nombre de la muerte!
Con mirada más firme,
debería enfrentarla una hija de Osroes.
No se posee un alma fuerte
si flaquea en la hora extrema.
La vileza de quienes la temen,
hace más terrible el morir.
No es verdad que la muerte
sea el peor de todos los males,
más bien es un alivio para aquellos
que están cansados de sufrir.
 
(Sale)

Escena Séptima

(Emirena y luego Farnaspes)
 
EMIRENA
¡Qué miserable soy!
¿Quién podrá aconsejarme?
 
FARNASPES
(apremiante)
¡Corre, Emirena!
 
EMIRENA
¿A dónde?
 
FARNASPES
¡Ante el Augusto!
 
EMIRENA
¿Y por qué?
 
FARNASPES
Procura que revoque la orden
que ha dado contra su padre.
 
EMIRENA
¿Cuál orden?
 
FARNASPES
Él quiere que cargado
con las indignas cadenas, vaya...
  
EMIRENA
¿A la muerte?
 
FARNASPES
No, peor.
 
EMIRENA
¿Dónde?
 
FARNASPES
¡A Roma!
 
EMIRENA
¿Y qué puedo hacer por él?
 
FARNASPES
Ve, ruega, llora,
ofrécete como esposa a Adriano.
Olvida las restricciones, los reparos,
las esperanzas y el amor.
¡Que todo se pierda pero que el rey se salve!
 
EMIRENA
Mi padre me impuso
que odiara al César por siempre.
 
FARNASPES
¡Ah, no debes cumplir un mandato
surgido de la ira y el delirio!
Debemos, ¡oh, querida! salvarlo,
a pesar de nosotros mismos.
 
EMIRENA
¿Debo entregarme a otros brazos?
¿Eso es lo que me aconsejas?
¿Y con tanta firmeza?
 
FARNASPES
Princesa, ¿no lees en mi corazón?
No sabes que pena me causa este sacrificio.
Mientras lo digo, no hay una sola fibra
que no se estremezca.
No existe en mis venas
una gota de sangre que no corra helada.
Sé que pierdo al único bien,
por el cual era dulce mi vida.
Sé que quedo sumido
en la desesperación más profunda
para los demás y para mí.
Pero, ¿qué diría toda Asia si Osroes
perece cuando pudimos salvarlo?
Querida, sacrifiquemos nuestra paz
a este imprescindible deber.
Ve, sé la esposa del Augusto
y ocupa el lugar más sublime
que existe en la tierra.
Para mí será un gran alivio pensar,
en mi profundo dolor, que
"quien gobierna en mi corazón,
dicta al mundo su ley".
 
EMIRENA
Si quieres que acepte perderte,
bien mío, no te muestres tan digno
de ser amado.
 
FARNASPES
Mi bella esperanza, no, no me pierdes.
Mientras yo siga vivo, te amaré, seré tuyo.
Por mi virtud, tú obtendrás la gloria,
lo juro por todos los dioses
y por esos bellos ojos que para mí
también son dioses.
Y tú... ¿Pero a dónde me lleva mi afán?
¡Ah, no tenemos tiempo para condolernos!
Osroes perecerá mientras nosotros
pensamos en salvarlo.
 
EMIRENA
¡Adiós!
 
FARNASPES
¡Escúchame!
 
EMIRENA
¿Qué quieres?
 
FARNASPES
¡Ve!... ¡Detente!... ¡Oh, dioses!
Quisiera que te vayas y no lo quisiera.
 
EMIRENA
¡Oh, dioses! Me siento desfallecer
mientras te dejo, ¡oh, querido!
¡Oh, dioses! morir no sería,
quizás, tan amargo.
¡Ah! No dijiste la verdad,
mi bien, cuando dijiste
que naciste para mí,
y yo sólo para ti.
 
(Sale)
 
Escena Octava

(Farnaspes a solas)
 
FARNASPES
La fidelidad y la ternura como vasallo
y como amante respectivamente pugnan
puestas a prueba en mi pecho. O esta, o aquella,
es vencida, y vence a su turno
con variada fortuna y temple:
Pero, cualquiera sea la que triunfe,
yo siempre soy el que pierde.
Soy desafortunado, pero también, ¡oh cielo!
te agradezco que las causas de mi martirio
sean tan hermosas.
Es poco funesta la suerte de los demás,
cuando no queda razón alguna
ni para arrepentirse ni para sonrojarse.
 
(Parte)
 
Escena Novena

(Magnífico lugar del palacio imperial;
escaleras, por las cuales se desciende
a la orilla del río Orontes. Vista sobre
la campiña y jardines en la ribera opuesta.
Sabina con séquito de matronas y
caballeros romanos. Aquiles y luego Adriano)
 
SABINA
¡Temerario! ¡Basta ya!
Si bien Adriano me aleja de él,
es a ti a quien mi corazón habla.
 
AQUILES
Esta es la primera vez...
 
SABINA
(se encamina para embarcar)
¡Que sea la última vez
que me hablas de amor!
 
ADRIANO
Sabina, escucha.
 
AQUILES
(Para sí)
¡Hay de mí!
 
SABINA
(regresando, para sí))
¡Dioses!

(A Adriano)

¿Qué quieres?
 
ADRIANO
¿Hasta tal punto me desprecias?
¿Te soy tan odioso que
te marchas sin despedirte?
 
SABINA
¡Ah, no sigas burlándote!
Me expulsas,
me prohíbes presentarme ante ti...
 
ADRIANO
¿Yo? ¿Cuando?
Aquiles, ¿no pidió Sabina que
la dejara en libertad para abandonarme?
 
SABINA
¡Oh, dioses!

(a Aquiles)

¿No fue una orden del Augusto
que me fuera sin mirarlo?
 
AQUILES
(Para sí)
Si hablo, me condeno, y si no hablo...
 
SABINA
(a Aquiles)
¡Pérfido!
 
ADRIANO
¿No respondes?
 
SABINA
Ahora entiendo todas tus artimañas.
Adriano, debes saber que...
 
AQUILES
¡Es cierto, señor, adoro a Sabina!
Con ella presente, temía que tu virtud flaqueara;
sin embargo, si ella estaba lejos...
 
ADRIANO
¡Ya basta, vil traidor!
¿Tú eres el rival del Augusto?
¡Soldados!... ¡Conducidlo a prisión!
 
AQUILES
(Para sí)
¡Cielo adverso!
 
(los soldados se lo llevan)
 
ADRIANO
No pienses, esposa mía, en partir.
 
SABINA
¡Tu esposa!
 
ADRIANO
Siento que me recupero rápidamente.
El deber,
el desprecio de Emirena,
el odio de su padre...
 
Última Escena

(Emirena, Farnaspes y los antedichos)
 
EMIRENA
¡Ah, César, piedad!
 
FARNASPES
¡Piedad, señor!
 
EMIRENA
¡Devuélveme a mi padre!
 
FARNASPES
¡Conserva a mi rey!
 
EMIRENA
Libéralo, y luego,
si así lo deseas, seré tuya.
 
ADRIANO
¿Qué?
 
FARNASPES
Sí, te cedo
el afecto de su corazón.
 
ADRIANO
¿Tú?
 
EMIRENA
Sí; tú serás mi dios.
Lo juro por el diáfano rayo
que ilumina tu rostro al que adoro;
por el heroico laurel
que adorna tus cabellos;
por tu mano invencible,
soporte del mundo,
a la que beso...
 
(se arrodilla)
 
ADRIANO
¡Ah, levántate! ¡Ah, calla!

(Para sí)

¿Es una mujer o una diosa?
Cuando me enamoró, también lloraba así.
 
SABINA
(Para sí)
¡Cómo enervan su corazón
la soberbia y la adulación!
 
ADRIANO
(Para sí)
Si me entrego a la razón,
pierdo a Emirena;
y si confío en mi amor, mato a mi Sabina
¡Ah, qué prueba tan difícil!
¡Qué cruel angustia!
 
SABINA
(Para sí)
Y, sin embargo, me da lástima.
 
EMIRENA
¿César, no te decides?
 
SABINA
El Augusto, finalmente...
 
ADRIANO
¡Ah, por piedad, no me atormentes!
Todo lo que podrías decirme,
todo, Sabina, lo sé.
 
SABINA
No, no lo sabes. Escúchame.
Nuestras heridas son profundas.
Uno de nosotros debe morir de pena:
yo, si te pierdo; tú, si pierdes a Emirena.
¡Ah, Que no sea cierto que,
para salvar la vida a la mujer,
deba perecer el héroe!
Consérvate, querido,
para tu gloria, la patria y el mundo,
si no lo haces para mí.
De todo deber te libero,
te perdono toda ofensa
y yo misma seré tu defensora.
 
ADRIANO
(aturdido)
¿Cómo?
 
SABINA
¡Cesar, adiós!
 
(en actitud de marcharse)
 
ADRIANO
(deteniéndola)
¡Detente! ¡Oh, noble!
¡Oh, generosa!
¡Oh, digna de mil imperios!
¡Ah, qué exceso de inaudita virtud!
¿Acaso todos queréis hacerme sonrojar?

(a Farnaspes)

Fiel vasallo,
¡me cedes tu esposa,
a cambio de tu rey!

(a Emirena)

Hija piadosa,
¡te sacrificas por tu padre!

(a Sabina)

Amante traicionada,
¡sólo piensas en mi  sosiego!
¿Y yo? ¿Seré el único débil
entre tantos espíritus nobles?
¿Avergonzado, me esconderé ante los hombres?
¿Y me sentaré en el trono?
¿Y dictaré leyes al mundo?
¡Ah no, hagamos a todos felices!
Al rey parto dono un reino y su libertad.
Le entrego su hija Emirena a Farnaspes;
y a Aquiles absuelvo de toda falta.

(a Sabina)

Y a ti...  me entrego yo mismo.
 
FARNASPES
¡Oh, qué felicidad!
 
SABINA
¡Este es el verdadero Adriano!
 
EMIRENA
Augusto, mientras yo respire
agradecida estará mi alma por tu bondad.
 
ADRIANO
(A Emirena)
Si me estás agradecida,
otórgale la paz a mi corazón.
Mientras estés cerca de mí, no la tendré.
Te lo ruego, máchate de inmediato.
Aquí está tu esposo:
y a tu padre reencontrarás allí.
Vivid felices los tres
y olvidad mis desvaríos.
 
EMIRENA
(queriendo besarle la mano)
Al menos, señor...
 
ADRIANO
(rechazándola)
¡Basta, Emirena!... ¡Adiós!
 
CORO
Augusto, que se resuene en el éter
tu nombre por siempre;
y por nosotros, en una piedra blanca,
sea grabado este fausto día.
 
LICENCIA
César, no te molestes,
porque Adriano no osa parecerse a ti.
Cuando ante tu mirada expone su historia,
hace una presentación de sí mismo,
y no una comparación.
Su imagen y su resplandor
son muy inferiores a los tuyos, señor.
Las diferencias entre ambos son enormes.
A él, le otorgó la luz el trono;
mientras que el trono la recibe de ti.
Él, a veces, fue grande y justo;
tú lo eres siempre.
Él luchó contra sus pasiones; tú las previniste.
Él eligió, siendo maduro, el camino del honor;
tú lo seguiste desde el primer amanecer.
A él lo admiró la tierra; a ti el mundo te adora.
No llegan los excesos
de la turba contumaz
a perturbar la paz
de tu apacible corazón.
Así pues, los torbellinos,
el trueno, las tempestades
y hasta los mismos ríos
desde sus fuentes,
 se estremecen bajo tu trono.
 


Digitalizado y traducido por:
José Luis Roviaro 2020